Il derby italiano per la presidenza del Parlamento europeo

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Il derby italiano per la presidenza del Parlamento europeo | 1
giovedì 15 dicembre 2016, 16:30
Tajani contro Pittella
Il derby italiano per la presidenza del Parlamento
europeo
PPE e S&D hanno scelto i loro candidati alla succesione di Martin Schulz
di Matteo Angeli
L'addio - atteso ma non troppo - di Martin Schulz, lo scorso 24 novembre, alla fine di due mandati consecutivi, ha innescato
un effetto domino che rischia di mandare a gambe all'aria la consolidata alleanza tra popolari e socialisti.
La decisione di Schulz di lasciare il Parlamento europeo per dedicarsi alla politica tedesca ha creato scompiglio nel campo
socialista. Gianni Pittella, capogruppo dell'Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici (S&D), ha deciso di
metterci la faccia e partecipare personalmente alla partita per lo scranno più alto, scatenando le ire degli ormai ex alleati
popolari.
Il 30 novembre, il Gruppo S&D l'ha acclamato all'unanimità candidato alla presidenza del Parlamento europeo.
«Avere tutti e tre i presidenti delle principali istituzioni comunitarie della stessa famiglia popolare, creerebbe uno squilibrio
politico inaccettabile», giustifica così Pittella la decisione di candidarsi, con riferimento al fatto che i popolari possono già
contare su Jean-Claude Juncker come Presidente della Commissione europea e Donald Tusk, alla testa del Consiglio
europeo.
Sebbene relativamente poco noto in Italia, Gianni Pittella, lucano di 58 anni, è da più di quindici anni protagonista della
politica europea. Figlio d'arte, come il padre, l'ex senatore Domenico Pittella, e il fratello Marcello, presidente della Regione
Basilicata, si laurea in medicina e chirurgia per poi impegnarsi in politica. Prima con i Democratici di Sinistra e poi con
il Partito Democratico, siede tra i banchi del Parlamento europeo dal 1999 e, alle elezioni del 2014, è stato il più
votato della circoscrizione dell’Italia meridionale, con 234mila preferenze. Risultato che gli ha consentito di essere
nominato capogruppo dell'Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici, il principale gruppo politico di sinistra
nel Parlamento europeo, che con 189 deputati rappresenta la seconda forza politica per numero di seggi.
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/derby-italiano-la-presidenza-del-parlamento-europeo/
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La candidatura di Pittella alla successione di Schulz rovescia però di fatto il tavolo della “grande coalizione” tra socialisti e
Partito Popolare Europeo (PPE) – principale gruppo politico di centrodestra che con 216 deputati detiene la
maggioranza relativa dei seggi. Si tratta di un'alleanza parlamentare collaudata, che nel corso degli anni ha garantito una
maggioranza solida su molti temi, oltre che la spartizione delle principali cariche in Parlamento europeo.
Un'alleanza obbligata dalla pioggia di consensi ottenuti dai partiti euroscettici, di destra e di sinistra, alle ultime elezioni
europee, che ha portato, soprattutto nei primi mesi della legislatura, PPE e S&D a votare nello stesso modo per evitare la
paralisi legislativa.
Cuore dell'accordo del 2014 tra le principali forze politiche in Parlamento europeo era la decisione di gestire a turno la
presidenza del Parlamento europeo: nei primi due anni e mezzo Martin Schulz, socialista, già presidente nella legislatura
precedente, avrebbe potuto continuare a restare al suo posto, mentre a gennaio 2017 sarebbe toccato a un
rappresentante del PPE.
Ora, però, Pittella minaccia che se i popolari riusciranno a esprimere un nuovo presidente, i socialisti metteranno fine alla
collaborazione.
Dal canto loro, i popolari fanno notare, attraverso il loro capo della comunicazione, Pedro López de Pablo, non solo che gli
S&D conoscevano fin dall'inizio i termini dell'accordo ma anche che non è vero che il PPE monopolizza le principali cariche
europee, in quanto i socialisti possono contare su Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli
Affari esteri e la politica di sicurezza.
Incuranti della minaccia di Pittella, i popolari sono passati al contrattacco, eleggendo nella giornata di martedì il loro
candidato alla presidenza. A spuntarla è stato un altro italiano, Antonio Tajani, 63 anni, romano, una vita in Europa. In uno
scontro serrato che vedeva in campo quattro candidati, Tajani è riuscito a conquistare la fiducia dei colleghi del PPE,
incassando ben 94 voti a favore e piazzandosi così davanti alla candidata irlandese Mairead McGuinness (57 voti), al
francese Alain Lamassoure e allo sloveno Alojz Peterle, rimasti in coda con rispettivamente 38 e 18 voti.
Manfred Weber, capogruppo del PPE, ha salutato la vittoria di Tajani dicendo che, una volta che questo sarà eletto
presidente, riuscirà al tempo stesso a «promuovere il dialogo tra le varie forze politiche» e a dare una «voce forte» al
Parlamento europeo.
Ufficiale dell'aeronautica con specializzazione in difesa aerea e per diversi anni giornalista per Il Settimanale e per Il
Giornale, Tajani è tra i fondatori di Forza Italia nel 1994. La sua esperienza e la sua posizione di spicco in seno al partito
gli valsero il posto di portavoce alla presidenza del Consiglio nel primo governo Berlusconi, dal 1994 al 1995.
Sulla scena politica europea, Tajani è indubbiamente un peso massimo. Dal 1994 al Parlamento europeo, eletto tra le file
di Forza Italia, è stato riconfermato nel 1999 e nel 2004. In questo periodo ha ricoperto la carica di Presidente della
delegazione di Forza Italia al Parlamento europeo.
Nel 2008 è stato poi promosso a Commissario europeo, prima ai Trasporti (2008-2009) poi all'Industria (2009-2014).
Tra le altre cose, Tajani è anche uno dei vicepresidenti del Partito Popolare Europeo.
Nel 2014 ha messo una forte ipoteca sulla sua candidatura alla successione di Schulz, venendo eletto con ben 453 voti
primo Vicepresidente del Parlamento europeo.
Resta però ancora da vedere se il prossimo 17 gennaio, giorno dell’elezione del nuovo Presidente del Parlamento europeo,
Tajani riuscirà a raccogliere attorno a sé i voti necessari per essere eletto: gliene serviranno almeno 376, cioè il 50 per cento
più uno degli europarlamentari.
Ci sono due macchie sul suo curriculum che rischiano di far naufragare le sue ambizioni presidenziali: la sua vicinanza a
Berlusconi e, soprattutto, lo scandalo dieselgate, che affonda le sue radici proprio nel periodo in cui era Commissario
europeo all’Industria.
È ancora poco chiaro come si comporteranno i deputati degli altri gruppi politici. A decidere da quale parte far pendere l’ago
della bilancia potrebbero essere i liberali e centristi dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE),
storicamente più disposti rispetto agli altri gruppi politici minori a un compromesso con il PPE o l’S&D.
Liberali che potrebbero anche tentare il colpo di scena, candidando a presidente il loro leader, il vulcanico Guy
Verhofstadt, federalista convinto, potenzialmente in grado, in caso di stallo, di strizzare l’occhio tanto a destra quanto a
sinistra e raccogliere un consenso trasversale.
Ma se così non sarà, la partita si risolverà con un derby tra due italiani, Gianni e Antonio.
di Matteo Angeli
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