Amoris Laetitia, `non è cambiato quasi nulla`

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Amoris Laetitia, ‘non è cambiato quasi nulla’ | 1
venerdì 03 febbraio 2017, 16:00
Bufera su Amoris Laetitia/3
Amoris Laetitia, ‘non è cambiato quasi nulla’
Valerio Gigante: 'E' marketing per dare immagine più moderna alla Chiesa'
di Sergio Flore
Dopo l’intervista a Piergiorgio Seveso, per l’opposizione riguardo alla polemica su 'Amoris Laetitia' che abbiamo riportato nei
giorni scorsi qui e qui, pubblichiamo oggi il punto di vista di chi invece pensa che l’opposizione al famigerato documento
papale sia esagerata, e non giustificata da una vera volontà riformatrice da parte di Bergoglio. Segue l’intervista con
Valerio Gigante, redattore dell’agenzia 'ADISTA.it', che ha scritto e scrive ampiamente sull’argomento. Quali sono i
punti controversi di questo documento che hanno scatenato un putiferio tra i conservatori? La questione dei
divorziati e dei risposati è da molto tempo al centro di una serie di contestazioni che riguardano l’ammissione all’eucaristia.
In realtà il documento su questo aspetto non è poi particolarmente chiaro. Mi riferisco al paragrafo 305 del documento
papale, in cui si parla genericamente di un aiuto della Chiesa a queste persone. Questo punto rimanda poi a una nota che
chiarisce che l’aiuto della Chiesa a persone che vivono 'situazioni irregolari' potrebbe anche essere l’aiuto dei sacramenti, e
quindi anche della Comunione. In realtà, una decisa svolta nella dottrina della Chiesa almeno sembra che ci sia... dopodichè
si tratta di una possibilità di ammettere i divorziati all’eucaristia, non si tratta di un diritto. C’è una possibilità che il
documento ventila, peraltro non in un punto preciso ma in una nota. Inoltre è una cosa che nei fatti, seppure in maniera
clandestina, già avviene da molti anni, visto che molti divorziati risposati ricevono già l’eucaristia, non durante la
celebrazione, ma magari in sagrestia dal loro parroco, quando il gesto non possa provocare scandalo presso i fedeli. Si
sente di dire che oggi questo succede esclusivamente in sagrestia? Forse si riferisce alle polemiche di qualche anno
fa, legate al fatto che che Berlusconi prendesse l’eucaristia e fosse divorziato. Avvenne in particolare il giorno dei funerali di
Raimondo Vinello, nel 2010, ma in realtà la dottrina della Chiesa non esclude i divorziati tout court, esclude i divorziati
risposati o che vivono ‘more euxorio’. Quando piovvero critiche sulla Chiesa che dava l’eucarestia a Berlusconi in realtà
l’allora presidente del Consiglio non era già più sposato con la moglie Veronica: il fatto paradossale è proprio che il
protagonista del caso Ruby, della vicenda delle Olgettine, delle serate eleganti a Palazzo Grazioli ufficialmente non era
risposato né conviveva, quindi per la Chiesa non essendo in peccato mortale, non dando pubblico scandalo vivendo con una
donna sotto lo stesso tetto, poteva tranquillamente essere ammesso al sacramento. Questa è l’ipocrisia di una dottrina che
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esclude dal sacramento chi vive con un partner stabilmente, ma non chi va a letto ogni sera con una diversa, magari
pentendosi volta per volta, ricevendo l’assoluzione ed essendo quindi nelle condizioni di comunicarsi. Stessa cosa per chi
uccide, stupra, ruba… Tutti peccati da cui ci si può pentire, per cui ci si può confessare, e quindi comunicare. Ma se convivi,
no. Perché la tua è una condizione permanente di peccato… difficile da far capire a un non credente… e direi anche a molti
credenti… Eppure i divorziati risposati restano cristiani di serie 'B'. In pratica sta dicendo che questo punto è
contrastato e poco chiaro anche da quel pezzo di Chiesa che non si riconosce nei conservatori? La Chiesa
progressista su Francesco ha delle posizioni molto variegate. C’è chi ritiene comunque che il suo approccio pastorale sia
sufficiente a dare un’immagine meno dogmatica alla Chiesa, più vicina ai problemi individuali, meno ossessionata dalla
dottrina, e viceversa che prenda una direzione più sociale e di vicinanza ai poveri. A mio giudizio, si tratta, piuttosto che di
azioni efficaci che tentano di cambiare le dinamiche intra-ecclesiali e gli aspetti che rendono più difficile il dialogo della
Chiesa con il mondo contemporaneo, di un marketing ecclesiastico funzionale soprattutto a dare un’immagine più moderna
e al passo coi tempi del papato, senza intaccare quelle strutture di potere e quegli aspetti della dottrina che riformerebbero
davvero la Chiesa. Papa Francesco in questa logica è funzionale a ridare credibilità a una Chiesa che l’aveva perduta e che
perdeva terreno sia all’interno dell’opinione pubblica cattolica che laica; un trend che nei tempi medio-lunghi avrebbe
provocato gravi e grandi problemi. Per cui, se mi chiedi cosa davvero è cambiato qualcosa nella Chiesa sotto Bergoglio, ti
dico che secondo me non è cambiato quasi nulla. Burke, e non solo, ha parlato di scisma, di impeachment, voi di
Adista avete rilanciato queste minacce nei confronti di Bergoglio. Ci sono davvero gli estremi per una
situazione del genere o è ‘contro-marketing’ dei conservatori? Questa amplificazione delle reazioni dei conservatori
al papa è una sorta di contro-marketing; dare una certa enfasi a quegli ecclesiastici e quella parte di Chiesa che si ribella a
Bergoglio, lo legittima ancora di più come riformatore e innovatore. Io credo che siano i mezzi di informazione ad amplificare
queste sacche di resistenza dando ad esse assai più di importanza di quella che realmente hanno all’interno delle dinamiche
ecclesiali. Dopo di che la resistenza anti-conciliare, tradizionalista, ultraconservatrice c’è sempre stata dal Concilio in poi.
Lefebvre non è stato un caso isolato, ma i suoi preti erano qualche centinaio, e il suo seguito è sempre stato poco
consistente presso l’opinione pubblica cattolica. Francamente non credo che se qualche cardinale oggi assume in maniera
più diretta l’onere di contestare il Papa questo porterà a qualche tipo di scisma. Non solo si tratta di una parte
straminoritaria della Chiesa, ma questo tipo di contestazioni hanno ancora forza se si esprimono da dentro la Chiesa; quando
qualche ecclesiastico decide di abbandonarla, perde gran parte del sostegno che aveva guadagnato presso i fedeli. La
Chiesa è un’istituzione radicata sotto il cui manto protettore tanti, da destra a sinistra, si sentono tutelati, ed è difficile
rompere con questa istituzione. Del resto, extra ecclesia nulla salus… Il 6 gennaio scadeva una sorta di ultimatum che
i quattro avevano lanciato a Bergoglio. Cosa è successo dopo? Bergoglio ha risposto? Ha fatto qualcosa? A me
questo appare un gioco delle parti, tanto più che in Amoris Laetitia non c’è scritto nulla di particolare rispetto al fatto che si
tratti di un documento vincolante e lo stesso Papa, al paragrafo 3, afferma in maniera molto ambigua che non tutte le
discussioni pastorali e dottrinali devono essere risolte con gli interventi del magistero: '...esistano diversi modi di
interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano'. Insomma è Francesco stesso ad avere
una certa ritrosia ad esporsi con tutti i crismi del magistero, ed è questa ritrosia che ha aperto un dibattito sul fatto che
questa lettera sia o meno magistero, in realtà a mio giudizio lo è, però di fatto il papa depotenzia il senso stesso di quello
che poi afferma sui divorziati risposati, peraltro in una nota e non concedendo comunque nessun 'diritto' al sacramento a
divorziati risposati. Non vedo dove sarebbe la rottura con il magistero e con l’insegnamento dei pontefici precedenti. Inoltre
di questa questione si parla da molto tempo, e una prima apertura fu fatta da Papa Ratzinger, che aveva in più occasioni
affermato che c’era un problema che riguardava i divorziati risposati e che questo problema andava affrontato. Prima o poi
qualcuno una risposta la doveva dare. Questa di Francesco è una risposta molto timida, che non risolve il problema, anche
se avrà scandalizzato qualcuno. Il quale, più qualche aspetto specifico del pontificato, credo contesti in generale un
atteggiamento di Bergoglio che sembra troppo informale, troppo pastorale, poco dogmatico, poco 'sacrale', poco attento a
intervenire su questioni che invece sono state al centro del ministero di altri pontefici, parlo almeno di Wojtyla e Benedetto
XVI. Wojtyla sicuramente aveva un atteggiamento anticonformista tanto quanto questo papa, anche se ovviamente qualche
decennio fa era un pochino più prudente nelle esternazioni e nei gesti. Poi però Wojtyla si scopriva a destra attraverso un
magistero altamente conservatore e un fortissimo anticomunismo. Questo papa invece secondo me ha più i tratti del
populismo latinoamericano, e si lancia in affermazioni che a destra suscitano scandalo ma che alla fin fine non hanno reale
capacità riformatrice. Per tornare al 6 gennaio, lei dice che non c’è stato né un ritorno sui suoi passi da parte di
Bergoglio, né i 4 si sono in qualche modo mobilitati? No, esatto. Come si inserisce in questa vicenda, e più in
generale nella contestazione a Papa Francesco, la questione dell’Ordine di Malta? A dicembre, su iniziativa del
patrono dell’Ordine card. Raymond Leo Burke (tra i grandi avversari di Bergoglio) e del Gran Maestro Festing, con una
procedura del tutto inusuale, il Gran Cancelliere barone Albrecht Freiherr von Boeselager, numero tre dell’Ordine, viene
rimosso dall’incarico in quanto, in un progetto di cooperazione a Myanmar e altrove, non avrebbe impedito la distribuzione di
preservativi come misura per contrastare la diffusione dell’Aids, contravvenendo così alla posizione della Chiesa che,
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formalmente, ne vieta l’utilizzo. La defenestrazione sembra una strategia tesa a far fuori Boeselager e cercare di cambiare
gli equilibri all’interno dell’Ordine, caratterizzato da un’anima anglosassone più conservatrice (di cui fanno parte Burke e
Festing) e una tedesca più aperta (Boeselager). Informato della questione da Burke, Francesco intendeva dirimere la
controversia esclusivamente attraverso un dialogo costruttivo. I vertici, invece, hanno ugualmente proceduto alla rimozione
del Gran Cancelliere, appellandosi al suo rifiuto di dare le dimissioni perché all’epoca dei fatti - questa la sua difesa,
comprovata poi da testimonianze - non sapeva nulla della distribuzione di preservativi, anche se aveva immediatamente
chiuso il progetto una volta venutone a conoscenza. Insomma, a me pare più un regolamento di conti interno a una delle
potentissime lobbies ecclesiastiche che una strategia per attaccare il papa.
di Sergio Flore
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