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Donald Trump e il resto dell’Europa | 1
venerdì 11 novembre 2016, 17:30
USA 2016
Donald Trump e il resto dell’Europa
L'analisi di Franco Rizzi, docente e storico italiano, fondatore dell'Unimed
di Camilla Doninelli
Che piaccia o no, adesso, e per i prossimi quattro anni, Donald Trump sarà il presidente degli Stati Uniti d’America.
Vedendo il suo programma sembra di leggere una propaganda elettorale degli anni ’50, quando ancora la globalizzazione
era un concetto sconosciuto, e l’idea di una visione unitaria era ancora nei progetti dei grandi uomini politici.
Andando oltre la figura in sé per sé, adesso sarebbe importante almeno provare a capire come si muoverà a
livello internazionale. Ad esempio i rapporti con l’Unione Europa (di cui ne facciamo parte, anche se non se lo ricordano
sempre). Nella visione di Trump, decisamente protezionista e isolazionista, e dunque meno incline all’interventismo, l’Europa
potrebbe essere abbandonata a se stessa. Oltretutto lo scorso giugno il tycoon aveva rilasciato delle dichiarazioni molto
precise sul futuro dell’Europa e della sua politica: «Lo sgretolamento dell’Europa è un dato di fatto, non una mia opinione.
Dipende dagli errori commessi dalle sue leadership inadeguate».
Per quanto riguarda il problema dell’immigrazione ha sottolineato gli errori commessi dalla Germania: «Stimavo molto
Angela Merkel, e le ho sempre fatto tanti complimenti, fino a quando ha preso quella decisione sciagurata sull’accoglienza
dei rifugiati. Così ha trasformato la Germania in un Paese da cui i suoi abitanti vogliono scappare».
In un mondo che ha puntato tutto sulla condivisione e la mescolanza viene eletto un Presidente che guarda al
passato. Per non parlare delle esultanze dei leader populisti/nazionalisti che già sentono la loro revanche
personale arrivare in grane stile. Abbiamo voluto analizzare la nuova ( e inaspettata) situazione con Franco Rizzi,
docente e storico italiano, professore ordinario di Storia dell’Europa e del Mediterraneo e fondatore e Segretario Generale
dell'Unimed, l'Unione delle Università del Mediterraneo.
L’elezione di Donald Trump, come l’outsider della politica. Come ci è riuscito?
Proprio perché non centra nulla con la politica. La gente, l’elettorato in generale, ha manifestato un disagio nei confronti
della politica tradizionale (sia democratica che repubblicana). Va detto che è vero che Trump ha vinto e tutta la stampa non
ha sbagliato completamente, ma l’errore è ancora più grave. La vittoria della Clinton è stata data per certa e nessuno si è
peritato di andare a vedere che cosa stava succedendo nella realtà dei fatti. Il voto dell’elettorato non ha sbaragliato solo la
politica ma tutte le istituzioni di potere, ma con una grande contraddizione: affidandosi ad un uomo di potere, che non ha
nulla a che fare con la politica. Le lezioni americane vanno lette in questa chiave contraddittoria. Ribadisco un lavoro
sbagliato da parte di tutta la stampa. Questo fatto comporta una riflessione sul modo che la popolazione americana ha
utilizzato per cambiare le cose. Il futuro dell’America va al di là di Trump, l’America deve farci capire che ruolo vuole giocare.
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/donald-trump-e-il-resto-delleuropa/
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Vuole essere la potenza unipolare di cui si è sempre parlato oppure ha una visione di spartizione di questo potere? Il nodo
centrale sta nel capire cosa vuole fare l’America, non solo nel lasso di tempo in cui Trump sarà presidente, ma anche e
soprattutto per il futuro. Questo è un discorso che viene da lontano.
Si ritorna all’individualità degli Stati, dopo decenni di ‘lotte’ per creare un’unione politica ed economica e di
libera circolazione? Per non parlare dei punti della campagna elettorale di Trump proprio in materia di
immigrazione. Ritorna l’autarchia in chiave moderna?
Qui parliamo di populismi. Questa è un’onda propagandistica che investirà l’Europa, ed in una certa maniera è già successo.
Vediamo cosa è successo in Ungheria, vedremo cosa succederà in Olanda, cosa succederà dopo la Brexit, a maggio in
Francia. In più c’è una debolezza oggettiva dei partiti tradizionalmente di sinistra. Il discorso dei populisti si combina anche
con un discorso nazionalista. La preoccupazione sta nel fatto che i partiti tradizionali sono di una debolezza disarmante.
Quindi non attuerà una ‘feroce’ politica contro l’immigrazione in generale?
Il fenomeno dell’immigrazione, Trump o non Trump, Salvini o non Salvini (in Italia), non lo ferma nessuno. Quelli sentiti sono
discorsi elettorali. Noi ci troviamo di fronte ad una mutazione epocale. Gli enunciati politici ed economici inevitabilmente
saltano di fronte al fenomeno dell’immigrazione. I discorsi populisti servono moltissimo a rassicurare la gente, ma allo stesso
tempo alla politica serve anche che la gente abbia paura per instaurare ila loro propaganda nazionalista e fomentare le
masse contro il fenomeno migratorio, che non ha nulla a che vedere con la realtà, che è completamente diversa. Stiamo
parlando di meeting pot, questa è la realtà dei fatti.
Per noi l’elezione di Trump che cosa comporta?
Il discorso è molto più ampio e magmatico. Pensare a dei riflessi quasi automatici per cui Matteo Salvini arriverà al 20% alle
prossime elezioni lo vedo altamente improbabile. Il discorso deve essere visto in un’accezione globale, di cambiamento di
mentalità, di strutture politiche, partitiche. Sta cambiando il sistema e chi lo interpreta? Noi viviamo in un mondo
globalizzato e per quanto possano essere autarchiche le politiche americane devono fare i conti con il resto. Io non credo nei
ritorni ‘indietro’, semmai dovremmo riflettere sui danni che il mondo globalizzato ha prodotto. Ma esiste ed è reale. Pensare
che l’America si chiuda mi sembra assurdo, bisogna fare la tara tra quello che viene detto in campagna elettorale e quello
che verrà fatto.
E i Trattati con l’Europa, e quindi anche direttamente proporzionali con noi, potrebbero scomparire dalle
agende internazionali? Come anche l’interessa degli Stati Uniti per l’Europa?
Sul fatto che i Trattati internazionali saranno mantenuti o lasciati cadere, se la Nato sarà più debole o più forte possiamo
solo fare delle congetture. Per ora bisogna aspettare e vedere che cosa succederà.
di Camilla Doninelli
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