Dal Vangelo secondo Luca 21,5-19

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Transcript Dal Vangelo secondo Luca 21,5-19

XXXIII DOMENICA, Anno c
Dal 2del profeta Malachia 3,19-20a
2 Lettera ai Tessalonicesi 23,7-12
Dal Vangelo secondo Luca 21,5-19
Verso quale meta sta camminando la storia? Questo mondo continuerà all'infinito o ci sarà un giorno in cui ciò
che vediamo avrà fine?
Sono domande che l'uomo da sempre si pone. Probabilmente tra i cristiani di Tessalonica l'attesa escatologica era
particolarmente viva, lo si deduce dal fatto che S. Paolo torna sull'argomento in entrambe le lettere indirizzate a
questa comunità. Certamente tanto interesse veniva dal fatto che il ritorno glorioso di Cristo era ritenuto una
realtà imminente. Così vicina che qualcuno non si preoccupava più neppure di cercar lavoro: bisogna stare
pronti! A che cosa serve lavorare? Tanto, tra poco, "saremo come angeli nel cielo" (cfr. Lc 20,36).
Diversa è la situazione che si rispecchia nella 1° lettura: passato l'entusiasmo per il ritorno dall'esilio e la
ricostruzione del tempio, molti Israeliti si dicono: "È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto
dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti?
15
Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio,
restano impuniti" (Ml 3,14,-15).
Il profeta però ribadisce la sua certezza: "Ecco sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i
superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia" (Ml 3,19).
Ora, noi che viviamo dopo il profeta Malachia, sappiamo che è già venuto nel mondo il "sole di giustizia",
Cristo, e tuttavia vediamo la scandalosa prosperità di chi fa il male. Dobbiamo continuare ad attendere il giorno
del Signore, quello che i cristiani di Tessalonica sentivano tanto vicino? O forse è meglio accontentarsi di tirare
avanti cercando, la gioia immediata?
Eppure, se la storia umana non fosse protesa ad un fine, al "giorno del Signore", e non avesse al suo centro il
cuore che è il mistero dell'Incarnazione, sarebbe senza senso, un ammasso di ingiustizie, una commedia di cui
nessuno conosce la trama, che si trascina all'infinito, tornando sempre sulle stesse scene.
L'atteggiamento del cristiano di fronte alle realtà future non è l'apprensione per quando accadrà, «Badate di non
lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non
andate dietro a loro!» (Lc 21,8)
Non è l'apatia, è una crescita continua verso la libertà dei figli di Dio. E' ciò che ci insegna Gesù nel Vangelo di
questa domenica. Il credente non teme il giorno del Signore, anche se sa che deve stare pronto a tutto. 16Sarete
traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da
tutti a causa del mio nome. Ha posto, come Cristo, la sua fiducia nel Padre. Vive nella vigilanza, ma non si
lascia atterrire dagli sconvolgimenti che attraversano la storia, perché vede più in là. O meglio, vede più dentro.
Vede come con l'incarnazione Dio è entrato nella storia dalla parte dei sotterranei; ha svuotato dall'interno il
potere della morte: quello di tenerci soggiogati con la paura.
La paura non è solo per il male che ci può accadere, ma anche per il bene che non vediamo, per l'amore che non
sentiamo, quando ci si insinua l'idea che Dio sia un antagonista della nostra gioia, che non ci sia o che comunque
non ci si possa fidare di Lui.
Invece, in Cristo, Dio si è messo in gioco per l'uomo e dice al credente: "Non temere, io sono con te". 14Mettetevi
dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza; e ancora: nemmeno un
capello del vostro capo andrà perduto.
Chi crede sa che tutto questo è un travaglio attraverso il quale una realtà nuova, un'umanità nuova, iniziata con la
Pasqua di Cristo, verrà alla luce.
Solo nella morte e risurrezione di Gesù comprendiamo che Dio non è spettatore inerte della storia.
Chi vede soltanto le cose dal lato del mondo può pensare che in esso vige la legge del più forte, ma chi crede che
Cristo ha vinto la morte sa che l'ultima parola è di Dio e che la vera forza è l'amore.
Il vero vincitore della storia è Cristo che ha donato se stesso in riscatto per tutti.