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www.corrieredibologna.it
Lunedì, 10 Ottobre 2016
L’intervista
Monopoli
Food Valley
Stefano Borghi (Site):
la via bolognese
dell’era del digitale
Cosmesi e quotazione
al Nasdaq o allo Star:
Bio-On fa l’americana
Marroni, selvaggina
e legna: il bosco
produce reddito
5
6
12
IMPRESE
EMILIA-ROMAGNA
UOMINI, AZIENDE, TERRITORI
L’editoriale
Inizio
Il presidente di Unindustria
Bologna Alberto Vacchi
con Sonia Bonfiglioli
all’inaugurazione del nuovo
stabilimento di Bonfiglioli
Il nuovo
paradigma
tecnologico
di Franco Mosconi
el «Piano
nazionale Industria
4.0 (I4.0)» –
presentato dal
governo Renzi a
Milano lo scorso 21
settembre — ammontano a
circa 37 miliardi di euro gli
investimenti innovativi
cumulati per il periodo
2017-2020, così ripartiti: 24
miliardi di impegno privato
e 13 miliardi di impegno
pubblico.
È soprattutto su questi
ultimi che si soffermano le
diciannove slide del
documento, rappresentando
gli strumenti scelti dal
governo per raccogliere la
sfida posta dalla quarta
rivoluzione industriale.
Sono tre le direttrici
chiave.
Primo, «incentivare gli
investimenti privati su
tecnologie e beni I4.0»:
qui, oltre alla proroga del
superammortamento al
140%, viene introdotto
l’iperammortamento al
250% «per i beni I4.0»,
ossia, i beni legati alla
cosiddetta digitalizzazione
dell’economia.
Secondo, «aumentare la
spesa privata in Ricerca,
Sviluppo e Innovazione»:
l’aliquota del credito
d’imposta viene alzata dal
25 al 50% e il limite di
credito massimo per
contribuente passa da 5 a
20 milioni di euro.
Terzo, «rafforzare la finanza
a supporto di I4.0»: si va
dalle detrazioni fiscali in
Pmi innovative a fondi di
venture capital dedicati a
startup.
Le direttrici si muovono
nella giusta direzione? La
risposta è positiva, ma
occorre essere consapevoli
del lungo cammino che ci
attende.
Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera
N
continua a pagina 15
Industry 4.0: è qui la festa
Mentre il governo lancia il piano per la digitalizzazione delle imprese, la via Emilia
si scopre locomotiva d’Italia: Federmeccanica elogia la nostra manifattura, crescono
Pil, export dei distretti e investimenti. Come la nuova fabbrica di Bonfiglioli
e il superlaboratorio di Hpe Coxa. Magnani: «Formazione contro lo tsunami internet»
L’intervento
Dimensione, solidità e struttura
finanziaria: così le aziende
della regione diventano resilienti
di Boris Popov
opo due ondate recessive di rilevanza
storica e l’evento sismico che nel 2012 ha
bloccato l’attività delle imprese, causato
delocalizzazioni produttive, interrotto investimenti e piani di sviluppo, il Cuore dell’Emilia
— quell’area che comprende le province di
Bologna, Modena e Reggio Emilia — è ancora
la terra dell’imprenditorialità. Un territorio
che rimane fedele alla propria vocazione industriale, a partire dalle piccole e medie imprese
passando per le multinazionali che hanno de-
D
ciso di restare e ripartire, consapevoli dell’unicità di competenze, tecnologie e know-how ivi
presenti. E che continua a puntare con decisione alla capacità di internazionalizzarsi, forte di un export che ha raggiunto i 33,7 miliardi di euro, in crescita del 13,5% rispetto al
2007. Viene da chiedersi quali fattori strutturali abbiano determinato la tenuta del tessuto
economico locale oltre all’accentuata propensione ai mercati esteri. Nomisma attraverso
un’analisi approfondita sulle realtà aziendali
appartenenti alle principali filiere produttive
del territorio — biomedicale, ceramica, meccanica, agroalimentare — ha identificato in
dimensione, solidità e un’equilibrata struttura
finanziaria le principali direttrici su cui si è
fondata la capacità delle imprese di resistere
alle turbolenze e reagire alle fasi di criticità.
continua a pagina 15
2
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
BO
PRIMO PIANO
Dalla Regione 7 milioni a Confindustria per formare a tappeto tutte
le pmi. Federmeccanica ci incorona e siamo primi nella crescita del Pil
La via Emilia su Industry 4.0
non aspetta il governo
uesta volta pare sia la
volta buona. Dopo tanto
parlare, il governo —
per bocca del ministro
Carlo Calenda — ha annunciato lo stanziamento di 13
miliardi di euro di qui al 2020
sotto forma di incentivi fiscali per
rendere hi-tech i processi produttivi delle aziende italiane. Una cifra da cui l’esecutivo Renzi si
aspetta un +3,2% in investimenti
da parte dell’imprenditoria nel
2017. L’Emilia-Romagna dal canto
suo non è rimasta con le mani in
mano e intanto ha portato a casa
un nuovo eccellente risultato: secondo gli ultimi dati del Fondo
Monetario Internazionale, la nostra regione con un +1,1% di Pil si
dimostra la locomotiva d’Italia,
superando addirittura la Lombardia (+1%). Una crescita trainata da
distretti come il packaging bolognese e la ceramica modenese.
Tornando a Industry 4.0, la
giunta Bonaccini ha infatti messo
sul piatto 7 milioni per la formazione di 11.000 fra imprenditori e
manager attraverso enti accreditati. Obiettivo: accelerare digitalizzazione e internazionalizzazione
della manifattura e del terziario
(30.000 le ore di lezione, 2.500 le
aziende coinvolte). «Il piano coglie al meglio l’esigenza di un territorio avanzato come l’Emilia-Romagna, che deve puntare sempre
più in alto per intercettare le nuo-
Q
13
Miliardi
È quanto
stanzierà il
governo di qui
al 2020 per
digitalizzare i
processi
produttivi delle
aziende italiane
ve esigenze dei sistemi produttivi
e rafforzare la propria attrattività
internazionale e la competitività
sui mercati», ha commentato il
presidente di Confindustria regionale Maurizio Marchesini.
La misura è arrivata pochi giorni dopo la presentazione a Roma
di una ricerca da parte di Federmeccanica su Industry 4.0, che
ha coinvolto 527 imprese: sulla
via Emilia ha riguardato le province di Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Il
livello di digitalizzazione è tale
che con il 78% di aziende cosiddette «adopters», l’Emilia-Romagna si situa tra i primi posti della
classifica elaborata dall’associazione presieduta da Fabio Storchi.
Nello specifico il livello di digitalizzazione è stato dichiarato alto
dal 45% degli intervistati e medio
dall’altro 45%. Undici le nuove tecnologie considerate fondamentali
per accrescere efficienza, produttività e infine il fatturato: meccatronica, robotica, robot collaborativi, internet delle cose, cloud, big
data, sicurezza informatica, stampa 3d, simulazioni, nanotecnologie, materiali intelligenti. A livello
nazionale, invece, le caratteristiche comuni a chi ha abbracciato
Industry 4.0 sono ricavi e numero
dei dipendenti molto elevati.
Sul suolo emiliano-romagnolo
la macchina degli investimenti
Livello di adozione delle tecnologie di Industry 4.0
Campione di 527 imprese
Meccatronica
Produzione
Sviluppo
Commerc.
Servizio
50%
69%
43%
12%
11%
Big data
Produzione
Servizio
Sviluppo
Commerc.
24%
48%
34%
33%
25%
51%
80%
22%
9%
8%
Rob.Collab.
Produzione
Sviluppo
Servizio
Commerc.
Cloud Comp.
Servizio
Produzione
Sviluppo
Commerc.
42%
55%
44%
29%
20%
Sicur. Info.
Produzione
Servizio
Sviluppo
Commerc.
Simulazione
Sviluppo
Produzione
Servizio
Commerc.
53%
73%
42%
22%
15%
Nanotecn.
Sviluppo
Produzione
Commerc.
Servizio
Robotica
Produzione
Sviluppo
Servizio
Commerc.
11%
64%
39%
10%
7%
83%
66%
56%
39%
37%
S
 Sonia
Bonfiglioli,
presidente e
amministratore
delegato della
Bonfiglioli Spa,
nonché
vicepresidente
di Unindustria
Bologna
«Come tante altre medie
aziende emiliano-romagnole —
spiega la presidente — ci eravamo sviluppati negli anni secondo un modello policentrico, con
una rete di piccoli stabilimenti
specializzati per singole lavorazioni. Nel frattempo, però, il nostro business si è evoluto, passando dalla meccanica pura, alla
meccanica di precisione, all’elettromeccanica, all’elettronica e
oggi alla meccatronica; ciò significa offrire ai clienti non più solo
un prodotto, bensì un sistema
integrato. Con il Progetto Evo,
che accorpa e integra in un solo
stabilimento tutte le produzioni
sparse fino ad oggi su più unità,
adeguiamo semplicemente il
processo produttivo all’evoluzione del prodotto».
Nel nuovo stabilimento di
58.500 metri quadrati, cui se ne
aggiungono altrettanti di verde,
e quasi autosufficiente energeticamente con una copertura fotovoltaica da 3 megawatt di potenza, confluiranno tutti gli oltre
Stampa3D
Sviluppo
Produzione
Servizio
Commerc.
32%
76%
35%
4%
4%
15%
68%
43%
8%
7%
Fonte: Federmeccanica
per realizzare prodotti all’avanguardia da parte dei big della manifattura si è però già messa in
moto. Il premier Renzi ha presenziato giusto qualche giorno fa all’inaugurazione del nuovo stabilimento della Philip Morris a Crespellano, nel Bolognese (500 milioni di euro per far produrre la
nuova sigaretta Iqos a 600 dipendenti). Yoox Net-A-Porter vuole
allargare il suo magazzino all’Interporto di Bologna e assumere
Reggio la Electric 80 e la Comer
di Storchi.
L’operazione «Industry 4.0» avviata dal governo Renzi porterà in
dote anche un più saldo collegamento tra le aziende e la ricerca
che nasce negli atenei. L’Università di Bologna infatti è tra le 6
scelte dall’esecutivo destinatarie
di un cospicuo assegno per costruire dei «competence center».
Andrea Rinaldi
così 205 addetti; l’americana Teko
Telecom vuole aprire una nuova
sede a Castel San Pietro (sempre
nel Bolognese) per 260 nuovi posti di lavoro; senza poi dimenticare il centro di ricerca dell’Ima di
Alberto Vacchi; i progetti di Bosch
per l’oleodinamica tra Modena e
Reggio Emilia; gli stampi della
Bva srl; i modelli sperimentali di
Ducati; gli innovativi tubatismi di
B. Braun Avitum Italy ancora sotto
la Ghirlandina; e a di nuovo a
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bonfiglioli investe 60 milioni nel nuovo stabilimento: riunirà dipendenti, fornitori e università
Chi è
27%
44%
37%
35%
34%
Mater Intell.
78% Sviluppo
Produzione
35%
Commerc.
9%
7%
Servizio
11%
«Voglio dare a Bologna la fabbrica perfetta»
essanta milioni di investimento per creare la «fabbrica perfetta». Quello che
il gruppo Bonfiglioli di Bologna ha appena annunciato di
voler realizzare entro il 2018, battezzandolo Progetto Evo, è, dice
la presidente Sonia Bonfiglioli,
«un esempio di evoluzione del
sistema industriale verso la digitalizzazione. Quindi un modello
per tutto il territorio». Per il colosso della meccanica fondato
dal padre Clementino nel Dopoguerra — oggi fra i leader mondiali nei sistemi di trasmissione
di potenza, ormai internazionalizzato con stabilimenti in India,
Vietnam, Stati Uniti, Cina, Brasile, Slovacchia e Germania, quasi
4.000 dipendenti e un fatturato
che quest’anno toccherà la quota
record di 780 milioni — il nuovo
impianto di Calderara di Reno,
alle porte di Bologna, rappresenterà la conclusione di un processo di innovazione e razionalizzazione produttiva intrapreso alla
fine dello scorso decennio.
Iot
Sviluppo
Servizio
Commerc.
Produzione
Distribuzione delle imprese distinte tra adopters e non-adopters
Adopter Non ado.
Piemonte
Lombardia
Veneto
Puglia
Emilia-Romagna
Marche
Campania
Toscana
Lazio
Trentino A.A.
Basilicata
Liguria
Valle d'Aosta
Calabria
Abruzzo
TOTALE
Fonte: Federmeccanica
14%
16%
6%
4%
5%
4%
4%
3%
3%
2%
1%
0%
0%
0%
0%
64%
600 addetti alla Business unit industriale finora sparsi fra Calderara, Vignola e Sala Bolognese
(gli altri poli italiani del gruppo
sono la Trasmital di Forlì per gli
apparati eolici e le grandi trasmissioni e Rovereto per la ricerca e lo sviluppo).
12%
9%
3%
3%
2%
2%
1%
2%
1%
1%
0%
0%
0%
0%
0%
36%
Totale
% adopter
26%
25%
9%
7%
7%
7%
5%
5%
4%
3%
1%
1%
0%
0%
0% 0
100% 64%
«Questo ci consentirà di eliminare le diseconomie di una
logistica macchinosa e dispersiva, che duplica funzioni, responsabilità e infrastrutture di servizio. Ma soprattutto ci consentirà
di dispiegare tutte le potenzialità
di una nuova organizzazione a
54
65
63
63
66
60
58
50
67
76
81
81
83
100
flusso, la cosiddetta lean production, e delle nuove tecnologie digitali alle quali è destinata metà
delle risorse».
L’investimento nel Bolognese
si aggiunge ad altri, di poco inferiori, già in via di completamento a Rovereto e Forlì. Una scommessa che Sonia Bonfiglioli ritiene inevitabile di fronte a una
globalizzazione «che non consente più di barcamenarsi nelle
mezze misure: o si entra nell’elite delle aziende eccellenti, oppure si finisce marginalizzati». Attorno al nuovo polo produttivo,
poi, il gruppo chiamerà a raccolta tutta la filiera dei fornitori, il
sistema formativo e le università
«per farne un laboratorio di sperimentazione di industria 4.0
aperto alla città e a un ambiente
nel quale abbiamo le nostre più
profonde radici e dal quale traiamo i principali fattori di successo» continua l’imprenditrice.
Che aggiunge: «Vorrei che il Progetto Evo rappresentasse una vetrina internazionale del made in
Italy meccanico, un po’ come via
della Spiga a Milano rappresenta
la vetrina dell’alta moda italiana».
M. D. E.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
3
BO
Magnani (Luiss): «L’innovazione non manca,
ma la consapevolezza è insufficiente»
«Ci vuole formazione per evitare che internet diventi uno tsunami. Le reti tra imprese devono essere rafforzate»
Chi è
 Marco
Magnani,
docente di
Monetary and
Financial
Economics a
Scienze Politica
alla Luiss
 È membro di
vari think thank
internazionali:
Aspen Institute,
Chatham
House, IAI Istituto Affari
Internazionali
 Ha scritto il
libro «Terra e
buoi dei Paesi
tuoi» (Utet)
ndustria 4.0 e referendum
costituzionale hanno punti
in comune: tutti sanno che
esiste, molti pensano che sia
importante per il futuro, pochi sanno in cosa consista.
Marco Magnani, parmigiano,
economista, insegna Monetary
and Financial Economics alla
Luiss «Guido Carli». Di Industria 4.0 si occupa spesso nei
suoi articoli, ha appena pubblicato Terra e buoi dei paesi tuoi
(Utet), teoria e casi di imprese
che investono nel territorio.
Il piano Industria 4.0 del
governo promette investimenti e defiscalizzazioni per
13 miliardi di euro in 7 anni:
“banda larga” e una articolata leva fiscale su innovazione
e ricerca. È sufficiente?
«Va nella giusta direzione,
con due fragilità. Innanzitutto
partiamo in ritardo. La Germania ne parla da cinque anni,
per la prima volta alla Fiera di
Hannover nel 2011, mentre negli Stati Uniti l’Advanced Manufacturing Partnership diventava parte della strategia di
reindustrializzazione. Inoltre, a
investimenti e progetti di coordinamento deve accompagnarsi un’azione culturale rivolta a
imprenditori e lavoratori. Molte Pmi e associazioni sindacali
non hanno compreso la portata della rivoluzione in corso: è
trasversale, tocca tutti i settori,
non è affrontata con il senso di
urgenza necessario. Internet è
uno tsunami, e sono arretrate
le infrastrutture, la pubblica
amministrazione, la digitalizzazione è ancora insufficiente».
L’Emilia-Romagna ha caratteristiche migliori della
media. Le Pmi, più che in
Lombardia, sono specializza-
I
Intenzioni di investimento dichiarate dalle imprese per singola tecnologia
Valori in percentuale di risposte affermative
MECCATRONICA
ROBOTICA
ROB. COLLAB
IOT
BIGDATA
CLOUD
SICUR. INFO
STAMPA 3D
SIMULAZIONE
NANOTECN
MATER. INTELL
MECCATRONICA
ROBOTICA
ROB. COLLAB
IOT
BIGDATA
CLOUD
SICUR. INFO
STAMPA 3D
SIMULAZIONE
NANOTECN
MATER. INTELL
SI, a breve
entro 1
31%
19%
13%
13%
0%
6%
50%
38%
38%
0%
6%
Contoterzista
SI, a
SI, a lungo
medio
oltre 5
13%
19%
19%
6%
25%
25%
0%
13%
13%
6%
0%
0%
6%
6%
6%
0%
0%
0%
13%
19%
0%
19%
NO
56%
56%
63%
75%
75%
69%
50%
38%
31%
94%
75%
Produttore di prodotti finiti per il mercato
SI, a breve
SI, a
SI, a lungo
NO
entro 1
medio
oltre 5
21%
34%
4%
23%
19%
34%
66%
15%
51%
17%
17%
19%
21%
6%
23%
26%
23%
15%
19%
15%
9%
15%
2%
2%
2%
0%
0%
2%
0%
4%
4%
6%
6%
57%
43%
87%
53%
55%
40%
19%
62%
30%
68%
62%
SI, a breve
entro 1
35%
40%
9%
22%
17%
27%
58%
19%
44%
8%
16%
Fornitore di Parti/Componenti
SI, a
SI, a lungo
medio
oltre 5
23%
21%
9%
19%
19%
25%
19%
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25%
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10%
3%
6%
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4%
0%
4%
1%
9%
5%
NO
39%
32%
74%
53%
60%
44%
22%
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30%
75%
69%
Produttore di prodotti finiti per clienti industriali
SI, a breve
SI, a
SI, a lungo
NO
entro 1
medio
oltre 5
29%
26%
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13%
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48%
13%
25%
3%
9%
18%
26%
6%
14%
16%
25%
21%
17%
26%
4%
8%
3%
5%
4%
6%
5%
1%
1%
7%
6%
11%
9%
50%
43%
83%
59%
67%
52%
30%
64%
43%
83%
75%
SI, a breve
entro 1
Fornitore di Sistemi
SI, a
SI, a lungo
medio
oltre 5
2%
2%
5%
2%
0%
0%
0%
0%
0%
2%
5%
67%
63%
70%
33%
37%
23%
21%
67%
33%
72%
63%
SI, a breve
entro 1
Altro (specificare)
SI, a
SI, a lungo
medio
oltre 5
NO
26%
19%
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44%
56%
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42%
16%
16%
16%
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31%
28%
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13%
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9%
3%
5%
16%
16%
28%
19%
21%
14%
21%
26%
9%
16%
19%
34%
16%
19%
22%
19%
9%
13%
19%
3%
16%
3%
6%
9%
6%
6%
3%
3%
6%
9%
6%
6%
NO
63%
50%
75%
44%
44%
41%
16%
69%
28%
81%
75%
Fonte: Federmeccanica
te, fanno parte di filiere produttive e tecnologiche.
«Potrebbero trarre enormi
benefici dalla digitalizzazione
dell’economia. Ma le “reti” devono essere rafforzate, sia tra
imprese sia con altri protagonisti: università, centri di ricerca, enti locali. Abbiamo un
punto di forza fondamentale,
la tradizione delle scuole tecnico-professionali. La formazione è importante quanto gli investimenti in tecnologia, dall’Internet of Things, a Big Data,
cloud computing, sistemi automatizzati, stampa 3D. Lo smart
manufacturing richiede com-
petenze digitali dei lavoratori,
attraverso strumenti di riconversione e reinserimento professionale, e un rapporto virtuoso imprese-territorio».
Quali sono gli esempi più
significativi?
«La regione è ricca di best
practice. Penso a Dallara di Varano de’ Melegari, sull’Appennino parmense, tra le prime a
importare il modello tedesco
di formazione duale. Molte, come la Ferrari, sanno che l’ambiente di lavoro e il welfare
aziendale influiscono positivamente sulla produttività. Penso
al Giocampus di Barilla, alla
«Purtroppo siamo un paese
a due velocità. In una parte, e
non solo al Sud, mancano non
solo le infrastrutture “digitali”,
ma perfino quelle di base: strade e ferrovie. Ma sarebbe sbagliato frenare i territori capaci
di competere con le regioni più
avanzate del mondo. L’EmiliaRomagna, terra d’impresa ricca
di creatività, è un esempio: tutti i distretti hanno sofferto,
molti hanno reagito benissimo
grazie a capacità innovativa,
solida formazione, ottime
scuole professionali».
Angelo Ciancarella
modenese Cms con il volontariato in orario lavorativo retribuito. La reggiana Comatrol è
fra le Top Employers. Tetra Pak
è all’avanguardia nello smartworking. Davines, azienda cosmetica di Parma, ha addirittura allestito un salone di bellezza all’oncologico di Catania.
Cresce così la condivisione dei
valori aziendali da parte dei dipendenti».
Romano Prodi, forse per
far capire la drammaticità
della situazione, ha detto che
nel Mezzogiorno, prima di
pensare a 4.0, servirebbe Industria 1.0.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A Modena il superlaboratorio della meccanica
Hpe Coxa, fondata da Piero Ferrari, studierà tecnologie e produzioni di componenti di alta precisione
l nome ufficiale è Mil, che sta
per Machining Innovation
Lab; ma per tutti è già il super laboratorio, con attrezzature e software da 2,5 milioni di
euro e 8 dipendenti a disposizione tra ingegneri e tecnici assunti dopo un programma formativo di un anno. Ci sono gli
strumenti di ultimissima generazione delle aziende partner
del progetto nel super laboratorio su cui Hpe Coxa — gruppo
modenese fondato da Piero Ferrari specializzato nella progettazione e produzione per il settore automotive e aerospaziale —
ha deciso di investire per dare
un tocco di ulteriore eccellenza
ai propri prodotti e sviluppare
nuove soluzioni.
«C’è un’integrazione di tecnologie e competenze avanzate
che permette di ridurre il “time
to market” e i costi di produzione, garantendo gli standard di
qualità richiesti da settori altamente competitivi, quali la F1»
spiega Andrea Bozzoli, ad di
I
Sul web
Puoi leggere,
condividere e
commentare gli
articoli di
Corriere
Imprese su
www.corrieredi
bologna.it
Hpe Coxa.
L’idea è stata così quella di
riunire su un’unica linea produttiva quelle che sono le tecnologie (e le conoscenze) necessarie per sviluppare quei
prodotti di alta precisione che
rappresentano il fiore all’occhiello di un’azienda che ha tra
i suoi clienti Ferrari, Ducati,
Harley Davidson, Maserati,
Piaggio e che è punto di riferimento per Finmeccanica. Prodotti su misura, tra cui motopropulsori, turbine, alberi motore, realizzati attraverso un sistema integrato che unisce
software, hardware e competenze di ingegneri e tecnici: il capitale umano proviene dai dipartimenti di ingegneria dell’Università di Modena e Reggio
Emilia e dalle scuole tecniche di
specializzazione (Its Maker),
giovani con un’età media di 35
anni con alle spalle una formazione di un anno fatta dalle
aziende partner che forniscono
strumentistica e programmi, in
alcuni casi non ancora presenti
sul mercato. Il super laboratorio
così fa quasi da beta testing e
dunque qui si trova la versione
aggiornata del software della
californiana CGTech Vericut che
permette la simulazione e la verifica del prodotto eliminando il
processo di testing manuale;
oppure l’ultimo gioiello di casa
Zeiss che consente una scansio-
ne ottica del prodotto rilevando
il pezzo in 3d e assicurandone
un controllo 20 volte superiore
rispetto agli strumenti tradizionali. Assieme a loro ci sono altre grandi firme come Mapal,
Sandvik Coromant, Lang Technik, Dmg Mori, Ptc, Open Mind,
tutte ben evidenti sulla parete
che sovrasta quel super laboratorio che gode di strumentazio-
Novità
Un’area del
nuovo
Machining
Innovation Lab
inaugurato
a Modena
ni di multinazionali che complessivamente producono 26
miliardi di fatturato.
«Ci rapportiamo con il mondo della F1, dobbiamo puntare
su tecnologia più all’avanguardia — evidenzia Bozzoli — E
con questo laboratorio, che non
è concepito come centro di ricerca poiché produce e fattura,
noi uniamo le tecniche di progettazione, programmazione e
simulazione di processo abbassando i costi di produzione e
aumentando la qualità».
Dopo le 8 assunzioni per il
super laboratorio (arrivate dopo
l’innesto di 80 ingegneri negli
ultimi tre anni, per un totale di
210 dipendenti), nel 2017 si
apriranno le porte dell’azienda
per almeno 20 ricercatori.
Obiettivo: un centro di ricerca
hi-tech complementare al laboratorio che interesserà le tecnologie additive, come le stampe
3d.
Gaetano Cervone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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BO
Lunedì 10 Ottobre 2016
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
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BO
L’INTERVISTA
Stefano Borghi
La storia
L’azienda
SITE studia il dossier del governo sulla banda ultralarga,
ma vuole crescere anche con le reti di energia
e ferroviarie. Acquisizioni in vista in Iran e Sudamerica
Un big delle tlc
partito con la posa
dei cavi elettrici
nel Dopoguerra
tefano Borghi aveva fatto la
sua scelta ai tempi dell’università: non Ingegneria,
non Economia e Commercio,
bensì Giurisprudenza. Una volta
laureato, perciò, aveva voltato le
spalle all’azienda fondata nel ‘47
dal padre e dallo zio e si era
messo in proprio. La Site, già
allora uno dei principali posatori di reti elettriche e telefoniche
in Italia, era solo uno dei tanti
clienti del suo studio specializzato in diritto del lavoro. Ma
all’inizio degli anni 80, quando
entrambi i soci fondatori di Site
avevano avuto problemi di salute, il rientro all’ovile divenne
quasi un imperativo morale.
«Quando sei azionista di maggioranza di una impresa di famiglia — dice oggi — non puoi
disinteressarti delle sue sorti».
Appena ventinovenne, così,
entra in SITE come direttore del
personale, poi direttore generale e infine presidente e consigliere delegato nell’87, alla morte del padre. Dunque è al timone da 29 anni esatti. Sotto la sua
guida la società bolognese si è
trasformata da semplice posatore di cavi elettrici e telefonici
(sempre di fili di rame si trattava, in fondo) a un integratore di
sistemi di trasmissione digitale.
Quindi azienda hi-tech, con
propri uffici di ricerca e sviluppo e di progettazione, 1.450 dipendenti ora in larga misura
tecnici ed ingegneri, attività all’estero soprattutto nel settore
della segnalazione ferroviaria,
per un fatturato totale di 212,8
milioni. Ma prima ancora, all’inizio degli anni 90, aveva partecipato in prima fila alla grande epopea della telefonia mobile anche come socio fondatore
del primo gestore privato Omnitel. Nel segnalamento ferroviario Site era già entrata nell’88,
rilevando l’azienda bolognese
DLK, oggi fusa nel gruppo come
semplice divisione. Proprio dalle competenze acquisite nel
nuovo settore e dal primo brevetto per un sistema di blocco
automatico di sicurezza nei treni, è maturato, a partire dal
2008, il processo di internazionalizzazione, per ora in Croazia,
Montenegro, Algeria e Congo.
Nel business della fibra ottica,
la nuova frontiera della trasmissione dati ad altissima velocità,
Site entra invece alla fine degli
anni 80. Oggi è in pista per la
realizzazione della rete a banda
ultralarga, il cui piano attuativo
è finalmente stato varato e finanziato dal governo, e sta partecipando alle principali gare
d’appalto lanciate dalle sei cordate in lizza per aggiudicarsi il
progetto. Dal ‘93 al ‘98 Borghi
ha guidato l’Associazione degli
industriali bolognese, dal 2001
al 2005 è stato consigliere della
Cassa di Risparmio di Bologna e
fino al 2013 consigliere della
Fondazione Carisbo. Il figlio secondogenito Eugenio, 32 anni,
è appena entrato in azienda dopo aver conseguito la laurea in
letteratura italiana. La primogenita Vittoria, 35 anni, lavora in
Ferretti Yacht.
M. D. E.
S
La via bolognese al digitale
Chi è
Stefano Borghi
(Bologna,
1951) è
presidente
e consigliere
delegato di
SITE. Siede
nel consiglio
direttivo di
Unindustria
Bologna ed è
stato nel cda
della Cassa di
Risparmio di
Bologna oltre
che socio della
Fondazione
della Cassa
di Risparmio
di Bologna
di Massimo Degli Esposti
l governo ha appena varato il piano da
3,5 miliardi per la rete a banda ultralarga; e le cordate per realizzarla sono ai
blocchi di partenza, con un colosso come
Enel in pole position. La sua SITE, dottor
Borghi, sembra essere l’azienda giusta, nel
posto giusto, al momento giusto...
«Indubbiamente. Finalmente si apre una
fase di importanti investimenti; noi siamo
impegnati in numerose gare nelle maggiori
città italiane perciò anche SITE è destinata a
continuare a crescere e a svilupparsi maggiormente nei prossimi anni, grazie alle sue specifiche competenze. Ma non ci sono solo le
reti Tlc: in quelle per il controllo del traffico
ferroviario e dell’energia, per esempio, contiamo di potere incrementare la forza lavoro nel
giro di qualche anno. Già negli ultimi dodici
mesi abbiamo potuto inserire oltre 100 nuove
risorse, in un mercato del lavoro in sofferenza, che si aggiungono ai nostri attuali 1.450
dipendenti».
Tornerete ai livelli degli anni 90, quando
sull’onda del primo adeguamento della rete
telefonica agli standard europei SITE arrivò
a 2.500 dipendenti?
«Lo sviluppo delle future gare in Italia e
all’estero certamente permetterà di aprire
nuovi scenari in cui definire l’aumento delle
risorse necessarie. In questi anni l’azienda è
profondamente cambiata: negli anni ‘90 eravamo essenzialmente esecutori e la gestione
della forza lavoro era il 90% del nostro business. Oggi ci siamo trasformati in integratori
di sistemi, fornitori, progettisti e produttori
di hardware e software. Tant’è che le nuove
risorse che oggi entrano in azienda sono ingegneri e tecnici specializzati. Insomma, siamo diventati un’azienda complessa, specializzata nella gestione di segnali digitali, siano
essi voce, dati, o immagini. Abbiamo sviluppato un’efficace nuova piattaforma di gestione
e controllo di sicurezza che integra tlc, dati e
videosorveglianza e inoltre abbiamo realizzato un gassificatore per la produzione di energia elettrica da biomasse caratterizzato da soluzioni innovative coperte da brevetti internazionali».
Rivoluzionato il business, cos’altro cam-
I
bierà in SITE? Crescerete con le vostre sole
forze o cercherete alleanze?
«Per il momento non abbiamo in programma operazioni straordinarie. La società è solida ed è in grado di affrontare i nuovi investimenti. Abbiamo lanciato un piano di sviluppo
all’estero, focalizzato sul settore ferroviario e
su alcuni Paesi dell’area mediterranea. L’Iran
e il Sudamerica sono i nuovi mercati su cui
stiamo pensando di effettuare investimenti
diretti, attraverso joint venture e acquisizioni».
Niente soci finanziari e niente Borsa, però?
«Non ne vediamo la necessità. In azienda è
già entrata la terza generazione con mio figlio
Eugenio e mio nipote Massimo Carroli, il che
garantisce una successione. Nelle aziende familiari esercitare il ruolo di azionista è una
responsabilità alla quale non si può sfuggire».
Qualcuno sostiene che proprio questo sia

Una città prospera se ogni anno fa qualcosa
per migliorarsi. Se non fa nulla per decenni
accumula un gap incolmabile. Ho il timore
che a Bologna stia succedendo proprio questo
viste le difficoltà e i ritardi con i quali vengono
approcciati i grandi progetti
il principale limite alla crescita delle imprese italiane...
«Le imprese italiane non crescono perché
molti imprenditori sono molto legati al prodotto ma hanno difficoltà ad accettare la sfida
di gestire organizzazioni complesse. Purtroppo i clienti, il mercato, l’evoluzione tecnologica e perfino le regole oggi impongono una
dimensione globale. La rivoluzione digitale,
in particolare, premierà la potenza di elaborazione a discapito della specializzazione».
C’è una via italiana alla tecnologia digitale?
«In passato avevamo grandi competenze
ingegneristiche e impiantistiche, basti pensare a realtà come Italtel e Telettra. Ma, ripeto,
sulle tecnologie di punta non c’è più spazio
per una dimensione locale in un mondo dove
è stata spazzata via persino Blackberry e dove
Ansaldo, per sopravvivere, è giustamente finita nell’ambito di un gruppo come Hitachi. Per
l’Italia vedo invece un futuro nelle applicazioni tecnologiche, dove la fantasia e la flessibilità possono rappresentare un valore aggiunto
anche con numeri più ridotti».
Potrebbe essere il primo capitolo di un
piano di politica industriale...
«L’innovazione tecnologica si stimola in un
solo modo: creando la domanda. In Israele lo
fece la Difesa, negli Stati Uniti la Nasa e il
Pentagono. Da noi, invece, il committente
pubblico aggiudica le gare col metodo del
massimo ribasso, che è l’esatta antitesi dell’innovazione. Infatti vedo tante aziende proporre importanti soluzioni innovative, che però stentano ad affermarsi sul mercato».
Anche alla banda ultralarga arriviamo in
forte ritardo. Riusciremo a colmare il gap?
«Arrivare in ritardo può a volte essere un
vantaggio se si coglie l’opportunità di utilizzare le tecnologie più evolute. La rete telefonica
italiana, per esempio, passò in ritardo dall’elettromeccanica all’elettronica, ma questo
produsse un salto tecnologico che oggi può
tornarci utile: abbiamo sviluppato nel tempo
una rete di centrali tanto capillare da raggiungere ogni utenza praticamente sulle soglie di
casa. Ora basterà completarne il collegamento
con la fibra ottica per garantire in ogni abitazione e in ogni ufficio i 100 megabyte e oltre».
Il piano varato in primavera dal governo,
quindi, funzionerà?
«Penso di sì. Forse, con un approccio più
graduale, si poteva fare di più, ma comunque
il messaggio politico è molto forte».
E alla politica locale che messaggio vorrebbe lanciare?
«Una città, come qualsiasi azienda, prospera se ogni anno fa qualcosa per migliorarsi.
Se non fa nulla per decenni accumula un gap
incolmabile. Peggio: perde la capacità di fare.
Ho il timore che a Bologna stia succedendo
proprio questo viste le difficoltà e i ritardi con
i quali vengono approcciati i grandi progetti
come quelli, indubbiamente critici e complessi, relativi alla viabilità».
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Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
BO
MONOPOLI
Bio-On, Astorri vuol fare l’americano
La società di bioplastica pensa in grande: sbarco al Nasdaq o allo Star mentre annuncia in Usa
applicazioni nella cosmesi e nel biomedicale da produrre in proprio. Mega contratti in arrivo
uel che avevano in
testa Marco Astorri
e Guy Cicognani
fondando Bio-On —
cioè lìidea di creare
il primo colosso globale della
plastica verde, una sorta di
Montedison 4.0 — potrebbe
concretizzarsi entro l’anno.
Dando credito ai tam tam di
mercato provenienti sia dalla
Borsa, dove la società bolognese è quotata all’Aim, sia da
ambienti industriali del settore, sarebbero infatti imminenti una svolta sul fronte della
finanza e una, ancor più significativa, su quello commerciale. Per la verità basta mettere
in fila le ultime notizie ufficiali per avere un’idea di quel che
sta bollendo in pentola. In
particolare, l’annuncio di due
settimane fa, direttamente in
America, sulle nuove applicazioni dei polimeri proprietari
PHAs in campo cosmetico,
biomedicale e diagnostico e
prontamente ripreso con
grande enfasi dalla stampa finanziaria più accreditata fra
gli investitori di Wall Street. Se
a ciò si aggiunge la sempre
più frequente presenza di
Astorri Oltreoceano (per quasi
un mese da inizio anno, dicono i suoi collaboratori), diventa assolutamente credibile la
Q
Imprenditore
Marco Astorri,
47 anni,
bolognese, ex
pubblicitario,
ha fondato
Bio-On,
azienda
propietaria per
la produzione
di PHAs
(polidrossialca
noati)
riconosciuti
come i migliori
biopolimeri
del futuro
voce sussurrata in Piazza Affari secondo cui Bio-On potrebbe essere la prima società italiana a debuttare sul palcoscenico della finanza hi-tech, vale
a dire il Nasdaq.
Altre fonti, pur confermando l’intenzione dei vertici di
Bio-On di andare oltre l’Aim
dove la società inanella sedute
senza scambi o con volumi
trascurabili di poche migliaia
di pezzi, segnalano trattative
su più fronti, anche europei, e
su quello del segmento Star di
Borsa Italiana. Oggi al mercato
è riservato uno striminzito 10%
del capitale, ma si è sempre
ipotizzato che i due azionisti
di maggioranza si fossero tenuti in mano le «munizioni»
per un successivo e più ambi-
zioso passo. Passo ventilato
dallo stesso Astorri un anno fa
in un’intervista al nostro giornale: «È una riflessione che
abbiamo in corso» rispose a
precisa domanda.
Ora la decisione sarebbe
stata presa. Per l’ufficializzazione, però, Astorri e la sua
equipe aspetterebbero anche
la chiusura di un nuovo contratto di licenza per l’utilizzo
di Minerv-PHAs (questo il nome commerciale del polimero
biodegradabile di origine vegetale scoperto da Bio-On e in
grado, con diverse combinazioni, di sostituire la plastica
derivata dagli idrocarburi praticamente in tutte le sue applicazioni) da aggiungere a quelli già in essere con la francese
Cristal Union, con la brasiliana Moore Capital e col gruppo
bolognese Maccaferri. Tutti
contratti del valore di alcuni
milioni di euro per i bilanci
Bio-On, finiti con una semestrale in calo nei primi sei mesi 2016 proprio a causa di una
licenza entrata in maturazione
immediatamente dopo la
chiusura dei conti di metà anno, a fronte di risorse per lo
sviluppo in continua crescita
(i ricercatori impegnati nei laboratori in Europa e Usa e nei
due impianti sperimentali di
Minerbio e Bentivoglio sono
passati in un anno da 30 a
60). Ma i nuovi contratti in
arrivo varrebbero molto di
più. Sia come volume, sia come impatto d’immagine.
E potrebbero essere seguiti
da altri a stretto giro, visto che
nel forziere di Astorri sarebbero già custoditi decine di brevetti per le più disparate applicazioni, alcune sostitutive
della plastica tradizionale, altre addirittura rivoluzionarie,
rese possibili dalle inaspettate
proprietà fisiche del nuovo
polimero. Tanto che nel nuovo piano industriale atteso per
fine anno Bio-On potrebbe
annunciare un’altra rivoluzione: la discesa in campo come
produttore di bioplastica in
prima persona. L’ha fatto capire Astorri in America, quando ha presentato le sue biomolecole plastiche per la cosmesi (le protezioni solari, per
esempio) e nella diagnostica
tumorale come vettori di mezzi di contrasto. Si tratta di
produzioni in piccoli volumi,
quindi di nicchia, ma, ha sottolineato, estremamente interessanti in valore, se viste, come si diceva all’inizio, in
un’ottica globale.
Massimo Degli Esposti
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ARA RINO
s.n.c.
COMMERCIO ROTTAMI - FERRO E METALLI
ARA RINO snc si occupa principalmente
della compravendita di rottami ferrosi
e metallici, ed è autorizzata al recupero
di rifiuti in ferro, acciaio e ghisa,
di metalli non ferrosi e loro leghe.
ARA RINO snc è autorizzata al trasporto
e allo stoccaggio di rifiuti non pericolosi,
regolarmente iscritta all’Albo Nazionale
Gestori Ambientali e alla Provincia di Bologna
Via A. Magnani, 5/D - Castel Maggiore - Tel. 051.505146 - [email protected] - www.ararino.it
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
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MONOPOLI
Brambilla fa 65 e raddoppia
L’azienda reggiana di prototipazione di componenti automotive festeggia il compleanno investendo in un nuovo
capannone che ne aumenterà la produzione. E con la lavorazione inorganica conquista la Corea del Sud
La storia
 Modelleria
Brambilla nasce
nel 1951 a
Carpi con
Eugenio
Brambilla
 Con
l’ingresso dei
figli Aldo e
Giancarlo,
l’azienda – che
realizza modelli
per la
produzione di
teste cilindri,
basamenti
motore,
collettori comincia a
espandersi
acquisendo i
primi importanti
clienti (tra cui la
Ferrari)
 Negli anni 90
la sede
principale è
trasferita a
Correggio e da
dicembre 2014
è quotata in
Borsa
 Oltre l’80%
del fatturato è
realizzato
all’estero. Gli
azionisti di
maggioranza
sono i fratelli
Aldo e
Giancarlo
Brambilla
n regalo da 2.500 metri
quadrati che permetterà all’azienda di raddoppiare la superficie
di produzione nella storica sede di Correggio e di consentire alla fase del montaggio
di beneficiare di un capannone
con 10 postazioni ad hoc. E così
che in Modelleria Brambilla
chiuderanno l’anno del 65°
compleanno dell’azienda fondata a Carpi nel 1951 da Eugenio
Brambilla, tagliando — a dicembre — il nastro del nuovo capannone. Un investimento di 1,5 milioni che sarà collegato da un
corridoio allo storico impianto
di via del Progresso che negli
ultimi 8 anni ha visto più che
raddoppiare il valore produttivo
passato da 6 milioni del 2008 a
16,7 di fine 2015: «Tutto questo è
stato possibile nonostante si lavorasse in spazi sacrificati, per
questo il nuovo capannone ci
darà uno slancio importante e
una maggiore efficienza — spiega l’amministratore delegato,
Gabriele Bonfiglioli — Per noi è
importante porre le basi per la
crescita, per questo abbiamo investito in spazi e persone».
Un mercato particolare quello
in cui Modelleria Brambilla è
protagonista, con l’80% del fatturato realizzato all’estero e rapporti con le principali case automobilistiche: Ferrari, Bmw,
Volkswagen, Ford, Fiat, Gm,
Chrysler. Qui si progettano e
producono i modelli per realizzare le componenti di precisione
in alluminio o ghisa per l’industria automobilistica (anche per
la Formula 1), nello specifico teste cilindri, basamenti motore,
scatole cambio, collettori. È la
prima fase della nascita di un
U
motore (il basamento) o di un
suo componente, qui viene realizzato il modello zero che poi
darà vita — dall’ingresso nelle
fonderie che provvedono alla
gettata di ghisa o acciaio — a
migliaia di copie montate sulle
auto di tutto il mondo. Ogni minima sbavatura, anche la più banale porosità del materiale, può
incidere sulla performance futura del motore e qui lo sanno
molto bene, avendo contribuito
— con i propri modelli di teste
cilindri – ai successi di Michael
Schumacher alla guida della Ferrari.
Scelte strategiche hanno poi
portato a concentrarsi di più sul
mercato automobilistico cittadino, «e da quando non ci siamo
noi la Ferrari non vince più» è la
battuta che circola in un’azienda
che data la particolarità del settore punta a formare direttamente i suoi (futuri) dipendenti:
«Ogni anno ospitiamo per gli
stage studenti degli ultimi anni
degli Istituti tecnici o universitari, principalmente ingegneri dell’Ateneo di Modena e Reggio
Emilia — spiega Bonfiglioli —
Questo è un canale fondamentale per la recluta di personale
considerando la difficoltà a trovare sul mercato del lavoro determinate figure». Negli ultimi

Bonfiglioli
Gli stage agli studenti sono
fondamentali per reclutare
personale qualificato
introvabile sul mercato
due anni la forza lavoro è passata da 40 a 70 dipendenti, il valore di produzione supera i 16 milioni di euro con un utile netto
in attivo, in India è stata costituita la joint venture «Brambilla
India Private Ltd», l’azienda –
quotata in Borsa sul mercato
AIM delle piccole e medie imprese nel 2014 — gode della fiducia degli analisti il cui giudizio è positivo («outperform»),
valore che precede quello dell’acquisto delle azioni: «Anche
per il 2017 abbiamo delle firme
importanti, siamo fiduciosi»
ammette Aldo Brambilla, che assieme al fratello Giancarlo — attuale presidente di Modelleria
Brambilla — dagli anni ‘60 ha
portato la piccola impresa artigianale fondata «sul comò della
camera da letto di mio padre,
dove ha creato il primo modello
in legno» sulla scena internazionale riuscendo a mantenere lo
status di azienda di famiglia.
I fratelli Brambilla possiedono
infatti la maggioranza azionaria
della società (36,4% delle azioni
a testa), i figli — poco più che
trentenni — lavorano in azienda
con incarichi di responsabilità:
«Il segreto è andare sempre alla
ricerca di soluzioni nuove, girare
il mondo per capire i problemi
dei nostri clienti e trovare il modo di risolverli» spiega Aldo
Brambilla. Una delle ultime è la
produzione con processo inorganico, innovazione che consente di azzerare le emissioni in fase di realizzazione dei modelli in
sabbia (come le casse d’anima)
riducendo così la porosità dei
Manifattura
Aldo Brambilla,
azionista di
maggioranza
con il fratello
Giancarlo,
assieme all’ad
Gabriele
Bonfiglioli (a
destra); in
mezzo il
basamento di
un motore Audi
materiali a processo concluso e
un aumento delle performance
di quasi il 30%. La Kia Motors,
ad inizio d’anno, ha scelto Modelleria Brambilla grazie a tale
processo siglando una commessa di 1,2 milioni che per la prima
volta consente di affacciarsi sul
mercato della Corea del Sud. In
arrivo ci sono anche altre novità,
come la produzione degli stampi a conchiglia che prevedono
nelle zone critiche materiali di
ceramica che ne consentono una
maggiore durata e la riduzione
di alluminio, energia e tempi
per la produzione. Un progetto
di ricerca da 700.000 euro che
ha ottenuto un cofinanziamento
(300.000 euro) dalla Regione
nell’ambito dei Por-Fesr.
Gaetano Cervone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I detergenti di Madel vogliono pulire anche a Oriente
Un magazzino automatizzato, partnership con gli atenei, nuovi brevetti e prodotti per superare 85 milioni di ricavi
nvestimenti per 15 milioni di
euro e uno sguardo sempre
più attento a Oriente. Ma non
è tutto. Madel Spa ha in cantiere nuovi prodotti, collaborazioni con l’Università di Bologna e Ferrara e un brevetto già
depositato e pronto per essere
commercializzato. «La passione
che mettiamo nel lavoro è il
motore dell’azienda — spiega il
titolare e vice-presidente Giacomo Sebastiani — La voglia di
migliorarci e la curiosità di scoprire cose nuove completano il
nostro modo di fare impresa».
Tutto questo è Madel, l’azienda di detergenza domestica con
sede a Cotignola (Ravenna) fondata negli anni ’70 da Giovanni
Della Cuna e sviluppata insieme
al figlio Maurizio, oggi presidente, e al genero Giacomo Sebastiani. A cui ha passato il testimone e una scommessa: creare una linea di prodotti sostenibili al 100%.
E se Madel ha chiuso il 2015
con un fatturato di 80 milioni
di euro, il merito di questa crescita è stato scandito negli anni
dalle tappe imprenditoriali vincenti dell’azienda. Prima la diffusione dello storico prodotto
Pulirapid, quindi l’invenzione
I

Sebastiani
Il nuovo
mercato sul
quale stiamo
investendo è
quello cinese.
Oggi in Cina
commercializ
ziamo i nostri
prodotti e se i
volumi di
affari ci
daranno
ragione
potremmo
pensare di
aprire uno
stabilimento
di produzione
là
di Smacchiatutto, la linea di detersivi Deox e infine la sfida con
l’ambiente. «Nel 2009 abbiamo
lanciato Winni’s, la prima linea
di detergenti ecologici — racconta Sebastiani — Si tratta di
un prodotto che utilizza materie prime di origine vegetale,
con un ridotto impatto ambientale e nessun potenziale allergene. Infine tutta la produzione
avviene da fonti 100% rinnovabili». Elementi che hanno permesso a Winni’s di vendere nel
2015 18 milioni di confezioni,
con un fatturato annuo di oltre
26 milioni di euro. Pari al 32%
del fatturato totale Madel.
E dal 2015 questi vantaggi
green non sono solo destinati
all’home care: la linea Winni’s
si è infatti arricchita con i nuovi
prodotti per la cura della persona, «sottoposti a test di ipoallergenicità che rispondono alle
certificazioni ICEA, Skineco e
Vegan OK».
Anche il mercato estero, pari
al 6% del fatturato, è tra le priorità della politica commerciale
Madel. Oggi i prodotti dell’azienda romagnola si trovano
in Francia, in Europa Orientale,
nei Balcani, in Tunisia e negli
Emirati Arabi. «Il nuovo merca-
to sul quale stiamo investendo
è quello cinese. Oggi in Cina
commercializziamo i nostri
prodotti e se i volumi di affari
ci daranno ragione potremmo
pensare di aprire uno stabilimento di produzione là».
Mentre Madel guarda a
Oriente, a Cotignola si investe
con l’obiettivo 2016 di «superare gli 85 milioni di fatturato».
Tutto questo grazie anche all’ultimo anello della produzione:
un magazzino automatizzato
con una capacità di stoccaggio
di oltre 25.000 pallet, senza alcun intervento umano. «L’ultimo investimento è stato di 15
milioni di euro. Abbiamo incrementato di 16.000 metri quadri
l’impianto fotovoltaico, investito in una nuova macchina che
ricicla plastica e crea una pellicola di origine vegetale che utilizzeremo per ricoprire i contenitori Madel, nell’ottica della
Ecofriendly
La ravennate
Madel ha
inventato il
famoso
Pulirapid,
Smacchiatutto
e Deox. Ora ha
lanciato la linea
ecologica
Winni’s
nostra filosofia verde. Infine, in
collaborazione con l’Università
di Bologna, stiamo portando
avanti un progetto per la produzione attraverso un biofermentatore per trasformare scarti alimentari vegetali in componenti che utilizzeremo nelle miscele di polveri per i detersivi».
E se i brevetti Deox sono seguiti in collaborazione con
l’Università di Ferrara, un nuovo
brevetto è stato depositato da
Madel. «Si tratta del contenitore in busta dei detersivi che
dalla fine dell’anno avrà al suo
interno un dosatore, grazie a
un meccanismo innovativo studiato in azienda». Ma non è
tutto: in arrivo nuove profumazioni per l’igiene personale e la
nuova linea di creme per viso e
corpo.
Sfide ambiziose per la Spa di
Ravenna e i suoi 120 dipendenti
che nel periodo di crisi hanno
visto Madel investire in strutture, assumere professionalità e
puntare dritti all’obiettivo della
«Filosofia Verde» che grazie all’impianto fotovoltaico rende
Madel un’azienda autosufficiente per il 70%.
Anna Budini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 10 Ottobre 2016
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
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TERRITORI E CITTÀ
Digital detox, ecologia
e millennials: a Rimini
il turismo del futuro
Con il 10% di prenotazioni in più, giovedì
apre il Ttg: attesi 1.000 buyer da 85 Paesi
acanze digital detox,
weekend a prova di
millennials, hotel gay
friendly e soggiorni
sempre più green. Di
queste e di altre tendenze di un
mercato sempre più in crescita,
se ne parlerà da giovedì a sabato a Rimini Fiera, dove andrà in
scena la 53esima edizione di
Ttg Incontri. La kermesse internazionale del turismo con 130
destinazioni rappresentate, oltre 2.500 espositori, 1.000 buyer
da 85 Paesi diversi, 65.000 visitatori attesi e il 10% in più di
prenotazioni rispetto allo scorso anno. Ma ad accompagnare
la tre giorni d’affari e formazione, ci saranno anche altri due
saloni internazionali: il Sia
Guest, riservato al settore degli
hotel, con 14.000 albergatori
presenti; e il Sun, indirizzato
invece all’outdoor, agli stabilimenti balneari e ai campeggi.
A Rimini si proverà a delineare la vacanza di domani e lo si
farà partendo dai millennials,
la generazione cresciuta a pane
V

Audino
I clienti più
ambiti sono i
giovani tra i 18
e i 35 anni.
I prodotti
turistici si
sono modellati
sulle loro
richieste, dato
che essere
social conta
più di tutto
e tecnologia su cui sono puntati gli occhi di tutta la filiera.
«Prima di arrivare all’evento
di Ttg incontri seguiamo il
mercato tutto l’anno, ne analizziamo movimenti e tendenze. I
clienti più ambiti di questa edizione sono i giovani tra i 18 e i
35 anni — sottolinea Paolo Audino, ad di Ttg Italia — Nel
corso del tempo i prodotti turistici si sono modellati in base
alle loro richieste, dato che oggi essere social e avere una
buona reputazione contano più
di tutto». I nativi digitali amano spostarsi in gruppo e condividere le loro esperienze e
l’Emilia-Romagna si colloca al
quarto posto tra le principali
regioni da cui provengono i
viaggiatori under 35. Di questi
e di altri dati elaborati da
SGTour, il tour operator specializzato in vacanze per community, se ne discuterà venerdì alle 16 all’incontro «Millennials:
chi sono, come viaggiano, cosa
comprano. Storie di aziende
che hanno saputo conquistar-
lo», con Betti Pagnin, tra le
fondatrici di Scuola Zoo. Anche
al Sia Guest si parlerà di loro,
sempre venerdì, ma dalle 10, al
seminario «New Guest Generation: l’hotel che piace ai millennials», tenuto da Nicola Delvecchio, consulente di Teamwork.
«Il mercato del turismo è
molto dinamico, qui si possono trovare tutti gli strumenti
per provare ad indirizzare i
viaggi delle persone - continua
Audino — Di fatto quest’anno
il nostro Paese ha avuto più
presenze perché sembrava un
luogo più sicuro di altri, ma
non si può contare solo su questo. Chi lavora in questo settore, deve stare sempre un passo
in avanti con il tempo».
E chi vuole potrà provare già
a cavalcare nuove mode, come
quella importata dagli Usa del
digital detox: la vacanza per
guarire dallo stress e disintossicarsi dal proprio smartphone,
almeno per una settimana. Ne
discuterà Alessio Carciofi, fondatore di Your Digital Detox,
durante «Multitasking e iperconnessi: la produttività non ci
guadagna. Gestire tecnologie,
tempi e clienti senza impazzire», giovedì alle 14.
«Tra i comparti più vivaci
oggi c’è quello del wedding —
aggiunge l’ad — E grazie alla
legge sulle unioni civili, anche
il giro d’affari legato al mondo
Kermesse
Alcuni buyer
dall’Africa
durante
l’ultima
edizione
del Ttg
di Rimini
lgbt, che in Italia vale 2,7 miliardi di euro, sta crescendo
sempre di più, e chi può ne
approfitta». I primi dati ufficiali sull’argomento saranno presentati giovedì alle 14 alla Travel Agents Arena. Un altro
comparto che sta prendendo
piede è quello del turismo accessibile, dedicato alle persone
disabili: in Europa vale oltre
800 miliardi. Un tema che si
affronterà durante l’incontro
«Strumenti innovativi per raggiungere nuovi mercati. Un’opportunità per hotel, agenzie e
tour operator» a cura del portale Booking Able, giovedì alle 12.
Francesca Candioli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
BO
INNOVATORI
JobReference, il Tripadvisor delle aziende
Franca Castelli, 33 anni, ha creato un sito per recensire gli ambienti di lavoro: 102 finora quelli valutati

A breve
anche alle
imprese sarà
concessa la
possibilità di
interagire
con gli utenti,
postare
annunci e
fornire
informazioni
dettagliate
sulla loro
realtà

Abbiamo
creato un
“touch-point”
fra mondo
delle aziende
e dipendenti,
e soprattutto
una nuova
piattaforma
che valuta
gli ambienti
di lavoro
e la società non paga,
i colleghi sono antipatici e il tuo capo ti fa
fare solo le fotocopie,
scatta la recensione
anche per l’azienda. Non solo
libri, hotel, film o ristoranti,
adesso anche le imprese vengono valutate online da stagisti, aspiranti tali e dipendenti,
con tanto di punteggio
espresso in quadratini al posto delle stelline da guida Michelin. «JobReference» è il
nome che Franca Castelli, 33
anni da Sassuolo, ha scelto
per la sua startup, ideata nel
2013, ma costituitasi ufficialmente nel novembre del 2015
e online dallo scorso luglio.
«Se qualcuno mi avesse avvisato, forse anche io avrei
fatto scelte diverse. JobReference nasce proprio per questo, da un bisogno sempre più
diffuso di cercare informazioni su internet. E sul tema del
lavoro non c’è ancora moltissimo, ma solo piccole realtà.
Il nostro obiettivo è diventare
un punto di riferimento sia
per tutti gli utenti che cercano
un impiego, che per tutte
quelle aziende che vogliono
migliorarsi e monitorare la
propria reputazione online»
spiega Castelli, laureata in lingue e pubbliche relazioni all’Università di Modena, con alle spalle diverse esperienze
S
Inventrice
Franca Castelli,
33 anni da
Sassuolo,
ha creato
JobReference
nei settori digital e marketing
di grandi colossi come Coca
Cola e Blue Marine.
JobReference ha la sede
operativa a Sassuolo e quella
legale a Milano. Una sorta di
TripAdvisor delle aziende, dove ognuno può raccontare la
propria esperienza in modo
anonimo sull’impresa dove ha
fatto un tirocinio, trascorso
una vita o provato a candidarsi per un colloquio. Ogni
commento viene filtrato e visualizzato prima dallo staff
tecnico di JobReference, che
per tutelarsi, è affiancato da
uno studio legale. Qualsiasi
frase o parola, anche solo vagamente diffamatoria, viene
bandita. C’è chi parla di
«un’esperienza super» da Credem, chi invece avrebbe voluto «più serietà» da Betty Blue,
chi ha sognato per un giorno
una carriera in Google Uk, e
chi ha detto al cavallino rampante di Maranello: «No, grazie». Non mancano poi i consigli su come prepararsi ai
colloqui, a partire dal dichiararsi fumatori, anche se non
lo si è, se si vuole lavorare con
British American Tobacco Italia Spa. Fino ad arrivare, di
prassi, al non sperare mai in
una risposta. «Se non ti prendono, non ti chiameranno
mai per dirtelo», scrive un
utente della piattaforma, che
a oggi vanta 3.000 fan su facebook e ha registrato 15.000 visite.
«Non vogliamo diventare
un luogo dove ci si può sfogare e basta e per ora non abbiamo ricevuto nessuna lamentela. Sono già state recen-
site 102 aziende, e a breve anche a loro sarà concessa la
possibilità di interagire con
gli utenti, postare annunci e
fornire informazioni dettagliate sulla loro realtà», continua la giovane, che sta ultimando l’ultima versione del
sito con diversi servizi aggiuntivi. A breve appariranno anche i primi investimenti pubblicitari.
Ad aiutarla in questo progetto ci sono altri due soci,
uno si occupa dello sviluppo
commerciale e dell’advertising, mentre l’altro è dottore
di ricerca in ingegneria dell’innovazione. «In Italia ci sono 3 milioni di disoccupati e
altri 2 milioni che vogliono
cambiare impiego. Questi cinque milioni di persone potenzialmente inviano ogni giorno
tantissimi curriculum chiedendosi: come sarà l’azienda?
Gli straordinari? I benefit?
L’ambiente? Il processo di selezione? — considera Castelli
— Ecco perché abbiamo creato un “touch-point” fra mondo delle aziende e dipendenti,
ma soprattutto una piattaforma di valutazione degli ambienti di lavoro». Di fatto un
modello che la sua ideatrice
spera di esportare anche in
altri stati.
Francesca Candioli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dal 2006 al primo livello nella categoria Patent Prosecution
tra i consulenti brevettuali italiani secondo la rivista
internazionale “Managing Intellectual Property”.
Miglior Studio italiano nel 2007, 2008, 2011, 2013 e 2015.
Dal 1879 lo Studio Torta è specializzato nella tutela della
proprietà intellettuale.
Con un team di 160 persone, 50 mandatari brevetti e
marchi e consulenti legali e 7 dipartimenti specializzati
(Registrzione marchi, Stesura contratti, Meccanico,
Elettronico, Chimico, Biotecnologico, Design) lo Studio
Torta offre tutti i servizi per assistere le aziende nella
creazione, gestione e difesa dei portafogli brevetti e
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Studio Torta Spa
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Fondato nel 1879
Lo Studio Torta è lieto di comunicare il trasferimento
della propria sede in:
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Lo Studio Torta è uno dei più importanti uffici italiani di Consulenti in
Proprietà Industriale ed offre una completa gamma di servizi per
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proprio portafoglio brevetti e marchi.
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Milano
Corso Magenta, 56 - 20123
Tel. 02 48.01.42.16
Telefax 02 48.01.50.82
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Roma
Via Barberini, 67 - 00187
Tel. 06 67.91.589
Telefax 06 67.97.747
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Altri uffici
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Rimini
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
11
BO
INNOVATORI
Pokemon addio. Con Pikkart, la realtà aumentata
guarda a servizi, geolocalizzazione e internet delle cose
La startup è la sola a condividere il protocollo
di sviluppo con altre 12 aziende nel mondo
anno fatto impazzire
milioni di persone, a
caccia dei personaggi
animati in qualsiasi ora
del giorno e della notte.
I Pokemon go sono stati un fenomeno mondiale che ha portato
alla ribalta l’ultima frontiera della tecnologia digitale, quella della realtà aumentata che ha già
rivoluzionato i videogames. Molto più che realtà virtuale, non si
viene proiettati in un altro mondo, ma è la realtà che sotto il
nostro naso (e smartphone)
prende forma.
Un colpo di fulmine per il largo pubblico. Un colpo di genio
per Lorenzo Canali che dal primo momento ne ha intuito le
potenzialità mettendo su una
squadra di ricercatori che in tre
anni ha sviluppato un proprio sistema di tecnologie in grado di
produrre realtà aumentata. Oggi
Pikkart, startup modenese nata
nel 2014, è tra le uniche dodici
aziende al mondo — e la sola
italiana — proprietaria di un
«Augmented Reality Ecosystem»
dal quale è possibile sviluppare
tutte le app e i progetti di realtà
aumentata. Basterà inquadrare
con lo smartphone la brochure
di un’auto, di una barca o altro
H

Canali
Vogliamo
continuare
a crescere
valorizzando
i grandi
investimenti
fatti in questi
anni e
assumeremo
nuovo
personale
Baroni
Puntiamo
a espanderci
anche
coinvolgendo
Venture
capital
o Business
Angel
per ritrovarsi l’immagine tridimensionale del prodotto e dunque ruotarla, ingrandirla, approfondirne i particolari. Oltre a
questo ci saranno una serie di
collegamenti a siti internet, a video, a piattaforme per l’acquisto
on-line, e lo stesso vale per i
libri, per le locandine dei cinema, per i biglietti da visita. L’immagine che dunque prende vita.
E l’idea che così diventa impresa.
«È stata la decisione più facile
della mia vita — commenta Canali, già fondatore e amministratore della società Progetti di Impresa attiva nell’ambito dell’ICT
dal 1998 — Appena l’ho vista ho
capito immediatamente la sua
enorme utilità e la vastità del suo
campo di applicazione. Investire
per il suo sviluppo è stata quindi
una necessaria conseguenza».
Pikkart nasce nel 2014, con
Lorenzo Canali ci sono Giovanni
Zuffolini e Davide Baltieri; la
startup — dopo tre anni di ricerche — ha già ultimato il prototipo che oggi le consente la proprietà esclusiva di un sdk di realtà aumentata (in sostanza il
«kit» per sviluppare le app) e la
commercializzazione delle licenze e del servizio completo partita
in queste settimane in occasioni
catori esterni e 7 agenti di vendita. La prossima settimana a Berlino è prevista l’ultima tappa
(quella europea) della fiere della
realtà aumentata, ulteriore rampa di lancio per una serie di prodotti che riguardano anche internet of things (gestione apparecchiature domestiche e non con
smartphone), riconoscimento
immagini, geolocalizzazione:
«Molte aziende si stanno concentrando sui videogames e sull’ambito industriale, noi invece
puntiamo ad attività e servizi
commerciali — spiega Mattia Baroni, 32 anni, direttore operativo
della startup – Il nostro obiettivo
è diventare azienda leader nel-
Tour
Pikkart presenterà
le sue licenze
all’Augmented World
Expo in Usa e in Cina
degli appuntamenti con «Augmented World Expo», la fiera
mondiale della realtà aumentata
prima in California e poi in Cina:
«Ci siamo appena affacciati al
mercato mondiale ed abbiamo
acquisito i primi clienti — evidenzia Canali — Inoltre abbiamo
sviluppato un’altra tecnologia
unica al mondo che abbiamo
chiamato Pikkart AR Logo, di cui
abbiamo presentato domanda di
brevetto. Le opportunità da conquistare sono tantissime, vogliamo continuare l’espansione valorizzando i grandi investimenti
fatti in questi anni e assumeremo nuovo personale».
Attualmente in Pikkart lavorano 2 amministratori, 2 commerciali e 5 ricercatori, tutti assunti
come lavoratori dipendenti e con
un’età media tra i 30 e i 35 anni.
La startup si avvale poi di 3 ricer-
Applicazione
Basta
inquadrare con
il tablet una
brochure per
ritrovarsi
l’immagine
tridimensionale
del prodotto e
approfondirne i
particolari
l’ambito della realtà aumentata,
puntando all’espansione anche
con il coinvolgimento di Venture
capital o Business Angel».
Per esempio a bussare alle
porte di Metaio, azienda tedesca
che produce software per la realtà aumentata, nel 2015 si è presentata la Apple, che poi l’ha
comprata. E questo dice tanto.
Gaetano Cervone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
BO
FOOD VALLEY
Marroni, legna e funghi: così il bosco
produce reddito e occupazione
Sagre e raccolta dei frutti combattono lo spopolamento dell’Appennino
artufesta, I Sapori dell’Appennino, la Sagra
del Marrone e la Festa
della Castagna. È un
tripudio di appuntamenti dedicati ai frutti della foresta quelli che animano i fine
settimana di ottobre e novembre sull’Appennino.
Resiste dunque, nonostante
lo spopolamento dei paesi di
montagna, l’economia del bosco. Basti pensare a Castel del
Rio dove la filiera dei marroni
rappresenta il 15% del Pil paesano. Per alcuni borghi è fondamentale che l’annata della
castanicoltura sia buona per
garantire reddito e occupazione, ma negli ultimi anni la produzione si è dimezzata a causa
della piaga della vespa cinese:
«Oggi sostanzialmente debellata fra Parma e Castel del Rio,
continua a infestare il Riminese e Il Montefeltro».
Renzo Panzacchi, presidente del Consorzio dei Castanicoltori dell’Appennino bolognese, indossa le lenti dell’ottimismo: «Dopo 7-8 anni di danni al raccolto e di piante
indebolite, gli arbusti hanno ripreso vigore, vegetato bene,
belli i fiori e i frutti. Sarà un
raccolto pari al 60% di un annata normale, dai 10 quintali per
ettaro degli anni buoni ai circa
6 di quest’anno. Siamo lontani
da un pieno recupero, ma rispetto al niente del passato è
già un buon risultato». In Emilia-Romagna si contano 4.399
ettari di castagneti coltivati:
I giovani sanno tutto del sushi,
ma non conoscono la nostra
tradizione». Nutrita anche dai
funghi che per la stagione 2016
promettono bene: «La raccolta
inizia solo ora perché a settembre ha piovuto poco, ma le previsioni ci fanno preannunciare
una buona annata». Parole di
Antonio Mortali del Consorzio
Fungo di Borgotaro, in provincia di Parma, l’unico IGP riconosciuto a livello europeo. «In
questi giorni siamo sommersi
dalle telefonate dei raccoglitori, sul sito internet contiamo
12.000 accessi quotidiani, che
generano un forte flusso turi-
T

Cervellati
Dall’aumento del prelievo del
legname potrebbero nascere
4.000 nuovi posti di lavoro
35% nella provincia di Bologna,
seguita da Modena (20%), Forlì-Cesena (13%) e Ravenna (11%).
Rispetto alla produzione nazionale la quota regionale si ferma
al 2%, ma qui domina il marrone che spunta prezzi migliori,
5-6 euro contro 1,5-2 euro della
castagna, e per fatturato si passa al 6% della quota nazionale.
Negli ultimi anni questo frutto
ha subito una forte concorrenza: «Sono arrivati i marroni
dalla Turchia e le castagne da
Spagna e Portogallo — continua Panzacchi — Adesso soffrono anche loro il problema
della vespa e ci aspettiamo un
calo di importazioni». Per il
presidente resta tanto da fare:
«C’è una differenziazione del
prodotto con la produzione di
farine senza glutine richieste
dai celiaci, gli esperimenti con
la birra, ma c’è tutto un capitale gastronomico da valorizzare.
Boscaioli
Alcuni
operatori di
Coldiretti
mentre si
approvvigiona
no di legna nei
boschi di Castel
Del Rio
(Bologna)
stico. Nel 2012, una delle annate migliori, abbiamo censito
200.000 presenze e la vendita
di 60.000 biglietti». Solo dalla
vendita delle autorizzazioni le
comunalie, associazioni con
origine millenarie, incassano
fino a 1 milione di euro (il biglietto costa dai 12 ai 20 euro
per un massimo di tre chili di
funghi) che poi investono nella
gestione dei boschi a scopi
produttivi.
Il bosco è anche lo scrigno
dei tartufi e la loro stagione è
da guardare con ottimismo secondo Luigi Dattilo di Appenino Food, società con sedi anche negli Stati Uniti e a Singapore: «In Emilia-Romagna si è
registrato un buon andamento
stagionale, serviva qualche
pioggia in più, la produzione è
maggiormente concentrata ma
di ottima qualità. E dall’1 gennaio l’Iva cala al 10%». Oltre il
tempo, in questo caso, aiuta
pure il fisco.
Ma l’economia del bosco
non può prescindere dalla forestazione. Claudio Cervellati,
vicepresidente del Consorzio
ForestAmica, usa i dati
Coldiretti: «Nella nostra regione potrebbero nascere 4.000
nuovi posti di lavoro dall’aumento del prelievo del legname e da una migliore gestione
delle aree forestali», ma «in
Italia si importa dall’estero più
dell’80% del legno necessario
per un importo di 3,7 miliardi
nel 2015 ed un incremento del
6% nel primo trimestre del
2016». Per attenuare il fenomeno «è necessario qualificare le
imprese attraverso corsi per gli
operatori così da aumentare le
competenze e rispondere alla
concorrenza sempre maggiore
che arriva dall’estero». Un po’
aiutano le sagre locali dove aumentano le presenze degli artigiani, ma con numeri troppo
piccoli per questa filiera.
Gian Basilio Nieddu
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La selvaggina in eccesso? Ora è un prodotto di qualità
Sant’Uberto lavora 2.000 capi l’anno: tutta fauna abbattuta per legge che altrimenti causerebbe danni nei campi
inghiali, caprioli, daini,
cervi sono spesso un problema per gli agricoltori
emiliano-romagnoli che
lamentano danni per centinaia di
migliaia di euro: nel 2015 sono
stati pari a poco più di un milione di euro, ma si è arrivati anche
a tre milioni, con relativa richiesta di risarcimento alla Regione.
Un limite, ma pure un’opportunità economica come si scopre
parlando con i titolari dell’azienda agricola Sant’Uberto di Pizzano
di Monterenzio nel Bolognese.
Una storia che prende vita nel
1963, quando Valter Aleotti fondò
l’azienda venatorio-faunistica poi
passata in mano ai figli Roberto,
Tiziana e Patrizia che l’hanno
adeguata ai tempi. La svolta 8 anni fa con l’inaugurazione del centro di macellazione per la lavorazione delle carni degli ungulati
selvatici, provenienti esclusivamente dall’attività venatoria.
«Ogni anno la Città Metropolitana dopo i censimenti dei cacciatori, stabilisce la quota dei capi da
abbattere per far sì che i boschi
restino popolati, ma in modo coerente con le capacità del sistema
naturale», spiega Lucia, moglie di
Roberto. «Il nostro è nato come
progetto pilota, una sperimenta-
C
La storia
 L’azienda
agricola
Sant’Uberto di
Pizzano si trova
a Monterenzio
(Bologna)
 È stata
fondata nel
1963 da Valter
Aleotti che poi
la passò ai figli
 Otto anni fa
ha aperto il
centro di
macellazione
per lavorare
carni di
ungulati
selvatici
Opportunità L’azienda agricola Sant’Uberto di Pizzano di Monterenzio (Bologna)
 Ha 8
dipendenti e i
suoi prodotti
piacciono
anche in Nord
Europa
zione fatta insieme alla Asl e oggi
raccogliamo i frutti con sempre
più cacciatori che conferiscono le
carni al centro. In questo modo si
ha un risvolto sanitario importante perché la carne che va nel piatto deve essere controllata».
Assicurare prodotti sani e sicuri, questa la filosofia. Dal consumo sociale e culturale di queste
carni si sta passando ad una vera
propria filiera economica: «I nostri prodotti sono sempre più richiesti dall’estero, a Sana, (il Salone del Naturale di Bologna, ndr),
abbiamo avuto interessanti contatti con il Nord Europa dice Lucia — Se il meccanismo gira, ovvero i cacciatori forniscono con
regolarità la materia prima, pos-
siamo assicurare una certa continuità nella commercializzazione.
Lavoriamo circa 2000 capi l’anno
e abbiamo 8 dipendenti parliamo
dell’azienda comprese le attività
agricole».
Con la lavorazione nel centro è
possibile avere un prodotto adatto a palati diversi da quelli dei
consumatori abituali: «Prima il
cinghiale era sinonimo di spezzatino, l’unico modo per renderlo
gradevole. Oggi abbiamo una tagliata tenera e saporita, difficile
da distinguere da un bovino molto saporito, la tartara era impossibile solo pensarla perché il cacciatore non aveva la possibilità di
lavorare l’animale in modo corretto».
Le parole di Lucia trovano conferma nella sezione ricette del sito internet aziendale dove si scoprono le cotolette di cinghiale,
capriolo e cervo oppure il roast
beef di cervo e il mini hamburger
ancora di cinghiale. C’è innovazione in questa filiera e da Monterenzio si sottolinea che rispetto
agli animali da allevamento la selvaggina conduce una vita più sana «sono liberi di muoversi, al
contrario di quelli chiusi in gabbia, poi si nutrono di cibi naturali
come i frutti del bosco: ghiande,
castagne, tuberi, foglie ed erbe
spontanee. Ai clienti presentiamo
le tabelle nutrizionali della carne
del bosco in comparazione con
quella di allevamento per sottolineare le qualità positive». Una sfida che si gioca su più trincee,
anche quella salutistica.
G. B. N.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
13
BO
FOOD VALLEY
Olio, crescono le superfici dedicate
Ma la produzione non fa ancora boom
Parma
Innovazione
Colpa della mosca olearia, i cui attacchi sono proseguiti fino a settembre
milia-Romagna terra
di olivicoltori? Sembra
proprio di sì seppur
con numeri ancora ridotti. Complice il bel
clima e la crescente professionalità degli operatori, negli ultimi cinque anni gli ettari in produzione sono passati da 2.452 a 3.166 mentre
la superficie totale sfiora oramai quota 4.000. C’è fibrillazione nel comparto, soprattutto nell’areale vocato che si
concentra in provincia di Rimini (valli dei fiumi Conca e
Marecchia), Forlì-Cesena, Ravenna (comprensorio brisighellese) poi tra Bologna e
Imola. Due sono le Dop, «Brisighella» e «Colline di Romagna».
Il primo bollettino sulla
campagna 2016 arriva dall’Associazione regionale dei produttori olivicoli: «La raccolta
è cominciata in anticipo con
una produzione attesa stimata in 6.000/8.000 quintali di
olio (pari al 70-80% del potenziale produttivo regionale); l’andamento estivo relativamente mite e con scarsa
piovosità dovrebbe garantire
anche discrete rese (attorno
al 12-14% circa)». Un’annata
che si preannuncia, quindi,
di «media produzione caratterizzata purtroppo da un andamento climatico sempre
favorevole alla mosca olearia
protagonista di forti attacchi
durante il periodo estivo,
proseguiti anche nel mese di
settembre». L’allarme è stato
dato a più riprese dall’Arpo
che ha «suggerito» a tutti gli
olivicoltori — via email o sms
— modi e tempi con cui effettuare gli interventi antiparassitari necessari e messo in
atto iniziative di monitoraggio continuo, incluse le ispezioni settimanali delle trappole.
«Il 2014 ci ha insegnato
molto: a difenderci dalla mosca olearia sia con metodi
tradizionali che a basso impatto ambientale» dichiara
convinto Franco Spada, presidente del Consorzio Olio
extra vergine di oliva Brisighella Dop (circa 250 quintali
d’olio certificati e commercia-
E
Il comparto
4000
3500
3000
2500
7
65
3.
4
44
3.
2
45
2.
6
72
2.
produz. totale di olive in quintali
olio in quintali
1
84
3.
06
3.
8
6
83
3.
0
3.
51
5
87
3.
08
3.
1
90
3.
3
16
3.
6
2000
1500
1000
500
0
2010
70000
60000
Una pausa di riflessione che
servirà a decidere le sorti future».
C’è poi chi fa olio biologico
e ha imbracciato armi davvero sofisticate per contenere i
danni del minaccioso insetto
ovverosia la «confusione sessuale» (si tratta di esche che
attirano il maschio adulto azzerandone il potenziale fertile) e lo spyntor-fly (una melassa dolciastra contenente
l’insetticida naturale). «Il secondo rimedio è indispensabile perché possono sempre
presentarsi esemplari fecondati nel campo vicino. Ho effettuato ben cinque trattamenti con spyntor-fly a partire dalla fine di luglio ma nonostante ciò mi preparo ad
un calo produttivo del 20%»
confida Filippo Ferri dalla
sua azienda bio a Montenovo
di Montiano (Forlì-Cesena) in
mezzo a una distesa di ulivi
nuovi e secolari dove custodisce persino varietà autoctone
e rare come la Rossina, anche
se per quest’ultima «si prefigura una stagione da dimenticare».
Ba. Be.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2011
50000
67
.5
6
5
2012
35
.0
4
5
10
.0
7
4
2013
0
Fonte: Istat-Regione Emilia-Romagna
lizzati ogni anno sui 1.000
prodotti nell’intero comprensorio brisighellese). Tuttavia,
«rispetto al 2015 prevediamo
un crollo di produzione intorno al 50% dovuto alla mancata allegagione della Nostrana di Brisighella e ad una
modifica apportata lo scorso
luglio al disciplinare nell’intento di preservare in maniera ottimale la qualità, che abbassa l’acidità massima consentita per legge dal valore di
0,5% a 0,3%: una soglia che,
però, quest’anno — ammette
l’olivicoltore — è assai difficile da rispettare considerati i
mezzi di contrasto adottati
contro la mosca killer… ».
Come per il vino, si attendono eccezionali standard
qualitativi. «La gradazione alta delle uve, con vini Sangiovese sui 14-14,5°C, significa
pure una buona resa delle
5
7.8
2010
olive» dice Gianluca Tumidei, un frantoio di famiglia e
15.000 tra Brisighella e Castrocaro, che ora sta raccogliendo le drupe della varietà
precoce Leccino «da piante
cariche di frutti».
«Bene anche la cultivar
Correggiolo grazie, appunto,
all’efficace attività di controllo dei fitofagi e dei parassiti».
Lo conferma Giovanni Tiberio, presidente del Consorzio
Colline di Romagna Dop che
cura ulivi di proprietà ai confini tra Rimini e Verucchio
coltivati in regime di lotta integrata: «E pensare che, qui,
fino a qualche anno fa non
c’era alcuna necessità di approntare piani di difesa». E
prende tempo sul Consorzio:
«Siamo in stand-by, reduci
da due annate di scarsa produzione (e con solo 7-8
aziende olivicole associate).

Franco Spada (Consorzio Brisighella Dop)
Rispetto al 2015 stimiamo un crollo della produzione del 50%
dovuto alla mancata allegagione della Nostrana di Brisighella
e ad una modifica apportata a luglio al disciplinare
di Barbara Bertuzzi
onda rossa o mini oppure gigante da vendere esclusivamente tagliata a pezzi. «La
gamma si sta ampliando parecchio ma —
incalza e provoca Andrea Campus, Crop
Business Developer di Enza Zaden — serve la
mano della Gdo per fare conoscere tutta l’offerta». Proprietà e benefici della zucca spingono in
alto i consumi, in Italia e altrove, e le aziende
sementiere viaggiano spedite verso la diffusione
di nuovi ibridi capaci di offrire interessanti potenzialità di sviluppo sia sul mercato interno —
fresco e industria — che su quello estero. La
novità Enza Zaden 2017 si chiama E 88.081 della
tipologia Kabocha, meglio conosciuta come Delica (buccia di colore verde e polpa gialla dalla
forma rotondeggiante leggermente appiattita,
max due chili di peso), che è la più diffusa
anche in Emilia-Romagna dove la coltura sfiora
i 250 ettari di superficie sui 4.500 nazionali con
le province di Modena e Ferrara in testa. I suoi
4
3
07
8.
2011
6
60
6.
2012
2015
78
.9
1
6
31
.3
4
3
30000
10000
2014
40
.8
59
40000
20000
Imprenditori e ateneo
insieme per la prima
scuola di alta
formazione sul cibo
ovrebbe vedere la luce entro l’anno accademico
2018-2019 la prima scuola
internazionale di alta formazione su alimenti e nutrizione
dell’Università degli Studi di
Parma. L’ateneo guidato dal
rettore Loris Borghi e l’associazione «Parma, io ci sto!», che
coinvolge soprattutto i più importanti imprenditori del territorio, hanno infatti deciso di
fare squadra per creare, al
campus universitario della città, un vero e proprio polo d’eccellenza dedicato al cibo. L’iniziativa si chiama «Food
Project» e prevede la riqualificazione di un’area da 6.000
metri quadrati per realizzare
laboratori, sale convegni, biblioteche, spazi dedicati a didattica, ricerca e spin-off e, in
una cascina storica, la sede
della nuova scuola post-laurea
per studenti, ricercatori, imprese e professori di tutto il
mondo. Ad annunciarlo sono
lo stesso Borghi, Alessandro
Chiesi, presidente di «Parma,
io ci sto!», e Guido Barilla, coordinatore del settore agroalimentare dell’associazione. Terminata da poco la fase preliminare, entro l’anno dovrebbe arrivare il progetto esecutivo
della scuola, da affidare tramite bando a gennaio 2017. Il
cantiere sarà poi inaugurato tra
maggio e giugno del prossimo
anno, mentre entro fine estate
2018 è previsto il taglio del nastro. L’investimento iniziale è
di 8,75 milioni di euro: 4,75
milioni sono stati stanziati dall’ateneo, 2 milioni da Barilla,
750mila euro da Chiesi e
250mila da Fondazione Cariparma.
Beppe Facchini
80000
Stagione per stagione
T
Superficie in Emilia-Romagna
ettari totali
ettari in produzione
2
87
6.
2013
7
68
3.
2014
9
34
8.
2015
D
L’agenda
 10 ottobre
A Parma si
inaugura il
Tecnopolo al
Campus
universitario
Scienze e
Tecnologie
dell’ateneo.
Parco area delle
Scienze, dalle 10.
 10 ottobre
Alla Libreria
Coop
Ambasciatori di
Bologna,
Gabriele
Falciasecca
presenterà il
libro «Dopo
Marconi il
diluvio». Ore 18
 11-12 ottobre
Due seminari
gratuiti sul
settore del
wellness nei
Paesi del Golfo
Arabico. L’11
ottobre, dalle
14.30, nella sede
della Camera di
commercio di
Rimini in via
Sigismondo 28; il
12 ottobre, dalle
14.30, in via
Alfieri Maserati
16 a Bologna.
 12 ottobre
A Parma al via la
seconda
edizione del
progetto
«Laboratori per
la Responsabilità
sociale
d’impresa». Alle
14.30 in via
Verdi 2.
 12 ottobre
A Modena al via
la 3°edizione di
Forum
Meccatronica.
Dalle 9.30 al
Forum Guido
Monzani.
 17 ottobre
A Bologna
l’incontro sul
regolamento
dell’Ue
2016/679 in
materia di
protezione dei
dati personali e i
controlli sui
lavoratori. In via
San Domenico 4,
dalle 14.30
Tonda rossa, mini o gigante
ora la zucca si vende anche tagliata
punti di forza? «La produttività (test in campo
indicano un incremento significativo) e l’uniformità di calibro; polpa dal color arancio intenso
e grado brix-zuccherino alto». Già in commercio da cinque-sei anni è invece Tiana, la baby
Butternut o violina (1 chilo x 18 centimetri di
lunghezza) che «sembra una bomboniera».
«Il nostro interesse è sviluppare le varietà più
apprezzate dal consumatore, ma anche intercettare gli orientamenti prima del tempo — dichiara Valentino Chiarini di Agribologna — Capita spesso che il mercato non sia pronto a
recepire un prodotto. È successo con la zucca di
colore rosa testata di recente nel Bolognese che,
tuttavia, non ha convito appieno nonostante le
ottime qualità organolettiche. Però intanto custodiamo esperienza e progettualità sui sesti di
impianto, in futuro chissà… ».
Se si sposta l’attenzione oltrefrontiera, si scopre poi che Germania e Nord Europa apprezza-
Il frutto
Con il termine zucca vengono identificati i frutti
di diverse piante appartenenti alla famiglia delle
Cucurbitaceae, in particolare alcune specie del genere
Cucurbita ma anche specie appartenenti ad altri generi
come la Lagenaria vulgaris o zucca ornamentale
no la zucca tonda rossa (tipologia Hokkaido) e
che in prossimità del Natale il loro stock termina. Di conseguenza avrebbero bisogno di importarne. «Sono segnali concreti che possono
aprire a sbocchi promettenti per i nostri agricoltori», insiste Campus. La varietà più coltivata
è la Orange Summer: «il 99,9% prodotta oggi
con metodo biologico e destinata all’export».
Caratteristiche: tonda ovale e pezzatura 1.2-1.6
kg; bel colore esterno e interno.
Il trend delle vendite dice pure che cresce la
domanda del «tagliato». In questo caso si richiede una polpa molto colorata come la Honshu adatta sia al mercato fresco, sia alla quarta
gamma e alla trasformazione: «rotonda e
schiacciata, pesa circa 5 chili e spicca per il
colore interno giallo aranciato; soprattutto, si
raccoglie fino al mese di ottobre e si conserva
un anno intero».
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14
BO
Lunedì 10 Ottobre 2016
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 10 Ottobre 2016
BO

Il controcanto di Massimo Degli Esposti
LA DRONE REVOLUTION
SCACCIA ANCHE I GABBIANI
OPINIONI
& COMMENTI
L’editoriale
Il nuovo
paradigma
tecnologico
SEGUE DALLA PRIMA
a un lato, è ampiamente noto come il
nostro Paese investa
meno in R&S rispetto ai suoi principali partner comunitari (la
Germania sfiora il 3% nel
rapporto R&S/Pil, noi siamo
poco sopra l’1%); dall’altro —
è lo stesso documento governativo ad annotarlo — sono già tanti i programmi di
Industria 4.0 avviati nel
mondo, e non pochi in Europa.
Ma in una fase come questa è cruciale tornare ai fondamentali: agli investimenti,
che oggi più di ieri sono di
natura sia materiale che immateriale. Erik Brynjolfsson
e Andrew McAfee del Center
for Digital Business del MIT
di Boston, in uno dei più influenti libri sull’argomento
(edito in Italia da Feltrinelli,
2015), parlano non tanto e
non solo di una quarta rivoluzione industriale, bensì di
una «seconda età delle macchine». Scrivono al riguardo:
«I computer e le altre innovazioni digitali stanno facendo per la nostra forza mentale, per la capacità di usare il
nostro cervello affinché capisca e influenzi il nostro ambiente, quello che le macchine a vapore e i suoi epigoni
fecero per la forza muscolare». Quest’età si sta materializzando ora — prosegue
l’argomentazione — perché
oggi il progresso tecnologico
ha tre caratteristiche: vale la
«legge di Moore» (ogni diciotto mesi vi è il raddoppio
della capacità di calcolo); si
può digitalizzare tutto (o
quasi); quella digitale è una
«tecnologia di uso generale»
(il suo impatto è potenzialmente importante in tanti
settori dell’economia).
L’enfasi sui nuovi investimenti, dicevamo, si muove
nella giusta direzione, anche
se nel Paese resta un grande
lavoro (ancora) fa fare. E qui
emerge il ruolo dell’EmiliaRomagna: della sua manifattura di qualità, che partendo
dalle raffinate specializzazioni nella meccanica (meccatronica, automotive, packaging) si sta già muovendo
verso il nuovo paradigma
tecnologico; del suo sistema
educativo e della ricerca, che
deve anzitutto rafforzare la
cooperazione tra i quattro
Atenei regionali al fine di
partecipare a pieno titolo ai
programmi di «sviluppo delle competenze» anch’essi
previsti dal Piano nazionale
Industria 4.0.
Franco Mosconi
D
15
Le lettere
vanno inviate a:
Corriere di Bologna
Via Baruzzi 1/2,
40138 Bologna
e-mail: lettere@
corrieredibologna.it
Fax: 051.3951289
oppure a:
[email protected]
[email protected]
@
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La chiamano Drone Revolution. È l’invasione
dei ragnetti volanti telecomandati che ormai
ronzano in campagna per monitorare le coltivazioni secondo i canoni dell’agricoltura «di precisione», sulle città per i controlli di sicurezza,
sui monumenti e sulle aree archeologiche per
coglierne le fattezze o immortalarne la bellezza,
sulle piste della Formula uno e sugli stadi per
trasmettere spettacolari immagini aeree, perfino sui campi d’allenamento perché pare che la
visione dall’alto permetta agli allenatori di studiare più accuratamente tattiche di gioco e
schemi. E naturalmente sui campi di battaglia,
dove i droni-soldato sono diventati i killer più
micidiali. Ma questa è un’altra storia.
Solo in Italia le aziende produttrici sarebbero
già 50 e il loro giro d’affari cresce al ritmo del
10% l’anno. Questo, almeno, ci hanno detto a
Modena dove il 1° ottobre si è chiusa la terza
edizione della fiera Dronitaly. La manifestazione è stata presa d’assalto da migliaia di visitatori, professionisti del telecomando, con tanto
di patente di pilotaggio rilasciata dall’Enac e
semplici hobbisti, ai quali il mercato offre oggi
Piazza Affari
di Angelo Drusiani
Technogym studia
Asia e Sudamerica
macchine cinesi da poche centinaia di euro (utilizzo prevalente, i selfie dal cielo) e perfino
mini-bolidi capaci di sfrecciare a 130 chilometri
all’ora nelle competizioni del neonato circuito
FPV Racing Show. Sul mercato stanno arrivando mini-droni tascabili e droni ecosostenibili in
canna di bambù, mentre proprio in questi giorni anche Ups, dopo Amazon, ha avviato la sperimentazione di droni-postino per la consegna a
domicilio di corrispondenze e piccoli pacchi. I
droni-bagnino, invece, saranno dotati di un salvagente da recapitare, letteralmente al volo, a
bagnanti in difficoltà fra le onde. L’ultima viene
da Ravenna dove l’Autorità portuale, dopo
averci provato con i falconieri, ora si affida ai
droni scaccia-gabbiani per tentare di liberare il
terminal crociere dall’invasione di questa particolare specie di uccelli dalla devastante attività
intestinale. Con tanto di bando pubblico andato
in esecuzione proprio in questi giorni. Il problema non è nuovo. Chi vive da quelle parti e ha
buona memoria, però, sa che da sempre la guerra contro i gabbiani si è combattuta con banali
esche avvelenate. Ma quelli erano i tempi della
tecnologia 1.0, tempi in cui sulle spiagge della
Riviera volteggiavano gli aquiloni. Soprattutto
al pomeriggio, sostenuti dalla brezza di mare.
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Fatti e scenari
Di fronte alla fontana di Trevi
Cremonini diversifica nell’hotellerie
A Roma apre Harry’s Bar
remonini si dà all’hotellerie. Il gruppo
alimentare modenese ha infatti aperto la
scorsa settimana a Roma il nuovo Harry’s
Bar Hotel & Restaurant nello «Spazio Cremonini al Trevi» in via San Vincenzo, a pochi metri
dalla Fontana di Trevi. Lo «Spazio», con i suoi
3.000 metri quadrati, ospita anche la «Sala
Cinema Trevi – Alberto Sordi» affidata alla
Scuola Nazionale di Cinema, il bar caffetteria
Mokà Nature, una pizzeria a marchio Pomodoro&Mozzarella, lo spazio Gourmè con l’offerta
di salumi tipici italiani di alta qualità e una
gelateria Magnum. Un posto che dà lavoro a 40
persone. Interessante il museo allestito: le operazioni di scavo, completamente finanziate dal
gruppo, hanno rinvenuto un’area romana di
oltre 400 metri quadri, intitolata «La Città dell’Acqua», con oltre 800 monete del IV e V
secolo d.C.
C
l settore in cui opera Technogym, l’azienda
cesenate che da quest’anno è quotata a Piazza Affari, abbraccia, a livello mondiale un
bacino stimato in 300 milioni di persone. La
società del presidente Nerio Alessandri ne
coinvolge circa 40 milioni. Come dire il 13%
circa del mercato europeo e il secondo in
assoluto nell’intero globo. Numeri che, con
proiezione 2020, dovrebbero aumentare ulteriormente, dal momento che le persone in
sovrappeso sono calcolate in circa 2 miliardi e,
soprattutto, che la popolazione sta invecchiando. Situazione, quest’ultima, che imporrebbe
una maggiore attività fisica, rivolgendosi in
particolare alle palestre, utilizzando gli strumenti più adatti alle problematiche di ognuno.
In quest’ottica, entro il 2020 citato, la penetrazione del marchio Technogym viene fissata a
più 7,5% sia in America latina che in Asia e
Pacifico, mentre scende a poco più del 2% in
Europa e negli Usa, dove la presenza è già
molto forte. Nel primo semestre di quest’anno
i ricavi si sono attestati a 250 milioni di euro
(93% all’estero), in aumento del 10,5% sull’ana-
I
logo periodo dello scorso anno. Il 4% circa dei
ricavi viene destinato a ricerca e sviluppo dell’attività aziendale. Mentre le spese per gestire
l’attività stessa sono salite del 10% circa nel
primo semestre 2016. Un contributo notevole a
questo incremento è dovuto alla costruzione
del Technogym Village, la sede della società,
costata 95,7 milioni di euro. L’ampliamento
della sede stessa ha comportato il ricordato
aumento di costi di gestione. A fronte dei
ricavi, l’Ebitda si è posizionato a 35,2 milioni
di euro: in questo caso, l’aumento percentuale
su giugno 2015 è del 22,9%. Scende l’utile del
primo semestre, 9,2 milioni di euro, perché
sono stati apportati aumenti alle voci accantonamenti, ammortamenti e fondo imposte. Il
dinamismo aziendale è fuori discussione, come sono interessanti le prospettive di crescita.
L’azione è scambiata a poco meno di 4,5 euro,
dopo avere segnato un mino a 3,50 euro il 24
giugno e un massimo a 4,53 euro il 12 agosto.
Ottimo strumento per un portafoglio diversificato!
L’intervento
Dimensione, solidità e struttura finanziaria:
così le aziende della regione diventano resilienti
SEGUE DALLA PRIMA
allo studio emerge
come, in maniera
trasversale alle filiere
e al netto di alcune specificità di natura settoriale,
siano uscite dal mercato le
imprese più piccole, maggiormente sottocapitalizzate, con un’esposizione
debitoria fortemente sbilanciata sul breve termine
e soffocate dalla mancanza di liquidità. Imprese
che dunque nella maggior
parte dei casi mostravano
già evidenti segni di deterioramento e che hanno
mostrato il fianco ad eventi di natura straordinaria.
Allo stesso tempo, la
tendenza delle società rimaste attive è stata quella
di convergere verso livelli
patrimoniali superiori aumentando il ricorso a capitali propri, con le realtà
D
più performanti caratterizzate da una maggiore inclinazione agli investimenti in macchinari, attrezzature e ricerca. Sembra insomma che le
imprese sopravvissute si
trovino all’uscita della crisi con parametri più idonei ad affrontare le crescenti sfide competitive e
abbiano in qualche maniera assorbito l’eccessiva
esposizione finanziaria
che aveva caratterizzato un
modo di fare impresa
troppo orientato al breve
termine.
Anche i dati sulla demografia d’impresa certificano la progressiva riconfigurazione economica del
territorio, che vede diminuire le imprese occupate
nell’industria a fronte dell’espansione del terziario.
Ma se da una parte a crescere è la quota di impre-
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se ricollegabile ai servizi
«tradizionali» le cui attività rispondono a dinamiche contingenti (flussi migratori, invecchiamento
della popolazione, fenomeni di nuova socialità),
dall’altra nascono startup
innovative (ad oggi se ne
contano 368, il 57% del totale in Emilia-Romagna,
seconda regione in Italia)
occupate prevalentemente
in quella sfera di servizi
tecnologici destinati ad
essere il fulcro dell’industria del futuro, dove l’automatizzazione dei processi e l’interconnessione
delle informazioni grazie
all’utilizzo di sistemi digitali rappresenteranno il
driver di sviluppo primario per accrescere la produttività. E allora diventa
nuovamente evidente il
fermento industriale che
da sempre anima e contraddistingue questo territorio.
Boris Popov
Economista Nomisma
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Interni L’Harry’s Bar di Cremonini a Roma
Si rafforza nelle fusioni a verde
Fonderie Montorso acquisisce
la bolognese Fondmatic spa
onderie di Montorso S.p.A. rafforza la propria presenza nel settore delle fusioni a verde ottenute con impianti di formatura sia
orizzontale che verticale in ghisa grigia ampliandola con fusioni in ghisa sferoidale con l’acquisizione del 100% della bolognese Fondmatic S.p.A,
leader nella produzione di fusioni per oleodinamica complessa. Fondata nel 1974, Fondmatic ha
una capacità produttiva annua di 11.000 tonnellate per un fatturato intorno ai 20 milioni di euro,
impiegando 112 dipendenti. Fonderie di Montorso S.p.A è presente invece dal 1962 sul mercato
delle fusioni in ghisa grigia a servizio di clienti
che rappresentano l’eccellenza nei rispettivi settori quali oleodinamica, pompe, riduttori, automotive, e meccanica varia. Il suo stabilimento di
Montorso Vicentino impiega 270 dipendenti, ha
una capacità produttiva annua di 35.000 tonnellate con fatturato intorno ai 50 milioni di euro.
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