STAFFETTA - Decarbonizzazione gas

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Gas: un “ponte” che non serve più?

La decarbonizzazione impone un cambio di passo al settore

“Ci sono molte opzioni non basate sul gas sia per la fornitura di energia sia per l'efficienza, che possono rimpiazzare il tradizionale modello gas”. “Assumendo che gli impegni di riduzione delle emissioni dei governi europei debbano essere mantenuti, senza una decarbonizzazione il declino del gas in Europa sembra inevitabile, partendo dalla generazione elettrica nel decennio 2020 e passando al riscaldamento in quello 2030”. Il gas è presentato spesso come combustibile-ponte verso un'energia decarbonizzata, ma se la transizione fosse già troppo avanti? E' il rischio prospettato nel saggio “The future of gas in decarbonising” (da cui sono tratte le citazioni) di Jonathan Stern, tra i massimi esperti al mondo di gas, fondatore nel 2003 e direttore fino al 2011 del Natural Gas Research Programme dell'Oxford Institute for Energy Studies (v. Staffetta 10/01) . Secondo l'autore, dati gli attuali trend di consumo, policy e tecnologia, in Europa il settore potrà sottrarsi al declino solo se virerà con decisione verso la decarbonizzazione. Un cammino nel contempo non privo di ostacoli e incertezze e da intraprendere subito. Il settore gas europeo è consapevole della posta in gioco, ed è pronto a reagire? Da una parte, nota l'autore, ci sono i fattori di “minaccia”: oltre al calo dei consumi da crisi, deindustrializzazione e efficienza, ci sono i progressi tecnologici e di costo delle rinnovabili e accumulo di elettricità nonché gli sviluppi del demand response, che assottigliano gli spazi della generazione a gas come back up e compensazione delle Fer. Pompe di calore e teleriscaldamento da rinnovabili sfidano poi il gas nel riscaldamento. Dall'altro le possibili risposte, tutte molto in salita: secondo Stern non basta più ripetere che il gas è il combustibile più pulito tra i fossili e limitarsi a premere per una transizione dal carbone al metano nella generazione elettrica. L'attenzione non solo dei policy maker europei e dell'opinione pubblica in tema di ambiente ma anche del mercato stesso - dal rapido sviluppo delle soluzioni tecnologiche low carbon alle scelte delle utility - guardano già alla decarbonizzazione completa nel lungo termine. E lo stesso, afferma l'autore, dovrebbe fare da subito l'industria del gas. Sfida tutt'altro che semplice. Le opzioni sul tavolo non sono molte e tutte in gran parte da costruire: biometano, idrogeno da elettrolisi o steam reform del gas, teleriscaldamento. Degno di nota che, secondo l'autore, lo sviluppo del metano come carburante per i trasporti, pur indicato come “la miglior speranza” di rilancio dei consumi, non sia considerato in grado di scongiurare il declino nell'orizzonte considerato.

Dà più di tutto la misura delle difficoltà il fatto che, secondo Stern, l'unica vera speranza per il gas di mantenere un ruolo simile all'attuale dopo il 2030 sia nelle mani di una tecnologia costosa e finora dalle incerte prospettive come la CCS - il cui eventuale sviluppo, peraltro, favorirebbe nella generazione il carbone almeno quanto il gas. Rispetto al rischio di declino, rileva nel contempo l'autore, non tutti gli anelli della filiera si trovano nella stessa posizione. Tra i più esposti ci sono i produttori-esportatori della commodity, messi davanti all'opzione di perseguire una difficile decarbonizzazione o rischiare di vedere decisori pubblici e altri stakeholder allontanarsi progressivamente dal gas. Con essi i proprietari di asset come centrali a gas, stoccaggi e rigassificatori, anch'essi legati strettamente al destino della commodity. Discorso diverso per i venditori, che in qualche modo diversificheranno verso l'energia elettrica, e soprattutto per gestori di reti, il cui obiettivo sarà che i loro asset continuino a essere utilizzati. Ciò potrà avvenire anche senza gas naturale, rinconvertendo le reti al trasporto di idrogeno, biometano/biogas, calore. E in questo sempre più protagoniste, come già nell'elettricità, saranno le reti locali di distribuzione, assai più di quelle di trasporto. Senza decarbonizzazione, però, anche queste finiranno “stranded” dal 2050. Il quadro complessivo ricostruito dal professore appare nel complesso molto completo. C'è forse un unico aspetto di rilievo che l'articolo sembra ignorare: assumendo la platea dei concorrenti del gas nella generazione elettrica europea quasi come un dato statico, non viene fatta menzione della rilevante quota di nucleare che andrà fuori servizio nei prossimi decenni, di cui le vicende francesi di questi mesi sono solo un antipasto. Nel complesso però il saggio allinea un numero più che sufficiente di motivi di preoccupazione per l'industria del gas. La cui risposta in un contesto simile dovrà essere decisa ed energica. Puntando meno sulla propria capacità di influenzare l'agenda politica per rallentare i processi ormai in atto - soluzione apparentemente più facile ma di corto respiro - e più che mai sulla sua capacità di trasformarsi (e di mostrare che lo si sta facendo). “La decarbonizzazione - conclude Stern - pone numerose sfide di lungo termine e potenzialmente una minaccia alla stessa esistenza” del settore gas.