Nel 1925 Pio XI ebbe la bella intuizione di esaltare la centralità di

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20 NOVEMBRE 2016 XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)
Commento a cura di Padre Gian Franco Scarpitta
Regnare è servire. Servire è amare
Nel 1925 Pio XI ebbe la bella
intuizione di esaltare la centralità di Cristo al
termine di ogni anno liturgico, con l'istituzione
di questa Solennità. Cristo, che è al centro
della creazione e per mezzo del quale tutte le
cose sono state create (Col 1, 12 - 20), egli
che è il Principio e la Fine, l'Alfa e l'Omega (Ap
1, 8), è anche la misura del tempo e quindi la
fine nonché l'inizio di ogni Anno liturgico che a
sua volta medita, attraverso le varie tappe, il
suo mistero di salvezza e il cammino che Lui,
da Dio fatto Uomo, ha percorso con noi. Al
centro di tutto insomma c'è Cristo e anche la
liturgia riflette questa certezza. "Immagine del
Dio invisibile, generato prima di ogni creatura
(Col 1,15) Cristo è l'indiscusso Re dell'universo, per mezzo del quale Dio ha
creato il mondo e lo mantiene all'esistenza. Cristo è Dio fin dall'eternità e tutto
quanto si compendia e si ricapitola in lui. A lui ogni cosa è sottomessa, e non
è stato possibile che la morte lo tenesse in suo potere (At 2, 24). Dal re
nell'Antico Testamento ci si aspettava un rappresentante di Dio, promotore
della giustizia e del bene comune e anche per questo le tribù d'Israele vanno
in cerca di Davide per ungerlo re davanti al Signore. E con l'unzione questi
diventa l'unto di Dio, il re scelto per una missione sul quale discende lo Spirito.
In Davide, come nell'unzione regale dell'antico Israele, l'essere re è legato
all'essere Messia. Cristo, dalla stirpe di Davide, è il Re Messia universale,
l'ideale della regalità alla quale aspiravano da sempre gli Israeliti. Quella di
Cristo è infatti la regalità assoluta con cui Dio si manifesta al mondo, quella
che caratterizza il Messia atteso che guadagna a tutti la salvezza.
La regalità di Cristo è infatti salvifica e si orienta tutta nella
dimensione del servizio e della misericordia: Gesù Figlio di Dio ha spogliato
sè stesso per entrare in assoluta empatia con gli
uomini e si è privato perfino delle grandi
prerogative e delle garanzie proprie del divino.
Per amore dell'uomo si è umiliato fino all'estremo
sottomettendosi come schiavo all'umanità, per cui
il suo regnare si qualifica come umiliazione.
Regna in quanto si umilia e si sottomette in tutto
all'umanità.
Gesù manifesta il suo regno negli atti di
amore e di misericordia verso gli ultimi, i poveri, gli
esclusi: ogni atto di amore nei loro riguardi attesta che
effettivamente è venuto il Regno di Dio e di
conseguenza il suo regnare è un continuo servire. Ogni
opera di misericordia è espressione dell'amore con cui
Dio Padre, nel suo Figlio, raggiunge tutti gli uomini,
particolarmente coloro che convivono con la sofferenza
e con l'abbandono e in questa dinamica di amore si
evince l'esercizio dell'essere re di Dio. Cristo è re in
quanto si abbassa sui lebbrosi e sugli ammalati, pone
le mani sugli storpi e sui non vedenti che ottengono la guarigione, si prodiga
per difendere la causa dei deboli e degli emarginati. In questo e non nel
predominio arbitrario consistono il "potere" e la gloria del Figlio di Dio.
Nella regalità di servizio del Cristo vi è anche la volontà di
riconciliazione dell'uomo: sulla croce, massima espressione dell'amore e
della donazione di sé, Cristo paga il prezzo del nostro riscatto e ci riconcilia
con il Padre, mettendoci in condizioni di meritare la vita e la salvezza.
La croce è il culmine nonché l'emblema dell'essere Signore di
Cristo poiché proprio in essa si evince come tale signoria si allontani dal
comune concetto di regalità di questo mondo.
Il Regno di Dio in Cristo è segnatamente manifesto nell'umiltà,
nell'umiliazione e nel servizio e l'autoconsegna di Gesù alla morte di croce è
il compendio di tutte queste caratteristiche che nel legno assumono un solo
connotato: l'amore.
Il re universale che redime e salva l'umanità esercita il suo potere
non spadroneggiando ma collocandosi dalla parte dell'uomo e dimostrando
anche nell'amore il criterio della convivenza umana e l'espediente per fondare
ogni concetto di autorità.
Parafrasando una frase di Andreotti, potremmo dire che "il potere
logora chi ce l'ha". Nell'ottica della regalità di Cristo qualsiasi posizione di
comando assume connotati di abnegazione nel dono di sé, di apertura
concreta e disinvolta per la promozione del bene altrui, di fuga da vani
egocentrismi e soddisfazioni personali. Il regno di Dio suggerisce una politica
effettivamente promotrice dei valori e del bene comune, attenta ai fabbisogni
della società e del cittadino, nella quale non si facciano preferenze se non per
gli esclusi e per i bisognosi. Amministrare equivale a servire e a donarsi fino
allo stremo e qualsiasi forma di governo va intesa nella logica del servizio.
Non vi sono riforme istituzionali valide quando non siano precedute da un
radicale rinnovamento di sè stessi e dall'assunzione della rettitudine di
coscienza, poiché ogni trasformazione inizia proprio dalla presa di coscienza
di dover donare.