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Commentary, 19 gennaio 2017
TRUMP E L’UTILIZZO DI TWITTER:
(QUASI) NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE
DIEGO CECCOBELLI
P
er spiegare l’esito delle ultime elezioni presidenziali americane si è molto dibattuto sul ruolo di
Twitter. Quello che nei prossimi giorni diverrà ufficialmente il 45° presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump, si è infatti fin da subito contraddistinto per un utilizzo incessante di questa piattaforma digitale. Tuttavia,
questo non è un tratto che caratterizza solo il caso statunitense o che ha caratterizzato unicamente le presidenziali
americane del 2016, tutt’altro. Twitter è oramai un social
media centrale per la comunicazione politica da almeno
quattro o cinque anni non solo negli Stati Uniti, bensì in
(quasi) tutte le democrazie occidentali, e non solo. Di fatto,
le ultime presidenziali americane si sono mosse in linee di
continuità con quanto già avvenuto in passato e poco
possono aggiungere alla nostra comprensione e definizione di quello che è il ruolo di Twitter nella comunicazione
politica contemporanea, soprattutto se visto come strumento di esercizio politico e del potere più in generale.
©ISPI2017
Un politico che sceglie di comunicare su Twitter lo fa per
ottenere un obiettivo principale: ricevere la copertura mediatica da parte di ogni tipo di organo dell’informazione.
Ovviamente, un tweet di un leader politico ha anche la
potenzialità di arrivare direttamente a una mole rilevante di
cittadini – più o meno alta in base al numero dei suoi fol-
lower. Tuttavia, quando un membro dello staff di un leader
politico o il leader stesso pubblicano un tweet, il loro
obiettivo è quello di fare in modo che quel cinguettio diventi il titolo d’apertura di un giornale sia nella versione
cartacea il giorno seguente, che in tempo reale in quella
digitale, oppure la flash news dei canali televisivi all-news,
amplificando pertanto la portata comunicativa di un messaggio che, senza la reintermediazione dei giornalisti, rischierebbe di essere consumato da una percentuale
dell’elettorato molto meno ampia.
Sempre in ottica comparata, è importante sottolineare come il social media che facilita maggiormente il rapporto
diretto tra il leader e un numero significativo di cittadini è
in realtà un altro, ossia Facebook. La netta maggioranza
dei cittadini frequenta Facebook, non Twitter. Non esiste
alcun paese in cui il numero di cittadini iscritti a Twitter
sopravanzi quelli degli iscritti a Facebook. Inoltre, la forbice che divide questi due valori è molto ampia e negli
ultimi anni si sta perfino allargando. Rappresenta la norma,
infatti, che mentre la penetrazione di Facebook superi ampiamente il 50% dei cittadini di un determinato paese,
quella di Twitter fatichi a raggiungere il 20%.
Diego Ceccobelli, Scuola Normale Superiore, Pisa
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A prescindere da questi tratti che caratterizzano oramai
strutturalmente il rapporto tra social media e cittadini nelle
democrazie liberali contemporanee, l’utilizzo di Twitter da
parte di Donald Trump può comunque essere considerato
anomalo e paradigmatico. A differenza di Hillary Clinton,
e di buona parte dei leader politici statunitensi e non solo,
Donald Trump sembra gestire personalmente il suo account Twitter. Questo aspetto ha contribuito a dargli
un’aura di autenticità che difficilmente viene associata ai
leader politici nel loro utilizzo dei social media. Inoltre,
questo lo ha reso ancor di più notiziabile. Il suo utilizzo
spasmodico e aggressivo di Twitter ben si sposa con le
esigenze degli attori mediali, sempre alla ricerca di nuove
storie e/o semplici dichiarazioni da parte degli attori politici, in un sistema dell’informazione in cui il ciclo di vita
delle notizie è oramai sempre più breve, e che quindi necessita continuamente di nuovi contenuti.
listi stessi a prediligere dei contenuti brevi e coincisi,
maggiormente trasformabili in notizie riassumibili in titoli
da dare rapidamente in pasto ai propri lettori.
Al netto di queste dinamiche e processi politico-comunicativi ben noti e studiati da tempo dagli studiosi
di comunicazione politica, è innegabile il fatto che il successo elettorale di Trump possa essere spiegato solo parzialmente dalla sua scelta di utilizzare Twitter, o dal modo
specifico in cui si è servito e continua a servirsi di questo
social media. Trump si è imposto fin da subito grazie al
suo essere un leader notiziabile. Grazie ai contenuti che ha
veicolato su ogni mezzo di comunicazione, quindi anche,
non solo, sui social media, Twitter in particolare. Grazie
alla debolezza dei suoi concorrenti sia durante le primarie
repubblicane, che durante le elezioni presidenziali stesse.
Non c’è dubbio che l’eventuale scelta di utilizzare i social
media in maniera meno violenta e martellante non gli
avrebbe garantito la stessa visibilità mediatica sia direttamente, ossia comparendo sulle timeline dei propri follower
Twitter, sia indirettamente, attraverso la continua opera di
reintermediazione dei suoi tweet operata in tempo reale da
parte dei giornalisti. Tuttavia, dare un peso eccessivo al suo
innovativo ed efficace utilizzo di Twitter avrebbe l’esito di
allontanarci dalla corretta individuazione e comprensione
delle cause che hanno portato all’elezione di Donald
Trump come 45° presidente degli Stati Uniti.
©ISPI2017
La centralità di Twitter nella comunicazione di
Trump risulta comunque vincente e politicamente remunerativa per due motivi: i) perché il limite di 140 caratteri
bene si lega con il suo stile comunicativo basato su frasi
dirette e lapidarie, che più che fornire argomenti di discussione e confronto ottengono l’obiettivo di esprimere con
forza –a prescindere dall’aderenza delle sue proposte o
semplici dichiarazioni con la realtà – un determinato concetto, proposta o attacco politico; ii) perché sono i giorna-
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