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Penultima domenica dopo l’Epifania A “della divina misericordia”
Arcabas, La donna adultera, Chiesa di Saint-Hugues de Chartreuse
Siamo nel 1951, in margine al rinnovamento dell’arte sacra sostenuto in Francia dai domenicani
Couturier e Régamey. J. M. Pirot-Arcabas ha venticinque anni quando scopre Saint-Hugues, a pochi
chilometri dalla Grande-Chartreuse. Nel comune di Saint-Pierre, Saint-Hugues de Chartreuse è un
luogo situato a 900 metri di altezza, in un paesaggio di foreste che inquadrano le quattro cime del
massiccio che sfiorano i 2000 metri. La chiesa è stata costruita verso il 1860 con il denaro dei Padri
Cappuccini e presenta una struttura solida e robusta per resistere alle abbondanti nevicate. Arriva
Arcabas e immagina di farne un’occasione di arte e di gratuità. Interverrà in questa chiesa a tre
riprese. L’opera che presentiamo risale al primo di questi interventi che si colloca tra il 1952 e il
1953. Interamente concepita e realizzata da Arcabas, questa chiesa, unica nel suo genere, è avvolta
da pitture monumentali che si sviluppano su tre registri sovrapposti dove sono rappresentati tra i
vari soggetti, l’Ultima Cena, la Resurrezione, Adamo e Eva, san Bruno, la Legge di Mosè, il Salmo
150. Il piccolo registro inferiore esprime con più di cinquanta opere la visione del mondo
dell’artista che accosta i testi sacri e li interpreta con poetica creatività. Vetrate, tabernacolo e altare
scolpito, incisioni sul pavimento, porte borchiate perfezionano quest’opera realizzata in trentatré
anni di entusiasmo creativo, tra arte e fede, che ha portato alla realizzazione di un luogo pastorale
ad uso tanto dei credenti quanto dei non credenti.
Chiesa di Saint-Hugues de Chartreuse interno
Su grandi tele di iuta, materiale scelto per la sua imputrescibilità, l’artista rappresenta la scena
evangelica su un fondo prevalentemente rosso con disegni neri; un po’ di bianco si aggiunge a
questi due colori per sottolineare la volumetria dei corpi o per marcare la pregnanza di qualche
particolare. Utilizzando poi miele, zucchero e uovo intero lega il pigmento che stende ad ampie
pennellate sulla tattilità della iuta.
Ed eccoci davanti a quella che François Boespflug definisce “una scena da marciapiede”.
Accovacciato come un virtuoso del gesso, Gesù traccia per terra una linea che si avvolge in una
specie di punto interrogativo interminabile, simbolo di tutte le domande che si affollano nel testo
evangelico: “Tu che ne dici?”, “Insistevano nell’interrogarlo”, “Chi di voi è senza peccato?”,
“Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Paradossale è il fatto che l’unica luce che emana
dalla penombra deriva da questo segno enigmatico che diventa il punto focale della vicenda: quello
che conta nel testo sono le domande.
Il capo di scribi e farisei attende a gambe divaricate, le mani sui fianchi, sicuro di aver ragione
secondo la Legge di Mosè. Dietro di lui uno si liscia il mento turbato. Un altro, impaziente di farla
finita, fa provvista di sassi che vediamo sparsi sul terreno. Sul lato sinistro della tela, un terzo, più
vecchio, si sta allontanando e sta per uscire dalla scena: meglio lasciar perdere provocazioni e
accuse. Un altro ancora guarda, probabilmente senza capire il segno per terra. L’accusata, che ci
saremmo aspettati posta in mezzo è assente: non era che un pretesto. Rimane la domanda: chi
dunque è senza peccato?
Flavia