Lezione 7 Le società con scopo mutualistico

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Percorso B Le società
Lezione 7 Le società con scopo mutualistico
Le cooperative sociali
La L. 8 novembre 1991, n. 381 ha disciplinato in via generale il settore della cooperazione
sociale, demandando alla legislazione regionale l’emanazione delle norme di attuazione.
Spetta infatti alle Regioni di provvedere all’istituzione dell’albo regionale delle cooperative sociali; alla determinazione delle modalità di raccordo con l’attività dei servizi sociosanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di sviluppo dell’occupazione;
all’adozione di convenzioni-tipo per i rapporti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito regionale; all’emanazione di norme rivolte alla
promozione, al sostegno ed allo sviluppo della cooperazione sociale.
Le cooperative sociali sono tenute in grande considerazione, soprattutto in virtù del fatto che, in alcune aree specifiche del territorio, coprono alcuni servizi essenziali che l’ente pubblico avrebbe difficoltà a gestire direttamente.
Si distinguono:
• le cooperative di servizi sociali, ossia cooperative di produzione e lavoro costituite
da soci lavoratori qualificati professionalmente, che offrono i loro servizi al pubblico
o all’ente pubblico;
• le cooperative integrate, ossia cooperative di produzione e lavoro che hanno un’elevata percentuale di soci portatori di handicap;
• le cooperative di solidarietà sociale, che non perseguono uno scopo occupazionale, essendo finalizzate invece ad offrire un servizio di tipo socio-sanitario non soltanto ai soci.
Le cooperative sociali, secondo la definizione fornita dalla L. 381/1991, hanno lo scopo
«di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini». Tale scopo può realizzarsi sia attraverso la gestione di servizi
socio-sanitari ed educativi, sia attraverso lo svolgimento di attività diverse finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
L’art. 4 della L. 381/1991 individua, in proposito, quali devono considerarsi persone
svantaggiate: gli invalidi fisici, psichici e sensoriali; gli ex degenti di istituti psichiatrici;
i soggetti in trattamento psichiatrico; i tossicodipendenti; gli alcoolisti; i minori in età
lavorativa in situazioni di difficoltà familiare; le persone detenute o internate negli istituti penitenziari; i condannati ammessi a misure alternative alla detenzione (affidamento
in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà) e comunque i soggetti
indicati con decreto del Presidente del Consiglio, da emanarsi su proposta del Ministro del
Lavoro, di concerto con i Ministri della Sanità, dell’Interno e per gli Affari sociali, sentita la Commissione centrale per le cooperative.
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Percorso B Le società
Le persone svantaggiate devono costitui­re almeno il trenta per cento dei lavoratori
della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, devono essere socie
della cooperativa stessa.
La denominazione sociale può essere formata in qualsiasi modo ma deve necessariamente contenere l’indicazione di «cooperativa sociale».
Possono essere ammesse come soci anche persone giuridiche pubbliche o private nei cui
statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle attività delle cooperative sociali.
È prevista altresì la figura del socio volontario, che lo statuto della cooperativa può affiancare ai soci ordinari e che da costoro si distingue per il carattere assolutamente gratuito della sua attività.
Entro limiti prefissati dalla cooperativa è consentito, comunque, il rimborso di spese effettivamente sostenute dal socio volontario, purché documentate.
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