XXVI domenica T.O.

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario
25 settembre 2016
In questa ultima domenica di settembre, all’inizio del’autunno, ascoltiamo una
parabola (Lc 16, 19-31) molto forte: quella del ricco gaudente, senza nome, e del
povero Lazzaro.
La parte iniziale drammatizza il giudizio di Dio (16, 19-26). L’evangelista sembra
voglia illustrare in bianco e nero, senza colori e senza sfumature, quanto ha già
affermato nelle beatitudini, contenute nel capitolo 6: “Guai ai ricchi che ora ridono
nella loro sazietà, beati i poveri che ora piangono e hanno fame”. La seconda parte,
invece, tratta il tema della conversione e dell’ascolto delle Sacre Scritture (16,2731).Il legame tra le due parti è costituito dal motivo della ricchezza.
La parabola si apre con due figure fortemente contrastanti: il ricco è un gaudente e
la sua principale occupazione sembra quella di godere, perché nuota
nell’abbondanza e nei piaceri. Invece il povero Lazzaro muore nell’indigenza, perché
giace debole e ammalato, senza riuscire a muoversi, incapace persino di scacciare i
cani randagi che gli danno fastidio. Un povero che aspetta alla porta di un ricco in
Oriente non era una scena rara! Ma la cosa più sorprendente è che il povero e il
ricco sono vicini, ma il ricco non si accorge del povero.
Delineate le due figure e le due situazioni contrastanti, la narrazione prosegue
capovolgendole: il povero è nel seno di Abramo e il ricco all’inferno, fra i tormenti.
Non basta l’appartenenza ad un popolo per essere salvi, ma decisivo è il modo in cui
si è vissuti. Il ricco non è condannato perché violento e oppressore, ma
semplicemente perché ha vissuto da ricco, ignorando il povero. E questo pensiero è
completato dalla seconda parte della parabola (16, 27-31) dove sono di scena i
fratelli del ricco che continuano a vivere senza sospetto nella loro ricchezza.
E’ proprio il loro vivere da ricchi che li rende ciechi di fronte al povero (eppure così
vicino) e di fronte alle Sacre Scritture (eppure così chiare). Il ricco non osteggia Dio e
nemmeno opprime il povero, ma semplicemente non lo vede. E’ questo il grave
pericolo della ricchezza ed è questa la principale lezione della parabola odierna. Il
ricco vorrebbe che i suoi fratelli fossero avvertiti. Ma a che servirebbe? Hanno già
Mosè e i Profeti, ossia la Parola di Dio che è molto chiara, limpida e vera. Dunque
non occorre altro. La Parola c’è e Dio ci parla in essa, ci indica la strada da seguire, ci
suggerisce i comportamenti da avere e le scelte da fare, ma può mancare la libertà
per comprendere l’appello alla conversione che Dio ci fa attraverso la Sua Parola e la
lucidità per vedere. Il vivere da ricchi rende ciechi, il lusso, l’indifferenza rendono
ciechi e impassibili agli appelli di Dio e dei fratelli (anche attraverso i fratelli Dio ci
parla e ci chiama a conversione).