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giovedì 06 ottobre 2016, 16:30
Educazione
Marocco: babele di lingue a scuola
Lo studente marocchino medio studia 12 anni in arabo, ma la lingua dell’università è il francese
di Alessandro Balduzzi
L'uso della lingua, in Marocco, non è una questione di lana caprina. Al contrario, il conoscere o meno una lingua
influenza in maniera determinante il successo (se non addirittura l'accesso) in ambito accademico e professionale.
E questa lingua, ça va sans dire, è il Francese. Protettorato francese dal 1912 all'indipendenza nel 1956, il Regno alawita
non si è minimamente levato di dosso l'eredità culturale dell'ex metropoli, di cui il variegato panorama linguistico
marocchino è un esempio lampante. Dai cartelli agli annunci sui treni, dalle librerie alla pubblicità, la lingua di Balzac è il
mezzo di comunicazione più prestigioso, quello con cui l'élite e la borghesia che aspira a diventarlo si esprime. Di parole
ed espressioni francesi è piena anche la 'darija', il dialetto marocchino parlato nella vita di tutti i giorni di derivazione araba
ma con un importantissimo influsso da parte del tamazight. Quest'ultimo altro non è che il berbero, idioma diviso in vari
dialetti e madrelingua di almeno un terzo dei Marocchini, discendenti delle genti che popolavano il Nordafrica prima
dell'arrivo degli Arabi nel VII secolo dopo Cristo. In un universo quasi parallelo, infine, si colloca 'al-'arabyia al-fusha',
l'arabo 'più puro' (ciò significa 'fusha') che affonda le proprie radici nella lingua del Corano e si denota come la versione
contemporanea standardizzata dell'Arabo con cui i telegiornali e i libri sono diffusi da Nouakchott fino a Baghdad; relegata ai
mass media e a contesti formali, di utilizzarla quotidianamente, però, neppure a parlarne. Di fronte a questo patchwork
linguistico si trova lo studente di qualsivoglia scuola pubblica marocchina a partire dalla prima elementare. Quando negli
anni Ottanta si decise di abbandonare il Francese come lingua d'insegnamento nella scuola per adottare l'Arabo, molti
furono entusiasti di affermare l'indipendenza del Marocco dall'ex colonizzatore. Ciononostante, a livello universitario
l'Arabo non si è mai affermato, soprattutto per quanto concerne le materie scientifiche, e questo soprattutto a causa
delle carenza di docenti qualificati per l'insegnamento in questa lingua. Attualmente, quindi, il quadro è paradossale. Lo
studente marocchino medio, infatti, studierà per 12 anni, ovvero dalle elementari al liceo, esclusivamente in Arabo,
per poi trovarsi a un bivio al momento di varcare la soglia dell'università. Laddove scegliesse di intraprendere studi
umanistici, nessun problema; se il poveretto, invece, volesse darsi alla fisica, alla chimica o alla biologia, questi sarà
obbligato a studiare in Francese materie di cui, fino a pochi mesi prima, aveva sentito parlare solamente in Arabo. La
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/marocco-babele-di-lingue-a-scuola/
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combinazione peggiore è, infine, quella di cui sarà protagonista un futuro insegnante di scienze, costretto a studiare una
dozzina d'anni in Arabo, compiere i propri studi superiori in Francese e poi ritornare in aula come docente e dover utilizzare
l'Arabo nella didattica. Non che il Francese sia terra straniera per i Marocchini fino all'università. Lahcen Daoudi, Ministro
dell'Istruzione, ha dichiarato ad Al-Jazeera che, durante gli anni del liceo, «in Marocco agli studenti sono offerte più di 1600
ore di insegnamento in Francese, il che dovrebbe dare loro una preparazione linguistica sufficiente. Il problema non è,
quindi, il numero di ore, ma piuttosto la qualità delle stesse e l'impegno profuso». Nel 2015, circa 185.000 Marocchini erano
impegnati in studi universitari scientifici. Sempre Al-Jazeera, però, riporta come l'85% degli studenti dell'Università
Hassan II di Mohammedia, il più prestigioso ateneo marocchino nel campo dell'ingegneria, abbia dichiarato di non
conoscere il Francese a un punto tale da poter portare avanti con successo il proprio percorso accademico. Per
ovviare, almeno in parte, a questo problema, il Ministro dell'Educazione Rachid Belmokhtar, ha proposto, lo scorso
dicembre, di ritornare all'utilizzo del Francese per l'insegnamento delle materie scientifiche nelle scuole superiori.
Nonostante Abdelilah Benkirane, Primo Ministro uscito dalle fila del partito islamista moderato PJD (Parti Justice et
Développement), si sia strenuamente opposto all'iniziativa e abbia supportato il mantenimento dell'insegnamento in
Arabo, Belmokhtar, forte del sostegno di Re Muhammad VI, ha avuto il nullaosta del Consiglio dei Ministri. Il ritorno alla
lingua di Flaubert, però, sarà tutt'altro che celere: secondo i piani, infatti, non sarà implementato prima del
2030. Nel frattempo, a dovere sottoporsi a un esame di coscienza è la scuola pubblica marocchina in toto. Il problema più
urgente è il sovraffollamento; secondo un rapporto UNESCO pubblicato nel 2015, infatti, nel periodo 2011-2014 la media
di studenti per classe nella scuola primaria oscillava tra 28 e 29. Altrettanto preoccupante è il divario tra realtà
urbane e rurali, dove villaggi sperduti senza acqua corrente o elettricità costituiscono una sfida per qualsiasi insegnante. Il
governo ha tentato di porre rimedio a questa situazione tramite l'Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano, lanciata
da Muhammad VI nel 2005. Tramite la distribuzione di incentivi finanziari alle famiglie e di biciclette a bambini che ogni
giorno, per raggiungere la scuola, dovrebbero camminare per ore, qualcosa è stato fatto, ma la strada è ancora lunga. In
Marocco, un terzo della popolazione è analfabeta, e in questa quota rientra il 18% dei giovani tra i 15 e i 24 anni,
intorno al 10% in più rispetto ai vicini algerini e tunisini. Il divario città e campagna è sensibile anche nel passaggio dalla
scuola primaria a quella secondaria: secondo le Nazioni Unite, l'83% dei bambini marocchini ha accesso alle scuole medie,
ma di quelli che non ci arrivano la stragrande maggioranza si trova in realtà rurali isolate. Un dato su tutti: la Banca
Mondiale ha classificato il Marocco undicesimo su quattordici stati nordafricani e mediorientali in termini di
accesso, pari opportunità, efficacia e qualità nell'educazione. Un ennesimo ostacolo ci riporta alla problematica
centrale di quest'articolo, ovvero la lingua. Almeno nei primi anni di istruzione, pedagogicamente parlando l'utilizzo della
lingua madre è sicuramente più produttivo dell'adozione di un'altra lingua. Per rispondere a questa criticità, l'anno scorso
fu ventilata la proposta di utilizzare la darija marocchina nell'istruzione primaria, e non l'arabo letterario,
come d'uso attualmente; la reazione, soprattutto da parte degli islamisti, fu di unanime condanna, di accusa di attentare
all'identità arabo-musulmana del Regno e simili amenità. In ogni caso, neppure la scelta dell'Arabo marocchino sarebbe una
soluzione soddisfacente, visto tutti i bambini la cui lingua madre è il tamazight. Come intuibile, una situazione da cui è
difficile uscire. Fatto sta che Parigi perdura a essere il primo partner commerciale di Rabat, e una schiera di giovani
bilingui è una risorsa da non disprezzare affatto. Il punto è che le famiglie benestanti possono permettersi di iscrivere i
propri pargoli in istituti privati dove il Francese è insegnato (meglio) sin dal primo anno, e non dalla quarta elementare come
nell'istruzione pubblica. Da ciò consegue che possa capitare, come più volte è successo al sottoscritto, di incontrare
Marocchini dal Francese impeccabile a fronte di un Arabo zoppicante. Ma tant'è, l'Arabo lo lasciamo al popolino: è con il
Francese che si fanno i soldi.
di Alessandro Balduzzi
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