ha pronunciato la presente sul ricorso numero di registro generale

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N. 00286/2016 REG.RIC.
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N. 01972/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00286/2016 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 286 del 2016, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Massimo Barresi, rappresentato e difeso dagli avvocati Simona Russello e
Stefano Rametta, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in
Catania, via Umberto I, n. 187;
contro
Università degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Reina, con domicilio
eletto presso l’Ufficio legale dell’Ateneo, in Catania, piazza Università, n. 2;
nei confronti di
Marinella Coco, rappresentata e difesa dagli avvocati Attilio Luigi Maria
Toscano e Bonaventura Lo Duca, con domicilio eletto presso lo studio del
primo in Catania, via Milano, n 85;
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per l'annullamento
quanto al ricorso principale
- del decreto dirigenziale n. 4613 del 15 dicembre 2015 con cui Il Direttore
generale dell’Università degli Studi di Catania ha decretato che “la dott.ssa
Marinella Coco … è stata individuata dalla commissione giudicatrice quale candidato
migliore nella selezione pubblica per la stipula di un contratto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica integrativa e di
servizio agli studenti, ai sensi dell’art. 24 comma 3 lettera a) della legge 240/2010 per
il settore concorsuale 05/D1 Fisiologia”;
- di tutti gli atti presupposti e in particolare, dei verbali della Commissione
giudicatrice n. 3 del 9 novembre 2015, n. 4 del 10 novembre 2015 e n. 5 del
4 dicembre 2015, relativi a tale procedura concorsuale, nella parti recanti le
valutazioni ed i giudizi che hanno condotto all’individuazione della
controinteressata quale vincitrice;
- del verbale del Consiglio di Dipartimento di Scienza Biomediche e
Biotecnologiche di Catania n. 16 del 23 dicembre 2015, con cui è stata
approvata la chiamata della dott.ssa Marinella Coco per le necessità di
ricerca e di didattica del SSD BIO/09;
- del verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Università n. 1 del 2
febbraio 2016 (non in possesso del ricorrente in quanto non ancora
pubblicato sul sito dell’Ateneo);
quanto al ricorso per motivi aggiunti
- del decreto rettoriale n. 4546/12 conosciuto solo il 5 marzo 2016 a
seguito della produzione in giudizio dello stesso decreto da parte della
controinteressata;
- di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e/o consequenziale
od esecutivo, non conosciuto, di detti provvedimenti e, occorrendo,
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dell’eventuale contratto di lavoro medio tempore stipulato tra l’Università e
la controinteressata;
nonché per la dichiarazione, ex art. 117 cod. proc. amm., di illegittimità del
diniego opposto dall’amministrazione all’esercizio del diritto di accesso agli
atti e l’annullamento delle note prot. n. 6656 del 22 gennaio 2016 e n.
11233 del 2 febbraio 2016 di riscontro della richiesta di accesso agli atti
formulata dal ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Catania;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto
dalla controinteressata Marinella Coco;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 la dott.ssa Eleonora
Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso introduttivo, il ricorrente impugnava gli atti in epigrafe, con
cui l’Università degli Studi di Catania ha individuato la dottoressa Marinella
Coco, con un punteggio pari a ottanta punti (subito seguita in graduatoria,
con un punteggio pari a settantatre punti, dal ricorrente), quale candidata
migliore e, dunque, vincitrice nella selezione pubblica indetta dall’Ateneo
per la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica integrativa e di servizio
agli studenti, ai sensi dell’art. 24 comma 3 lettera a) della legge 240/2010
nel settore concorsuale 05/D1 “Fisiologia”(SSD BIO/09).
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In particolare, parte ricorrente chiedeva l’annullamento di tali atti
assumendone l’illegittimità in quanto viziati dalla mancata esclusione dalla
relativa procedura concorsuale della controinteressata per aver essa reso in
seno all’istanza di partecipazione alla procedura selettiva per cui è causa (in
atti):
1. la dichiarazione positiva circa il possesso del requisito di ammissione,
richiesto a pena di esclusione dal concorso all’art. 3, punto 8, del relativo
Bando di concorso, consistente nel “non essere stato destituito dall’impiego presso
una Pubblica Amministrazione per persistente insufficiente rendimento e di non essere
stato dichiarato decaduto da un impiego statale, ai sensi dell’art. 127 lettera d) del
D.P.R. 10.1.1957 n. 3”, ritenuta falsa in quanto presentata nonostante con
decreto rettoriale dell’Ateneo resistente n. 4546 del 30 novembre 2012,
emesso in esecuzione della sentenza del C.G.A.R.S. n. 1042/2012 (di
annullamento del decreto della medesima Università di approvazione di
un’altra procedura concorsuale vinta dalla stessa dottoressa Marinella
Coco), quest’ultima fosse già stata dichiarata decaduta dal discendente
impiego statale per aver ottenuto l’incarico mediante dichiarazione falsa (in
tal senso, quanto si legge a pagina 76 del verbale n. 7 del Consiglio di
amministrazione dell’Università resistente relativo all’Adunanza del 29
aprile 2015, in atti);
2. la dichiarazione “di essere a conoscenza di iscrizione ex art. 335 c.p.p.” e,
dunque, della pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti, in
violazione dell’art. 3, punto 7, del medesimo Bando di concorso che, nel
richiedere la diversa dichiarazione “di non essere a conoscenza dell’esistenza di
procedimenti penali”, non ammetterebbe una dichiarazione di segno contrario
del tipo di quella resa dalla controinteressata.
Il ricorrente proponeva, altresì, ricorso ai sensi dell’art. 116 del cod. proc.
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amm., sostenendo l’illegittimità del rifiuto opposto, con prot. n. 6656 del 22
gennaio 2016 e n. 11233 del 2 febbraio 2016, dall’amministrazione
universitaria all’istanza di accesso agli atti da lui avanzata con riferimento al
citato decreto rettoriale dell’Ateneo resistente n. 4546 del 30 novembre
2012, in relazione all’esigenza di agire giudizialmente nei confronti della
resistente al fine di impugnare gli atti della procedura concorsuale per cui è
causa (terzo motivo).
Si costituiva in giudizio l’Ateneo resistente, depositando in allegato n. 23
alla memoria di costituzione, il decreto rettoriale richiesto da parte
ricorrente nonché eccependo quanto segue:
- tale decreto di annullamento con efficacia ex tunc della nomina in ruolo
disposta nei confronti della controinteressata Marinella Coco (prodotto in
giudizio dalla stessa amministrazione) sarebbe stato emesso “in via di mera
esecuzione” del giudicato discendente dalla sentenza del C.G.A.R.S. n.
1042/2012 di “caducazione della nomina di ruolo disposta a benefico della dr.ssa
Coco” (in tal senso tale pronuncia), con la conseguenza che tale atto non
integrerebbe - come invece vorrebbe parte ricorrente - un’ipotesi di
destituzione o decadenza da un impiego pubblico ai sensi dell’art. 2,
comma 3, del d.P.R. n. 487/1994;
- all’epoca della domanda di partecipazione della controinteressata (datata
18 giugno 2014) non era ancora pendente alcun processo penale a carico di
quest’ultima, attesa la formulazione della relativa imputazione per il delitto
di cui all’art. 484 c.p. (“falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” in
relazione alla precedente procedura concorsuale annullata con la citata
sentenza del C.G.A.R.S.) solo il 22 dicembre 2015 e, quindi,
successivamente all’inoltro della domanda stessa.
Si costituiva, altresì, in giudizio la controinteressata, sostenendo anch’essa la
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veridicità delle dichiarazioni rese nonché l’irrilevanza della pendenza di un
processo penale a suo carico, non conseguendone automaticamente
l’esclusione dalla procedura concorsuale in questione, attesa l’assenza
nell’ordinamento universitario e nel relativo Bando di concorso di una
previsione in tal senso.
La Sezione con ordinanza n. 208/2016, “ritenuto che le censure prospettate da
parte ricorrente … siano astrattamente idonee, alla luce della delibazione sommaria
propria della presente fase cautelare, ad inficiare le determinazioni assunte
dall’amministrazione resistente con il provvedimento impugnato”, fissava ex art. 55,
comma 10, l’udienza pubblica di trattazione.
La controinteressata, con atto depositato il 22 aprile 2016 proponeva
ricorso incidentale avverso:
- il decreto rettoriale n. 1898 del 5 maggio 2014 di indizione della selezione
pubblica per cui è causa, ove inteso nel senso di richiedere, quale requisito
di ammissione al concorso, anche la non sottoposizione a procedimento
penale dei candidati (primo motivo);
- del provvedimento di ammissione del ricorrente e dei verbali della
Commissione giudicatrice, nella parte in cui, nel valutare i titoli e le
pubblicazioni da costui autocertificati, viene attribuito al ricorrente
medesimo un punteggio complessivo di settantatre punti, di cui quattordici
per titoli e cinquantanove per pubblicazioni: assume, in particolare, la
controinteressata che tale Commissione sarebbe incorsa in macroscopici
errori valutativi, con conseguente riduzione del punteggio conseguito dal
ricorrente a soli sessantotto punti (ovvero al di sotto della soglia minima
necessaria di settanta punti) per l’effetto della sottrazione allo stesso di
cinque punti relativamente ai titoli, ed avendo illogicamente attribuito alle
pubblicazioni del ricorrente un punteggio superiore a quello attribuito ad
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un altro candidato (D’Antoni), che avrebbe prodotto ben dodici
pubblicazioni internazionali e non undici internazionali ed una nazionale
come il ricorrente (secondo motivo).
Il ricorrente, poi, con atto depositato il 9 maggio 2016 proponeva, altresì,
ricorso per motivi aggiunti avverso il citato decreto rettoriale n. 4546 del 30
novembre 2012 (riferendo di averne conosciuto l’esatto contenuto solo a
seguito della produzione dello stesso in atti) per violazione del citato art.
127, lettera d), del d.P.R. n. 3/1957, ove interpretato nel senso che nessuna
decadenza abbia dichiarato, evidenziando il carattere vincolato dell’atto che
l’amministrazione deve adottare nel caso in cui, come nel caso di specie, sia
stato giudizialmente accertato con sentenza passata in giudicato il dato
oggettivo della falsità dell’atto a mezzo del quale l’impiego è stato
conseguito (primo motivo).
Parte ricorrente introduceva, inoltre, ulteriori doglianze avverso i
provvedimenti già impugnati, evidenziando l’erronea valutazione ad opera
della Commissione esaminatrice di alcune delle esperienze didattiche
indicate dalla controinteressata nella propria domanda di partecipazione,
tael da determinare la sottrazione alla candidata di ben otto punti, con
riduzione del punteggio complessivo a soli settantadue punti e, dunque, al
di sotto di quello conseguito dal concorrente (secondo motivo).
La controinteressata con memoria depositata il 6 giugno 2016 eccepiva, tra
l’altro, l’irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti per tardività, deducendo
come il ricorrente fosse a conoscenza del contenuto del decreto rettoriale
impugnato e degli atti di valutazione impugnati ben prima che tali
documenti venissero prodotti in giudizio.
Anche l’Università resistente con memoria depositata in pari data eccepiva
la tardività del ricorso per motivi aggiunti relativamente alla sola
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impugnazione degli atti di valutazione posti a fondamento del secondo
motivo ivi proposto.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016, la causa veniva trattata e, dunque,
trattenuta in decisione.
1. Per quanto concerne, innanzi tutto, l’ordine di esame dei ricorsi
principale ed incidentale, il Collegio si richiama ai principi posti
dall’Adunanza Plenaria con la sentenza 25 febbraio 2014, n. 9, con
particolare riferimento all’affermazione, quale regola generale, del previo
esame del ricorso incidentale con finalità escludente.
2. Poste le superiori premesse, la controinteressata, nell’intento di elidere
ogni interesse del ricorrente all’annullamento degli atti della selezione
pubblica in questione, ha proposto ricorso incidentale finalizzato, con il
secondo motivo ivi proposto, ad escludere, comunque, che costui possa
risultare vincitore in luogo della stessa, deducendo plurimi errori in cui
l’amministrazione sarebbe incorsa nel valutare i titoli e le pubblicazioni
autocertificati dal ricorrente, per effetto dei quali i punteggi da quest’ultimo
riportati dovrebbero, in tesi, essere ridotti al di sotto della soglia minima
necessaria di settanta punti prevista nel Bando.
Orbene, ritiene il Collegio che tale doglianza non possa essere accolta,
atteso quel consolidato orientamento giurisprudenziale che, con riferimento
alla procedure concorsuali, afferma l’insindacabilità della concreta
attribuzione del punteggio da parte di una commissione esaminatrice, se
non in presenza di “specifici elementi di fatto non opinabili da cui sia possibile
desumere che la commissione medesima sia effettivamente incorsa in macroscopici vizi
logici e di irragionevolezza” (ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, n.
1891/2007), e considerato che la difesa dell’odierna controinteressata non
ha posto in evidenza elementi idonei ad evidenziare, nella valutazione
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espressa relativamente ai titoli ed alle pubblicazioni del ricorrente, uno
sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà
rilevabile ictu oculi.
Tale motivo di impugnazione deve, pertanto, essere rigettato, non
residuando, nel caso di specie, spazio alcuno per un sindacato del giudice
amministrativo nel merito dei singoli apprezzamenti espressi, anche in sede
di attribuzione al ricorrente dei punteggi contestati, nell’esercizio di
quell’ampia discrezionalità spettante alla commissione esaminatrice nella
valutazione, in concreto, dell’idoneità tecnica e/o culturale ovvero
attitudinale del candidato, dovendo il presente giudizio rimanere, invece,
limitato ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti
in sede di scrutinio, nel caso di specie ricorrenti (in senso conforme, T.A.R.
Lazio, Roma, sezione I, n. 12465/2015).
3. Passando, quindi, ad esaminare il merito del ricorso principale, tale
ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo della dedotta mancanza in capo
alla controinteressata di un requisito di ammissione espressamente
richiesto, a pena di estromissione dalla procedura, dal relativo Bando di
concorso (primo motivo di doglianza), secondo cui, infatti, il candidato
“dovrà altresì dichiarare, sotto la sua personale responsabilità, ai sensi degli artt. 46 e
47 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, pena l’esclusione dal concorso: (…) 8. di non
essere stato destituito dall’impiego presso una Pubblica Amministrazione per persistente
insufficiente rendimento e di non essere stato dichiarato decaduto da un impiego statale,
ai sensi dell’art. 127 lettera d) del D.P.R. 10.1.1957 n. 3” (in tal senso, l’art. 3,
punto 8, alle pagine 10 e 11 del Bando).
Risulta, infatti, agli atti di causa che la vincitrice - nonostante la
dichiarazione resa in tal senso in seno all’istanza di partecipazione alla
procedura selettiva per cui è causa - è stata sostanzialmente dichiarata
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decaduta da altro impiego statale, ai sensi del citato art. 127, comma 1, lett.
d), del d.P.R. n. 3/1957, secondo cui “l'impiegato incorre nella decadenza
dall'impiego: (…) d) quando sia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la
produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile”, essendo il
Collegio dell’avviso che - al di là dei termini ivi utilizzati - in tal senso debba
intendersi il contenuto dispositivo del citato decreto rettoriale n. 4546 del
30 novembre 2011, anche alla luce del contenuto della sentenza del
C.G.A.R.S. n. 1042/2012, in ossequio alla quale tale decreto è stato
emanato.
Nell’ambito di tale pronuncia risulta, infatti, essere stato giudizialmente
accertato con sentenza passata in giudicato, relativamente ad una
precedente procedura concorsuale indetta dal medesimo Ateneo
definitivamente, che, per l’appunto, “l'impiego fu conseguito mediante la
produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile”, attesa l’indiscussa
emersione in tale sede del dato oggettivo della falsità dell’atto a mezzo del
quale il lavoro fu ottenuto, ivi leggendosi che “la dr.ssa Coco ha reso false
dichiarazioni, ai fini della partecipazione al concorso e per lucrare gli indebiti vantaggi,
nella valutazione del proprio curriculum, di un’esperienza scientifica mai effettivamente
svolta” , con conseguente “trasmissione della presente sentenza, contenente la notizia
di reato, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Catania, ai sensi
dell’art. 331, comma 4, c.p.p.”, ritenendosi integrato “il reato di cui al combinato
disposto degli artt. 76 del cit. D.P.R. n. 445/2000 e 483 del cod. pen.”.
La giurisprudenza che Consiglio di Stato ha, infatti, avuto occasione di
chiarire come “la decadenza dal servizio di cui all'art. 127 lett. d) t.u. 10 gennaio
1957 n. 3 opera quando sia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la produzione
di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile ed è quindi disposta in quanto al
momento dell'instaurazione del rapporto, faceva difetto un elemento essenziale ai fini
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della costituzione” (in tal senso, ex multis, Sezione V, n. 5851/2002).
Alcun rilievo assumono, inoltre, al riguardo le eccezioni di segno opposto
formulate dall’Università e dalla controinteressata in relazione a:
- la dichiarazione di illegittimità del secondo comma dell’art. 128 del d.P.R.
n. 3/1957 (secondo cui “l’impiegato decaduto ai sensi della lettera d) dell'art. 127
non può concorrere ad altro impiego nell'Amministrazione dello Stato”) resa dalla
Corte costituzionale, con sentenza n. 329/2007 “nella parte in cui non prevede
l'obbligo dell'amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall'impiego,
emesso ai sensi dell'art. 127, primo comma, lettera d), del presente decreto, al fine della
ponderazione della proporzione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad
altro impiego nell'amministrazione dello Stato”;
- la pretesa inapplicabilità del citato art. 127 al personale dirigenziale e non
dirigenziale delle Università.
Rivela, infatti, a tal proposito, come nel caso di specie non venga in
considerazione la disposizione di cui al richiamato art. 128, comma 2, del
d.P.R. n. 3/1957, né si ponga una preliminare questione di applicabilità del
citato art. 127, atteso che, come visto, la causa di esclusione dal concorso
risulta essere stata specificamente prevista nell’ambito della lex specialis della
procedura concorsuale per cui è causa mediante l’espresso richiamo a tale
art. 127 (cit. art. 3, punto 8, del relativo Bando di concorso), atto dal quale
l’obbligata esclusione della controinteressata discende e nell’ambito del
quale l’amministrazione universitaria ha, dunque, eseguito ex ante quella
valutazione di gravità ritenuta indispensabile dalla Corte Costituzionale.
A ciò si aggiunga come il bando, per quel che concerne la previsione di
detta dichiarazione a pena di esclusione, non risulta essere stato nemmeno
impugnato dalla controinteressata in sede di ricorso incidentale, riferendosi
la richiesta di annullamento ivi avanzata al solo requisito di ammissione al
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concorso rappresentato dalla non sottoposizione a procedimento penale
dei candidati (in tal senso, il primo motivo).
4. In conclusione, per i motivi fin qui esposti, il ricorso principale deve
essere accolto sotto il primo motivo, con assorbimento dei profili di
gravame che non sono stati oggetto di specifica disamina - ivi compresi
quelli proposti in sede di ricorso di motivi aggiunti - e conseguente
esenzione del Collegio dall’obbligo di dover esaminare le eccezioni di
inammissibilità per tardività proposte relativamente al ricorso per motivi
aggiunti, nonché il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata
relativamente al primo motivo (non affrontato preliminarmente perché non
escludente) con cui si impugna il bando ove inteso nel senso di richiedere,
quale requisito di ammissione al concorso, anche la non sottoposizione a
procedimento penale dei candidati. In riferimento al secondo motivo, sopra
esaminato, il ricorso incidentale deve essere respinto.
Per l’effetto devono essere, quindi, annullati gli atti dell’Ateneo resistente
impugnati in sede di ricorso principale, nella sola parte in cui non si è
disposta l’esclusione dalla procedura concorsuale della controinteressata
dottoressa Marinella Coco, con conseguente individuazione del ricorrente
quale vincitore del relativo concorso.
Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la complessità della fattispecie
esaminata, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di
Catania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, rigetta il ricorso incidentale presentato da parte
controinteressata e accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, annulla nei
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sensi di cui in motivazione gli atti con tale ricorso impugnati in via
principale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016
con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Agnese Anna Barone, Consigliere
Eleonora Monica, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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