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Tutti contro Trump: l’affaire russo | 1
giovedì 15 dicembre 2016, 13:30
Dinamiche di potere Usa
Tutti contro Trump: l’affaire russo
Le accuse a Mosca sono parte dello scontro interno all'establishment USA
di Giacomo Gabellini
Secondo un rapporto redatto dalla Cia e trapelato per vie traverse al 'Washington Post', la Russia sarebbe intervenuta
pesantemente per influenzare le elezioni statunitensi e favorire la vittoria di Donald Trump. Per la precisione,
individui strettamente legati al Cremlino avrebbero hackerato e passato a 'WikiLeaks' le e-mail di John Podesta, braccio
destro di Hillary Clinton, attestanti le discutibilissime attività della Clinton Foundation che hanno indotto l'elettorato Usa a
mettere in dubbio l'integrità del candidato democratico alla presidenza. Nel suo articolo, il 'Washington Post' riconosce
tuttavia che la Cia non disponeva di prove tangibili a supporto della tesi relativa all'ingerenza russa, e che quindi il
contenuto del rapporto, costituendo più un'ipotesi che non un'osservazione empirica basata sui fatti, andasse preso cum
grano salis. I grandi mezzi di informazione hanno tuttavia rilanciato la notizia con l'intento palese di diffondere la
teoria dell'intrusione di Mosca negli affari interni degli Usa, sebbene un 'grande vecchio' come Steve Pieczenik avesse
lasciato chiaramente intendere che c'erano ampi settori dell'intelligence che intendevano sabotare l'ascesa al potere della
Clinton e avrebbero 'fatto il possibile' per conseguire tale scopo. Trump ha naturalmente bollato il tutto come una campagna
di disinformazione tesa a delegittimarlo ed invalidare l'esito delle elezioni, e asserito che gli stessi che oggi parlano di
elezioni truccate dal Cremlino, nel 2003 sostenevano che Saddam Hussein disponesse di armi di distruzione di
massa. Ha inoltre confermato la nomina al Dipartimento degli Esteri nientemeno che Rex Tillerson, ex
amministratore delegato di ExxonMobil che nel 2011 aveva siglato una joint-venture con la russa Rosneft per
l'esplorazione dei fondali artici che si stima contengano qualcosa come il 22% delle riserve petrolifere mondiali.
L'applicazione delle sanzioni contro la Russia ha fatto saltare l'accordo, ma Tillerson era stato comunque insignito da
Vladimir Putin in persona dell'Ordine dell'Amicizia, la massima onorificenza spettante a coloro che favoriscono l'instaurazione
di buoni rapporti tra i propri Paesi d'origine e la Russia. Una nomina che si situa nel solco tracciato con
l'assegnazione del delicatissimo ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale a Michael T. Flynn, generale in
pensione dimessosi dalla direzione della Defense Intelligence Agency (Dia) per contrasti insanabili con la linea operativa
dell'amministrazione guidata da Barack Obama. Nel 2015, a un anno dalle dimissioni, Flynn si è recato a Mosca per
partecipare a una cena di gala in onore di 'Russia Today', l'emittente russa in lingua inglese, francese, spagnola e araba che
recentemente è stata equiparata dall'Unione Europea ai mezzi di propaganda dello 'Stato Islamico' e che negli Usa subisce
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/tutti-contro-trump/
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ricorrenti attacchi da parte di alcune autorevoli personalità politiche. Insinuare che il Presidente eletto degli Stati Uniti abbia
beneficiato dell'aiuto di un Paese con cui gli Usa hanno da sempre rapporti assai complicati significa delegittimarlo. Il fatto
che sia la Cia la fonte di questa ondata di discredito indica che all'interno dell'establishment Usa vige una
spietata lotta di potere, che nel corso dei mesi ha mietuto vittime illustri come il generale David Petraeus. Il pericolo,
per Langley, è che Trump metta in pratica la propria campagna elettorale, sospendendo la lotta contro Putin che in questi
anni la Cia si è incaricata di condurre tramite conflitti per procura in Siria ed Ucraina. L'Fbi, d'altro canto, sembra favorevole
al nuovo corso di Washington, avendo il nuovo presidente assicurato che uno dei suoi principali obiettivi è quello di stanziare
molte più risorse al potenziamento della lotta contro il crimine interno piuttosto che al sostengo di operazioni segrete
all'estero. Non è una novità che le due più potenti agenzie degli Stati Uniti si situino su lati opposti della barricata, dal
momento che già nei tardi anni '40 J. Edgar Hoover si era opposto alla nascita di un organismo indipendente dall'Fbi
incaricato di gestire il controspionaggio e le operazioni segrete al di fuori degli Usa. Il Presidente Harry Truman non lo
assecondò e da quel momento nacque una sorta di avversione reciproca tra Cia ed Fbi che avrebbe raggiunto il culmine nel
1974, quando Richard Nixon fece ricorso all'agenzia di Langley per cercare di insabbiare le indagini dell'Fbi avviate a
seguito dell'effrazione nel Watergate, l'albergo che ospitava il comitato nazionale del Partito Democratico. Attualmente si
assiste a uno scontro non dissimile per entità e ripercussioni complessive, visto che ora sono i siti cosiddetti 'alternativi' a
finire nell'occhio del ciclone con l'accusa di diffondere propaganda russa negli Stati Uniti. Il 'Washington Post' ha inserito
nella lista 'Drudge', 'Zero Hedge', 'Ron Paul Institute' (notare che Ron Paul è stato membro del Partito Repubblicano per
decenni), , mentre Google ha annunciato l'introduzione di filtri atti a rendere più complesso l'accesso a questi siti ritenuti
colpevoli di diffondere 'false notizie'. La Kellogg's ed altre grandi imprese multinazionali hanno ritirato la pubblicità da
Breitbart, il sito giornalistico che sotto la direzione di Steve Bannon, poi nominato da Trump come proprio consigliere
strategico, aveva sposato la causa del candidato repubblicano e ottenuto un enorme successo di pubblico (quasi 20 milioni
di contatti negli Stati Uniti). L'8 dicembre, il Senato Usa ha approvato il Countering Foreign Propaganda and
Disinformation Act, una legge che legalizza la censura nei confronti dei siti giudicati colpevoli di diffondere
propaganda straniera. Obama, dal canto suo, ha deciso di alzare ulteriormente il livello della tensione con la Russia
autorizzando la fornitura di armi anti-aeree ai ribelli siriani, conformemente alle indicazioni dell'ex direttore della Cia
Michael Morell, che durante un'intervista rilasciata a Charlie Rose aveva sottolineato la necessità di «far pagare ai russi un
prezzo per il loro sostegno a Bashar al-Assad». Tulsi Gabbard, ex militare e rappresentante democratica alla Camera per
le Hawaii, ha presentato, assieme a una nutrita fronda di colleghi, un disegno di legge teso a bloccare l'iniziativa
della Casa Bianca denominato 'Stop Arming Terrorist Act'. Durante un discorso alla Camera, la Gabbard ha tuonato:
«se fossimo io e voi a finanziare e armare i terroristi andremmo in galera. Il nostro governo ha violato la legge per anni,
supportando discretamente alleati e soci di al-Qaeda, Isis, Jabhat al-Nusra ed altri gruppi terroristi con fondi, armi,
intelligence, con l'obiettivo di rovesciare il governo siriano». Le manovre dell'Amministrazione uscente rischiano di
complicare l'attuazione del programma di Donald Trump, il Presidente i cui orientamenti di politica sia interna che
estera sono diventati motivo di lotta senza esclusione di colpa tra apparati di potere degli Stati Uniti. Poche ore fa un rilancio
pesante: uomini dell'intelligence americana ritengono che il Presidente russo, Vladimir Putin, si sia interessato
personalmente e abbia influenzato direttamente la campagna elettorale americana. Secondo la 'Nbc' si sarebbe
trattato di uno sforzo complessivo che interesso' l'hackeraggio delle email del Comitato nazionale democratico e del
responsabile della campagna elettorale della candidata democratica, Hillary Clinton, John Podesta; materiale che poi fu
'girato' a Wikileaks. L'ipotesi dell'intelligence americana è che si sia trattato di una vendetta di Putin, che non ha mai
perdonato alla Clinton di aver messo in dubbio, quando era segretario di Stato, la correttezza delle elezioni parlamentari
russe del 2011 (Putin l'aveva anche accusata di incitare le protesta di piazza a Mosca): secondo gli uomini dell'intelligence
americana, lo sforzo di Putin inizialmente puntava solo a vendicarsi della Clinton; ma poi la battaglia si è fatta
più ampia «per dimostrare la corruzione nella politica americana e mostrare agli alleati chiave degli Stati Uniti un'immagine
che altri Paesi non possano considerare gli Usa un leader globale credibile», secondo le parole attribuite a funzionari
dell'intelligence.
di Giacomo Gabellini
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