Amoris Laetitia, la parola all`opposizione

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Amoris Laetitia, la parola all’opposizione | 1
giovedì 02 febbraio 2017, 15:00
Bufera su Amoris Laetitia / 2
Amoris Laetitia, la parola all’opposizione
Piergiorgio Seveso: "è l’aspetto dottrinale e sociale di Amoris Laetitia quello che spaventa di più"
di Sergio Flore
Dopo più di tre anni dalla sua nomina, si può ben dire che Papa Francesco non abbia deluso le aspettative di chi si aspettava
un pontefice ‘rivoluzionario’. L’ultimo scontro tra la Chiesa più ortodossa e il Papa idolo dei progressisti di tutto il
mondo riguarda l’esortazione apostolica ‘Amoris Laetitia’, pubblicata in Marzo 2016 ma che continua a far discutere.
Sotto attacco è soprattutto il paragrafo 305 del documento, che tra note e ambiguità suggerirebbe l’apertura ufficiale
della Chiesa ai sacramenti ai divorziati e risposati. Tentativo di ‘regolarizzare’ una situazione che di fatto, magari in
sordina, già esiste o vero e proprio cambio di rotta nella dottrina della Chiesa? Se lo chiedono anche Walter Brandmuller,
Carlo Caffarra, Joachim Meisner e Raymond Burke, i quattro cardinali che a settembre si sono fatti portavoce, con una
lettera a Bergoglio, della porzione di Chiesa che vuole vederci chiaro. Il Papa, in ogni caso, non pare abbia ufficialmente
risposto ai ‘dubia’ dei cardinali, e non ha certo aiutato a calmare le acque il caso del commissariamento del (teoricamente)
Sovrano Ordine di Malta, istituzione di cui proprio Burke venne nominato patrono da Bergoglio. Scaramucce tra tradizionalisti
e progressisti? Vero e proprio scivolone dogmatico da parte di Francesco? O addirittura, come suggerisce Burke, caso di
eresia e possibile scisma all’orizzonte? Ne abbiamo parlato con Piergiorgio Seveso, redattore di ‘Radio Spada’, blog
cattolico di controinformazione che ha seguito e riportato puntualmente le varie tappe nella lunga - e ancora irrisolta vicenda dei ‘dubia’. Quali sono i punti più controversi di Amoris Laetitia e quanto di essa può invece essere
‘salvato’? Visti i pareri contrastanti al riguardo, è possibile stabilire se essa sia ‘esercizio di magistero’, o è
necessaria una palese conferma del Pontefice? “Amoris laetitia” è un puro distillato di modernismo teologico applicato
alla morale e alla disciplina matrimoniale: l’aria che si respira leggendo l’intero documento è quella. Se uno ha davanti a sé
un barile di acqua, anche apparentemente chiara ma avvelenata, non si domanda cosa possa essere salvato di quel barile. E
qui l’acqua ha l’apparenza di essere addirittura putrida: si tratta di assecondare lo stato di degradazione dell’istituto
matrimoniale e un certo spirito del mondo, ammettendo ai "sacramenti del Novus Ordo" (attraverso una normativa lassista e
pressoché lasciata al caso per caso), chi ha rotto o forzato il vincolo matrimoniale, attraverso le leggi civili, e vive more
uxorio, creando strutture parentali irregolari. Questo è il punto nodale del documento. Il resto è corollario, direi una sintesi
pittoresca delle dottrine conciliari su matrimonio e famiglia (da Gaudium et spes a Familiaris consortio di Giovanni Paolo II) e
in questo Bergoglio è abbastanza di continuità coi suoi immediati predecessori. Oggigiorno poi si fa un gran parlare dei gradi
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/la-battaglia-di-bergoglio-parola-al-fronte-del-no/
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di magistero negli ambienti tradizionalisti ma son definizioni più per addetti ai lavori che per gli altri. L’unica questione vera
e concreta è che questo documento, certamente disciplinare ma con un forte substrato teologico, sanzionato dall’autorità
papale (o presunta tale), è entrato nel corpo vivo della Chiesa, nel sangue della Chiesa. Al di là dell’aspetto sacramentale su
cui andrebbe fatto un altro discorso, è l’aspetto dottrinale e sociale quello che spaventa di più. Della dottrina
dell’indissolubilità del matrimonio non rimane in piedi quasi più nulla. Questi sono danni, umanamente parlando, irreversibili.
La domanda che pongo è: è così che custodiscono le pecore? e’ così che custodisce l’ovile? Oppure così si fa entrare in
pompa magna il Lupo? Alcuni hanno paragonato, per gravità, le posizioni di Bergoglio a quelle dell’eretico Ario:
esagerazione o ci si può effettivamente aspettare una simile condanna, o addirittura - come ha ipotizzato il
Cardinale Burke - un vero e proprio “scisma formale”? Se vogliamo essere chiari, le posizioni di Bergoglio sono di un
modernismo coerente ed adamantino e mi stupisco fortemente che i quattro abbiano atteso “Amoris laetitia” per
accorgersene. Ora Burke si è infilato però in un 'cul de sac' o recede e si coprirebbe di ridicolo o prosegue nel tortuoso
percorso delle “monizioni canoniche” a Bergoglio e allora dovrebbe dichiarare Bergoglio scismatico e la sede vacante. E, con
altri d’accordo con lui, indire un nuovo Conclave. Le domande sono qui molteplici e complesse: Ne avrebbe il coraggio e la
forza? Chi lo seguirebbe? Su quali basi canonistiche e ancor più dottrinali avverrebbe questo pronunciamento di
deposizione? Come si organizzerebbe il Conclave? Inutile dire che siamo ancora su un terreno più immaginario che concreto:
in ogni caso attendo Burke alla prova dei fatti. I media e giornali che scrivono della questione tendono spesso a
minimizzare la parte meno modernista della Chiesa, sostenendo che Bergoglio possa permettersi di ignorare le
richieste dei 4 cardinali e non debba curarsi di rispondere alla lettera. E’ effettivamente così? Devo essere molto
franco sull’argomento: Bergoglio oggi ha in mano tutte le chiavi del potere perché si trova ad essere seduto (almeno
fisicamente) sul trono di Pietro e perché, attraverso un uso massivo e abilissimo dei mezzi di comunicazione, ha saputo
costruire un’immagine di sé forte e vincente, al contrario del suo tremebondo predecessore. Dal più piccolo selfie, dal più
sfuggente bacio dato ad un neonato sino alle Esortazioni apostoliche, alle Encicliche e ai Concistori, tutto è strumento
finalizzato alla costruzione di una nuova tappa del percorso rivoluzionario conciliare: la trasformazione definitiva del
cattolicesimo romano in una mera opzione religiosa, soggettiva e privatistica, che insieme ad altre “opzioni” religiose o
sociali concorra alla creazione di una società pacificata, armonica, policentrica ed…ecologica ma totalmente
antropocentrica, in una parola la negazione della societas christiana. Egli ricorda da vicino molto il protagonista del “Padrone
del Mondo” di Robert Hugh Benson. Con un tale potere può permettersi di ignorare i suoi nemici e i documenti che
producono, di farli sbertucciare da media compiacenti, di demolirne credibilità e seguito, o semplicemente di accantonarli. Il
grave limite dei piccoli blog e dei mezzi di comunicazione “tradizionalisti”, salvo lodevoli eccezioni, oggi è quello di farsi
prendere da infantili entusiasmi e da commoventi attese messianiche mentre invece il nemico avvelena i pozzi e taglia i
viveri per farli morire di fame. La sindrome de “Arrivano i nostri” ha sempre mietuto molte vittime. Il passo indietro da
parte di Bergoglio che Brandmuller, Caffarra, Meisner e Burke si aspettano è plausibile? Ci sono mai stati casi
di Pontefici costretti a rinnegare parte della loro dottrina? Mi pare che ormai sia codificata l’interpretazione “larga”
dell’Amoris laetitia sia attraverso i pronunciamenti di alcuni episcopati, sia attraverso (ed è ancora più importante)
l’interpretazione popolare che lo “spirito del mondo” ha dato di quel nefasto documento. Qualunque passo indietro (reale),
non parlo di chiacchiericcio da Angelus, è impossibile. La ricerca dei precedenti storici per fatti come questi, quando non
diventa un’oziosa raccolta di aneddoti antiromani, non aiuta i “tradizionalisti” perché la storia ci parla in qualche caso di papi
fragili, male informati, prudenti o negligenti, con qualche posizione privata eterodossa (è il caso di Giovanni XXII) ma mai di
papi eretici. Lo si dica con buona pace di tutti: l’unica via dovrebbe essere invece il rovesciamento completo dell’intero
impianto dottrinale, canonistico e liturgico uscito dal concilio vaticano secondo, anche a costo di trasformare il cattolicesimo
romano in una “turbolenta e sediziosa” minoranza, un pugno di “vinti vittoriosi”, pronti a gridare l’infamia e l’apostasia del
mondo contemporaneo. In generale, dopo questi anni di pontificato, si può affermare che la nomina di un papa
così rivoluzionario abbia completamente spostato, per così dire, ‘a sinistra’ la Chiesa, o è invece stata la
scintilla che ha provocato una reazione da parte di clero e fedeli? L’elezione di Bergoglio è semmai il coronamento
(temporaneo perché la Rivoluzione per natura deve sempre fare passi in avanti anche quando li fa…all’indietro) e il
superamento di un percorso teologico iniziato con il Concilio vaticano secondo. E non sono gli aspetti più politici o folclorici
(lotta all’inquinamento, affettazione pauperistica, aiuto agli immigrati, mistica latino-americana degli oppressi) che
dovrebbero turbare l’opinione pubblica ma quelli più strettamente teologici ed ecclesiali. Se questa nuova “resistenza” sarà
una specie di “Vandea” wojtiliano-ratzingeriana è già per natura destinata a perire perché poggia i piedi sul terreno friabile
di una teologia aberrante (ad esempio quella di 'Redemptor hominis' di Giovanni Paolo II). Soprattutto un movimento del
genere avrebbe bisogno di guide solide e di veri maestri formati alla verità della teologia romana: al momento vedo più
l’agitarsi frenetico (e preoccupato) intorno a banderuole d’occasione piuttosto che qualcosa di più concreto.
di Sergio Flore
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