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Arabia Saudita, è tempo di riforme | 1
giovedì 26 gennaio 2017, 18:00
Esclusiva
Arabia Saudita, è tempo di riforme
A colloquio con l'Ambasciatore saudita in Italia, Rayed Khalid A. Krimly: dallo Yemen alle riforme economiche
di Monica Mistretta / Nezha Ed Difdai
Il regno saudita sta cambiando dopo decenni di immobilismo. Un po’ perché la guerra per procura contro l’Iran si
sta rivelando più complicata del previsto. Almeno in Siria, dove la voce dell’Arabia Saudita si fa sentire sempre meno,
sovrastata da quella della Turchia. E di sicuro in Yemen, dove la guerra sta costando soldi e credibilità internazionale. Un
po’ perché le riserve di petrolio, pari al 25% di quelle mondiali, non hanno più il peso di una volta. E lo avranno
ancor meno in futuro. Adesso re Salman bin Abdul-Aziz Al Saud, 81 anni, deve rivedere parecchie cose e in fretta. Intanto
ha scelto un successore piuttosto giovane per gli standard del regno: il principe Mohammed bin Nayef, 57 anni. Poi ha
nominato Ministro della Difesa Mohammed bin Salman, l’uomo che vuole trasformare radicalmente il regno entro il 2030
riformando il welfare, incrementando il settore privato, anche straniero, e dando alle donne il diritto di voto. A questo piano
economico hanno dato un nome, come nelle moderne aziende: ‘Saudi Vision 2030’. Anche l’Ambasciatore saudita in Italia
è giovane. Si chiama Rayed Khalid A. Krimly e ha 55 anni. Disinvolto, ha accettato, in questo lungo colloquio in
esclusiva, di rispondere alle domande più scomode, Yemen incluso. Zero 'No comment'. Ed è lui a prenderci in
contropiede parlando di buoni rapporti con la Russia e di assistenza umanitaria nello Yemen controllato dagli
Houthi. Ma i nodi scottanti della carneficina yemenita con i suoi 10.000 morti restano comunque aperti e nessuno,
nemmeno l’Ambasciatore saudita, potrà in futuro smentire il numero delle vittime civili. Nel futuro dell’Arabia Saudita
pesano il declino del petrolio e le conseguenze delle guerre regionali intraprese contro l’Iran. Ambasciatore, come
giudicate gli attuali rapporti con gli Stati Uniti, da sempre vostri alleati? Cosa vi aspettate dalla nuova
presidenza di Donald Trump? Avete aperto un canale di dialogo con il Presidente russo Vladimir Putin, oggi
uno dei principali protagonisti della politica del Medio Oriente? E quali sono i vostri rapporti con Erdogan, il
Presidente più vicino alla Fratellanza Musulmana? L'Arabia Saudita è membro fondatore delle Nazioni Unite, della
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Lega Araba, del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC), e
dell'Alleanza militare islamica per la lotta al terrorismo (IMAFT). È l'unico paese arabo membro del G-20. Le nostre relazioni
con gli Stati Uniti sono strategiche e stabili da oltre nove decadi. I due Paesi sono alleati nella lotta contro il terrorismo e
l'estremismo, e nella promozione del benessere e della sicurezza internazionale. Siamo pronti a continuare, nonché a
intensificare e ampliare ulteriormente, la nostra cooperazione con la prossima amministrazione Trump. L’Arabia Saudita
intrattiene buone relazioni anche con la Russia e tra i due Paesi si tengono regolari incontri bilaterali a tutti i livelli. Sia la
Russia che l'Arabia Saudita sono tra i principali produttori di petrolio al mondo, vi è pertanto, tra i due Paesi, un
coordinamento e una cooperazione in questo settore. La Turchia è un Paese importante nella regione, e le nostre relazioni
sono eccellenti e in crescita in tutti settori. Qual è il vostro obiettivo nella Guerra in Yemen? Come vi difenderete
dalle critiche? L’Iran ha schierato la propria flotta al largo di Aden: come è potuta accadere una cosa simile in
una zona così importante, porta per il canale di Suez? Chi ha permesso all’Iran di arrivare fino a questo punto?
Le nostre operazioni in Yemen sono condotte nel rispetto del diritto internazionale, e prevedono sia operazioni militari,
nell’ambito dell’Alleanza Islamica, sia sforzi diplomatici e azioni di assistenza umanitaria. Lo Yemen è un nostro paese amico
e confinante, ed è pertanto nostro desiderio vedere uno Yemen stabile e prospero, libero dal terrorismo e dalle milizie
settarie. La nostra politica nel Paese è quella di attuare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, tra cui la risoluzione 2216,
che ha richiesto il ritiro degli Houthi da tutte le aree occupate e l’abbandonando delle armi sequestrate, e che ha inoltre
stabilito un embargo sulle armi agli Houthi e alle forze fedeli al dittatore Ali Abdullah Saleh. Stiamo portando avanti questa
politica alla guida dell’Alleanza Islamica, che supporta il legittimo governo dello Yemen, che ha assunto il potere come
risultato del Dialogo Nazionale promosso dalle Nazioni Unite. Abbiamo inoltre ogni diritto e intenzione di difendere i nostri
confini dagli attacchi quotidiani perpetrati dalla milizia settaria degli Houthi. Questi attacchi alle nostre frontiere stanno
causando vittime civili all’interno dei nostri confini. Contrariamente alla disinformazione diffusa da alcuni servizi giornalistici,
i civili non sono e non sono mai stati il nostro bersaglio e ci siamo astenuti dall’attraversare il confine con le nostre truppe di
terra. In termini di sforzi compiuti per ridurre al minimo possibile le sofferenze dei civili durante i conflitti, non c’è paragone
tra le nostre operazioni militari in Yemen e quelle del regime di Assad e dei suoi alleati iraniani in Siria, o con le operazioni
russe e americane. Continuiamo a essere il principale fornitore di assistenza umanitaria alla popolazione di tutto lo Yemen,
anche nelle zone controllate dalle milizie settarie Houthi. Continuiamo ad accogliere e aiutare tutti i rifugiati dallo Yemen, e
fornire loro servizi medici e didattici gratuiti. Non troverete un singolo yemenita immigrato in Europa o in Occidente.
Confrontate questo dato con i milioni di siriani, iracheni e afghani emigrati in ogni parte del mondo. L’Arabia Saudita
sostiene pienamente gli sforzi delle Nazioni Unite e del suo inviato per raggiungere una soluzione politica inclusiva nello
Yemen. L’Iran, invece, non è un paese confinante con lo Yemen, non ha rapporti con il governo yemenita riconosciuto a
livello internazionale, non ha mai fornito alcuna assistenza umanitaria alla popolazione yemenita, non ha accolto i rifugiati
dallo Yemen, ma continua a fornire armi alle milizie settarie Houthi, in diretta violazione delle risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. Cosa vorreste per il futuro della Siria? Accettereste un futuro con Assad? Oggi
Assad sta spostando la popolazione sunnita in determinate aree della Siria, molti parlano di pulizia etnica.
Qual è la posizione dell’Arabia Saudita di fronte a questo? Pensate che nel futuro della Siria ci sarà un piccolo
stato sunnita? La situazione in Siria è stata correttamente descritta come il collasso totale dell'umanità. La comunità
internazionale ha fallito nei confronti del popolo siriano, e ha permesso ad Assad e ai suoi alleati iraniani di uccidere
centinaia di migliaia di siriani, di disperderne milioni, e non solo di utilizzare armi chimiche, ma anche di utilizzare la fame e
le torture sistematiche come armi . La soluzione non può essere quella di premiare i criminali che continuano tutt’ora a
commettere tali crimini contro l'umanità. La soluzione è quella di instaurare un sistema politico inclusivo, in cui tutti i siriani
godano di pari diritti e possano prender parte al benessere del Paese. Il sogno iraniano di creare un impero settario non può
funzionare. L'era dell’impero persiano è storia antica. Oltre l'80 percento dei siriani è sunnita e senza di loro non ci sarà mai
una Siria. Non esiste una soluzione settaria per i paesi arabi, ma solo una soluzione nazionale e inclusiva, che vede la Siria
per tutti i siriani, l'Iraq per gli tutti gli iracheni, lo Yemen per tutti gli yemeniti e il Libano per i tutti libanesi. I terroristi, gli
estremisti e tutti i combattenti non siriani, sia che si dichiarino sunniti o sciiti, non possono essere legittimati a sostituire e
disperdere il popolo della Siria. Come possiamo accettare che la gente di Aleppo sia costretta, sotto la minaccia delle armi, a
lasciare la propria città mentre i membri iraniani, libanesi e afghani delle milizie settarie vi fanno ingresso come vincitori e
conquistatori? Ciò contribuirà solo a garantire un futuro di maggiore sofferenza ed estremismo. La popolazione resisterà
all'occupazione, e noi la stiamo facendo diventare un terreno fertile per il reclutamento da parte dell’ISIS e di Al Qaeda.
Cosa fate per combattere i jihadisti nel vostro Paese? Cooperate a livello internazionale nella lotta al
terrorismo? Secondo l’Arabia Saudita quali sono i paesi del Medio Oriente che finanziano il terrorismo? Voi
siete il centro dell’Islam sunnita: chi sono per voi i moderati e chi gli estremisti? L'Arabia Saudita è in prima linea
nella lotta contro il terrorismo. Oltre all’impegno nell’ambito della Coalizione Internazionale per il contrasto all’Isis, le forze
di sicurezza saudita sono state molto efficaci nel combattere con successo i terroristi all’interno dei confini sauditi e nel
fornire rilevanti e tempestive informazioni ai paesi amici in tutto il mondo. Abbiamo inoltre contribuito al finanziamento e
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all’instaurazione del Counter-Terrorism Centre delle Nazioni Unite con sede a New York e dell’Alleanza Islamica contro il
terrorismo (IMAFT). Le nostre forze di sicurezza, i nostri imam e leader religiosi, e il nostro popolo stanno combattendo il
terrorismo e l'estremismo quotidianamente, con coraggio e determinazione. Noi non facciamo alcuna distinzione tra i
terroristi. Ogni forma di terrorismo rappresenta il male, indipendentemente dall’appartenenza settaria o etnica. Le nostre
leggi criminalizzano qualsiasi saudita si unisca al conflitto in altri paesi, così come ogni saudita che diventi affiliato o
fornisca sostegno finanziario a qualsiasi organizzazione terroristica o milizia settaria. Isis, Al Qaeda, Hezbollah, Ansar Allah,
Asa'ib Al Huq e altri sono tutti considerati gruppi terroristici, indipendentemente dalla loro pretesa di rappresentare i sunniti
o gli sciiti. Se tutti i Paesi adottassero questa prospettiva imparziale nei confronti dei terroristi, allora i risultati sarebbero
diversi. Purtroppo, il più delle volte, alcuni paesi attuano un doppiopesismo e conducono giochi politici per ottenere
conquiste miopi. L’Iran fornisce finanziamenti, armi e training a molte milizie settarie, che sono criminali ed estremiste
quanto l’Isis o Al Qaeda. Persino i leader delle due organizzazioni sono stati rilasciati dai governi iracheni e siriani sotto il
controllo dell'Iran e hanno trovato rifugio nello stesso Iran diverse volte. Per vincere la lotta contro il terrorismo dobbiamo
vincere i cuori e le menti delle persone, in particolare dei giovani. Ciò può essere raggiunto solo lavorando assieme per
promuovere la tolleranza e la moderazione, e non permettere ai criminali terroristi di innalzare muri che ci dividano. Spero
che tutti noi seguiremo l'esempio morale di Papa Francesco a tal riguardo. Le crisi arabe hanno avuto effetto
sull’economia dell’Arabia Saudita? L’Arabia Saudita è la più grande economia del mondo arabo, e conta il 25 percento
del Pil dell’area Mena. Nonostante l’acuirsi delle crisi regionali, l’aumento delle spese sostenute dal Paese per far fronte alla
minaccia del terrorismo e del settarismo regionale, nonché la diminuzione dei ricavi a causa dei prezzi del petrolio, l’Arabia
Saudita si attesta come il terzo Paese al mondo per la grandezza delle proprie riserve ufficiali e rimane il paese membro del
G20 con il debito cumulativo più basso. Non siamo mai venuti meno alle nostre responsabilità regionali e internazionali e
siamo il terzo singolo Paese donatore per l’ammontare di aiuti e assistenza elargiti a livello globale. In ambito domestico,
abbiamo continuato ad aumentare gli investimenti nel settore dell’istruzione e della formazione dei nostri giovani. Vi state
preparando per riconvertire la vostra economia in vista della fine dell’era del petrolio: su cosa puntate nel
futuro? Quali sono le misure intraprese dal Regno per realizzare una maggior giustizia economica? Il petrolio e il
gas naturale attualmente contribuiscono a più di un quarto del Pil, e a circa il 70% delle esportazioni. Nel 2016 l’Arabia
Saudita ha rivelato un programma dettagliato per l’implementazione della ‘Saudi Vision 2030’. La ‘Vision’ costituisce il piano
economico post-petrolifero del regno, e prevede l’attuazione di riforme strutturali, di programmi di privatizzazione e la
promozione di piccole e medie imprese, con l’obiettivo di incrementare le esportazioni non petrolifere e creare nuovi posti di
lavoro per i cittadini. Nel 2015, l’Arabia Saudita ha aumentato i suoi ricavi non petroliferi del 30 percento, che si prevede
subiranno un ulteriore incremento nel 2017. ‘Vision 2030’ non mira solo al rafforzamento del potere economico del Paese.
Questo ambizioso programma di cambiamento punta anche a migliorare la qualità della vita nel Regno, il benessere sociale
di tutti i cittadini e a potenziare le opportunità per i nostri giovani. Tra gli obiettivi della ‘Vision’ vi è, ad esempio, la riduzione
dei tassi di disoccupazione dal 11.6% al 7%, l’aumento del contributo delle piccole medie imprese al Pil e l’incremento della
partecipazione delle donne nella forza lavoro dal 22% al 30%, in diversi settori. Quali sono le caratteristiche generali
dell’ambiente d’investimento nel Regno Saudita? Vi sono agevolazioni per gli investitori stranieri? La stabilità
del nostro governo, del sistema bancario e della valuta saudita offrono agli investitori un clima di investimento favorevole.
Gli investitori stranieri beneficiano di tutti gli incentivi: benefici, garanzie e sostegno offerto agli investitori locali, in base a
quanto previsto dalle leggi saudite. È possibile inoltre trasferire capitali e profitti all’estero. Siamo tra i maggiori produttori
di petrolio al mondo, il che ci consente, assieme alla ricchezza dei nostri depositi di metalli, di garantire sia la fornitura di
energia per i progetti di investimento ai prezzi più favorevoli sia il facile accesso ad alcuni materiali grezzi. L’Arabia Saudita
è membro fondatore del Greater Arab Free Trade Area (GAFTA) e, attraverso il Consiglio di Cooperazione del Golfo, ha
accordi di libero scambio con l’European Free Trade Association (EFTA) e con Singapore. Il Governo Saudita ha un approccio
proattivo nell’incoraggiare gli investimenti esteri, e continuerà a facilitare l’accesso agli scambi e agli investimenti nel
mercato azionario e ad accogliere la tecnologia straniera. Su questo fronte come si posiziona l’Italia e cosa si sta
facendo per implementare le relazioni economiche tra i due Paesi? Le Relazioni tra l’Italia e il Regno vantano 85 anni
di storia e sono basate sul reciproco rispetto e sulla proficua cooperazione in tutti i settori. Le visite bilaterali hanno
recentemente testimoniato nuove dinamiche positive. Negli ultimi due anni, gli onorevoli Paolo Gentiloni, Angelino Alfano e
Matteo Renzi, rispettivamente in qualità di Ministro degli Esteri, Ministro dell’Interno e Presidente del Consiglio, nonché il
Ministro della Difesa Roberta Pinotti hanno visitato l’Arabia Saudita. Il Ministro degli Affari Esteri Saudita Al Jubeir, da quando
ha assunto il suo incarico, nel 2015, è giunto tre volte in Italia in visita ufficiale. Gli accordi di cooperazione economica siglati
tra i due Paesi hanno contribuito ad attivare gli investimenti e ad aumentare gli scambi commerciali. Si contano più di 200
aziende italiane che operano nel Regno e circa 2000 cittadini italiani sono impegnati nel Paese in diversi settori. Il numero
dei turisti dall’Arabia Saudita verso l’Italia è aumentato di circa il 60 percento nell’ultimo anno. Nel 2016, l’Italia è risultata
tra i primi 10 paesi di origine delle importazioni del Regno. A causa della diminuzione dei prezzi del petrolio, la bilancia
commerciale è attualmente favorevole all’Italia. Le esportazioni dell’Arabia Saudita verso l’Italia sono rappresentate in larga
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parte dal settore petrolifero, minerario e petrolchimico. Le importazioni saudite dall’Italia interessano, in particolare,
l’ingegneria meccanica industriale, i prodotti raffinati e di produzione, il settore chimico e farmaceutico, l’industria del
mobile e il settore alimentare. Ci sono attualmente molte opportunità di investimento in Arabia Saudita nel settore delle
infrastrutture, delle comunicazioni e della tecnologia. Quale la situazione attuale delle risorse idriche nell'Arabia
Saudita? La sicurezza idrica sta diventando, ci pare, più importante di quella militare in Arabia Saudita, è
corretto? E quali le politiche adottate dall'Arabia Saudita per affrontare la scarsità delle risorse idriche? Senza
dubbio garantire la sicurezza idrica nel Paese è una delle priorità del Governo saudita. L'Arabia Saudita è a conoscenza delle
tecnologie di desalinizzazione da più di un secolo. La prima unità di dissalazione, chiamata ‘Al Kindasah’, venne installata
presso il Porto Islamico di Gedda nel 1907, a seguito del suo ritrovamento nel relitto di una nave al largo delle coste saudite.
Negli anni 30, il Fondatore del Regno, Re Abdulaziz, ordinò la costruzione di una unità di dissalazione nella città di Gedda per
soddisfare, in aggiunta all’acqua potabile delle fonti e delle risorse naturali, il bisogno dei pellegrini che giungevano nel
regno attraccando allo storico Porto Islamico. Attualmente l'Arabia Saudita si attesta tra i primi paesi al mondo per la
produzione di acqua dolce, producendo circa un miliardo e sei milioni di metri cubi di acqua dolce all'anno, pari al 18% della
produzione mondiale. L'Arabia Saudita ha al suo attivo 28 impianti statali di dissalazione gestiti dall’Ente Generale per la
purificazione dell’acque salate (SWCC), istituito nel 1974. Si prevede inoltre la costruzione di altri 16 impianti statali, di cui
otto sono già in fase di ultimazione: inizieranno ad essere attivi a partire dal 2018. A questi si aggiungono quattro impianti
che vedono la partecipazione del settore privato e altri stabilimenti di dissalazione all’interno delle città industriali, che
coprono il fabbisogno specifico di questi centri. É stata inaugurata recentemente nell'Arabia Saudita, a ‘Ras alKhair’, la più grande stazione di desalinizzazione delle acque nel mondo. La desalinizzazione delle acque
salate è la migliore soluzione per coprire i fabbisogni idrici nell'Arabia Saudita oppure ci sono altre
alternative? Il processo di desalinizzazione è, senza alcun dubbio, la migliore soluzione per la copertura del fabbisogno di
acqua dolce del Paese. A causa della scarsità delle precipitazioni e della conformazione del territorio saudita, che non
dispone di risorse idriche naturali come pozzi, fiumi e laghi permanenti, tali sistemi di purificazione delle acque salate sono
essenziali. Perché l'Arabia Saudita ha fatto ricorso alla privatizzazione delle stazioni di desalinizzazione delle
acque? Il Consiglio Consultivo del Regno ha raccomandato la privatizzazione degli impianti di dissalazione a seguito dei
risultati positivi ottenuti con la privatizzazione di altri settori, come quello delle telecomunicazioni, o, per citare altri esempi,
con la privatizzazione della Compagnia aerea di bandiera e della Saudi Electricity Company (SEC). In questi casi, la
privatizzazione ha contributo in modo efficace all'innalzamento della produttività e della competitività del settore,
contribuendo anche a creare nuovi posti di lavoro. Le acque competono con il petrolio per importanza economica
nell'Arabia Saudita? Le risorse idriche sono più importanti economicamente di quelle petrolifere o viceversa? E
Perché? Non possiamo dire che ci sia una vera competizione tra l'acqua e il petrolio dal punto di vista economico, ma
indubbiamente la produzione di acqua potabile è strategica per gli obiettivi fissati nella ‘Saudi Vision 2030’. È importante
rammentare che i 28 impianti statali di desalinizzazione gestiti dall’SWCC, oltre alla produzione di acqua dolce, producono
attualmente fino a 7173 megawatt di energia elettrica pari al 12% del totale dell'energia elettrica prodotta in Arabia Saudita.
Una percentuale destinata ad aumentare in seguito all’avviamento degli impianti attualmente in costruzione. Si potrebbe
considerare ‘il problema idrico’ nella regione araba come una questione politica che rende ‘la vera pace’
ancora più difficile da raggiungere? E se è così, quanto è grave questo problema e quali sono le possibilità di
soluzione? Nelle ‘tensioni’ in corso quanta responsabilità è attribuibile alla crisi idrica? La questione idrica ha
indubbiamente il suo peso nelle vicende politiche ed economiche di ogni Paese a livello globale, in particolar modo nei Paesi
del Medio Oriente che devono confrontarsi con la scarsità di risorse idriche naturali. È anche vero che tali Paesi spesso
dispongono di ricchezze naturali, i cui ricavi consentono investimenti atti a rispondere al fabbisogno dell'acqua potabile,
come ad esempio accade in Arabia Saudita. Non ritengo si possa affermare che al momento la questione idrica sia
attualmente uno tra i maggiori ostacoli alla pace regionale. Nessuna pace è possibile senza il ripristino della sicurezza e della
stabilità nella regione. Al momento, il terrorismo e il settarismo rappresentano l’ostacolo maggiore per il raggiungimento
della pace e dell’equilibrio regionale.
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