Epidemiologia, diagnosi e trattamento delle infezioni neonatali

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Epidemiologia, diagnosi e trattamento delle infezioni neonatali
Gaetano Chirico.
U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Spedali Civili, Brescia.
Abstract
Le infezioni neonatali rappresentano la più importante conseguenza della difficoltà
nell'adattamento immunologico del neonato. Alla nascita il sistema immunitario è infatti in larga
parte immaturo e, soprattutto, inesperto dal punto di vista dei contatti con gli antigeni, in quanto
il feto vive in un ambiente "germ-free". Il deficit immunologico è più accentuato e persistente nel
neonato pretermine.
L’incidenza della sepsi, pur se in riduzione grazie alle strategie di profilassi attuate negli ultimi
decenni, si mantiene relativamente elevata, e provoca un tasso di ospedalizzazione nei piccoli
<3 mesi negli USA di circa 23 per mille neonati a termine e 85 per mille neonati pretermine.
Le gravi conseguenze delle infezioni, nonostante i miglioramenti della terapia specifica e
generale di supporto, sono legate alle complesse interazioni tra organismo infettante ed ospite.
Il quadro clinico della sepsi, in particolare, viene innescato dal patogeno che induce l’attivazione
della risposta infiammatoria e coagulativa, ma la successiva evoluzione dei sintomi risulta
strettamente correlata al complesso e delicato equilibrio tra fattori pro- e anti-infiammatori. Le
citochine e gli altri mediatori, quali trombossani, leucotrieni, monossido d’azoto, PAF,
prostaglandine, complemento attivano la cascata della coagulazione e la liberazione di proteasi
e sostanze ossidanti. Le complicanze a breve (risposta infiammatoria sistemica, CID, shock
settico e disfunzione multipla d’organo) o a lungo termine (sequele neurologiche, respiratorie e
disturbi dell’accrescimento) della sepsi neonatale dipendono in gran parte dagli effetti di questi
mediatori.
Le possibili conseguenze negative dell’immunodeficienza neonatale sono attenuate da alcuni
meccanismi naturali di compenso. Il trasferimento di anticorpi di classe IgG ad alta avidità
attraverso la placenta dalla madre al feto nel corso della seconda metà della gravidanza
assicura al neonato la protezione offerta dagli anticorpi, mentre dopo la nascita il collegamento
immunologico materno-neonatale viene mantenuto grazie all’apporto delle proprietà
immunomodulanti ed antinfettive del latte materno.
L’efficacia del trattamento delle infezioni neonatali è strettamente legata alla tempestività
dell’intervento. Risulta pertanto necessario poter disporre di mezzi diagnostici rapidi oltre che
accurati. Gli indici ad elevata (~100%) sensibilità e valore predittivo negativo sono da preferire
per la diagnosi d’infezione neonatale. Se l’infezione è presente il risultato dovrebbe essere
sempre positivo; se l’esito è negativo, l’infezione dovrebbe essere sempre assente. Specificità e
valore predittivo positivo ridotti sono accettabili nel senso che è da preferire l’eccesso di
trattamento sulla base di un falso positivo al mancato trattamento provocato da un falso
negativo.
Le principali metodiche utilizzate per la diagnosi di infezione sistemica neonatale sono indagini
microbiologiche, ed esami colturali per l’isolamento del patogeno dai campioni biologici; indagini
ematologiche; indici di flogosi, proteine della fase acuta; dosaggio delle citochine o dei loro
recettori; diagnosi molecolare (es. Polymerase chain reaction, Real-time PCR, NASBA, FISH,
NAAT); tecnologie “-omics”, in particolare la metabolomica; pannelli di screening, che
prevedono la valutazione contemporanea di diversi indici d’infezione.
La complessità dei quadri clinici d’infezione richiede un approccio terapeutico integrato, che
prevede la terapia specifica antibiotica in associazione con la terapia generale di supporto ed il
potenziamento dei meccanismi naturali di difesa, depressi in epoca neonatale.
Le peculiari caratteristiche del neonato possono tuttavia condizionare l’esito del trattamento. Tra
le variabili più importanti ricordiamo: l’adattamento che si verifica nel momento del passaggio
dalla vita intra a quella extra-uterina, in particolare cardiovascolare, emodinamico, respiratorio,
metabolico, che provoca la variabilità dinamica della fisiologia neonatale, il peso alla nascita,
l’età gestazionale, il ritardo di accrescimento intrauterino, l’età postnatale, l’età corretta,
l’immaturità della funzione renale ed epatica.
L’impiego della terapia antibiotica in epoca neonatale, in particolare la via di somministrazione,
il dosaggio e l’intervallo di somministrazione, deve pertanto tenere in considerazione le
differenze nell’assorbimento, distribuzione, biotrasformazione, metabolismo ed escrezione del
farmaco nel neonato, allo scopo di ottenere la migliore efficacia e di contenere gli effetti avversi.
Particolarmente importante risulta l’uso appropriato degli antibiotici, anche attraverso un
programma di “stewardship”, che preveda, tra l’altro, l’impiego di antibiotici a più ristretto spettro
possibile nella terapia empirica, e la tempestiva sospensione del trattamento non appena il
quadro clinico e le indagini biochimiche e colturali escludono la conferma del sospetto
d’infezione.