Sud Sudan: il Giappone invia l`esercito per fermare la Cina

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venerdì 25 novembre 2016, 18:15
La situazione
Sud Sudan: il Giappone invia l’esercito per fermare la
Cina
Per la prima volta in 71 anni i suoi soldati all’estero: cosa c'è dietro?
di Fulvio Beltrami
Giappone e Cina: l’antagonismo tra le due potenze asiatiche ha radici storiche che fino ad ora compromettono
ogni possibilità di cooperazione pacifica. Ancora viva nella memoria del popolo cinese l’occupazione giapponese della
Manciuria (1937 – 1945) che provocò lo sterminio di tre milioni di civili. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Giappone,
occupato dalle truppe americane, viene trasformato in un solito alleato di Washington contro l’espansione in Asia del
comunismo di Mao Tze Tung. La Corea diventa immediatamente il teatro di una spaventosa guerra non ancora terminata. Il
regime stalinista di Pyongyang non ha mai firmato trattati di pace con gli Stati Uniti e non riconosce la Corea del Sud,
indicandola come 'territori occupati sotto il 45° parallelo'. La Repubblica Popolare della Cina sostiene il regime della Corea
del Nord in chiave strettamente anti nipponica.
L’Articolo 9 della Costituzione post bellica del Giappone impedisce ogni intervento militare estero. Una scelta
imposta dalle truppe di occupazione americane negli anni Cinquanta per impedire il rinascere di politiche
imperialiste del Paese del Sol Levante. All’epoca fu attutata una profonda riforma all’interno dell’esercito
trasformandolo da formidabile macchina da guerra per conquiste imperiali a semplice forza di auto difesa nazionale: Japan
Self-Defense Force – JSDF priva di mandato per avventure militari estere. La scelta anti militare della Costituzione è stata
assimilata dalla popolazione determinata a non ripetere gli orrori dell’Impero e le atrocità commesse in Asia durante gli anni
Trenta e Quaranta: 10 milioni di vittime tra cinesi, indonesiani, coreani, filippini, vietnamiti e prigionieri di guerra occidentali.
Dal 2010 il governo giapponese tenta di abrogare l’articolo costituzionale che vieta avventure militari estere.
Il tentativo risponde alle necessità del capitalismo nipponico di contenere la minaccia dell’espansione politica
ed economica della Cina in Asia. Nel 2014 il Primo Ministro Shizo Abe è riuscito parzialmente a modificare l’Articolo 9
della Costituzione permettendo l’impiego delle truppe in missioni estere di protezione di non ben specificate nazioni alleate.
La parziale modifica della Costituzione ha provocato un forte dibattito nazionale. La maggioranza della popolazione si
ad uso
rassegna stampa
dalla pubblicazione
online integrale
e ufficiale,
dichiara contraria. In attesa Estratto
di poter
influenzare
l’opinione
pubblica interna
a favore
dellareperibile
totale su
abrogazione dell’Articolo 9, il
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governo di Tokyo tenta di utilizzare scappatoie legali per assicurare gli interessi delle sue multinazionali all’estero,
partecipando alle missioni di pace delle Nazioni Unite.
Una scappatoia inaugurata con la decisione di inviare 350 soldati d'élite in Sud Sudan sotto egida delle Nazioni
Unite. La prima missione nipponica estera autorizzata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Metà del
contingente nipponico è giunto a Juba (capitale de Sud Sudan) lunedì 21 novembre. Il resto delle truppe arriveranno entro il
15 dicembre. Il mandato dei soldati giapponesi in Sud Sudan è stato ideato su misura dal Consiglio di Sicurezza
ONU. Saranno dotati di mandato full compact per rispondere ad emergenze su richiesta della missione di pace ONU:
UNMISS. Riceveranno anche il mandato di proteggere con azioni difensive ed offensive lo staff civile delle Nazioni Unite e gli
operatori umanitari stranieri operanti in Sud Sudan. Il contingente nipponico, pur essendo stato inserito all’interno
della UNMISS, è stato dotato di un comando autonomo. Le decisioni su eventuali azioni difensive e offensive e
l’individuazione del nemico è prerogativa di Tokyo che ha il solo obbligo di aprire consultazioni preventive presso il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Quali sono i reali motivi che spingono il Giappone ad inviare per la prima volta in 71 anni i suoi soldati all’estero scegliendo
proprio l’Africa, un continente che rappresenta un misero 1% degli scambi commerciali internazionali del Giappone? I
motivi sono celati da una alleanza Berlino – Tokyo – Washington per fermare l’espansione della Cina in Africa. Il
Sud Sudan è considerato come un campo sperimentale per questa nuova alleanza militare inter continentale.
La Germania ha pesantemente investito nel Sud Sudan dopo la secessione con il Sudan. Nel solo 2014 il governo tedesco ha
approvato un pacchetto di aiuti umanitari per la giovane Nazione africana pari a 13 milioni di dollari per assicurare
l’assistenza alimentare. Un aiuto molto criticato dai contribuenti tedeschi e considerato un incomprensibile spreco di denaro
pubblico. Se il cittadini medio tedesco non vede alcuna utilità di aiutare la popolazione sud sudanese, 600 aziende
tedesche hanno supportato l’iniziativa umanitaria voluta da Angela Merkel. Una classica operazione di 'donazioni
umanitarie' occidentali che nascondono mire di sfruttamento e profitti delle multinazionali europee.
Le aziende tedesche sono interessate alle risorse petrolifere (500mila barili di greggio al giorno), alle risorse
minerarie e ai terreni fertili del Sud Sudan che possono essere trasformati in coltivazioni intensive per
l’esportazione di beni alimentari in Europa e Stati Uniti. Le stesse motivazioni che hanno spinto i capitani d’industria
tedeschi a far pressione sul governo Merkel affinché aprisse la prima base militare tedesca in Africa. Base in fase di
costruzione nel Niger.
Le mire economiche tedesche sono frenate dalla Cina, che considera il Sud Sudan come un naturale territorio
di sfruttamento economico. Nonostante la secessione dal nord le multinazionali petrolifere cinesi sono riuscite a
mantenere il monopolio in Sud Sudan impedendo a quelle occidentali di poter entrare nel lucroso mercato, nonostante che
Europa e Stati Uniti abbiano speso fortune per finanziare la guerra di secessione in Sudan durata oltre 25 anni. Nel
settembre 2014 il Partito Comunista Cinese ha deciso di inviare le sue truppe con mandato offensivo per proteggere i suoi
interessi in Sud Sudan.
Creando un asse politico (Cina-Sudan-Uganda) a favore del ex Presidente Salva Kiir, la Cina ha tentato di
diventare uno dei principali attori militari nella crisi sud sudanese, con risultati al momento deludenti. Le
truppe cinesi avrebbero subìto pesanti perdite durante gli scontri contro le forze ribelli del SPLA In Opposition guidate
dall'ex Vice Presidente Rieck Machar. Scontri e sconfitte militari che sono state occultate ai media internazionali. La
decisione presa nell’ottobre 2015 dal Presidente ugandese Yoweri Kaguta Museveni di ritirare l’esercito dal Sud Sudan ha
indebolito il contingente cinese che ora si è attestato su posizioni difensive all’interno della missione di pace ONU.
La politica di Berlino verso il Sud Sudan è totalmente allineata ai progetti di dominio geo strategico nutriti da
Stati Uniti e Gran Bretagna. Ha attivamente partecipato al finanziamento della guerra di secessione considerando la
balcanizzazione del Sudan come un obiettivo strategico per mettere le mani sul petrolio sudanese. Durante l’attuale guerra
civile Berlino sostiene discretamente le forze ribelli contro un ex presidente (Salva Kiir) considerato troppo vicino a Pechino.
L’invio di truppe in Sud Sudan deciso da Tokyo rientra nella recente alleanza politica militare con la Germania
che prevede una stretta collaborazione tra i due eserciti e i rispettivi servizi segreti in Somalia, Golfo del Aden
e Sud Sudan. Alleanza che nasconde accordi economici per la protezione della importante via marittima internazionale del
Golfo di Aden e per lo sfruttamento tedesco-nipponico degli idrocarburi e minerali sud sudanesi.
L’invio delle truppe nipponiche 'full combact' rischia di alimentare la guerra civile in Sud Sudan. L’alleanza
Tokyo – Berlino è in contrapposizione agli interessi delle potenze regionali in primis l’Uganda. Anche se non si
registrano reazioni ufficiali da parte di Pechino, il Comitato Centrale del Partito Comunista cinese si dimostra assai
contrariato alla presenza in Sud Sudan di truppe nipponiche. L'inedita alleanza tra Germania e Giappone ricorda
all’immaginario pubblico cinese l’alleanza del Nazismo e del Gran Impero del Sol Levante che provocò la morte di
6 milioni di cinesi durante la Seconda Guerra Mondiale (3 milioni nella sola Manciuria). La Germania nazista supportò
militarmente e finanziariamente l’occupazione nipponica in Cina. Pericoli di scontri in Sud Sudan tra i contingenti cinese e
nipponico non solo da scartare a priori.
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
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Pechino sembra non perdere tempo. In attesa che il contingente nipponico possa essere operativo al 100%
dopo la metà di dicembre, la Cina ha aumentato il suo supporto militare al regime del ex presidente Salva Kiir
in previsione di lanciare un’offensiva finale contro le forze ribelli. Il 23 novembre presso lo Stato di Wau, il Generale
Paul Malong, comandante supremo dell’esercito sud sudanese South Sudan Army ha affermato ai media africani che le
forze di difesa leali a Salva Kiir sono pronte a considerare qualsiasi opzione per riportare la pace nel Paese. Pace interrotta
nel dicembre 2014, data di inizio della guerra civile.
«I nostri soldati sono pronti a qualunque azione per fermare questa guerra. Le nostre priorità sono di riportare nel Paese la
pace, difendere la Costituzione e l’integrità territoriale del Sud Sudan. Le nostre forze di difesa sono pronte a resistere ad
ogni aggressione militare anche di lontani Paesi» afferma il Generale Malong. Vari osservatori regionali hanno considerato la
dichiarazione pubblica di Malong come un chiaro avvertimento contro il contingente nipponico, già sospettato di favorire la
ribellione di Rieck Machar.
Fonti di informazione protette segnalano intense attività del regime di Salva Kiir di costruire alleanze con milizie tribali
alleate a Juba, reclutamento di giovani disoccupati Dinka e richiesta di mercenari regionali per lanciare una imminente
offensiva contro le forze ribelli e i loro alleati regionali ed internazionali. «Il Presidente Salva Kiir intende agire in anticipo
prima che troppi attori stranieri entrino appieno nelle complicate dinamiche di potere del Sud Sudan. L’offensiva finale
sarebbe la soluzione ideale per assicurarsi il potere assoluto ma il Generale Kiir deve confrontarsi con la realtà. L’esercito a
disposizione necessita di una ristrutturazione radicale e di reclutamenti di massa per ricomporre le sue forze dopo due anni
di intensi combattimenti dove si sono registrate spaventose perdite di soldati e materiale bellico», ha dichiarato un esperto
militare al quotidiano Sudan Tribune. La prima avventura militare del Giappone in Africa rischia di trasformare la guerra
civile in Sud Sudan in una guerra inter continentale capace di minacciare la stabilità a livello mondiale.
di Fulvio Beltrami
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