Referendum costituzionale 2016, le ragioni del mio sì

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Referendum costituzionale 2016, le ragioni del mio sì

Il 4 dicembre 2016 siamo chiamati a pronunciarci con un SI o con un NO alla riforma della Costituzione proposta dal ministro Maria Elena Boschi, appoggiata dal governo Renzi ed approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016; tuttavia, essendo stata approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti di ciascuna camera, si è reso necessario indire il referendum (art. 138 Costituzione) per renderla operativa. La riforma entrerà in vigore se il numero dei voti favorevoli sarà superiore a quello dei contrari, indipendentemente dal numero dei votanti, non essendo previsto un quorum.

La riforma costituzionale per la quale siamo chiamati ad esprimere il nostro voto riguarda l’efficienza parlamentare e una riduzione dei costi della politica. Sono presenti alcuni nodi che riguardano principalmente la composizione del nuovo Senato con rappresentanti territoriali nominati dai consigli regionali, ma nel complesso la riforma rappresenta un passo avanti per le ragioni che seguono.

Aula del Senato

Il superamento del bicameralismo paritario

Attualmente le leggi devono essere approvate da entrambe le camere, Camera dei Deputati e Senato, per poter entrare in vigore con un conseguente rallentamento dell’iter legislativo,

spesso causa di rinvii a non finire; succede così che una modifica richiesta, ad esempio, dal senato deve essere approvata anche dalla camera, la quale può richiedere un’ulteriore rettifica, la quale deve passare di nuovo al vaglio del senato che potrebbe respingerla e farla ritornare alla Camera e così via, bloccando di fatto l’attività legislativa.

La proposta di riforma costituzionale prevede che sia solo la Camera dei Deputati ad essere composta da membri eletti direttamente dai cittadini a suffragio universale e l’unico organo istituzionale adibito all’approvazione delle leggi così come l’unico che può accordare la fiducia al governo, mentre il Senato sarà un organo di rappresentanza territoriale, composto da 100 senatori, anziché 315, di cui 95 nominati dai consigli regionali, all’interno delle cariche elettive (sindaci e consiglieri regionali) e 5 nominati dal Presidente della Repubblica che rimarranno in carica 7 anni, non più a vita come oggi; i 95 senatori rimarranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori locali. Il Senato di nominati è uno dei nodi di questa riforma, attenuato dal fatto che, comunque, trattasi di sindaci e consiglieri regionali, quindi eletti dai cittadini, anche se non direttamente per diventare senatori; rimane, tuttavia, il nodo dell’immunità parlamentare che verrebbe a loro estesa e che potrebbe diventare un bel regalo per qualcuno. Altro nodo è la partecipazione dei senatori all’elezione di importanti cariche delle istituzioni: Presidente della Repubblica, Consiglio Superiore della Magistratura e Corte Costituzionale.

Il superamento del bicameralismo perfetto o paritario è, tuttavia, necessario per rendere più efficiente il nostro sistema legislativo e ridurre i costi della politica.

La riduzione del numero dei parlamentari e la riduzione dei costi della politica

Con il SI alla riforma costituzionale, i senatori passano da

315 a 100 e percepiranno solo lo stipendio da amministratori.

La riforma prevede anche l’abolizione del Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro (Cnel) composto da 64 consiglieri.

La revisione del titolo V della parte II della Costituzione

Con la riforma, alcune materie tornano alla competenza esclusiva dello Stato, tra cui l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni. Sono materie in cui si verifica spesso una sovrapposizione tra competenze regionali e statali che crea inefficienza.

Q u e l l e c h e h o i n d i c a t o s o n o motivazioni sufficienti a determinare la mia posizione per il SI al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. C’è qualche nodo irrisolto, ma non possiamo aspettare oltre per

rendere più efficiente il nostro Parlamento e ridurre un po’ i costi della politica.

Altro discorso, pur collegato, riguarda la

legge elettorale (Italicum)

, ossia il sistema di elezione diretta dei componenti della Camera dei Deputati che, se prevarranno i SI al referendum costituzionale, sarà l’unico organo istituzionale eletto direttamente dai cittadini. L’Italicum, con il suo premio di maggioranza esagerato e alla lista, non alla coalizione, con i capilista bloccati, cioè nominati dai partiti, è un salto nel buio su cui occorre porre rimedio.

Cinzia Malaguti

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