Due sentenze non fanno una legge

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Giovedì 2 Febbraio 2017
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È questa la posizione del presidente Mattarella a favore di una nuova legge elettorale
Due sentenze non fanno una legge
Pertanto non si va al voto con due monconi legislativi
IL PIANO 5STELLE: ASSUMERE TUTTI I PRECARI IN BASE AI PUNTEGGI
Grillo strizza l’occhio ai prof
La scuola di Renzi è un bluff
DI
ALESSANDRA RICCIARDI
L
Vignetta di Claudio Cadei
I
DI
CESARE MAFFI
l braccio di ferro prosegue.
Naturalmente, in pubblico
poco traspare; però si avverte. Da una parte c’è il
segretario del Pd, intenzionato
a chiudere la legislatura quanto
prima. Addirittura, gli piacerebbe votare in aprile, come aveva
annunciato Matteo Salvini
con la consueta foga che, nel
caso specifico, è condivisa da
Matteo Renzi. Dall’altra parte
sta il presidente della Repubblica, il quale non gradisce, più che
il brusco arresto di una legislatura in cui il governo avrebbe
i numeri per durare sino alla
fine, il recarsi alle urne con leggi
sbrindellate.
Non va trascurato il messaggio pervenuto attraverso
Marzio Breda. Il quirinalista
del Corriere è qualificato perché,
con questo presidente come con
i predecessori sul Colle, è solito
far giungere all’esterno opinioni, pareri, intendimenti che non
sono tanto degli ambienti quirinalizi («la presidenza», com’era
definita ai tempi del segretario
generale Gaetano Gifuni),
quanto del presidente in prima
persona. Breda ha riportato il
pensiero di Sergio Mattarella
con una sintesi efficace: «Due
sentenze non fanno una legge».
Ergo: la legge è necessaria. Sul
piano meramente tecnico, sulla
possibilità di votare con le due
leggi riviste dalla Corte costituzionale, Renzi non ha torto.
Però il capo dello Stato ha più
volte ricordato la necessità di
omogeneizzarle e armonizzarle. Non è sufficiente che si possano eleggere le due Camere
con i testi normativi rimasti in
vigore: bisogna amalgamare la
disciplina.
Per venire incontro a
Renzi nel braccio di ferro,
Mattarella fa capire che si può
procedere anche in fretta: però
un’intesa sulle regole va trovata. È condizione indispensabile
perché egli sciolga le Camere,
impegno cui peraltro si sottrarrebbe volentieri. Al segretario
del Pd, insomma, il presidente
concede la fine anticipata della
legislatura; chiede, però, che si
superi l’attuale condizione delle leggi non armoniche. L’aveva
anticipato nel messaggio per
l’anno nuovo; lo conferma oggi.
a campagna elettorale è partita. Se
Matteo Renzi e Beppe Grillo in parlamento condividono l’esigenza di un
voto anticipato estendendo l’Italicum
al senato, sul resto bisogna darsele di santa
ragione. E in fretta, visto che lo scenario di
elezioni a giugno prende sempre più corpo.
Il leader del movimento 5stelle ha aperto le
danze attaccando l’avversario sulla riforma
che ha contraddistinto gli ultimi tre anni di
governo, la Buona scuola. Per stessa ammissione di Renzi, una ciambella non riuscita,
concausa, forse principale, del disastro del
voto referendario del 4 dicembre scorso, con
migliaia di docenti finalmente di ruolo ma
sbattuti a lavorare lontano da casa che sono
saliti sulle barricate. Contestando modalità,
procedure, errori e tempi delle varie operazioni
di assunzione.
«Renzi aveva spacciato la sua riforma
come la grande rivoluzione che doveva cambiare la scuola e il Paese e invece ha scontentato tutti: docenti, precari, studenti e famiglie,
presi in giro da un governo che aveva promesso
di ascoltarli e di coinvolgerli, per poi ignorarli
e fare una riforma sulle loro teste e sulla loro
pelle. Lo stesso metodo e la stessa arroganza
che abbiamo rivisto per gli otto decreti legislativi che completano la riforma e che sono ora
all’esame del Parlamento»., si legge in un post
sul blog di Grillo.
E poi: «Il piano di assunzioni del goverÈ complicato arrivare a
un’intesa? Il presidente della
Repubblica se ne rende conto,
ma ritiene che accampare tale
difficoltà significhi non voler
affrontare il problema e trovare una scusa per sollecitare le
urne. Provveda dunque Renzi,
quale segretario del partito di
no si è rivelato un disastro. Il M5S lo aveva
annunciato e così è stato, come poi lo stesso
Renzi è stato costretto ad ammettere. Ci siamo
ritrovati con insegnanti costretti a spostarsi
centinaia di km da casa, dal sud al nord del
Paese, con situazioni paradossali in cui docenti con punteggi più alti sono stati penalizzati
nell’assegnazione delle cattedre rispetto a chi
aveva punteggi più bassi. Per non parlare degli effetti del potenziamento dell’organico: insegnanti usati come tappabuchi, molto spesso
parcheggiati nella sala professori senza fare
nulla».
Una scuola migliore è possibile, promette
Grillo, «il movimento è pronto a realizzarla».
Partendo da un piano di mega assunzioni dei
precari rimasti al palo, sia i docenti che sono
ancora nelle Graduatorie ad esaurimento, sia
quelli della seconda fascia con abilitazione,
basato non sulla chiamata diretta da parte dei
presidi ma sullo scorrimento delle graduatorie
in base ai punteggi, «cioè sul merito».
Il Meet Up del M5S a Cosenza nei
giorni scorsi ha organizzato un incontro
con i portavoce del Movimento 5 Stelle Silvia
Chimienti, Nicola Morra, Simone Valente, Luigi Gallo e Maria Marzana. La proposta parla anche di classi aperte, e dunque
senza differenze legate all’età, niente voti,
un educatore ogni tre ragazzi… «una scuola
innovativa, democratica, aperta, vero fulcro
della comunità in cui è inserita», spiega la
Chimienti.
maggioranza, ad avviare le trattative necessarie, finora rimaste
a contatti informali con alcuni
partiti. Non pensi di poter chiedere la fine del mandato delle
Camere soltanto perché si troverebbero intoppi nel percorso.
Dal Colle c’è disponibilità a fare
in fretta: non proprio volentieri,
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bensì rassegnatamente. Però il
contraddittore dev’essere disponibile agli accomodamenti
legislativi necessari per armonizzare le norme per Camera
e Senato. Nel merito, è libero
di agire. Il fine, invece, andrà
rispettato.
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