Rwanda: boom economico, laureati disoccupati

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giovedì 10 novembre 2016, 15:00
Africa
Rwanda: boom economico, laureati disoccupati
Il mercato del lavoro non riesce ad assorbire circa 540.000 laureati
di Fulvio Beltrami
Negli anni Novanta il Rwanda divenne famoso a livello mondiale per il genocidio attuato dal regime HutuPower: un milione di
morti in 100 giorni. Ventidue anni dopo il Rwanda è citato come modello di sviluppo economico e sociale. Dal 2001 al
2015 si è registrata una crescita economica annua del 8%. La recessione del 2013 (crescita economica del 4,7%) è stata
brillantemente superata: 2014: 7,5%, 2015: 8%. L’economia si basa sul terziario, alta tecnologia, energie
alternative. A breve si avvierà lo sfruttamento del gas metano del Lago Kivu, mentre nella sanità sono stati introdotti i
droni adibiti al trasporto di sangue, medicine e vaccini per coprire ogni ospedale del Paese. La punta di diamante per
garantire uno sviluppo duraturo è la Quarta Rivoluzione Industriale, pianificata fin dal 2007, che permetterà di
raggiungere gli obiettivi fissati nel programma economico Vision 2020. Un programma teso a trasformare il Rwanda in un
Paese sviluppato con un reddito pro capite mensile di 1.000 dollari, un livello di povertà inferiore al 30% e un livello di
povertà estrema ridotto al 9%. Il settore privato, basato sulla piccola impresa, sta avendo un ruolo di primo piano all’interno
dello sviluppo nazionale, mentre si registra una drastica riduzione degli aiuti esteri, dal 82% del 1995 al 30% del
2015. Il Rwanda sta assumendo un ruolo di leadership mondiale su delicate tematiche di protezione ambientale. Agli inizi di
ottobre a Kigali si è tenuto il meeting internazionale MOP28 dove è stata finalmente adottata l’eliminazione progressiva
dei gas HFC, una tra le principali cause dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici, emendamento inserito all’interno del
Protocollo di Montreal. L’emancipazione femminile è stata assicurata a tutti i livelli: scolastico, occupazionale e
dirigenziale. Il Rwanda registra la più alta partecipazione di donne ai vertici politici e aziendali al mondo dopo la Norvegia. Il
piccolo Paese africano è di fatto comandato dalle donne. L’emancipazione femminile non è l’unica vittoria riportata dal
governo sul settore sociale. Il Rwanda nel 2015 ha raggiunto l’86% degli obiettivi di sviluppo umano fissati dalle Nazioni
Unite (Millennium Development Goals). Le condizioni di vita delle masse rurali (a maggioranza hutu) sono nettamente
migliorate. Il servizio sanitario ha conosciuto un boom nell’accesso alle cure e copertura sul territorio nazionale permettendo
di sconfiggere la polio infantile e diminuire del 80% la mortalità materno infantile. Nel settore dell’educazione,
considerata un diritto, si è raggiunto il 100% della scolarizzazione fino alle medie superiori e l’accesso alla Università
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/rwanda-boom-economico-laureati-disoccupati/
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per la piccola borghesia, il proletariato e la classe contadina. Il Rwanda è preso come modello di sviluppo egualitario e
sostenibile dall’Unione Africana. Non mancano però scheletri nell’armadio e difficoltà accuratamente nascoste dal
governo di Kigali e dai media ad esso collegati. Il primo lato oscuro del successo ruandese è la sistematica rapina delle
risorse naturali del vicino Congo attuata dal 1996. Una rapina associata alla politica di guerra preventiva contro le
forze genocidarie rifugiatesi in Congo e fino ad ora protette da Francia e MONUSCO, la forza di pace ONU. Il 23 giugno scorso
il Governo ruandese ha siglato un accordo con la multinazionale americana AVX Corporation per facilitare la
vendita diretta dei minerali presenti in Rwanda. L’accordo è concentrato prevalentemente sull’esportazione del
Coltan e permetterà al Rwanda di esportare direttamente questo raro minerale in Europa e Stati Uniti. Vi è il
forte sospetto che lo storico accordo commerciale sia in realtà una vergognosa operazione per ‘pulire‘ il Coltan
depredato dal vicino Congo e immetterlo sul mercato internazionale, aggirando le sanzioni della legge
americana Frank-Dood sui minerali di guerra. La rapina dei minerali congolesi è una triste realtà, sempre negata da Kigali.
L’unico lato ‘positivo’ riguarda l’utilizzo dei profitti, messi a disposizione per lo sviluppo socio economico dell’intera
popolazione ruandese. Il secondo lato oscuro riguarda il mercato del lavoro. Le statistiche ufficiali parlano di una
disoccupazione del 3,4% e di una crescita occupazionale del 35% registrata tra il 2011 e il 2014. Dati impressionanti per un
Paese grande come la Lombardia abitato da 11,61 milioni di persone di cui il 52% è composto da donne. I dati forniti dal
governo sono parzialmente veritieri. L’occupazione agricola è stazionaria. Non si registrano esodi significativi dalle zone
rurali a quelle urbane né un calo di occupazione giovanile dedita alla agricoltura. La crescita occupazione per il 24% è
assicurata dalla creazione di piccole imprese soprattutto nei settori alta tecnologia e informatico. Centinaia di aziende con
due o tre dipendenti sono sorte negli ultimi tre anni. Purtroppo i dati sulla disoccupazione (teoricamente tra le più basse
nel Continente) non prendono in considerazione le centinaia di migliaia di giovani sottoccupati del settore
informale: moto tassisti, venditori ambulanti, braccianti, mano d’opera stagionale e a contratto breve impiegata nelle
piantagioni di te, caffè e nell’edilizia. Lavori che non generano redditi elevati. Preoccupante la situazione occupazionale nei
lavori dove è richiesta mano d’opera specializzata con laurea universitaria. Nonostante l’Università sia ora accessibile alla
maggioranza della popolazione, gli sbocchi professionali rimangono limitati, creando un deficit nei lavori ben
remunerati. Quasi 540.000 laureati universitari sono costretti a lunghi periodi di disoccupazione o ad accettare
lavori umili per mancanza di opportunità. “Il problema è che l’aumento dei laureati universitari è nettamente superiore
alle possibilità di impiego offerte dall’attuale mercato del lavoro in Rwanda. La maggioranza dei neo laureati è costretta ad
accettare lavori al disotto della loro preparazione scolastica, di solito mal remunerati.”, spiega un esperto sulle tematiche
giovanili: il professore Uwamungu. Nemmeno il fiorente settore privato riesce ad assorbire la maggioranza di neo laureati
che le università ruandesi sfornano annualmente. Il fenomeno si registra principalmente presso la capitale e nei maggiori
centri urbani creando serie ripercussioni sociali e sulla sicurezza nazionale. La maggioranza dei neo laureati appartiene alla
classe sociale tutsi, vittima del genocidio del 1994. Le mancate possibilità di raggiungere posti di lavoro ben remunerati e
consoni agli studi fatti, sta creando sentimenti di rancore e rabbia nei giovani ruandesi tutsi. Dopo il genocidio e con
un presidente tutsi, questi giovani speravano di essere privilegiati nell’accedere ad un futuro migliore. Le deluse aspettative
stanno creando serie conflittualità all’interno della classe dirigente tutsi. Sempre più giovani accusano il presidente
Paul Kagame di politiche tese a favorire il suo clan di appartenenza. Anche i giovani hutu stanno nutrendo pericolosi
sentimenti di odio e rancore. Accusano il presidente tutsi di impedire loro di raggiungere migliori condizioni di vita causa
la loro origine sociale. Accusano anche la dirigenza hutu, che compone una importante percentuale all’interno del governo,
di averli abbandonati, non favorendo adeguate politiche occupazionali. Molti giovani hutu accusano i loro dirigenti di offrire
sbocchi occupazionali solo nell’agricoltura e nell’esercito. I rancori nutriti dai giovani di entrambe le classi sociali si stanno
progressivamente orientando su una pericolosa deriva politica. L’unico fattore ‘positivo’ è l’assenza del riemergere di
artificiali divisioni etniche che furono alla base del genocidio del 1994. Il malcontento giovanile ha matrici politiche. È
rivolto al governo e non alla appartenenza sociale dei singoli dirigenti. Il presidente Kagame sta agendo su vari fronti per
risolvere questo pericoloso disagio giovanile. La fine della politica di guerre preventive all’estero non ha creato una
diminuzione degli effettivi dell’esercito. La difesa nazionale contro i terroristi delle Forze Democratiche per la
Liberazione del Rwanda (FDLR) stazionate nel vicino Congo e ora anche in Burundi, necessita un elevato numero di
soldati e poliziotti. Il Rwanda ha uno tra i più moderni e numerosi eserciti della regione, anche se le cifre ufficiali degli
effettivi sono pubblicate al ribasso per ragioni di sicurezza nazionale. Eppure il budget della difesa non raggiunge percentuali
elevate come in Uganda e Kenya. Il segreto risiede nei finanziamenti americani (per la maggioranza occulti) e in quelli
elargiti da Unione Africana, Nazioni Unite e Unione Europea per l’impegno dell’esercito ruandese nelle varie missioni
internazionali di pace. Purtroppo le forze di difesa non possono assorbire la disoccupazione giovanile presente nel Paese.
Piani di rilancio occupazionale sono collegati all’avvio della industria agro alimentare, energie pulite e della
Quarta Rivoluzione Industriale. Il governo è consapevole della pericolosità di una crescente massa di laureati disoccupati
e frustrati. Dal 2010 sono state introdotte severi leggi in protezione della mano d’opera ruandese che impediscono ad
agenzie umanitarie e aziende straniere di assumere mano d’opera specializzata non ruandese al di sopra del 6% della forza
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lavoro. Si spera anche che l’integrazione socio economica regionale possa offrire nuove possibilità occupazionali nei vicini
Paesi: Kenya, Tanzania, Uganda. Purtroppo i giovani disoccupati ruandesi devono competere con quelli dei Paesi membri
della Comunità Economica dell’Africa Orientale (East Africa Community). Nonostante le difficoltà il governo è determinato
a favorire ogni politica capace di aumentare l’occupazione giovanile in quanto il lavoro non è considerato solo un
diritto per ogni cittadino ma una salvaguardia per la pace capace di evitare tensioni sociali che potrebbero condurre al
ritorno di orrori del passato. L’impegno dimostrato dal governo sembra essere compreso dai giovani laureati ruandesi. Il
Rwanda registra il tasso più basso di migrazione di tutta l’Africa. Anche la criminalità giovanile è al disotto dei livelli di
guardia.
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