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Trump: goodbye Obamacare | 1
giovedì 26 gennaio 2017, 15:30
Politica USA
Trump: goodbye Obamacare
Il primo atto di Trump è smantellare Obamacare, ma il GOP brancola nel buio circa l’alternativa da proporre
di Sara Giannaccini
Il primo atto da 45esimo Presidente degli Stati Uniti per Donald Trump è stato firmare un ordine esecutivo per limitare
al massimo e nei termini di legge i servizi previsti dall’Affordable Care Act, la cosiddetta Obamacare, la legge per la
riforma sanitaria che avrebbe dovuto rappresentare una delle pietre miliari della presidenza Obama.
https://www.youtube.com/watch?v=MoGhlTsHZO8&spfreload=10 Il programma di assistenza sanutaria voluto dal presidente
uscente è sempre stato sotto il fuoco incrociato del magnate e del suo Partito durante la campagna elettorale. «Non
funziona ed è insostenibile» aveva scritto Trump su Twitter. «Un disastro», l’aveva definito. Non stupisce allora che il suo
primo ordine esecutivo sia stato quello per limitare Obamacare. Esso prevede il congelamento dei regolamenti
attuativi e un alleggerimento dei costi per lo Stato fino a quando non entrerà in vigore un nuovo sistema. Ma
non è definitivo. Per smantellarlo totalmente la parola deve passare al Congresso. E se ormai 20 milioni di americani
dipendono per la loro copertura sanitaria dalla legge di Obama, quel che serve è una legge sostitutiva. Mike Pence aveva
rassicurato gli americani in tal senso, sostenendo che Trump fosse pronto a guidare una svolta senza abbandonare chi
beneficia della riforma. «Non abbiate dubbi - ha detto Pence - manterremo la promessa di eliminare Obamacare e sostituirla
con soluzioni che abbassino i costi dell’assistenza senza gonfiare la spesa del governo». Pur non essendo definitivo,
l’ordine dovrebbe permettere di aggirare alcune regole della riforma, come i limiti di reddito necessari per essere esonerati
da certi pagamenti di premi. Ma Trump sa di dover passare dal Congresso. Il presidente della Commissione Bilancio del
Senato Mike Enzi ha presentato una mozione da votare in tempi stretti in materia di 'reconciliation': una procedura di
fast track che permette di intervenire su provvedimenti con impatto fiscale come Obamacare, andando a limitare il dibattito
e facendoli passare a maggioranza semplice. In questo modo si superano i rischi di ostruzionismo in agguato al Senato, dove
di norma serve un sostegno di due terzi. Non è solo il magnate ad aver evidenziato i limiti e le difficoltà delle legge. I premi
assicurativi sono aumentati quest’anno in media del 25%, a scapito dei ceti medi. I provider di assistenza sono
diminuiti. Cinque Stati registrano una sola società negli Exchange, quelle borse sanitarie ideate per l’acquisto di polizze
standard e per la distribuzione dei sussidi. Ma ci sono anche le note positive: i nuovi assicurati sono 22 milioni, riducendo il
tasso di chi è senza copertura al 10%, record minimo. La difficoltà vera è però decidere cosa sostituirà Obamacare. Alla luce
delle imperfezioni, delle forzature, delle incongruenze, qual è il piano sanitario alternativo che sarà messo in campo? Come
saranno gestiti i periodi di transizione? Tornare allo stato delle cose da cui Obama è partito affosserebbe una
presidenza già impopolare. Tanto che Trump stesso ha ammesso di non escludere la possibilità di mantenere alcune
delle sue clausole più apprezzate: il divieto di discriminare i malati cronici o la possibilità dei genitori di tenere i figli sulle
polizze fino a 26 anni. https://www.youtube.com/watch?v=5Bj6zR7cNog E i problemi in seno al GOP non sono pochi, tra chi
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/trump-goodbye-obamacare/
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vuole cancellare totalmente la legge di Obama e chi vorrebbe conservarne lo scheletro fondamentale. Il punto è sempre
l’alternativa. Alcune voci dall’establishment repubblicano sostengono che per la creazione di un’alternativa compiuta e
condivisa il tempo necessario sarà di almeno sei mesi. Altre voci sembrano voler ridurre i tempi. Come la deputata
Marsha Blackburn che promette addirittura l’invio di un piano definitivo a Trump per la firma entro il 20 febbraio.
di Sara Giannaccini
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