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commentary Commentary, 27 ottobre 2016 YEMEN, LA GUERRA DIMENTICATA E INCOMPRESA ELEONORA ARDEMAGNI N ell’autunno del 2014, quindi due anni fa, lo presto rivelati inefficaci, perché incapaci di modificare Yemen entrava nella crisi politica che i rapporti di forza sul campo e allo stesso tempo con- avrebbe generato il conflitto più trascurato e troproducenti. Infatti, le troppe vittime civili hanno sal- insieme incompreso del Medio Oriente. dato l’alleanza huthi-Saleh e complicato le relazioni con gli alleati occidentali dell’Arabia Saudita, Stati Infatti, dopo avere occupato la capitale Sana’a (agosto 2014) e siglato con il governo ad interim un fragile accordo nazionale di pace (settembre 2014), gli huthi, sciiti zaiditi originari del nord dello Yemen, avrebbero portato a termine un colpo di stato (gennaio 2015), gra- Uniti in testa. Dall’estate 2015, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) guidano le operazioni di terra della coalizione araba: per la prima volta nella loro storia, le monarchie del Golfo hanno infatti scelto di mandare soldati a combattere all’estero. zie all’alleanza tattica con il blocco di potere, soprattutto militare, dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, La guerra di Yemen, ancora irrisolta dopo tre round di costretto alle dimissioni durante la rivolta anti-gover- colloqui (tra Svizzera e Kuwait) e tentativi di tregua nativa del 2011. falliti, ha causato circa 10 mila morti e oltre 3 milioni di sfollati interni, secondo le stime delle Nazioni Unite. Rapidamente, la situazione è precipitata: l’Arabia Saudita, a capo di una coalizione di nove stati arabi, ha ini- ©ISPI2016 ziato a bombardare le milizie sciite (marzo 2015), nel tentativo sia di arginare l’ascesa territoriale degli insorti che di ripristinare il governo riconosciuto, alleato Le linee del fronte sono tante: la provincia della capitale Sana’a, Taiz (terza città del paese), le regioni centrali (come al-Bayda e Mareb), le aree adiacenti allo stretto del Bab- el-Mandeb, tra mar Rosso e golfo di Aden, snodo fondamentale per il commercio petroli- di Riyadh. Tuttavia, i bombardamenti sauditi si sono Eleonora Ardemagni, analista di relazioni internazionali del Medio Oriente per Aspen Institute e ISPI. Gulf Analyst, Nato Defense College Foundation, commentatrice di politica mediorientale per Avvenire. 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. commentary fero internazionale. Inoltre, il confine tra Arabia Sau- un paese finora al riparo dall’animosità inter-confes- dita e Yemen, dove operano gli huthi, è oggetto di guer- sionale. riglia quotidiana e lanci di missili, mentre le aree “riLo scontro fra sciiti e sunniti non è all’origine del con- conquistate” dai filo-governativi, come le città portuali flitto in Yemen: l’omogeneità confessionale non è il di Aden e Mukalla, vivono un pericoloso vuoto di si- criterio che ha fin qui condizionato le alleanze, assai curezza di cui beneficiano i gruppi jihadisti, come al- fluide, nella storia del paese. Per esempio, l’Arabia Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP). Saudita, campione regionale del sunnismo wahhabita, Nonostante ciò, a due anni dal colpo di Stato, la crisi appoggiò negli anni Sessanta proprio gli sciiti zaiditi yemenita rimane nell’ombra. Di certo, Siria, Iraq e Li- del nord yemenita, allora sostenitori dell’imamato, il bia monopolizzano l’attenzione di media e decisori po- governo dell’imam, contro i repubblicani, appoggiati litici internazionali. Eppure, quando (raramente) il anche militarmente dall’Egitto di Nasser. Per oltre conflitto in Yemen viene raccontato, emerge quasi trent’anni, Riyadh è stata il principale sponsor finan- sempre una visione semplicistica e fuorviante della ziario e militare dell’ormai ex presidente Ali Abdullah crisi. Per provare ad analizzare ciò che sta accadendo Saleh, nonostante la sua appartenenza allo sciismo zai- nell’unica repubblica della Penisola arabica, occorre dita (mai rivendicata a fini politici). Proprio Saleh, dunque decostruire e/o ridimensionare molto di ciò che sciita zaidita, non ha esitato a muovere sei battaglie in viene dato per scontato. Per esempio, la guerra yeme- sei anni contro i miliziani huthi (2004-2010) nella loro nita non è solo un conflitto per procura tra Arabia Sau- roccaforte di Saada, con cui ora si è invece alleato. dita e Iran, perché i livelli intersecati dello scontro sono L’Iran sciita ha più volte tentato di aprire un canale di almeno quattro: identità regionali vs oligarchia di dialogo con il Movimento Meridionale, sunnita, in Sana’a (come gli huthi del nord, il secessionista Movi- chiave anti-saudita. mento Meridionale, le tribù autonomiste dell’HadhraL’agenda politica del movimento di Ansarullah non maut), Saleh vs Islah (il network di potere dell’ex pre- viene principalmente decisa a Teheran, ma a Saada: sidente contro gli interessi del blocco tribale e islamista sebbene gli iraniani (e gli Hezbollah) forniscano ap- che fa capo al partito Islah), Riyadh vs Teheran, sunniti poggio militare e di addestramento agli insorti, come vs sciiti. Il conflitto yemenita nasce come una lotta, per rimarcato anche da Onu e Usa, le risorse investite il potere, fra tribù: la rivalità fra sauditi e iraniani per dall’Iran sul fronte yemenita non vanno sovrastimate. l’egemonia in Medio Oriente non è quindi all’origine Piuttosto, Teheran sta abilmente cercando di approfit- ©ISPI2016 dello scontro. Questa contrapposizione è però divenuta, tare dell’insurrezione degli huthi per aumentare la nel tempo, uno degli aspetti caratterizzanti della guerra, pressione ai confini del rivale saudita: per calcoli geo- contribuendo a generare un’inedita retorica settaria, in politici, la prima battaglia dell’Iran è in Siria così come, specularmente, la prima battaglia dell’Arabia Saudita 2 commentary è nel vicino Yemen. Innanzitutto, Ansarullah persegue Senza un accordo complessivo sul futuro dello Yemen, poi un’agenda interna: maggiore autonomia politica e già economicamente in ginocchio, il rischio concreto è religiosa per le terre del nord, ripartizione delle risorse che la guerra “delle bombe” possa sì fermarsi, ma che economiche e partecipazione al processo decisionale di poi sul terreno prosegua la guerriglia. In attesa di una Sana’a. svolta diplomatica, il conflitto dimenticato continua intanto a fare vittime. Infine, non esistono davvero due fronti contrapposti in Yemen, ma piuttosto esiste una pluralità di network e milizie (salafiti, Fratelli Musulmani, secessionisti, tribù autonomiste, jihadisti) che si oppongono alla penetrazione territoriale dell’alleanza huthi-Saleh, senza necessariamente sostenere le istituzioni riconosciute, come la presidenza di Abd Rabu Mansur Hadi. La debolezza politica del presidente, che gode di scarso consenso sul campo al di fuori dell’area natia di Abyan, complicherà molto la ricostruzione sociale e istituzionale del paese. Lo Yemen del dopo guerra dovrà tornare ad affrontare due questioni spinose, la riforma federale dello Stato e quella del settore militare, già discusse - prima che la violenza interrompesse la transizione politica - nella Conferenza di Dialogo Nazionale, svoltasi tra il marzo 2013 e il gennaio 2014. Infatti, il rafforzamento delle autonomie regionali, in termini di competenze e risorse per le regioni, e la riorganizzazione dell’esercito, con il disarmo e l’integrazione di tutte le milizie negli apparati di sicurezza, saranno fattori decisivi per il rispristino di un livello minimo di sicurezza. Perché i gruppi jihadisti, come Aqap, hanno fin qui vinto la battaglia ©ISPI2016 della propaganda, nel sud dello Yemen, proprio sull’incapacità del governo centrale di fornire servizi e assicurare protezione alla popolazione locale. 3