Rwanda `94: Kagame non accetta le scuse della Chiesa

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venerdì 25 novembre 2016, 17:30
'Vogliamo di più'
Rwanda ’94: Kagame non accetta le scuse della Chiesa
Gli eredi di Pietro tra scuse e responsabilità nel genocidio di 22 anni fa
di Francesco Snoriguzzi
Un comunicato dei Vescovi, inviato in occasione della chiusura dell'Anno Giubilare, riporta le seguenti parole riguardo il
genocidio in Rwanda del 1994: «Chiediamo scusa per tutti gli errori commessi. Siamo costernati dal fatto che
appartenenti alla Chiesa abbiano violato il proprio giuramento con Dio». Ci si sarebbe aspettati una reazione
conciliatoria del governo rwandese alla richiesta di scuse della Chiesa. Così non è stato. Le scuse sono state ritenute
inadeguate e lontane da una piena ammissione di responsabilità.
Facciamo un salto indietro: tra il 6 aprile e il 16 luglio 1994, nell'arco di soli cento giorni, circa un milione di persone cadde
sotto i colpi dell'azione combinata di forze governative, milizie paramilitari e folle inferocite. Le vittime erano in larga
maggioranza cittadini rwandesi della classe sociale Tutsi (in antichità pastori e guerrieri); i carnefici membri della
classe sociale Hutu (anticamente contadini).
Tra le vittime, inoltre, non mancarono numerosi Hutu contrari al genocidio. Già da molti anni, nel Paese africano era
in atto uno scontro tra queste antiche classi sociali che, per interessi economici post-coloniali, furono trasformate in etnie. Si
trattò di un grande falso storico: basandosi in realtà su di una divisione sociale, una popolazione legata dalla
stessa lingua e dalle stesse tradizioni religiose e culturali fu artificiosamente suddivisa in due etnie, al fine di
mantenere uno stato di tensione che favorisse il controllo degli ex-coloni europei e delle nuove élite “mafiose” locali (vedi
Clan Akazu).
Utilizzando come pretesto l'assassinio del Presidente della Repubblica del Rwanda, Juvenal Habyarimana, si diede il via ad
un massacro che già da molto tempo era stato organizzato nei minimi particolari. L'attentato in cui Habyarimana morì fu
attribuito a delle milizie legate alla minoranza Tutsi con cui, però, il Presidente era molto vicino a raggiungere un accordo. È
ormai certo che siano stati gli Hutu vicini al Clan Akazu ad organizzare l'attentato per impedire un processo di
pacificazione che avrebbe significato un brusco ridimensionamento dei loro affari.
Una volta creato il casus belli, la macchina del genocidio, ben preparata da lungo tempo, si mise immediatamente in moto
colpendo prima gli oppositori interni agli Hutu, poi la minoranza Tutsi. Questa macchina del genocidio venne preparata negli
anni tramite un paziente lavoro di propaganda dell'odio svolto attraverso i media (soprattutto radiofonici) ed un
manifesto che propagandava la superiorità della razza Hutu (Manifesto Bahutu): un ruolo fondamentale a riguardo fu
giocato dal vescovo di Kigali Vincent Nsengiyvma.
La zelante azione del vescovo Nsengiyvma nella propaganda razziale (che si avvalse di larghi fondi provenienti dalla Città
del Vaticano) e nello sterminio dei Tutsi e dei dissidenti Hutu coinvolse larghi settori della Chiesa rwandese e si
avvalse della complicità, o nella migliore delle ipotesi del silenzio, delle autorità vaticane.
Moltissime vittime Tutsi furono attirate nelle chiese con la promessa di protezione e lì trucidate in maniera
sistematica: una vera e propria
i tentativi
della
Chiesa
Romana
disuinsabbiare le imbarazzanti
Estratto ad trappola.
uso rassegna Nonostante
stampa dalla pubblicazione
online
integrale
e ufficiale,
reperibile
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L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
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responsabilità avute nel finanziamento dei gruppi che si macchiarono di crimini tanto grandi, i fatti vennero gradualmente
alla luce (senza essere troppo pubblicizzati, chiaramente).
Ancora nel 1999, 'L'Osservatore Romano' si lanciava in un atto di accusa contro chi macchinava per macchiare il buon nome
della Santa Romana Chiesa legandola ai fatti del genocidio: un copione già ampiamente sperimentato per cui si tenta
di trasformare il carnefice in vittima.
Le cose sono abbastanza cambiate da allora: oggi la Chiesa, impegnata in una forte opera di ripensamento della propria
immagine, ammette che alcuni suoi elementi abbiano avuto un qualche ruolo nei fatti del genocidio. Papa
Bergoglio invita i rwandesi a «superare i pregiudizi e le divisioni etniche e proseguire sul cammino della riconciliazione».
Nonostante gli auspici del Papa e la richiesta di perdono dei vescovi, Paul Kagame, attuale Presidente della Repubblica e
guida delle forze che hanno liberato il paese dal controllo del cosiddetto Potere Hutu, ha bollato come vergognoso il
tentativo di esonerare la Chiesa dalle sue responsabilità: «Vista l'entità dei crimini commessi, le scuse dal Vaticano
sarebbero ampiamente giustificate».
di Francesco Snoriguzzi
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