Rassegna stampa - Science South Tyrol

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Transcript Rassegna stampa - Science South Tyrol

Fonte: Alto Adige | Data: 02/10/2016 | Pagina: 12 | Autore: di Stefano Zangrando | Categorie: Unibz
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Coscienzacritica
dellaGermania
formatoMerkel, il
grandescrittore
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contraddizionidel
presente
edel suolibro
“L’utopiaferita”
CENTROPACE » INCONTRO IL 4 OTTOBRE
Il celebre scrittore tedesco Ingo Schulze, nato a Dresda nel
1962 e oggi di stanza a Berlino, sarà in Trentino-Alto Adige per due incontri nei quali
verrà presentato “L’utopia ferita” (ed. Il margine), che contiene una serie di suoi interventi sulle «contraddizioni
del presente» e di cui proponiamo qui un estratto dall’Introduzione. Schulze dialogherà con il suo traduttore e curatore del volume Stefano Zangrando il 4 ottobre alle 18 nella Sala di Rappresentanza
del Comune di bolzano, in vicolo gumer, e il 5 ottobre alle
18 nella sala dell’Accademia
degli Agiati di Rovereto presso la Fondazione Caritro.
di Stefano Zangrando
uando l’8 aprile 2014 Ingo Schulze intervenne alla Libera Università di
Bolzano all’interno del ciclo
«Quale bellezza salverà il mondo?», da poche settimane era
apparso nella «Süddeutsche
Zeitung» un lungo articolo sulla crisi ucraina nel quale il celebre autore di “Semplici storie”
e “Vite nuove” criticava in modo lucido e puntuale il conformismo delle opinioni dominanti.
Non soltanto egli richiamava l’ Europa ai suoi principi democratici, ma restituiva spessore storico e una spiegazione
non preconfezionata alla reazione della Russia di Putin, ricordando così all’ Occidente
la propria corresponsabilità
nel processo che aveva condotto a quegli eventi. Non fu
un caso, perciò, se l’ incontro
di Bolzano prese le mosse da
quell’ articolo: è anche la costanza scevra di presenzialismo con cui Schulze interviene da oltre due decenni nel dibattito pubblicotedesco a fare
di lui uno dei maggiori intellettuali europeiviventi.
Solo una volta in questo arco di tempo Schulze fu colto
da una sorta di afasia: fra il
2009 e il 2011, allorché si manifestò in tutta la sua pervasività
la crisi finanziaria, egli ridusse
drasticamente la sua attività
pubblicistica, incredulo di
fronte all’ acquiescenza con
cui la classe politica orientava
il proprio operato, più che alla
tutela dei cittadini e di ciò che
restava di uno Stato sociale
sempre più minacciato, al salvataggio delle banche e al diktat filoliberista di istituzioni
prive di mandato elettorale come la cosiddetta «troika» formata da Commissione europea, Bce e Fmi.
È abbastanza significativo
che proprio in quello stesso
periodo di Wortlosigkeit sia
uscito in Germania, a mo’ di
bilancio provvisorio, il volume di saggi e interventi Was
wollen wir? (Berlin Verlag
2009), un’antologia compren-
Q
Ingo Schulze a Bolzano
per raccontare
la parabola dell’Europa
Qui a fianco
lo scrittore
germanico
Ingo Schulze in
una sua
precedente
visita in
regione nel
2014
In alto, sopra il
titolo, il muro
ungherese
Contro il filo
spinato alzato
per fermare
profughi e
migranti in
fuga da fame e
guerre, si
schianta anche
la coscienza
dell’Europa
LA SCHEDA
❙❙ Ingo Schulze (Dresda, 15 dicembre
1962) è uno degli scrittori più importanti del nostro tempo: l’erede Günther Grass in Germania. Ha studiato
lettere classiche a Jena e lavorato
come drammaturgo e redattore ad
Altenburg. Dal 1993 vive a Berlino.
Per il suo primo libro, la raccolta di
racconti 33 momenti di felicità (Mondadori 1999), ha ricevuto tra gli altri
il premio letterario “Aspekte”. Per
Semplici storie (Mondadori 2001) ha
vinto il premio letterario della città
di Berlino. Nel 1998 il “New Yorker”
lo ha annoverato tra i “sei migliori
giovani romanzieri europei” e “The
Observer” lo ha citato tra i “21 autori di cui ci si ricorderà nel ventunesimo secolo”. I suoi libri sono tradotti
in ventisette lingue.
dente testi scritti fra il 1997 e il
2009 tra i quali spicca il discorso di ringraziamento per il Premio letterario della Turingia
tenuto a Weimar nel 2007.
Schulze vi lamentava una «rifeudalizzazione della cultura»
unita a una «generale privatizzazione ed economizzazione
di tutti gli ambiti di vita», per
poi chiedersi e chiedere: «Che
cosa vogliamo? Dov’è il limite
oltre il quale cediamo diritti
sovrani e ammettiamo forme
di dipendenza?», con ciò già alludendo all’abdicazione della
politica che anni dopo sareb-
be divenuta fra i bersagli principalidei suoi strali.
L’uscita da quella sorta di
isolamento in cui Schulze si
sentiva gettato avvenne con
una breve serie di apparizioni
pubbliche e articoli tra il dicembre 2011 e il gennaio 2012
e culminò poco dopo, il 26 febbraio, nello straordinario «discorso di Dresda», in cui letteratura e impegno civile, coscienza poetica e politica tornavano a fondersi in un’unica
tensione dello spirito. Recuperando la celebre fiaba di Andersen I vestiti nuovi dell’im-
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peratore e analizzandola passo dopo passo in chiave analogica, Schulze si servì di quel testo per criticare la crescente
mercificazione del mondo e le
disparità estreme che essa genera, chiamando in causa la
«democrazia conforme al mercato», concetto coniato da Angela Merkel, e invocando viceversa «mercati conformi alla
democrazia». È qui che la sua
critica del pensierounico e del
suo linguaggio trova una formulazionedecisiva.
«La nuova vecchia ideologia
consiste nel far apparire i fatti
come se si trattasse di qualcosa di dato, che è tale per legge
di natura e del quale perciò
dobbiamo farci una ragione.
Questo uso linguistico ci distoglie dai nessi e dalle questioni
politiche, sociali, economiche
e storiche attirandoci in zone
dove lo status quo non viene
messo in discussione, dove
ogni imposizione è una questione di forza maggiore e dove interessi contrapposti si
danno soltanto a livello superficiale.
Un linguaggio che trasforma la Storia in natura, una na-
tura che non è in nostro potere modificare, con cui dobbiamo venire a patti, alla quale
dobbiamoabituarci. Le nuove
regole del gioco sono state presuppostee assolutizzate come
le sole auspicabili, chi non le
accetta si pone al di fuori del
discorso».
Questa demistificazione del
discorso dominante è ripresa
da Schulze nel testo che, nel
volume italiano citato, segue
la conferenza di Dresda, ossia
il discorso di ringraziamento
tenuto all’inizio del 2013 ad
Augsburg in occasione del
conferimento del Premio Brecht.
Qui, con un artificio narrativo che nasce dall’attitudine artistica e autoironica di Schulze, una cornice più formale introduce la lettera immaginaria di un misterioso ammiratore di Bertolt Brecht in cui poetologia e critica sociale convergono a dar forma a un’interrogazione, quella sulla ragion
d’essere della letteratura in
un’epoca di erosione democratica come la nostra.
«Dobbiamo mostrare ciò
che è noto e dato per scontato
come qualcosa di estraneo e
ignoto» è la risposta che Schulze si dà, «la letteratura deve
meravigliarsi a ogni piè sospinto e non prendere nulla come
un datodi fatto».
Ritorna, come si vede, l’imperativo di smascherare la datitàfasulla dello statusquo, un
compitoquesto che Schulze si
assume, qui come in precedenza, anche rievocando la
propria personale esperienza
della Ddr e degli avvenimenti
del 1989-1990. Questa cognizione storica plurale, in sostanza l’aver vissuto in due
mondi diversi e sperimentato
l’«adesione» (Beitritt) di uno
all’altro – e non una «riunificazione» di due mezzi Stati –, è
ciò che permette a Schulze un
distacco diverso, se non maggiore, rispetto a chi assistette a
quegli eventi dalle comode tribunedell’ Occidente.
©RIPRODUZIONERISERVATA
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