Marsilio Ficino – Il posto dell`uomo nel mondo L`anima copula del

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Marsilio Ficino – Il posto dell’uomo nel mondo
L’anima copula del mondo
Theologia platonica, III, 2
Disponiamo la realtà di tutte le cose in cinque gradi. Poniamo Dio e l’Angelo alla sommità della
natura, il corpo e la qualità nel grado piú basso, ma l’anima in mezzo fra le cose altissime e le
infime, l’anima che a ragione chiamiamo, alla maniera platonica, terza o media essenza, poiché
essa è nel mezzo rispetto a tutte le cose ed è terza da qualsiasi parte si cominci.
In quinque gradus iterum omnia colligamus, deum et angelum in arce naturae ponentes,
corpus et qualitatem in infimo; animam vero inter illa summa et haec infima mediam,
quam merito essentiam tertiam ac mediam more Platonico nominamus, quoniam et ad
omnia media est et undique tertia (:230-2).
Dicono a ragione i Platonici che, al di sopra di ciò che scorre limitato nel tempo, è ciò che
sussiste per ogni tempo, che ancora al di sopra è ciò che sussiste per l’eternità e che infine
sopra il tempo è l’eterno. Ma tra quelle cose che sono solamente eterne e le altre che scorrono
nel tempo, vi è l’anima che è quasi un legame tra le due sfere.
Recte dicitur a Platonicis, super id quod est in parte temporis esse quod est per omne
tempus; super illud rursus esse quod est per aevum; denique super illud aevum existere.
Sed inter illa quae sunt aeterna solum atque illa quae solum sunt temporalia esse
animam quasi quoddam vinculum utrorumque (:232).
Ogni opera che consta di una molteplicità, allora è proprio perfetta quando è cosí connessa
nelle sue membra da raccogliersi da ogni parte in unità, da essere consistente e a sé conforme,
da non dissiparsi facilmente [...]. A maggior ragione è da porsi la connessione delle parti
dell’Universo che è opera di Dio, in modo che esso risulti anche l’unica opera dell’unico Dio. Dio
e il corpo sono in natura le parti estreme e l’una diversissima dall’altra. L’Angelo non riesce a
congiungerle, poiché si volge tutto a Dio e dimentica il corpo.
Omne opus quod constat ex pluribus, tunc est perfectissimum quando ita ex suis
membris conglutinatur ut unum fiat undique, sibi constet et consonet, neque facile
dissipetur. […] Multo magis in universo dei opere connexio partium est ponenda, ut unius
dei unum quoque sit opus. Deus et corpus extrema sunt in narura, et invicem
diversissima. Angelus haec non ligat, nempe in deum totus erigitur, corpora negligit
(:232-4).
Neanche la qualità congiunge gli estremi, poiché inclina verso il corpo e abbandona le cose
superiori; lasciate le cose incorporee diventa essa stessa corporea. Fino a questo punto le cose
sono come estremi, e reciprocamente si escludono le cose superiori e le inferiori, mancando gli
opposti di un legame. Ma una volta posta nel mezzo quella terza essenza, essa è tale che,
mentre si congiunge alle cose superiori, non lascia le inferiori, cosicché in essa queste e quelle
si trovano congiunte. L’anima infatti è immobile e mobile; e perciò da un lato concorda con le
cose superiori, dall’altro con le inferiori. E se concorda con entrambe, desidera entrambe.
Qualitas etiam non connectit extrema, nam declinat ad corpus, superiora relinquit, relictis
incorporeis fit corporalis. Hucusque extrema sunt omnia, seque invicem superna et
inferna fugiunt competenti carentia vinculo. Verum essentia illa tertia interiecta talis existit
ut superiora teneat, inferiora non deserat, atque ita in ea supera cum inferis colligantur.
Est enim immobilis, est et mobilis. Illinc cum superioribus, hinc cum inferioribus convenit.
Si cum utrisque convenit, appetit utraque (:234).
Perciò per un istinto naturale ascende alle superiori, discende alle inferiori; e mentre
ascende non abbandona le inferiori; e mentre discende non lascia le più alte. Giacché se
abbandonasse un estremo, inclinerebbe all’altro; e non sarebbe più la vera copula del mondo.
Ma essa fa certamente la stessa funzione che fa l’aria in mezzo tra l’acqua e il fuoco in quanto
s’accorda col fuoco nel calore, coll’acqua nell’umidità. L’aria da un lato è sempre calda col
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calore; dall’altro è sempre umida con l’acqua; di qui si attenua e si chiarisce come il fuoco, di lì
si ispessisce come l’acqua. L’anima anzi fa proprio la stessa cosa della luce del sole: la quale
discende dal sole al fuoco e riempie il fuoco, ma non lascia il sole. Sempre essa aderisce al
sole; sempre anche riempie il fuoco; attraversa l’aria ma non viene inquinata dall’aria infetta.
Similmente occorre che la terza essenza aderisca al divino e simultaneamente riempia le cose
mortali. E mentre aderisce al divino, poiché è spiritualmente unita ad esso e l’unione spirituale
genera la cognizione conosce il divino. Mentre riempie i corpi, li muove intrinsecamente e li
vivifica; essa è dunque specchio delle cose divine, vita delle cose mortali e connessione delle
une e delle altre.
Quapropter naturali quodam instinctu ascendit ad supera, descendit ad infera. Et dum
ascendit, inferiora non deserit. Et dum descendit, sublimia non relinquit. Nam si
alterutrum deserat, ad extremum alterumll declinabit; neque vera erit ulterius mundi
copula. Profecto idem facit quod aer inter ignem aquamve medius, qui cum igne in
calore, cum aqua convenit in humore. Illic cum igne calet semper, hic cum aqua humee.
Illic tenuatur et clarescit ut ignis, hic vicissim hebescit ut aqua. Immo vero idem facit quod
solis lumen. Id enim a sole descendit in ignem et ignem implet, neque deserit solem.
Semper soli haeret, semper implet et ignem. Inficit12 quidem aerem et infecto aere non
inficitur. Similiter oporret essentiam tertiam et divinis simul haerere et implere mortalia.
Dum divinis haeret, quia spiritaliter illis unitur et spiritalis unio gignit cognitionem, illa
cognoscit. Dum implet corpora, intrinsecus illa movens, illa vivificat. Est igitur divinorum
speculum, vita mortalium, utrorumque connexio (:234-6).
È essa che s’inserisce fra le cose mortali senz’essere mortale, perché s’inserisce integra e
non spartita, e così anche integra e non dispersa se ne ritrae. E poiché, mentre regge i corpi,
aderisce anche al divino, è signora dei corpi, non compagna. Questo è il massimo miracolo
della natura. Le altre cose al di sotto di Dio sono, ognuna in sé, un’entità singola: essa è
simultaneamente tutte le cose. Ha in sé l’immagine delle cose divine, dalle quali dipende, e le
ragioni e gli esemplari delle cose inferiori, che in certo modo essa stessa produce. Facendosi
l’intermediaria di tutte le cose, possiede le facoltà dì tutte le cose. E se è così, essa trapassa in
tutte. Ma poiché è la vera connessione di tutte, quando migra in una non lascia l’altra, ma migra
dall’una all’altra e sempre le conserva tutte sicché giustamente si può chiamare il centro della
natura, l’intermediaria di tutte le cose, la catena del mondo, il volto del tutto, il nodo e la copula
del mondo.
Heac illa est quae seipsam inserit mortalibus, neque ht ipsa mortalis. Sicut enim seipsam
inserit integram, non discerptam, ita et integram retrahit, non dispersam. Et quia dum
corpora regit, haeret quoque divinis, corporum domina est, non comes. Hoc maximum
est in natura miraculum. Reliqua enim sub deo unum quiddam in se singula sunt, haec
omnia simul. Imagines in se possidet divinorum, a quibus ipsa dependet, inferiorum
rationes et exemplaria, quae quodammodo et ipsa producit. Et cum media omnium sit,
vires possidet omnium. Si ita est, transit in omnia. Et quia ipsa vera est universorum
connexio, dum in alia migrat, non deserit alia, sed migrat in singula ac semper cuncta
conservat, ut merito dici possit centrum naturae, universorum medium, mundi series,
vultus omnium nodusque et copula mundi (:242).
L’uomo e gli altri animali
Gli altri animali vivono senza conoscere arti 1, o ne conoscono una sola per specie, al cui
esercizio non si dànno per iniziativa propria, ma sono tratti dal loro inevitabile destino. Ne è
indizio il fatto che nella loro attività costruttiva non si perfezionano con il passar del tempo.
All’opposto, gli uomini sono inventori di innumerevoli arti, che praticano a loro arbitrio. Ciò è
dimostrato dal fatto che ciascuno di loro esercita molte arti, le muta, e diviene più attivo con la
continua pratica. E – cosa mirabile – le arti umane producono di per sé tutto ciò che produce la
natura stessa, quasi non fossimo servi della natura, ma rivali. [...]
L’uomo, insomma, imita tutte le opere della natura divina, e perfeziona, corregge, ed
emenda2 le opere della natura inferiore3. Quindi l’essenza dell’uomo è fondamentalmente simile
arti: le varie forme di attività dell’uomo che testimoniano il suo ingegno ed il suo talento.
emenda: libera dalle imperfezioni e dai difetti.
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natura inferiore: la natura delle forme di vita inferiori all’uomo.
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alla natura divina, dal momento che l’uomo di per se stesso, cioè con il suo senno e la sua
abilità, governa se stesso, per nulla circoscritto entro i limiti della natura corporea, ed emula le
singole opere della natura superiore4. Ed ha tanto minor bisogno, in confronto ai bruti 5, dell’aiuto
della natura inferiore, quanto minore è, in confronto ai bruti, il numero delle difese che ha
ricevuto dalla natura; ma da se stesso, con i propri mezzi, si procura quelle difese: alimenti,
vesti, giacigli, abitazioni, suppellettili, armi. Quindi, sostenendosi con i propri mezzi, si sostiene
più efficacemente di quanto la stessa natura faccia per gli animali. [...]
A ragione si diletta dell’elemento celeste, perché è l’unico vivente che ha origine dal cielo.
Con la sua potenza celeste si innalza al cielo e lo misura. Con la sua mente, che è più che
celeste, supera il cielo. Né si vale soltanto degli elementi l’uomo, ma li abbellisce: ciò che non
fa nessuno dei bruti. Come è ammirevole in tutto il mondo la coltivazione della terra! Come è
stupenda la costruzione degli edifici e delle città! Come è ingegnosa l’irrigazione per mezzo
delle acque! Fa le veci di Dio, l’uomo, che abita in tutti gli elementi, di tutti ha cura, e presente
sulla terra, non è assente dal cielo. E non solo si serve degli elementi, ma anche di tutti gli
esseri che negli elementi vivono: dei terrestri, acquatici, volatili, per cibarsene, per sua
comodità, per suo diletto; degli esseri superiori e celesti per la dottrina magica ed i suoi prodigi.
Né dei bruti si serve soltanto: comanda a loro. [...] E non soltanto l’uomo domina gli animali
con la crudeltà, ma anche li governa, li assiste, li ammaestra. Sua è l’universale provvidenza di
Dio, che è causa universale6. L’uomo dunque, che provvede universalmente sia agli esseri
viventi sia alle cose inanimate, è in certo senso un dio.
natura superiore: la natura divina.
bruti: creature prive di ragione e dominate dall’istinto.
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causa universale: colui che ha dato origine all’universo.
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