In Europa il carbone uccide, ma la normativa lo

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In Europa il carbone uccide, ma la normativa lo permette
In Europa il carbone uccide, ma la normativa lo
permette
Un nuovo documento dimostra come anche soltanto rispettando i limiti imposti dalla attuale
lacunosa normativa europea si avrebbe un miglioramento delle prestazioni ambientali degli impianti
termoelettrici a carbone, evitando ogni anno morti premature di almeno 20mila cittadini.
Francesco Valezano
È notizia di poche ore fa che c'è stata una condanna a 9 mesi per i manager di Enel responsabili,
insieme a Enel Produzione, della centrale a carbone di Cerano, vicino Brindisi. Dovranno anche
risarcire gli agricoltori dell'area per il danno subito sulle colture a causa del deposito di polvere di
carbone a cielo aperto.
Che il carbone è dannoso per l'agricoltura e le persone lo dice anche un dato europeo: nel 2013 le
centrali a carbone europee erano responsabili del 52% di tutte le emissioni di SO2, del 40% per
NOx, del 37% di particolato e contribuivano a quelle di mercurio per il 43%.
Un cocktail mortale per 22.900 europei l’anno, causa di 11.800 nuovi casi di patologie
polmonari, che ha portato alla perdita complessiva di 6.575.800 giorni di lavoro e una spesa pubblica
complessivamente quantificabile di 63 miliardi di euro all’anno.
Gli Stati membri maggiori inquinatori sono Polonia, Germania, Romania, Bulgaria, Inghilterra e
Spagna.
La base normativa che definisce gli standard di prestazione ambientale per gli impianti industriali di
combustione è la Direttiva 2010/75/EU (pdf) sulle emissioni industriali (IED).
Sul territorio europeo di questi impianti ve ne sono sono circa 55.000, presenti in tutti gli Stati
membri, fra i quali si annoverano anche i grandi termoelettrici a carbone. Nel testo della Direttiva si
precisa che i valori limite di inquinanti, imposti a partire dal gennaio 2016, devono tenere in
considerazione l’adozione delle migliori tecnologie disponibili per l’abbattimento delle
emissioni industriali (Best Available Techniques –BAT).
Un elenco di queste migliori tecnologie viene aggiornato di volta in volta dal Bureau of the Institute
for Prospective Technology (IPPC) che, in collaborazione con differenti esperti del settore, redige un
documento riassuntivo di riferimento, il BAT Reference Documents (BREF).
Il prossimo BREF aggiornato verrà pubblicato entro il primo quadrimestre del 2017. Significa che,
tenuto conto del lento iter normativo, verrà adottato dalla Commissione Europea non prima
del 2021!
Tuttavia il rapporto “Lifting Europe’s Dark Cloud” (vedi allegato sotto) - redatto dall’European
Environmental Bureau (EEB), in collaborazione con Health and Environment Alliance (HEAL), il
Climate Action Network (CAN) Europe, il WWF e Sandbag - chiarisce come la vigente legislazione
europea in materia di limiti delle emissioni inquinanti sia caratterizzata da profonde lacune,
rivelandosi sul campo inefficace nel raggiungimento di rilevanti obiettivi di riduzione degli
inquinanti.
Nel 2015 era stata Greenpeace a svelare come il processo di definizione delle cosiddette BAT
venisse viziato dall’ingerenza dei più grandi inquinatori europei (vedi QualEnergia.it).
Ad oggi, infatti, oltre la metà delle centrali elettriche a carbone presenti in Europa godono di veri e
propri permessi d’inquinare; possono quindi con diritto superare i limiti stabili senza dovere
adottare alcuna tecnologia d’abbattimento.
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E ancora, il “Lifting Europe’s Dark Cloud” ci ricorda che in Europa le lobby del carbone partecipano
attivamente alle elaborazioni di quelli che sono gli standard che dovrebbero venire rispettati.
È importante anche sottolineare che comunque la normativa non impone particolari limiti di
emissione durante le fasi d'avvio o spegnimento, ed è proprio durante la procedura di
accensione che le centrali elettriche a carbone emettono i livelli maggiori di particolato.
Il documento chiarisce inoltre come la IED preveda sette meccanismi per concedere agevolmente
deroghe ai limiti di emissione. Di questi diritti di inquinamento ne beneficia il 56% di tutte le
centrali a carbone europee: a questi stessi impianti è imputabile ben il 60% delle 22.900 morti
premature causate dalla combustione del carbone.
I Paesi che hanno adottato un piano nazionale transitorio, che secondo l’art. 32 della IED
permette ad alcuni impianti una deroga ad inquinare, sono addirittura 15. Viene in questo modo
posticipata al 2020 l’applicazione dei limiti imposti dalla Direttiva per un totale di 99 centrali che
si stima siano responsabili di oltre 9.000 morti annue. Ed è allarmante annotare che la totalità degli
impianti termoelettrici di sei Paesi membri godano delle concessioni stabilite dalla normativa.
Nel nostro Paese attualmente solo la Centrale di Bastardo, in Umbria, si avvale del meccanismo
delle concessioni in deroga. Il proprietario dell’impianto, Enel SpA, ha infatti dichiarato che non sarà
operativo per più di 17.500 ore a partire dal 1° gennaio 2016 e non oltre il 31 dicembre 2023, in
piena conformità con quanto espresso all’art. 33 della IED, cioè per altri 7 anni le 2 unità da 75 MW
che lavorano nella centrale potranno continuare a inquinare senza conseguenze per l’utility.
Eppure, continua il report, se tutti in Europa adottassero i meccanismi di abbattimento delle
immissioni conformi con quelle che sono le BAT, il numero totale di morti premature scenderebbe a
circa 2.600 all’anno.
Tuttavia, sebbene una riduzione dell’inquinamento si traduca in un minor numero di decessi, non
esistono a oggi tecniche di cattura degli inquinanti, per quanto raffinate tecnologicamente, che
riescano a eliminare completamente le emissioni.
Bisogna infine considerare che, oltre al danno causato alla salute umana, le centrali elettriche a
carbone producono il 18% di tutti i gas ad effetto serra in Europa.
Il report "Lifting Europe’s Dark Cloud" (pdf)
Francesco Valezano
URL di origine (Salvata il 31/10/2016 - 09:07):
http://www.qualenergia.it/articoli/20161027-europa-il-carbone-uccide-ma-la-normativa-lo-permette
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