Il mondo sanitario si ribella:«Giù le mani dagli

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Transcript Il mondo sanitario si ribella:«Giù le mani dagli

savona provincia
IL SECOLO XIX
BUFERA DOPO LA SVOLTA DELLA REGIONE ISPIRATA AL MODELLO LOMBARDO
DOMENICA
22 GENNAIO 2017
21
n L’ANALISI
UTILE APRIRE
Il mondo sanitario si ribella: AI PRIVATI
«Giù le mani dagli ospedali liguri» MA SERVE UN PIANO
dalla prima pagina
Medici, sindacati e politici contro la scelta di privatizzare 3 strutture
EMANUELE ROSSI
CORO di critiche. E aria di sciopero. La Regione piazza un
uno-dueall’insegnadellasanità privata in Liguria (il sopralluogo di Humanitas a Erzelli e
la ricerca di manifestazioni di
interesse per gestire gli ospedali di Albenga, Cairo e Bordighera) e il mondo sindacale e
politico reagisce contestando
le scelte della giunta Toti. Le
accuse? Quelle di svendere il
patrimonio della sanità pubblica e di scarsa trasparenza.
«Abbiamo visto l’assessore
pochi minuti prima della giunta, venerdì - sostiene Fulvia
Veirana, della Fp Cgil - e non ci
è stato riferito nulla. Noi avevamo presentato un piano di
riposizionamento, ma senza
l’ingresso di privati. C’è il rischio che venga depotenziata
la sanità pubblica perchè i servizi più “redditizi” finiranno in
concessione ai privati. Lunedì
incontreremo le altre sigle e
valuteremo eventuali mobilitazioni». Lo sciopero non è
un’ipotesi peregrina, anche
perché Cisl e Uil sono molto
critiche verso l’impostazione
della Regione. Paola Bavoso,
segretario Cisl, ad esempio, dice: «L’assessore, ancora una
volta, sottovaluta il nostro
ruolo ed evita il confronto pre-
Medici in sala operatoria. In Liguria non ci sono ancora ospedali pubblici gestiti dai privati
ventivo. Abbiamo accolto le riforme evidenziando i nostri
dubbi, ma fiduciosi che con un
lavoro di reciproca relazione
queste avrebbero portato i loro frutti: oggi le notizie circa la
privatizzazione dell’ospedale
di ponente ci spiazzano. Non
saremo spettatori passivi, abbiamo espresso idee, proposte
solide e realizzabili». Per Lella
Trotta, segretario Uil sanità, la
giunta «Anziché ricostruire e
riorganizzare la salute, partendo dai piccoli ospedali in
dismissione e creando posti
letto Rsa gestiti da infermiere
di famiglia , medici di base e
guardia medica, dà mandato
alla neo azienda Alisa di svendere la salute pubblica. I casi
Bordighera, Cairo, Albenga e la
poco chiara vicenda Erzelli
parlano chiaro».
La polemica riguarda ospedali come quelli in territorio
savonese ed imperiese che negli anni scorsi erano stati privati dei loro pronto soccorso in
nome della spending rewiew.
UnodegliobiettividellaRegione sarebbe quello di poter recuperare il pronto soccorso,
ma con una gestione privata
accreditata. E però anche per il
sindacato più rappresentativo
dei
medici
ospedalieri,
l’Anaao, è una mossa che rivela
i problemi di gestione della sanità ligure: «Si vuole mettere
un pronto soccorso in più? E
con quali servizi? Con quali li-
miti? - si domanda Giovanni
Battista Traverso, segretario
ligure dell’Anaao - l’affidamento ai privati rivela solo le
difficoltà di gestione liguri, così come l’importazione di manager dalla Lombardia. Noi
siamo per la sanità pubblica».
La notizia della delibera,
passata all’unanimità nella
giunta di venerdì, ha galvanizzato le opposizioni in Regione.
«È un disegno globale per fare a
pezzi il pubblico in favore della
privatizzazione - attaccano i
consiglieri del Pd - Anche se,
bisogna ricordarlo, il privato
che arriverà sarà un privato
convenzionato, quindi il centrodestra non ci racconti la solita balla dei risparmi per le
casse della Regione, visto che i
costi in quel caso aumenteranno, invece che diminuire. Quest’operazione, mai condivisa
col territorio tra l’altro, andrà a
discapito del sistema sanitario
pubblico, perché gli sottrarrà
ulteriori risorse». Mentre per il
consigliere M5S Andrea Melis
«L’impostazione non ci stupisce, si era già capito dall’impostazione data alla vicenda di
Gsl ad Albenga con l’affidamento a un gruppo di Monza.
Vogliamo vederci chiaro, sui
numeri di questa operazione».
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Ora la giunta Toti ha aperto
ufficialmente la porta ai
gruppi privati per gestire tre
piccoli ospedali. Una mossa
che ha subito scatenato le reazioni preoccupate del mondo politico e medico, raramente così compatto.
Lo aveva già fatto la giunta
Burlando che ha “ceduto” il
San Carlo di Voltri all’Evangelico, in grave crisi: una mossa
che avrebbe potuto dare risultati migliori. L’operazione
di appaltare ai privati l’Ortopedia protesica di Albenga
era nata per arginare le liste
d’attesa, ma sono mancati i
controlli sugli interventi chirurgici, oltre a una serie di irregolarità come ha evidenziato l’inchiesta della Finanza, e l’operazione è finita a
Palazzo di giustizia.
L’ingresso dei privati non
può però essere l’unica terapia per curare e rilanciare la
sanità ligure che non ha un
piano sanitario e una programmazione a medio termine: l’ultima è stata firmata
dalla giunta Burlando che,
per evitare il commissariamento di Asl e strutture, ha
dovuto chiudere ospedali e
accorpare reparti. Poi, non ha
trovato il coraggio per eliminare altri lussi e investire. Coraggio che, finora, non ha
avuto nemmeno il centrodestra: procede a tentativi - che
qualcuno definisce annunci e
spot - e in diciannove mesi
dall’insediamento, ha prodotto un “Libro bianco” con
tante pagine ma senza una linea strategica. Ora l’assessore
Viale ha delegato un’indagine
di mercato al leghista Walter
Locatelli, commissario straordinario di Alisa (il braccio
operativo della Regione), ed
ex direttore generale della
Asl 1 di Milano, che si ispira al
modello lombardo e forse
vuole riproporlo. Una scommessa ardita: in Liguria non
ci sono i presupposti, le risorse e i pazienti-clienti. Mentre
in Lombardia i colossi privati
- da Humanitas al San Raffaele - sono poli di attrazione per
decine di migliaia di malati
provenienti dal Sud. Ora la
Regione Liguria vuole avviare
una sperimentazione gestionale di tre anni (il tempo
massimo previsto dalle normative nazionali) negli ospedali di Bordighera, Albenga e
Cairo, per poi decidere se
venderli. I vantaggi? Salvarli
e alzare la qualità. I rischi? I
privati, per non fare un investimento in perdita, potrebbero puntare sulle specialità
più redditizie come l’Ortopedia, l’Oculistica e la Cardiologia, finendo per fare concorrenza agli ospedali pubblici, a
partire dal Santa Corona di
Pietra Ligure. Così sarebbe un
battaglia ad armi impari, sulla pelle della Liguria.
GUIDO FILIPPI
LA SANITÀ SAVONESE SI INTERROGA SUI PIANI REGIONALI DI AFFIDAMENTO DELLE STRUTTURE PUBBLICHE
Albenga rifiuta i «comitati d’affari» ma sollecita l’Ortopedia
Il Ponente si mobilita con sindaci e associazioni pronte a scendere in piazza. Cangiano: riapra l’ex reparto Gsl
LE REAZIONI
LUCA REBAGLIATI
ALBENGA. «No ai comitati
d'affari» e contro la privatizzazione degli ospedali si scatena una specie di sommossa, e nel frattempo c'è il reparto di chirurgia ortopedica
che tutti chiedano che sia riaperto al più presto, con la gestione dei privati. Sembrerebbe un paradosso, ma
quando si parla di sanità al
giorno d'oggi di paradossale
sembra non esserci nulla. O
forse tutto.
Fatto sta che la paventata
privatizzazionedegliospedali di Cairo e Albenga sembra
piacere proprio a nessuno,
men che meno a chi chiede
che si apra (anzi riapra) in
fretta la chirurgia ortopedica.
«Il reparto deve riaprire al
più presto, per tornare ad offrire servizi ai cittadini, a frenare le fughe di pazienti verso altre regioni e per dare garanzie occupazionali ai lavoratori – spiega il sindaco di
Albenga, Giorgio Cangiano -,
quindi chiediamo che venga
al più presto completata la
procedura di assegnazione e
che si ricominci al più presto
ad operare. Però un conto è
un reparto in cui pubblico e
privato collaborino per raggiungere degli obiettivi spe-
cifici, magari contribuendo
(come ci è stato detto più volte) a mantenere in piena operatività l'ospedale pubblico.
Ben diverso è privatizzare un
intero ospedale, perché ovviamente un imprenditore
privato dovrà tendere a fare
profitti, quindi a investire su
reparti e settori più redditizi
e non su quelli che magari
servono di più ai cittadini ma
che rappresentano soprat-
tutto dei costi ingenti con
scarso ritorno».
Il primo pensiero corre ai
reparti d'emergenza, eppure
l'assessore Sonia Viale sostiene che con la privatizzazione Albenga (così come Cairo) riavrà un vero pronto
soccorso.
«Questo sembra più che altro un modo per zittire i timori dei residenti che pensano di essere sicuri con un
pronto soccorso vicino –
sbottano i sindacalisti Cgil
Ciro Ferrentino e Giancarlo
Bellini -. La realtà è che un
pronto soccorso slegato da
reparti e dai servizi di emergenza quali ad esempio la
rianimazione e la cardiologia, non mette gli utenti in sicurezza. I privati non si accontentano di fare profitti
modici su operazioni di questo genere e cioè acquisendo
ospedali. Questo cosa vuol
dire? Che se si vorranno davvero mantenere i servizi e
riaprire i pronto soccorso ci
sarà un grosso aumento dei
costi, oppure che quello del
pronto soccorso e tutto il resto sono solo slogan. La
scommessa è far decollare il
territorio e invece si sceglie
sistematicamente i comitati
di affari. È cominciato lo
smantellamento del sistema
COMUNI SUGLI SCUDI A DIFESA DEL SAN GIUSEPPE DI CAIRO
Briano guida il no della Valbormida: «Area disagiata»
La reazione al piano regionale sarà studiata il 25 gennaio all’assemblea distrettuale
Il Comitato sanitario locale: raccolte oltre 18.200 firme, cerchiamo altri sostenitori
CAIRO. Sorpresa: dopo quel-
lo di Albenga anche l'ospedale San Giuseppe di Cairo rischia di finire in mano ai privati. Ma la decisione della Regione di mettere sul mercato
il polo sanitario valbormidese scatena una dura reazione.
«È l’ennesima dimostrazione
che la Regione fa le cose senza
condividerle con il territorio
– attacca il sindaco di Cairo,
FulvioBriano-.Lastradadella
privatizzazione è irreversibile. Da febbraio inoltre la Chirurgia chiuderà di notte, perché hanno deciso di togliere il
“One day surgery” da Cairo.
Tutti gli interventi che necessitavano di una notte di degenza in ospedale sono stati
spostati su Albenga». La dura reazione del territorio sarà
ufficializzata il 25 gennaio
nell’assemblea del distretto
socio sanitario. «Proporrò ai
sindaci la bozza di legge per
ottenereperilSanGiuseppeil
riconoscimento di ospedale
di area disagiata – continua
Briano -, credo che la strada
sia questa, non la privatizzazione di un ospedale che deve
rimanere pubblico».
Tanti sono i nodi da sciogliere su un tema delicatissi-
mo. In primis la questione del
prontosoccorso.Daanniicairesi si battono per riavere un
vero polo per far fronte alle
emergenze, ma l’ipotesi è
sempre stata bocciata per
questioni di costi. Nella delibera regionale, però, questa
volta c’è la certezza che il
punto di primo intervento
tornerà ad essere un vero
pronto soccorso.
Il tema è caro al Comitato
sanitario locale, che per la
causa ha raccolto 18.200 firme. «Attendiamo di capire
qual è veramente il progetto
della Regione - spiega Giulia-
no Fasolato, presidente del
Comitato -, perché ad oggi la
delibera è sibillina. Abbiamo
combattuto con le forze che
abbiamo, in tutte le direzioni
possibili e per molto tempo
anche da soli, raccogliendo
oltre 18.200 firme per richiedere un ospedale di area disagiata. Non è stato possibile.
Continueremo la nostra battaglia in attesa di approfondimenti. Ci auguriamo di trovare, oltre agli attuali interlocutori istituzionali, anche altri
nuovi attori attenti alle esigenzedituttalaValbormida».
L. B.
che già oggi vede medici professionisti in procinto di licenziarsi dal pubblico per
approdare verso un privato
più vantaggioso per le loro
tasche».
A ponente si prepara la
mobilitazione, con amministrazioni e mondo dell'associazionismo pronti a scendere in piazza per difendere
l'ospedale pubblico. Ma intanto c'è da riaprire la chirurgia ortopedica.
«Ora che sembrano essersi
esauriti i ricorsi non c'è nulla
che impedisca l'assegnazione definitiva a chi ha vinto la
gara, quindi mi auguro che la
Regione e l'Asl provvedano al
più presto» afferma Cangiano. «Chi ha scelto questa strada, che avevamo detto sarebbe stata lunga e difficile, si assuma le proprie responsabilità nei confronti dei
lavoratori che da tempo sono
senza occupazione, senza
stipendio e senza ammortizzatori sociali – aggiunge Bellini -, e che aspettano di avere
un interlocutore con cui discutere della riapertura e dei
contratti di lavoro».
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