Maria Santissima Madre di Dio - ARCIDIOCESI METROPOLITANA

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Transcript Maria Santissima Madre di Dio - ARCIDIOCESI METROPOLITANA

Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace
via Arcivescovado, 13
88100 – Catanzaro
tel. 0961.721333 - fax 0961.701044
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per l’Omelia domenicale a cura dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone
Maria Santissima Madre di Dio
1 gennaio 2017
Perché non avere paura
Introduzione
Straordinaria coincidenza quest’anno: oggi primo giorno dell’anno, il 2012, è anche il
primo giorno della settimana, e già di per sé ciò è una festa; ma la gioia si raddoppia
pensando alla solennità che la Chiesa celebra: Maria Santissima Madre di Dio, giorno
associato anche, da alcuni anni, alla Giornata mondiale della Pace. È dunque questo,
davvero, il giorno più aperto del nostro calendario, nel quale conservare e meditare le
nostre annunciazioni, il bene germinato in noi, le tenerezze ricevute, le oasi scoperte
all’improvviso quando ci sembrava di morire di sete nel deserto. È il giorno nel quale
la Liturgia della Parola ci invita a dire “grazie” per il passato e “sì” per il futuro.
Infatti, la Parola odierna ci offre tanti spunti di riflessione, come tanti sono i motivi
per guardare con fiducia e speranza all’anno che verrà. Dagli spunti fioriscono i
motivi, perché, a dispetto di quanti fomentano certe idee di catastrofismo alimentando
le già tante paure e incertezze che ipotecano il nostro futuro, la Verità annunciata
nella Parola incoraggia alla speranza, basa la certezza che dal futuro non si può
temere alcun male. Questa è la forza esercitata dalle parole e dalle immagini della
Liturgia odierna. Da parte nostra però è richiesto l’ascolto, ovvero l’apertura e la
disponibilità ad accogliere e trasmettere i doni meravigliosi che nella nostra vita, ogni
giorno , riceviamo dalle mani di Dio. Il primo dono è proprio la Parola:
“conservandola” e “meditandola” riusciremo a cogliere ciò che di bene è nascosto
dietro ogni evento, nel cuore di ogni persona, e così facendo daremo motivo della
nostra speranza a quanti, in cerca di risposte, hanno bisogno di sentirsi dire: Non
avere paura.
La strada del domani
Passa il tempo. Chi non crede vive questo fenomeno con paura, perché il tempo che
passa è una corsa verso il niente. Le parole di Einstein validamente motivano le
ragioni di questa paura dei nostri tempi: “L’umanità ha fatto grandi passi in avanti per
quanto riguarda i mezzi, ma è ancora ai primi passi per quanto riguarda i fini”. Si ha
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paura perché non si hanno fini, la meta della corsa è avvolta da una fitta nebbia,
perciò si ha l’impressione di correre incontro al nulla. Ma se questo è vero per parte
dell’umanità, c’è un’altra parte che crede e vuole credere che un fine esista e perciò
non si passa il tempo a correre invano. Questa è la parte dell’umanità che da poco ha
celebrato il Natale, accogliendo nel proprio cuore il Dio fattosi bambino. Come si può
avere paura di un tempo che, da quando Gesù è nato, è stato santificato,
trasformandosi in tempo propizio finalizzato a recuperare noi stessi in pienezza di
umanità. Gesù ha attraversato e attraversa la storia dell’uomo, ha partecipato e
partecipa alla nostra realtà, si è compromesso con noi perché noi fossimo riscattati da
Dio, in tutta la nostra dimensione di carne e di spirito, di singoli uomini e comunità.
Dal momento in cui Gesù si è fatto uomo, ci ha permesso di nascere non più solo
come figli dell’uomo, componenti di una comunità umana, ma anche come figli
adottivi di Dio, componenti della famiglia dei Santi e componenti del popolo di Dio.
É attraverso questo mistero d’incarnazione che la “carne” e il “tempo” dell’uomo
sono consacrati. Iniziare, quindi, l’anno nel nome di Gesù, “Dio salva”, ovvero in
questa certezza che Dio ci ama tanto da mandare suo figlio ad assumere la nostra
umanità, è uno dei motivi della nostra speranza. Il nome Gesù è ciò che ci spinge a
credere in un mondo nuovo iniziato già qui e ora: ormai sappiamo che Dio è un
padre; sappiamo che Dio non vuole distanze, ma comunione; sappiamo che Dio ha un
cuore pieno di misericordia e di tenerezza; e nel cuore di Dio c’è posto per ogni
uomo, perché ogni uomo è figlio di Dio. Questa è la più bella e la più rivoluzionaria
verità del cristianesimo, questa è la risposta ad ogni paura. Ma la verità per diventare
evento liberante e vivificante, necessita di un annuncio e di una testimonianza. In altri
termini non basta dire che il Figlio di Dio si è incarnato per la nostra salvezza,
bisogna vivere e ripetere nella nostra carne il valore e il significato di questo mistero,
ogni giorno. Ad aiutarci a conoscere e a vivere questo mistero, ci vengono in aiuto
due personaggi significativi della teologia lucana: Maria e i pastori. I pastori sono i
primi “cristiani”, i fedeli, i missionari, perché evangelizzati, evangelizzeranno. Ciò
che li contraddistingue sono un insieme di verbi, che scandiscono le tappe di un vero
e proprio itinerario spirituale: “andiamo… vediamo … conosciamo … trovarono ….
videro … riferirono … tornarono … glorificavano e lodavano …”. Una costellazione
di verbi di ricerca, di rivelazione, di adorazione. L’esperienza nata dall’evento è
penetrata nel cuore e si è fatta annuncio. Essa non si può tenere per sé, deve essere
condivisa e celebrata insieme, deve saper suscitare meraviglia e stupore perché
diventi forza attrattiva per tutti gli altri. L’altra figura fondamentale della pagina
lucana è Maria, che è rappresentata da due verbi: “Serbava tutte queste cose e le
meditava nel suo cuore”. “Serbare” e “meditare”, verbi che nelle accezioni originali
assumono ben altro significato. “Serbare” indica il “custodire insieme”, cioè
l’accogliere l’evento e la parola divina “osservandola”, aderendo ad essa. Se
vogliamo essere più chiari, mutuandone il senso dall’Antico Testamento, è
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l’atteggiamento di chi presta attenzione amorosa alla Parola, ai comandamenti,
all’alleanza con Dio. Maria diventa così il nostro perfetto esempio di fedeltà a Dio,
un modello per chi intende vivere la propria vita da innamorato del Padre, a Lui
sempre obbediente e in Lui completamente abbandonato. C’è poi l’altro verbo
“meditare”. In realtà esso significa letteralmente “mettere insieme”. È questa una
capacità nuova di osservare, di scrutare le cose sotto la lente d’ingrandimento del
bene e della verità. Questa capacità spesso ci manca, ed è proprio la mancanza di essa
che ingenera in noi la paura. Infatti, quando manca la sapienza del cuore siamo
incapaci di “mettere insieme” realtà concreta e significato superiore, immagine
immediata e valore spirituale: siamo perciò incapaci di vedere in ogni cosa il tassello
del progetto di Dio. Maria, invece, ha avuto questa sapienza del cuore. Ella ha messo
insieme i rari eventi che hanno sconvolto e mutato la sua esistenza, scoprendo che
essi hanno una trama mirabile e un significato “simbolico”, cioè superiore e glorioso.
Maria ha di fatto intuito nella meditazione interiore il piano profondo sotteso alla sua
storia e a quella del suo bambino. Ella diventa la “sapiente” per eccellenza che
penetra nei segreti delle vicende umane intuendovi il disegno mirabile di salvezza che
Dio sta intessendo. Se solo riuscissimo ad aprirci alla volontà di Dio e, guidati da
essa, imparassimo a guardare più in profondità le vicende umane e le persone,
cogliendone il bene che in entrambi è presente, quale meraviglioso giardino potrebbe
fiorire in ogni angolo del mondo, quale meravigliosa oasi di pace potrebbe diventare
la comunità umana. L’ipotesi diventa realtà osservando la via dei pastori e lo stile di
vita della Madre di Dio.
Il cerchio della pace Se vogliamo che quest’anno sia un buon anno, allora,
disponiamoci a percorrere le strade di umiltà, di docile obbedienza e gioioso stupore
che ci hanno indicato i pastori e Maria. Siamo noi oggi che prepariamo il domani, e il
domani è sviluppo di quello che noi abbiamo nel cuore. Così, se abbiamo un cuore
aperto a Dio, avremo anche un cuore più aperto e disponibile verso il futuro e gli
altri; se abbiamo mani tese per chiedere e ricevere l’aiuto di Dio, avremo anche mani
aperte per dare aiuto. Questo è il cerchio della pace: ricevere e accogliere la pace
come dono di Dio e restituire il dono della pace ai fratelli. Questo è anche il valore
delle benedizioni di questo primo giorno dell’anno: aprendoci umilmente a Dio, ci
apriremo anche agli altri; ringraziando e benedicendo Dio per ogni cosa che accade
nella nostra vita, ringrazieremo e benediremo gli altri per la loro presenza. Senza Dio
non può esserci tutto questo: non può esserci pace, non si potrà dire bene degli altri.
Invece con Dio tutto è possibile. È possibile pregarlo perché volga il suo sguardo su
di noi e, al tempo stesso, apra un varco nella nostra libertà, affinché possa entrare e
renderci simili a Lui. Questa è la strada che conduce alla pace, che porta a Gesù, la
nostra pace. Scrive San Paolo: “Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per
mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (Rm 5,1); “Egli è la nostra pace” (Ef 2,14).
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Ecco dunque cos’è la pace evangelica: è la riconciliazione con Dio ottenuta in Gesù
Cristo, la pace che ricostruisce l’uomo in unità e gli restituisce quella sicurezza
interiore per cui può esclamare: “ Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? La guerra,
la fame? Niente potrà mai separarci dall’amore di Dio” (Rm 8, 31.39). È una certezza
del cuore che vince ogni realtà, ogni paura, ogni cattiveria e lo stesso fuggire del
tempo.
Conclusione
Cosa aggiungere di più, se non augurarvi un buon anno di pace, serenità e santità. Se
accogliete Cristo nel vostro cuore e lasciate che la Sua presenza dia pienezza al
vostro tempo, nulla potrà spaventarvi e il domani diventerà un passo felice che
accorcia le distanze dalla grande festa che Dio ha preparato per noi.
Carissimo amico/a che mi leggi
«Possano le strade farsi incontro a te. Possa il vento
essere alle tue spalle. Possa il sole splendere caldo sul
tuo viso. E, fino a quando non ci rincontreremo, possa
Dio tenerti nel palmo della sua mano».
Questo è l’augurio, sincero ed affettuoso, che ti rivolgo al tramonto di quest’anno,
prima che in cielo s’affacci l’alba del Capodanno. Buon 2012.
Serena domenica
 Vincenzo Bertolone
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