Indicazioni per comunicare correttamente una diagnosi

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Indicazioni per comunicare correttamente
una diagnosi
di Nicola Acquarone, Dipartimento Organizzazione e Sviluppo, Provincia di Genova
Andrea Giordano e Alessandra Solari, Unità di Epidemiologia, Fondazione IRCCS Carlo Besta, Milano
Tratto dal sito www.partecipasalute.it, dicembre 2006. Prendendo spunto da un articolo
pubblicato sul sito che di seguito proponiamo,
si vuole stimolare il dibattito sull’argomento.
Attendiamo quindi i vostri commenti e/o esperienze.
C
omunicare la diagnosi di una malattia
grave e invalidante come la sclerosi multipla
richiede competenze specifiche di cui i medici
sentono sempre più la necessità.
Nel corso del 2005 nell’ambito del progetto
internazionale “A structured information interview for people with newly diagnosed multiple sclerosis” finanziato dalla “Società americana per la sclerosi multipla” sono stati organizzati tre focus group1 sulle esperienze delle persone con sclerosi multipla e del personale
sanitario che le ha in cura. Oggetto dei focus
group era la comunicazione della diagnosi.
I risultati di questo studio sono in pubblicazione su una rivista medica del settore; di seguito
è proposto un breve riassunto dei risultati che
sottolineano la necessità di continuare a lavorare su questo tema per superare gli ostacoli e
le difficoltà che ancora incontrano sia i pazienti stessi sia il personale sanitario che gestisce in
prima persona la comunicazione.
Hanno partecipato ai focus group 23 persone
con sclerosi multipla, diverse per provenienza
geografica, età, sesso, professione, tempo dalla
diagnosi di sclerosi multipla e situazione clinica. Il personale sanitario - neurologi, psicologi
ed infermieri - coinvolto da anni nella comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla
proveniva da sei centri italiani dedicati alla
malattia: Fondazione IRCCS Carlo Besta
Milano, Istituto San Raffaele Milano, Clinica
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Neurologica Genova, Divisione Neurologica
Macerata, Clinica Neurologica Bari, Clinica
Neurologica Cagliari.
Oltre a descrivere la propria esperienza, ai partecipanti è stato chiesto espressamente di individuare i contenuti e temi rilevanti al momento della comunicazione della diagnosi.
Attraverso una sintesi dei risultati si propone
un elenco delle modalità più utili per la comunicazione della diagnosi.
Le informazioni fornite devono essere “su
misura” per rispondere alla situazione e ai
bisogni del singolo. I contenuti e l’ordine di
presentazione devono essere decisi a partire
dalla storia e dalla situazione presente della
persona, ad esempio rispetto a impegni lavorativi e familiari. Questi aspetti devono essere
conosciuti in anticipo dal neurologo curante.
Un inquadramento generale della malattia è
considerato utile, seguito da informazioni più
specifiche, che però devono escludere tematiche non rilevanti per la situazione individuale.
Alcuni aspetti nodali quali i meccanismi alla
base della malattia, i sintomi e le forme cliniche più comuni vanno discussi sempre, incluso il fatto che una prognosi anticipata non è
possibile.
Il linguaggio deve essere semplice, diretto e
adatto alla situazione specifica. Il gergo medico, i sinonimi e gli eufemismi riducono la comprensione e vanno evitati.
Il flusso delle informazioni non deve andare in una sola direzione (sempre dal medico al
paziente). Il medico deve incoraggiare la persona a porre domande e verificare che le
informazioni fornite siano state comprese.
I punti di maggiore importanza vanno sottolineati e ripresi più volte con espressioni
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diverse. Prima della fine dell’incontro è meglio
ripetere i punti principali, dando nuovamente
al paziente la possibilità di fare domande.
Il personale sanitario ha riconosciuto la
necessità di evitare il pessimismo e fornire
spazi di speranza, dando in ogni caso informazioni realistiche. La diagnosi di sclerosi multipla può provocare incertezza, preoccupazione e ansia, che possono essere contenute fornendo informazioni appropriate.
Le condizioni pratiche in cui avviene il colloquio (definite in inglese come “setting”)
devono garantire riservatezza, tempo e supporto anche di altre professionalità, se richiesto.
Il momento informativo della diagnosi non
deve essere un evento a sé stante, ma è parte
di un percorso integrato che deve garantire
continuità.
Per concludere va sottolineato come l’attuazione di queste raccomandazioni abbia implica-
zioni che vanno ben oltre il miglioramento
della relazione “medico-paziente”, coinvolgendo aspetti organizzativi e strutturali più ampi,
che vanno dalla disponibilità del tempo e degli
ambienti idonei, alla continuità della cura ed
alla presenza di un riferimento certo.
Questi contenuti sono del resto in accordo con
le recenti linee guida sulla diagnosi di sclerosi
multipla ed è auspicabile la loro applicazione.
Per saperne di più:
Solari A, Acquarone N et al. Communicating the diagnosis
of multiple sclerosis – a qualitative study.
Multiple Sclerosis 2006 (in stampa).
NHS. Management of multiple sclerosis in primary and
secondary care. London: National Institute for Clinical
Excellenceand secondary care, 2003
Murelli V. Parole nuove nel rapporto tra medico e paziente. Tempo Medico 2006; 799.
Moja EA, Vegni E. La visita medica centrata sul paziente.
Milano: Raffaello Cortina, 2000. Nicola Acquarone,
Dipartimento Organizzazione e Sviluppo, Provincia di
Genova. Andrea Giordano e Alessandra Solari, Unità di
Epidemiologia, Fondazione IRCCS Carlo Besta, Milano.
Un focus group è un metodo di ricerca qualitativa in cui un gruppo di persone, riunite in una stanza, partecipa alla discussione su un determinato argomento, ad esempio la comunicazione della diagnosi. Un moderatore guida la discussione
del gruppo seguendo una traccia di discussione concordata ad hoc prima dell’inizio del focus group. Il gruppo di partecipanti è selezionato per essere pertinente al tema oggetto di discussione; tutti i partecipanti sono liberi di comunicare ed interagire con gli altri membri del gruppo. Nel gruppo ci sono solitamente una decina di partecipanti e la sessione dura solitamente tra 1 e 2 ore.
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