Nuove strategie di prevenzione delle infezioni nel neonato

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Editoriale
Recenti Prog Med 2010; 101: 483-489
Nuove strategie di prevenzione delle infezioni nel neonato pretermine
Paolo Manzoni1, Lidia Decembrino2, Elena Gallo1, Stefano Rizzollo1, Caterina Franco1,
Michael Mostert3, Mauro Stronati2, Daniele Farina1
Riassunto. Un episodio di sepsi si verifica nel 20-40% dei pazienti pretermine e queste cifre sono in costante aumento
nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN). Le sepsi neonatali comprendono infezioni a partenza da sangue, urine, liquido cerebro-spinale e peritoneale, infezioni da ustioni e
ferite o da altri siti di solito sterili. Molti fattori specifici giustificano l’aumento del rischio, tra cui l’uso di antibiotici ad
ampio spettro che selezionano una microflora resistente, la
nutrizione parenterale, gli inibitori dell’acidità gastrica e gli
steroidi, così come l’uso sistematico e duraturo di procedure invasive. Nei neonati pretermine, la perdita dei commensali intestinali, come lattobacilli e bifidobatteri a causa delle
difficoltà di nutrizione per via orale, o una più lenta loro acquisizione, si traduce in un aumento di suscettibilità alla colonizzazione dell’intestino da parte di patogeni. Una diagnosi tempestiva, un trattamento efficace e la profilassi specifica con farmaci antibatterici e antimicotici sono le pietre
miliari della gestione di questi eventi potenzialmente mortali in ogni TIN. Vengono illustrati i recenti progressi nella
prevenzione e si dimostra come il fluconazolo per la prevenzione della sepsi fungina, i probiotici per la prevenzione
della entercolite necrotizzante e la lattoferrina bovina per la
prevenzione della sepsi batterica possono essere considerati come efficaci strategie.
Summary. Recent advances in prevention of sepsis
in the preterm neonate.
Parole chiave. Enterocolite necrotizzante, fluconazolo, infezione, lattoferrina, neonato pretermine, sepsi neonatali.
Key words. Fluconazole, infection, lactoferrin, necrotizing
enterocolitis, preterm neonate, sepsis.
Introduzione
Il progresso medico scientifico, e l’affinamento
delle strategie assistenziali perinatali hanno permesso la sopravvivenza di neonati sempre più immaturi, facendo scendere il limite della sopravvivenza fin sotto le 24 settimane di età gestazionale.
Il rovescio della medaglia di questo progresso è stato l’incremento dell’incidenza di problematiche,
quali le infezioni, legate alla sempre più grave prematurità ed alle sempre maggiori criticità assistenziali di tipo intensivo.
Il neonato pretermine in TIN (Terapia Intensiva Neonatale) è un ospite particolare nel quale
An episode of sepsis occurs in 20 to 40% of all preterm patients, and such figures have been reported constantly increasing in Neonatal Intensive Care Units. Neonatal sepsis
include bloodstream, urine, cerebrospinal, peritoneal infections, infections starting from burns and wounds, or
from any other usually sterile sites. Many specific risk factors account for the increased risk of sepsis, including employment of broad-spectrum antibiotics selecting resistant
microflora, parenteral nutrition, acid inhibitors and
steroids, as well as the systematic and long-lasting use of
invasive management. In preterm neonates, loss of gut
commensals such as bifidobacteria and lactobacilli, due to
the difficulties in oral feeding, or a slower acquisition of
them, translates into an increased susceptibility to pathogenic gut colonization. Prompt diagnosis, effective treatment, and specific prophylaxis with antibacterial and antifungal drugs are the milestones of management of these
life-threatening events. This article discusses the recent advances in prevention and shows how fluconazole for prevention of fungal sepsis, probiotics for prevention of necrotizing enterocolitis, and bovine lactoferrin for prevention
of bacterial sepsis may be considered as effective preventive strategies.
sussiste una fisiologica immunodeficienza legata
prevalentemente alla prematurità, e che lo rende
particolarmente a rischio di infezioni, che spesso
hanno una progressione drammatica e rapidamente mortale. Esse si manifestano nei primissimi giorni di vita (early-onset), o più frequentemente dopo le 72 ore di vita (late-onset). In questo secondo caso l’acquisizione è prevalentemente
nosocomiale, con trasmissione orizzontale dell’agente infettivo.
Al di là della elevatissima mortalità, le sepsi/infezioni neonatali sono la principale causa di
morbilità del prematuro, con gravi implicazioni
di tipo medico (necessità di cure antibiotiche
protratte, costose e potenzialmente tossiche;
1Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, AO Regina Margherita-S. Anna: Ospedale S. Anna, Torino; 2Patologia Neonatale,
IRCCS San Matteo, Pavia; 3Dipartimento di Pediatria, Università, Torino.
Pervenuto il 9 febbraio 2010.
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Recenti Progressi in Medicina, 101 (12), dicembre 2010
difficoltà di alimentazione e impossibilità di guadagnare peso, etc.), gestionale (ricoveri protratti; interruzione del rapporto genitori-neonato,
difficoltà di iniziare e mantenere l’alimentazione
al seno, etc.) e infine di morbilità-correlata (le
sepsi sono frequentemente associate alle temute
complicanze della prematurità in neonati sopravvissuti, quali la enterocolite necrotizzante,
la retinopatia del prematuro e la broncodisplasia
del pretermine [rispettivi acronimi: NEC, ROP e
BPD])1-3. La prevenzione delle sepsi neonatali in
TIN è vitale, in quanto è dimostrato che le sequele neurocomportamentali che gravano su molti dei sopravvissuti ad una infezione in TIN sono
scarsamente eludibili anche in presenza di un
successo terapeutico durante l’episodio acuto.
Nonostante numerosi fattori di rischio per l’infezione da parte di microrganismi patogeni siano
stati correttamente individuati (utilizzo di H2-antagonisti, steroidi sistemici, antibiotici ad ampio
spettro con selezione di saprofiti poli-resistenti, intubazione e ventilazione meccanica, patologie malformative gastroenteriche, etc.), la maggior parte
di queste variabili risultano correlate alle necessità assistenziali di tali neonati estremamente immaturi, e – per tali motivi – esse sono difficilmente eludibili in toto 1-3. La colonizzazione da agenti
infettivi (come ad es. le varie Candida spp o i vari
Staphylococcus spp) è la più importante variabile
predittiva di malattia infettiva invasiva nel neonato pretermine. Una pregressa colonizzazione
può quasi sempre essere individuata, se adeguatamente indagata, come causa preliminare della
maggior parte delle sepsi documentate microbiologicamente4,5. Di tutti i siti di colonizzazione, il tratto gastroenterico sembra essere quello che presenta la più alta predittività per una susseguente disseminazione in caso di colonizzazione. Il neonato
pretermine è a rischio di disturbi della microecologia intestinale con proliferazione di una microflora
patogena, perché subisce trattamenti protratti con
antibiotici ad ampio spettro e spesso ha difficoltà
ad instaurare e mantenere l’alimentazione per os,
tanto più quella con il latte fresco della madre. In
tali neonati, la colonizzazione batterica e fungina
del tubo enterico è un noto fattore di rischio per
una susseguente disseminazione e malattia sistemica infettiva durante la degenza in TIN6.
In termini di profilassi specifica antinfettiva,
per i miceti esiste la possibilità di praticare una
profilassi con agenti antifungini sistemici (es. il fluconazolo), anche se essa solleva ancora preoccupazioni per la tollerabilità e la potenziale capacità di
selezionare ceppi resistenti, ragion per cui non è
ancora vista come lo “standard of care”7. Per quanto riguarda i batteri, non esistono attualmente consenso né linea-guida relativi ad una strategia specifica di prevenzione. I tentativi di individuare una
strategia preventiva basata sulla somministrazione
di immunoglobuline o di fattori stimolanti la crescita di neutrofili non hanno sortito risultati convincenti, così come la somministrazione di antibiotici a dosaggio ridotto o con posologie alternative.
Le strategie preventive: ci sono novità recenti?
Un noto aforisma in ambito neonatologico recita che il pretermine con minor rischio di sepsi è
quello che mangia, e che mangia il latte materno
fresco. Questa affermazione è “evidence-based” nel
più letterale senso del termine, perché può essere
condivisa da qualunque neonatologo con sufficiente esperienza clinica. In letteratura, esistono conferme a queste affermazioni: l’alimentazione al seno con latte materno fresco è il primo strumento
per diminuire l’impatto di queste condizioni patologiche, dimostrandosi superiore sia al latte formulato, sia allo stesso latte da donatore di banca8.
È probabile che l’effetto benefico del latte materno
fresco si esplichi sia attraverso l’apporto di alcune
sostanze bioattive di cui il latte materno è ricco (lisozima, lattoferrina, oligosaccaridi, etc.), sia attraverso la spiccata azione bifidogenica propria
del latte materno fresco. Si viene così a creare una
ecologia enterica “buona” in grado di prevenire la
colonizzazione intestinale da parte di saprofiti che
successivamente potrebbero avviare una traslocazione in circolo. Pur in presenza di documentati beneficî, il latte materno da solo non è però in grado
di determinare un consistente e riproducibile impatto benefico sulla prevenzione delle infezioni. Si
è reso necessario pertanto esplorare strade integrative onde usufruire di strumenti più efficaci. La ricerca ha prodotto alcune evidenze molto interessanti nell’ultimo quinquennio, che ha segnato un
netto progresso in quest’ambito.
Il fluconazolo
Le infezioni fungine sono un’importante causa
di morbilità e di mortalità per i neonati a termine
e pretermine e rappresentano quindi un problema
di sempre maggior rilevanza nei reparti di TIN.
La loro incidenza è aumentata di circa 20 volte
negli ultimi 2 decenni, ed attualmente i miceti sono la terza causa di sepsi tardiva nei neonati pretermine VLBW (very low birth weight, cioè sotto i
1500 g di peso neonatale)6. Episodi settici di natura fungina si verificano tra il 5,5 ed il 10% nei neonati di peso alla nascita inferiore a 1000 g. La mortalità di tale episodi è molto elevata e stimabile nei
diversi studi della letteratura tra il 25 e il 60% dei
neonati infetti; inoltre con grande frequenza si verificano gravi sequele neuroevolutive (disabilità
motorie, neurisonsoriali, intellettive, etc.)9,10.
La prematurità (bassa età gestazionale e basso
peso alla nascita), le procedure assistenziali invasive quali i cateteri vascolari, l’uso prolungato di
antibiotici (specie cefalosporine di III generazione),
l’impiego di lipidi nella nutrizione parenterale, la
colonizzazione (specie se di particolari siti e di siti
multipli) rappresentano fattori di rischio noti per
le infezioni fungine neonatali. Inoltre, anche nel
neonato, la colonizzazione fungina è il fattore di rischio più importante per la progressione ad infezione fungina sistemica.
P. Manzoni et al.: Nuove strategie di prevenzione delle infezioni nel neonato pretermine
La diagnosi di certezza delle infezioni fungine
sistemiche nei neonati è alquanto difficile, vista
l’aspecificità della sintomatologia, così come la limitata utilità degli accertamenti di laboratorio.
L’emocoltura, inoltre, che sarebbe il gold standard
per l’isolamento dell’agente causale, ha una sensibilità variabile (tra il 25 e l’80% nel neonato pretermine) e per di più, nel neonato, non sempre è facile praticarla correttamente e con la giusta tempistica.
Per quanto in diversi setting di pazienti adulti
o anche pediatrici affetti da malattie oncoematologiche l’utilizzo di una profilassi antifungina sistemica sia diffuso e – in talune situazioni – routinario, molte difficoltà ha incontrato tale strategia in ambito neonatale. Risultati sempre più promettenti sono stati segnalati, negli ultimi anni,
dagli studi sui neonati pretermine in TIN, studi ai
quali non ha però fatto seguito una standardizzazione delle procedure di profilassi né la emanazione di raccomandazioni. In ordine temporale, una
profilassi nel neonato è stata tentata con nistatina per os, con risultati positivi sulla prevenzione
della colonizzazione rettale, o con miconazolo gel
orale, ma con scarsi risultati. Di diverso spessore
sono le evidenze che poco a poco si sono accumulate con il fluconazolo. Questo derivato azolico è stato usato in profilassi nei neonati pretermine per os
o ev, indifferentemente, e a dosaggio 50% del terapeutico a giorni alterni, in neonati <1500 g alla nascita11,12. Il numero di studi al momento disponibili riguardo a una profilassi con fluconazolo nei neonati in TIN è di 16: di questi, soltanto 4 sono randomizzati prospettici e tra essi, 1 solo è multicentrico13-24. Tutti questi studi riportano una considerevole efficacia del fluconazolo nella prevenzione
della colonizzazione ed infezione da Candida spp
nelle varie popolazioni di neonati pretermine studiate. Inoltre, nessuno riferisce l’emergere di resistenze in vitro al fluconazolo, anche perché la resistenza a tale azolico è correlata con la dose totale
di farmaco somministrato (e nelle fasce d’età più
adulte si praticano dosaggi molto più alti)25.
I primi due studi randomizzati del 2001 erano
“single-center”, ed entrambi erano stati concepiti
per obiettivi parziali (l’impatto del fluconazolo sulla sola colonizzazione: lo studio di Kicklighter) o su
popolazioni ultraselezionate ad alto rischio (i neonati <1000g alla nascita [ELBW=extremely low
birth weight] con accesso venoso centrale: lo studio di Kaufman); perciò lasciavano senza risposta
alcune questioni.
Alle domande ancora sul tavolo ha risposto il
primo studio multicentrico randomizzato prospettico sulla efficacia del fluconazolo in profilassi nel
neonato pretermine in TIN. Tale studio è stato organizzato e condotto dal Gruppo di Studio Italiano
per le Infezioni Neonatali, affiliato alla SIN ed ha
arruolato negli anni 2004 e 2005 oltre 300 neonati
pretermine con peso neonatale <1500 g, da 8 Centri italiani, randomizzandoli a profilassi con fluconazolo (2 bracci: 6 mg e 3 mg/kg/a giorni alterni) vs
placebo. I risultati definitivi di questo studio sono
stati pubblicati sul New England Journal of Medicine nel 2007. Essi hanno confermato i dati emersi
dagli studi monocentrici e retrospettivi che l’hanno
preceduto: il fluconazolo produce una significativa
e imponente riduzione delle incidenze di colonizzazione (dal 29% al 9% circa) e della infezione (dal
13% al 3%) causate dalle varie Candida spp; non è
associato a nessun significativo effetto collaterale;
non sembra causare alcuna selezione di resistenze
nell’arco del periodo [15 mesi] di studio7.
Dando per scontato, comunque, che anche nel
neonato pretermine in TIN occorra tentare di
prevenire la colonizzazione rettale e orale (come
si è fatto in pazienti immunodepressi di altre fasce d’età) tramite farmaci e presidî atti a migliorare l’integrità della barriera cutanea e svolgere
azione antinfiammatoria locale, è anche vero
che, sulla scorta dei dati finalmente disponibili,
appare al momento più che ragionevole adottare
una strategia profilattica con fluconazolo, perlomeno nelle classi di neonati a rischio maggiore
(gli ELBW, ad esempio) o nelle TIN gravate da
alti livelli di incidenza di colonizzazione ed infezione fungina. Ambiti di ulteriore approfondimento rimangono l’individuazione della schedula
ottimale, oltre che l’acquisizione di dati conclusivi sulla possibile emergenza di resistenze e sulle
modificazioni ecologiche eventualmente indotte
dalla profilassi con shift verso le subspecies di
Candida intrinsecamente resistenti al fluconazolo25,26.
I probiotici
Come si è già accennato (vedi a pag. 484), il
neonato e specialmente l’ex-pretermine è un ospite particolare nel quale spesso sussistono contemporaneamente svariate condizioni di disturbo della fisiologia nutrizionale e digestiva. Il risultato è
l’instaurarsi di una flora intestinale non fisiologica e la carenza o il ritardo nell’acquisizione di funzioni digestive e immunomediate a partenza intestinale27.
Un breve accenno merita dunque un approccio
innovativo alla prevenzione della patologia infettiva neonatale e della comorbilità associata nel neonato pretermine, consistente nella somministrazione di probiotici nelle prime settimane di vita.
I probiotici sono definibili come «microrganismi
vivi che – se somministrati in dosi adeguate – conferiscono un beneficio di salute all’ospite»28. Essi
infatti promuovono la eubiosi ed il benessere intestinale, mediante meccanismi di simbiosi e commensalismo. Alcune evidenze sperimentali su modelli murini indicano che alcuni ceppi delle species
Lactobacillus e Bifidus promuovono una corretta
colonizzazione dell’intestino prematuro da parte
di species batteriche “buone” e spiazzano per competizione sia specie batteriche patogene, sia le varie Candida spp.
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Questi studi su modelli murini hanno messo in
evidenza la capacità – in particolare del Lactobacillus Rhamnosus GG – di ridurre la colonizzazione intestinale da Candida spp ed anche le infezioni da Candida, agendo a vari livelli contemporaneamente (competizione, contrasto dell’adesione,
immunomodulazione, etc.)29,30.
Potendo potenziare l’immunità e la naturale resistenza alla colonizzazione dell’intestino da parte
di patogeni di varie specie, si è speculato che – anche in ambito neonatale – i probiotici possano rappresentare una valida strategia preventiva nei
confronti di numerose patologie intestinali che
vengono generate o promosse dal dismicrobismo.
La eubiosi, promossa nel neonato pretermine in
TIN dalla supplementazione di probiotici, si tradurrebbe quindi sia in una maggiore rapidità a
raggiungere una piena tollerabilità dell’alimentazione per os, sia nella diminuzione del rischio di
patologie intestinali nella cui genesi fattori infettivi svolgono un ruolo centrale. In vari ambiti di
pazienti – non solo pediatrici – patologie quali la
malattia infiammatoria dell’intestino, le enterocoliti e disturbi extra-intestinali quali la dermatite
atopica o le IVU recidivanti sono gli ambiti di efficace utilizzo dei probiotici.
Due situazioni paradigmatiche della efficacia
dei probiotici nel neonato, e quindi delle loro possibili applicazioni cliniche, sono la enterocolite necrotizzante (NEC) e la colonizzazione intestinale
da funghi. In entrambi i casi, le evidenze accumulate non permettono di provare un rapporto preventivo “diretto” nei confronti delle sepsi neonatali, ma ne provano almeno uno “indiretto” nei confronti di una patologia multifattoriale a forte componente settica (quale la NEC), oppure di una condizione preliminare alla infezione sistemica (quale la colonizzazione intestinale da miceti).
Negli ultimi 6 anni, una piccola serie di studi clinici randomizzati, in doppio cieco, ha dimostrato
che la somministrazione sin dalla nascita, a neonati pretermine, di probiotici di varie specie è efficace nella prevenzione della NEC e della mortalità
NEC-associata31-33. Una recentissima metanalisi
sull’argomento ha incluso 7 studi clinici randomizzati (probiotici vs placebo) e riguardanti neonati
<1500g e/o <32 sett. eg. Alla metanalisi, l’effetto dei
probiotici (varie specie) sulla NEC di stadio 2 o
maggiore è risultato protettivo (RR=0,36; 95% C.I.
0,20-0,65). Lo stesso si può dire relativamente alla
mortalità complessiva (RR=0,47; 95% C.I. 0,300,73), ed anche al tempo impiegato per raggiungere la piena alimentazione enterale, che era significativamente più breve nei soggetti trattati con probiotici (15,5 gg. contro 18,5 gg.; p=0,02)34.
Anche se ancora manca uno studio conclusivo,
adeguatamente dimensionato per valutare tutti i
possibili endpoint, i probiotici sembrano allo stato
attuale il più promettente presidio terapeutico a
disposizione dei neonatologi nella lotta alla NEC.
Le potenzialità di un approccio strategico che
preveda la supplementazione routinaria di probiotici nel pretermine sono state illustrate anche da
un RCT del 2006, nel quale Manzoni et al. hanno
supplementato con Lactobacillus GG un gruppo di
neonati pretermine <1500 g e hanno valutato l’incidenza di colonizzazione intestinale da Candida
spp nell’arco del primo mese di vita, comparandolo con un gruppo di controllo che era stato randomizzato a placebo35. La colonizzazione intestinale
fungina è calata dal 43% al 24%, permettendo
quindi agli autori di ipotizzare un impatto di tale
strategia anche sulla infezione fungina sistemica
(che spesso nel neonato è a partenza dal serbatoio
intestinale). Ulteriori studi su più ampie casistiche sono necessari per confermare l’ipotesi.
Lattoferrina
La lattoferrina (LF) è una glicoproteina presente in quantità notevoli nel latte di tutti i mammiferi, ed è ritenuta una delle più potenti ed attive sostanze biologiche dotate di funzioni difensive
naturali (definibili in senso lato “sostanze bioattive”) presenti nel latte dei mammiferi36.
Alla LF sono state attribuite numerose azioni
antiinfettive in vitro e su modelli animali, ed in
questo la LF bovina sembra possedere identiche
caratteristiche ed efficacia di quella umana, condividendone peraltro una elevata omologia strutturale (il 77%), nonché tutta la struttura del peptide a 11 aminoacidi sito in sede N-terminale, la
lattoferricina, che si ritiene essere la parte attiva
in senso antimicrobico della LF37-40.
I meccanismi con cui la LF esercita la propria
azione antimicrobica sono sia di tipo diretto (effetto anticorpale contro componenti-target di membrana, LPS per i Gram-negativi, LTA per i Grampositivi, lipoproteine di membrana per i funghi), sia
di tipo indiretto (chelazione del ferro). Inoltre, la LF
ha una documentata attività immunomodulante ed
un effetto bifidogenico sulla flora enterica41-43.
Nel latte di donna, la concentrazione di LF è massima nel colostro (circa 7 mg/ml), e decresce nei giorni successivi fino ad assestarsi sui 1-2 mg/ml. È importante notare che la LF è presente in concentrazioni maggiori nel latte di mamme che hanno partorito neonati pretermine rispetto che a termine, mantenendosi a concentrazioni di 4-5 mg/ml fino alla
raggiunta maturità del prodotto del concepimento44.
Oltre alle azioni antimicrobiche, documentate
da migliaia di studi in vitro ed in vivo, le LF umana e bovina condividono una peculiare attività di
promozione della maturazione e della differenziazione funzionale degli enterociti immaturi: si specula che un importante ruolo della LF – in vivo –
sia quello di accelerare il raggiungimento della piena maturità dell’organo intestinale accelerando la
chiusura della gap junctions e promuovendo la formazione dell’orletto a spazzola negli enterociti immaturi. Relativamente a queste proprietà, la LF
bovina, per effetti antinfettivi e (presumibilmente)
immunomodulanti a livello intestinale, risulta in
vitro più efficace per il neonato umano della stessa lattoferrina umana45.
P. Manzoni et al.: Nuove strategie di prevenzione delle infezioni nel neonato pretermine
L’insieme di queste azioni, caratteristiche della
LF, ed il fatto che LF bovina ed umana siano pressoché sovrapponibili46, hanno costituito il razionale per uno studio recentemente condotto dal GSIN
che ha valutato la efficacia della LF bovina nella
prevenzione delle sepsi late-onset nel neonato pretermine in TIN. Tale studio è stato pubblicato su
JAMA nell’ottobre 200947. Nel disegno originale si
è voluto anche testare l’impatto dell’uso contemporaneo di Lactobacillus GG, in aggiunta alla LF,
uso che potrebbe ulteriormente facilitare le difese
contro gli agenti patogeni in un intestino prematuro. Questa ipotesi si basa su dati sperimentali
sul modello murino, che dimostrano che ratti neonati trattati con miscele per os di LGG+LF riescono a limitare la crescita di E. Coli nel tratto intestinale con maggior efficacia rispetto a ratti non
trattati o trattati con solo LGG, e questo senza che
la lattoferrina aumenti il numero di colonie di
LGG48. Tali risultati hanno portato alcuni autori
ad ipotizzare che anche in vivo LGG e LF possano
essere agenti terapeutici in grado di ridurre l’incidenza di NEC e di sepsi a partenza intestinale.
Questa molecola naturale potrebbe essere quindi
la “chiave sinergica” in grado di enfatizzare in vivo l’azione “buona” svolta dai probiotici del gruppo
dei Bifidobacter e dei Lactobacillus.
Lo studio condotto dal network italiano del GSIN
è quindi stato appropriatamente disegnato e condotto in forma multicentrica, randomizzata, in doppio cieco contro placebo, mirando a valutare l’impatto della somministrazione di LF bovina (da sola
o in associazione con il probiotico Lactobacillus GG)
ai fini della prevenzione delle sepsi neonatali nei
prematuri di peso <1500 g. Lo studio è stato svolto
in Italia, ha coinvolto 11 Centri di terzo livello in varie Regioni, e numerosi sperimentatori neonatologi
negli anni 2006, 2007 e 2008. I neonati sono stati
arruolati a condizione che fossero in vita al momento della randomizzazione, e con speranza di sopravvivenza oltre le 48 ore di vita. Sono stati esclusi dall’arruolamento i neonati con infezione già in
atto, nel caso di nascita da madre affetta da sepsi
puerperale o da amniotite febbrile. Criteri di esclusione erano anche l’aver già instaurato profilassi antifungina sistemica, o l’essere affetti da una sepsi
early-onset (cioè insorta nei primi 3 gg di vita).
I neonati sono stati randomizzati in proporzione 1:1:1 a tre gruppi:
– Gruppo A1-LF 100 mg (LF100®, Dicofarm SpA,
Roma).
– Gruppo A2-LF 100 mg (LF100®), + Lactobacillus GG, 6 x 109 CFU/day (Dicoflor 60®, Dicofarm
SpA, Roma).
– Gruppo C-placebo 2 ml di soluzione glucosata
al 5% aggiunta al pasto di latte.
Lo somministrazione è stata iniziata entro le 48
ore di vita, con una dose tutti i giorni per 4 (10001500 g alla nascita) o 6 settimane (<1000 g alla nascita). Per via orale, in singola dose quotidiana,
mediante aggiunta all’alimento previsto nel pro-
gramma di assistenza per il singolo bambino, con
tettarella o con sondino oro-gastrico nel caso che il
neonato presentasse ancora inabilità alla suzione
(come nel caso di affetti da estrema prematurità o
da patologie gravi concomitanti). È da rimarcare il
fatto che il dosaggio di LF bovina utilizzato in questo studio (100 mg, dose standard) è equivalente
ad una dose pro-kg compresa nel range 60-200
mg/kg, range ovviamente riferito al diverso peso
corporeo effettivo del neonato cui la LF veniva
somministrata, a seconda dei vari giorni di vita.
Come si è già accennato, l’endpoint primario era
l’efficacia della LF bovina (da sola o in combinazione con LGG) rispetto a placebo nella prevenzione delle “Late-Onset Sepsis” (LOS) . Gli endpoint
secondari erano: sepsi da Gram-positivi, da Gramnegativi, funghi; enterocolite necrotizzante; mortalità (generale, e attribuibile a sepsi); persistenza
del dotto arterioso pervio; retinopatia del prematuro; emorragia intraventricolare severa (gradi 34); displasia broncopolmonare; insufficienza epatica (valutata in base ai livelli sierici di AST, ALT,
bilirubina, GT misurati all’inizio dello studio ed
alla fine delle somministrazioni). La definizione di
“Late-Onset Sepsis” prevedeva l’insorgenza dell’episodio oltre le 72 ore di vita, e la presenza di segni e sintomi clinici compatibili con infezione in
presenza di una coltura positiva da sangue (periferico), liquido cefalorachidiano o peritoneale. Per
i CONS, si richiedevano due colture positive consecutive a distanza di meno di 48 ore per lo stesso
stafilococco, o di una coltura positiva da sangue periferico + una concomitante coltura positiva da
CVC o da sangue ottenuto dal CVC stesso.
I risultati sono stati decisamente interessanti, e
derivano dall’analisi di 472 neonati pretermine, il
cui peso medio alla nascita (circa 1100 g) ed età gestazionale media (circa 29 settimane) erano comparabili tra i tre gruppi di trattamento. Allo stesso modo, non vi erano differenze significative tra i
tre gruppi in quanto a fattori di rischio più comuni per sepsi neonatale.
Nel gruppo di soggetti trattati con sola LF bovina si produceva una netta diminuzione delle sepsi neonatali late-onset, la cui incidenza passava dal
17,3% al 5,9% (p=0,002). Lo stesso accadeva se si
consideravano le sole sepsi fungine (dal 5,4% allo
0%; p=0,004). Nei soggetti trattati con LF bovina
in associazione con LGG, un episodio di sepsi nel
corso del ricovero si verificava nel 4,6% dei bambini, rispetto al 17,3% dei soggetti non trattati
(p=0,001). Anche qui, lo stesso accadeva se si consideravano le sole sepsi fungine (dal 5,4% all’1,3%;
p=0,007).
Nel complesso, si verificava quindi una riduzione di circa due terzi degli episodi infettivi nei neonati che assumevano LF bovina, con o senza LGG.
L’effetto appare legato alla LF, giacché nel gruppo
di trattati con LF + LGG non vi sono state differenze nell’incidenza di sepsi rispetto a quello di
soggetti trattati con LF sola.
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Va inoltre rimarcato che, sebbene lo studio non
fosse dimensionato per l’outcome NEC né per l’outcome mortalità complessiva, per entrambi i parametri il trattamento con LF bovina (con o senza
LGG) produceva un decremento significativo sia
degli episodi di NEC severa (cioè di terzo grado, richiedente intervento chirurgico urgente), sia dei
decessi complessivi pre-dimissione. Tali risultati
sono molto promettenti ma dovranno essere confermati su casistiche più ampie e opportunamente
dimensionate allo scopo.
È importante sottolineare che non sono stati
documentati né effetti collaterali né tossicità, legati ai due nutrienti somministrati. La LF bovina
è stata sempre ben tollerata, in linea sia con la sua
sostanziale omologia con quella umana, sia con la
sua presenza nel latte formulato con il quale abitualmente si nutrono neonati per i quali non sia
disponibile il latte materno. In nessun caso è stato necessario sospenderne la somministrazione
per presunti effetti avversi, ed il supplemento nutrizionale è stato ben tollerato a tutti i dosaggi relativi somministrati, qualora li si analizzi in funzione del peso corporeo. In quanto al LGG, non vi
sono stati episodi di intolleranza, né alcun isolamento di LGG da colture cliniche o di sorveglianza effettuate nel corso dello studio.
L’effetto di prevenzione delle LOS veniva raggiunto indipendentemente dal tipo di alimentazione
praticata (latte materno fresco, latte di banca, latte
formulato) e dalle quantità di latte assunto, come
dimostrato da una apposita analisi secondaria ottenuta clusterizzando per queste variabili. Non solo:
l’effetto era equamente diretto a tutti i tipi di patogeni, nel senso che venivano prevenute sia le infezioni da batteri Gram-negativi, sia quelle da batteri Gram-positivi, sia quelle da miceti.
Questo studio multicentrico randomizzato apre
pertanto interessanti prospettive di utilizzo della
LF bovina nella prevenzione delle sepsi di neonati
in TIN e giustificano sforzi ulteriori di ricerca per
raggiungere risultati ancor più definitivi.
Conflitto d’interesse
Il dottore Paolo Manzoni ha ricevuto un grant di ricerca destinato ad una borsa di studio dalla Dicofarm SpA nell’anno
2007.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Paolo Manzoni
Ospedale S. Anna
Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale
Corso Spezia, 60
10126 Torino
E-mail: [email protected]
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