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venerdì 18 novembre 2016, 17:30
Tanzania: bloccati accordi commerciali con UE
Offensiva contro manovra di Bruxelles che tenta di spezzare le resistenze dell'EAC. A suo sostegno l'Uganda
di Fulvio Beltrami
Tempi duri per l’Unione Europea, sotto attacco su diversi fronti originati dall’offensiva politico economica dell’Africa contro
il Vecchio Continente, considerato un ostacolo per lo sviluppo africano. Un’offensiva non dichiarata ufficialmente ma
che si sta diramando nei settori approvvigionamento materie prime, scambi economici e relazioni giuridiche internazionali.
Dopo l’annuncio del ritiro dalla Corte Penale Internazionale da parte di tre Stati: Burundi, Gambia e Sudafrica e
il processo di sovranità delle materie prime, necessarie ora per supportare la rivoluzione industriale, giunge il
metodico boicottaggio agli accordi di libero scambio tra il Continente e l’Europa. Accordi firmati a Lomè e Cotonou
dal 1975 'Economic Partnership Agreement for Africa Caraibi and Pacific - EAP ACP' conosciuti come 'accordi di
Cotonou'. Questi accordi prevedono regimi fiscali privilegiati per le importazioni africane in Europa. Un privilegio
che l’Organizzazione Mondiale del Commercio suggerisce a Bruxelles di modificare con accordi di libero scambio
commerciale incentrati sull'annullamento della clausola degli accordi originali (ora scaduti) che permette all’Africa di
applicare piene tariffe doganali alle importazioni europee. Il tentativo europeo di modificare l’accordo EAP ACP è
iniziato nel 2005. La lunga fase di trattative con i singoli Paesi africani si doveva concludere il 1° ottobre 2016. Le
trattative hanno riscontrato diverse resistenze e netti rifiuti provenienti dalla Nigeria, Sudafrica, Ghana. Dal marzo 2016
l’Unione Europea sta tentando di concludere questo accordo con la East African Community – EAC (Comunità
Economica dell’Africa Orientale). Dopo aver constatato forti reticenze a livello del Parlamento EAC, Bruxelles ha
promosso la strategia di firmare gli accordi con i singoli Stati membri. Firme raggiunte con Kenya e Rwanda. La
chiara opposizione dell’Uganda era un ostacolo facilmente sormontabile se la maggioranza degli altri Paesi EAC avessero
firmato gli accordi commerciali. A bloccare questi accordi (considerati favorevoli solo per l’Europa) ci pensa la
Tanzania. Il Presidente John Magufuli ha autorizzato un procedimento giuridico presso la Corte di Giustizia dell’Africa
Orientale teso a bloccare la firma degli accordi economici con l’Unione Europea. Il compito è stato affidato ad un pezzo da
novanta: l’avvocato Castro Pius Shirima professore di diritto economico internazionale presso l’Università di
Iringa. Shirima lo scorso 31 ottobre ha presentato una petizione giudiziaria tesa a bloccare l’iniziativa europea
di ratificazione regionale degli accordi EAP. L’azione legale ha costretto gli Stati membri della East Africa Community
a indire un summit speciale ad Arusha, Tanzania per discutere sul destino delle relazioni commerciali tra Africa
Orientale ed Europa. Summit fissato per il gennaio 2017. Una scelta obbligatoria in quanto la Costituzione dell'EAC
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prevede il consenso unanime degli Stati membri per qualsiasi accordo con altri blocchi economici continentali ed extra
continentali. L’attacco dell’avvocato Shirima non è rivolto all’Unione Europea ma contro Kenya e Rwanda,
accusati di aver violato lo spirito del Trattato Economico dell’Africa Orientale che obbliga a firmare accordi
internazionali convenienti all’interesse generale dei cittadini East Africa Community. L’offensiva tanzaniana tenta di
controbilanciare la subdola manovra di Bruxelles che dal 2007 utilizza Kenya e Rwanda come due cavalli di
Troia per spezzare le resistenze dell'EAC. Resistenze che hanno fatto fallire la firma della revisione degli accordi nel
settembre e ottobre di quest’anno. La Tanzania non si trova certamente isolata in questa lotta incentrata sul nazionalismo
economico anti europeo. L’Uganda ha espresso il suo sostegno senza riserve, coerentemente alla sua politica estera di
potenza regionale tesa a porsi a livello internazionale come partner economico politico e militare e non come Paese del
Terzo Mondo bisognoso di aiuti e solidarietà. Sapendo che difficilmente si riuscirà a convincere il Kenya a considerare nullo
l’accordo firmato separatamente con l’Unione Africana, il fronte NO EUROPA sta facendo fortissime pressioni sul
Rwanda affinché annulli la rettifica degli accordi, isolando così Nairobi. Se la maggioranza degli Stati membri dell'East
Africa Community sceglieranno di rigettare gli accordi economici europei il Kenya sarà costretto a considerare nullo l’accordo
firmato in separata sede per non essere espulso dalla comunità economica dell’Africa Orientale. Quali le ragioni che hanno
spinto la Tanzania a dichiarare guerra economica all’Europa? La revisione degli accordi speciali UE-Africa è improntata sul
libero mercato selvaggio. Vari esperti economici internazionali hanno avvisato i Paesi africani che tale revisione
rappresenta un disastro economico e sociale di portate storiche inimmaginabili e difficili da gestire. La revisione priva
l’Africa delle necessarie entrate fiscali. Un danno di circa 696 milioni di euro. Accurati studi svolti dall'Unione Africana
dimostrano che questo danno fiscale è progressivo e catastrofico. Nel 2020 il danno giungerà a 4,5 miliardi di Euro.
Nel 2035 a 46,5 miliardi di euro. Il drastico calo del gettito fiscale proveniente dalle esenzioni doganali delle merci
europee favorirà la ripresa industriale dell’Unione Europea indebolendo la capacità di finanziamento
industriale e le spese sociali in Africa. La proposta di Bruxelles di aumentare gli aiuti umanitari al Continente di 6,5
miliardi di euro come atto di compensazione è stata considerata un'oltraggiosa offesa. Il principale Paese europeo che
beneficerà della revisione degli accordi commerciali è la Francia. Se la revisione entrerà in vigore le multinazionali
francesi attive in Africa nel settore agro alimentare potranno esportare i prodotti agricoli in Europa esenti da
tasse mentre le industrie francesi, spesso beneficiarie di sovvenzioni statali, diventeranno improvvisamene
competitive sui mercati africani grazie all'esenzione delle tasse doganali. Chi sono queste multinazionali francesi
che stanno facendo un durissimo lavoro di lobby a Bruxelles? La Compagnie Frutiere che detiene il monopolio delle
esportazioni in Europa di banane e ananas della Costa d’Avorio. Il Grouppe Mimran, basato in Svizzera per convenienze
fiscali, che detiene il monopolio delle esportazioni di farina dal Senegal. Il Grouppe Ballorè che detiene il controllo dei porti
nel Golfo della Guinea e Camerun trasformati in focal point per le esportazioni di cacao in Europa. Queste multinazionali
sono già tra i primi beneficiari degli accordi di Cotonou che permettono di esportare in Europa prodotti agricoli
africani esentasse. L’obiettivo ora è quello di importare sui mercati africani prodotti agro alimentari realizzati in
Europa con le risorse agricole africane importate. Una manovra che impedisce lo sviluppo di un'industria agro
alimentare africana. Sono le stesse multinazionali che nelle loro pagine web pubblicizzano il mercato etico e responsabile,
dichiarando il finanziamento di azioni di sostegno per lo sviluppo delle comunità locali. Grezza propaganda destinata ad
un'opinione pubblica europea in buona fede e spesso non informata dalle pratiche schiaviste applicate da queste aziende
sui lavoratori africani. In questi giorni il Grouppe Ballorè è vittima di uno sciopero ad oltranza dei lavoratori
presso le sue piantagioni d’olio di palma che rivendicano il 62% d’aumento dei salari, bloccati ai livelli del 1982. La
protesta sindacale è supportata dalle comunità locali che accusano il gruppo Ballorè di aver impedito lo sviluppo
dell'industria agro alimentare camerunese nel settore olio da palma e idrocarburi ecologici in cambio di qualche ospedaletto
e classi scolastiche spesso di scarsa qualità edile. Secondo notizie giunte ai media tanzaniani e ugandesi, gli studi sui
danni economici svolti dall'Unione Africana raggiungerebbero conclusioni identiche a quelli commissionati
dalla Direzione Generale del Commercio della Commissione Europea. Una convergenza negata dall'Ente
pubblico europeo. Un rifiuto abbianato al sospetto rifiuto della richiesta dell’Unione Africana di rendere pubblici gli studi
economici europei sull'impatto economico e sociale della revisione degli accordi di Cotonou. L’Unione Europea osserva
con apprensione all'iniziativa giuridica lanciata dalla Tanzania e sostenuta dall’Uganda. Se dovessero avere
successo creerebbe un precedente legale utilizzabile da Paesi membri di altre comunità economiche africane.
Un precedente con alte probabilità di creare un effetto domino che potrebbe mettere fine alle manovre europee per
garantirsi prodotti agricoli e minerali africani a buon mercato, rivendendo nel Continente di prodotti finiti addirittura esenti
dalle tasse di importazione. Un rapporto commerciale di chiaro 'stampo coloniale' che Dodoba (capitale della Tanzania) è
intenzionata a interrompere. L'iniziativa sembra trovare un forte sostegno da parte della Russia, Cina, BRICS e da
varie ONG internazionali. L’attacco tanzaniano giunge nel momento meno opportuno per l’Europa che, ora non può
contare sul supporto degli Stati Uniti. A differenza dell’Amministrazione Obama, il Presidente Outsider Donald Trump
non supporterà l'iniziativa commerciale di Bruxelles facendo pressioni sui Paesi africani. Trump si occuperà di
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sostenere il proprio accordo commerciale con l’Africa: l'AGOA, sussurrando all’Europa di arrangiarsi...
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