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venerdì 14 ottobre 2016, 17:30
Grande finanza
Il patto di ferro Rothschild-Rockefeller
Un'intesa dai forti connotati geopolitici
di Giacomo Gabellini
Nel maggio 2012, Lord Jacob Rothschild e David Rockefeller, anziani rampolli (76 anni il primo, 96 il secondo) delle due
più note e potenti dinastie finanziarie della storia del capitalismo, hanno ufficializzato una partnership strategica in
base alla quale la Rit Capital Partners, filiale del gruppo Rothschild che si occupa di investimenti all'estero, ha
acquistato per una somma non specificata il 37% del ramo wealth and asset management del gruppo
Rockefeller. Obiettivo dell'alleanza è quello di originare un colosso in grado di effettuare investimenti congiunti, compiere
acquisizioni ed amministrare capitali in maniera più efficiente e remunerativa in una congiuntura segnata dall'ascesa dei
nuovi colossi finanziari provenienti dai Paesi emergenti. Oltre alla prospettiva dei lauti guadagni, un fattore decisivo nel
favorire l'intesa si è rivelata la relazione personale instaurata tra i due facoltosissimi businessman, che si
conoscevano da molto tempo e che fin dal 2010, in occasione dell'incontro presso la tenuta londinese dei Rothschild
('Spencer House'), soppesavano la possibilità di legarsi in un matrimonio di interessi che si prefigurava estremamente
vantaggioso per entrambi. Come ha dichiarato David Rockefeller: «conosco Lord Rothschild da 50 anni. Il legame tra le
nostre famiglie è sempre stato e rimane tuttora molto forte. Pertanto, sono lieto di dare il benvenuto a Rit Capital». Un
sodalizio, quello salutato entusiasticamente da David Rockefeller, che ha consacrato l'unione di due imperi finanziari
capaci di affermare il proprio primato nelle rispettive aree geografiche di competenza senza mai entrare in
rotta di collisione tra loro. La dinastia degli 'scudi rossi' nacque a Francoforte nel 1744 con il capostipite Mayer Amschel
Rothschild, piccolo imprenditore attivo nel mercato delle valute che riuscì a ingraziarsi rapidamente il favore del principe
d'Assia e a porsi gradualmente nelle condizioni di divenire il finanziatore di riferimento di entrambi gli schieramenti che si
fronteggiarono nelle guerre napoleoniche, prima di puntare tutto sul Duca di Wellington in base alla convinzione – rivelatasi
corretta – che il Bonaparte avesse ormai concluso la sua parabola politica. Gli enormi profitti ottenuti come banchiere di
guerra alimentarono notevolmente le ambizioni di Mayer Amschel, il quale decise di fornire ai propri cinque figli i capitali
necessari ad avviare attività finanziarie nei principali centri urbani dei grandi imperi europei. Amschel Jr. rimase a
Francoforte ad ereditare le funzioni dell'anziano padre, Nathan si spostò a Londra, Salomon si stabilì a Vienna, Carl partì
alla volta di Napoli e James impiantò le basi a Parigi. Qui, i cinque giovani banchieri pensarono bene di legarsi in matrimonio
a giovani donne appartenenti ad alcune delle più potenti casate bancarie ebree (ashkenazite in gran parte) dell'epoca al fine
di incrementare a dismisura la potenza di fuoco dell'impero finanziario che loro padre aveva creato dal nulla. Incroci che
fruttarono alla dinastia dello 'scudo rosso' titoli nobiliari ed utili da capogiro, attraverso la fornitura dei capitali necessari a
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/patto-ferro-rothschild-rockefeller/
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sostenere l'ammodernamento infrastrutturale varato nella Francia della restaurazione, nell'Impero d'Austria e, soprattutto,
nell'Impero Britannico, superpotenza dell'epoca per conto della quale Nathan Rothschild finanziò la costruzione del Canale
di Suez e le imprese coloniali dei nobili Rhodes e Kitchener in Africa. La gratitudine e il prestigio riconosciuto dalla
corona di Londra ai discendenti di Mayer Amschel furono tali da indurre Lord Balfour, ministro degli Esteri inglese,
ad inviare a Jacob Rothschild l'ormai famosa missiva in cui si accoglievano le istanze sioniste promosse dal
banchiere e si annunciava la totale disponibilità dell'impero ad autorizzare la creazione di un 'focolare ebraico
in Palestina'. Dalla sua sede di Napoli, Carl era invece riuscito ad istituire con il Vaticano un legame talmente solido da
valere agli esponenti della casata il titolo di 'guardiani dei tesori del Pontefice Gregorio XVI', come si legge
nell'Enciclopedia Giudaica. Questi agganci di altissimo livello hanno consentito alla dinastia ebraica di mettere i propri affari
al riparo dai disastri abbattutisi sull'Europa del XX Secolo, e di sopravvivere senza troppi patemi alla tempesta finanziaria del
2008. Quella dei Rockefeller è invece una storia molto diversa. Il patriarca John Davison Rockefeller è l'indiscusso
pioniere dell'industria petrolifera, nonché fondatore del super-colosso Standard Oil, la mastodontica holding di cui nel
1911 l'Autorità Antitrust decretò la smembramento in ben 34 diverse società – ciascuna dotata di un proprio management
indipendente – per rompere il suo monopolio sul mercato mondiale del greggio. Le ingenti somme di denaro guadagnate con
il controllo del mercato petrolifero permisero a John D. di creare una divisione finanziaria che – specie durante la Grande
Depressione – cominciò ad inglobare un istituto dopo l'altro, originando alla fine della filiera il gigante Chase Manhattan
Bank. Nel 2000, la Chase Manhattan si fuse con Jp Morgan dando origine a Jp Morgan Chase, il maggiore conglomerato
finanziario del pianeta con oltre 90 milioni di clienti sparsi in giro per il mondo. Nel corso dei decenni, la dinastia
newyorkese si è gradualmente trasformata nell'indiscusso punto di riferimento del capitalismo statunitense,
sia nella sua fase fordista, con forti investimenti nell'industria estrattiva e produttiva e nel potenziamento delle infrastrutture
nazionali, che in quella finanziaria, di cui il gigantesco Rockefeller Center che sorge nel cuore di Manhattan rappresenta uno
dei simboli. L'alleanza tra i banchieri di fiducia di papi e imperatori della 'vecchia Europa' (quasi 4 miliardi di dollari
di patrimonio stimato) e i principi di Wall Street che hanno fondato la moderna industria petrolifera (circa 34
miliardi di dollari di patrimonio stimato) ha quindi una portata che va ben oltre i numeri. In primo luogo, espanderà il
network di entrambe le famiglie, dal momento che il figlio di Lord Rothschild, Nat, è un noto imprenditore con partecipazioni
in una serie di aziende di alto livello quali Genel, l'azienda che controlla il petrolio del Kurdistan guidata dall'ex
amministratore delegato di British Petroleum Tony Hayward, e Bumi, il principale gruppo minerario indonesiano. La
nipote di Lord Rothschild, Kate, è sposata con Ben Goldsmith, fratello del deputato conservatore Zac Goldsmith e figlio
del defunto magnate Sir James Goldsmith. La nipote di David Rockefeller, Ariana, è invece una stilista di grande
successo che ha sposato il facoltoso costruttore Matthew Bucklin nel 2010. In secondo luogo, l'accordo tra i Rothschild
e i Rockefeller dà vita a una roccaforte che si propone di riaffermare l'egemonia della finanza transatlantica,
uno dei pilastri su cui si reggono i delicati rapporti euro-americani, messa in pericolo dall'assalto portato dai grandi banchieri
cinesi, russi e indiani interessati a volgere a proprio favore la situazione vigente per sovvertire o quantomeno alterare i
rapporti di forza che proprio famiglie come i Rothschild e i Rockefeller hanno contribuito a regolare.
di Giacomo Gabellini
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