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PRIMO PIANO
Giovedì 8 Dicembre 2016
Lo spiega giuridicamente il professor Giulio Enea Vigevani dell’Università Bicocca di Milano
Non si può certo votare subito
Perché l’Italicum è utilizzabile solo per la Camera
DI
FRANCESCO CERISANO
Q
uale che sia la decisione
della Consulta (la Corte
proprio ieri ha annunciato che si pronuncerà
il 24 gennaio), l’Italicum non
può più garantire la governabilità del paese. Perché è
stato pensato per disciplinare
l’elezione della sola camera dei
deputati, l’unica che sarebbe
rimasta elettiva se la riforma
Boschi fosse stata approvata
dal referendum. Pensare di
estendere la nuova legge elettorale (come chiesto dal Movimento 5 Stelle) anche all’elezione del senato rischierebbe
di creare «effetti perversi»,
perché una legge che attribuisce un premio di maggioranza
su base nazionale per garantire la governabilità farebbe a
pugni con il dna del senato che
la Costituzione vuole sia eletto
su base regionale.
Per evitare quindi la crisi di rigetto, che si creerebbe
trapiantando sul senato un sistema elettorale pensato per
la camera, l’unica soluzione è
rispolverare il Mattarellum.
Giulio Enea Vigevani
Ossia il sistema elettorale
maggioritario con correzione
proporzionale in uso fino al
2001. Altrimenti non resterà
che rassegnarsi al ritorno al
proporzionale, ossia alla Prima repubblica. Giulio Enea
Vigevani, professore di diritto costituzionale all’Università
di Milano-Bicocca è stato uno
dei grandi divulgatori delle
ragioni del sì. Ora con ItaliaOggi guarda avanti, cercando
di mettere chiarezza in un
quadro politico estremamente
confuso, che vede da più parti
la spinta convergente verso
nuove elezioni senza che però
vi sia una legge elettorale coerente per celebrarle. E sulla
decisione della Consulta abbozza, se non una previsione,
almeno un auspicio: «La Corte
dovrebbe dichiarare la questione inammissibile».
Domanda. Professore, se
si andasse al voto domani i deputati verrebbero
eletti con l’Italicum, ossia
una legge a forte impronta maggioritaria, mentre
i senatori con il cosiddetto Consultellum, ossia il
vecchio Porcellum da cui
la Corte costituzionale ha
espunto premio di maggioranza e liste bloccate. Un
sistema essenzialmente
proporzionale con megacollegi regionali e megalistoni di candidati tra cui
scegliere esprimendo una
sola preferenza. La ritiene
una strada praticabile?
Risposta. Andare al voto
ora è da folli. Si tratta di due
sistemi che non hanno una coerenza di fondo. E per di più
il Consultellum rischierebbe
di far tornare in auge vecchi
sistemi di procacciamento di
voti di cui francamente non
si ha nostalgia. Alcuni collegi
elettorali al senato sarebbero
enormi. Si pensi a una regione
come la Lombardia che elegge
una cinquantina di senatori.
Ci sarebbero liste di 50 nomi
all’interno delle quali i candidati si contenderebbero il posto da senatore con campagne
elettorali milionarie. Roba da
Prima Repubblica.
D. Forse proprio per questo da più parti si chiede
l’estensione dell’Italicum
all’elezione del senato….
R. Neanche questa strada,
a mio modo di vedere, è percorribile. L’Italicum è una legge concepita per disciplinare
l’elezione di una sola camera.
Se al referendum avesse vinto
il Sì, l’Italicum avrebbe assicurato maggioranze stabili e
governabilità dal giorno successivo alle elezioni grazie al
premio di maggioranza. Ma
questo premio di maggioranza,
su base nazionale, non si può
applicare al senato che invece,
secondo la Costituzione, è elet-
to su base regionale.
D. Quale sarebbe quindi
un sistema che vada bene
per entrambe la camere
e che scongiuri al tempo
stesso il pericolo di avere maggioranze diverse
a Montecitorio e palazzo
Madama?
R. Con il Mattarellum
camera e senato avrebbero
lo stessa sistema, ossia un
maggioritario con correzione
proporzionale. Altrimenti ci
si dovrà rassegnare al ritorno
al proporzionale puro, quello
della Prima repubblica e del
Pentapartito.
D. Si sente di azzardare
una previsione sulla sentenza della Consulta?
R. Ho forti dubbi che la questione di legittimità (sollevata
dai tribunali di Torino, Messina, Perugia e Genova) possa
essere ammissibile. Il giudizio
sulle leggi, infatti, non può essere mai astratto. Ma fino ad
ora l’Italicum non è mai stato
applicato, quindi non si è creato un vulnus ai danni dei cittadini che hanno fatto ricorso.
© Riproduzione riservata
PER L’EX DIRETTORE DE L’UNITÀ, PADOAN HA LAVORATO CON D’ALEMA E NON HA MAI ROTTO CON LUI
Per Caldarola, fra Padoan e Franceschini, D’Alema e Bersani
preferiscono Padoan anche perché non ha ambizioni politiche
DI
S
FEDERICO FERRAÙ
ergio Mattarella ha congelato
le dimissioni di Renzi: il capo
dello Stato intende scongiurare
l’esercizio provvisorio e accettare le dimissioni del premier solo dopo
l’approvazione della legge di bilancio
che è imminente. Ma non è solo la delicatezza del passaggio istituzionale ad
agitare la politica italiana: la sconfitta
di Renzi infatti riapre i giochi anche
all’interno del Pd. Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e già parlamentare dei Ds, conosce molto bene il
Partito democratico e le sue anime.
Domani. Caldarola, cosa sta succedendo all’interno del Pd?
Risposta. C’è gran fermento ed è
comprensibile. Ma non escludo un’autorevole e discreta pressione del Quirinale per evitare, oltre la caduta del
governo, anche una crisi verticale del
partito di maggioranza relativa.
D. Cosa potrebbe essere accaduto?
R. Tutto lascia pensare che Renzi
senta verso i militanti e gli elettori del
Pd la stessa responsabilità che ha avvertito come premier: vi ho portato in
battaglia, ho perso, vado via.
D. E Mattarella?
R. Non è tranquillo al pensiero che la
crisi di governo sia di difficile soluzione
perché vi si aggiunge una crisi di leadership all’interno del Pd.
D. Va a finire che Renzi vorrebbe
andarsene, ma qualcuno gli chiede
di restare.
R. Diciamo che potrebbero esserci diverse resistenze. Non solo. Potrebbero
essere anche di opposto orientamento.
D. Vediamo di capire.
R. I suoi oppositori, da D’Alema a
Bersani, non sono pronti a indicare
un nome per la segreteria. Non perché
non vi sia alcuno in grado di farlo: Speranza, Rossi, Zingaretti, Emiliano
sarebbero tutti ottimi candidati, ma
io credo che la sinistra Pd, in questo
momento, non voglia affatto una crisi
immediata della segreteria. Le ultime
dichiarazioni di D’Alema rivolte a Renzi
sono molto dure, ma si possono leggere
anche come l’invito a non avere pericolosi colpi di testa.
D. Troverebbero una conferma
nelle strane parole di D’Alema
prima del voto, e cioè che sarebbe
toccato a lui, in caso di vittoria del
No, proteggere Renzi. Il suo peggior nemico!
R. D’Alema è così. Se vince, non cerca
l’umiliazione dell’avversario. Imputa a
Renzi i difetti che sappiamo, ma è anche
convinto che sia un politico di qualità.
Il fatto è che D’Alema, malgrado dica il
contrario, non ha in mano il nome di un
segretario da poter portare a primarie
e a congresso nell’arco di poche settimane.
D. Tutto questo a sinistra di Renzi. E vicino a lui?
R. Chi sta cercando di fermare Renzi
è certamente il giglio magico. Se Renzi
si ritirasse sull’Aventino per sei mesi o
un anno, Lotti, Carrai, la Boschi più
altri quattro o cinque, politicamente
non esisterebbero più e anzi sarebbero
esposti alla vendetta dei nuovi vincitori, che potrebbero voler recuperare un
rapporto con Renzi ma non voler fare
prigionieri.
D. Dunque abbiamo due grup-
pi che, da opposte posizioni, si
trovano a volere la stessa cosa. E
Renzi? che cosa potrebbe avere in
mente?
R. Anche lui potrebbe avere interesse
a sfilarsi dalla segreteria. Così facendo,
lascerebbe al suo successore il testimone nello scontro finale con M5s. Sarebbe il nuovo segretario del Pd a perdere
contro Grillo. In questo modo Renzi,
tra qualche tempo, potrebbe rientrare
in campo.
D. Dopotutto è il suo stile: scagliare la palla contro gli avversari
quando non è in condizione di giocarla. E la base?
R. Nella base Pd le ferite sono molto
profonde. Innanzitutto quella dei militanti che hanno seguito Renzi, e sono la
stragrande maggioranza dell’elettorato
Pd. Per molti di loro, Renzi sarà forse
un generale troppo avventuroso, ma ora
sanno che il loro leader è stato fucilato
sul campo da un pezzo di partito, lo stesso che ha votato No. Per essere chiari:
è un mondo in cui D’Alema e Bersani
non sono ben visti.
D. A proposito di Bersani. Che
carte ha da giocare?
R. Nessuna. D’Alema ha fantasia
politica, spregiudicatezza e ottime relazioni politiche: parla con Verdini,
con Gianni Letta e probabilmente
anche con il mondo di Grillo.Massimo
usa un’arma collaudata: offre sempre
allo sconfitto una proposta anche se
con Renzi, questa volta, potrebbe non
funzionare. È l’unico personaggio di
quell’area che può fare autorevolmente
politica. Bersani non ha questa capacità, purtroppo. O per fortuna.
D. C’è un nome che ritorna e che
sembra in grado di mettere insieme partito e istituzioni: Franceschini.
R. Franceschini si sta dando molto
da fare a tutto campo, guida un’ottantina di parlamentari coesi, può aspirare
a far blocco con Delrio. Ma ha un handicap molto serio.
D. Quale?
R. Mattarella sarebbe il secondo capo
dello Stato ad indicare una terza personalità del Pd, dopo Letta e Renzi. Poiché
la maggioranza del Pd non basta a fare
un governo, ci vogliono i voti di Berlusconi. Berlusconi accetterà di sostenere un politico del Partito democratico?
Mattarella potrebbe cercare piuttosto
una personalità legata al Pd. Non è una
sfumatura.
D. Circolano i nomi di Pietro
Grasso e Pier Carlo Padoan.
R. Ci sarebbe anche l’incognita di
come Franceschini viene visto da Bersani e D’Alema. È probabile che entrambi
preferiscano Padoan, che non pregiudicherebbe la battaglia congressuale
perché non ha aspirazioni politiche.
D. Qualcuno obietterà che Padoan è una continuazione mascherata del governo Renzi.
R. Sì, ma è anche il ministro dell’Economia di un paese che l’anno prossimo
ospita le celebrazioni per la nascita
dell’Europa unita, e che ospiterà il G7
a Taormina. Una figura internazionale
e istituzionale che può fare bene la sua
parte.
D. Padoan viene da Italianieuropei, la fondazione di D’Alema…
R. Sì. E il loro rapporto non si è mai
interrotto.
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