Vangelo secondo Luca 16,19

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Transcript Vangelo secondo Luca 16,19

DOMENICA XXVI, Tempo Ordinario, ANNO C
Libro del profeta Amos 6,1a.4-7;
1 Timoteo 6,11-16;
Vangelo secondo Luca 16,19-31.
La Parola di Dio che la Chiesa ci ha preparato per questa domenica è in sintonia ed è la
perfetta continuazione di quella di domenica scorsa.
Addirittura il profeta che ci parla nella 1a lettura è ancora il nostro amico Amos, quello
che era contadino e prima di essere chiamato raccoglieva i sicomori.
Aveva cominciato la sua non facile missione mettendosi a predicare nella "cappella
reale", se è concesso usare questo termine...A chi gli aveva fatto notare che dava fastidio
parlando, proprio lì, di falsi atteggiamenti di culto e smascherando la furbizia di chi
voleva fare affari sulla pelle dei poveri, aveva risposto che lui non era profeta di mestiere,
cioè non profetava per guadagnarsi il pane, ma per mandato del Signore (nell'antichità
ogni corte reale che si rispettasse includeva, nel suo enturage anche dei profeti come
degli "esperti" da poter consultare per prendere delle decisioni).
Il "datore di lavoro" di Amos era Dio, non il re. Il Dio che è padre dei poveri e difensore
delle vedove. La sua missione consisteva dunque nel parlare come se fosse la bocca di
Dio e nel far vedere le cose come le vede Dio.
Nel brano di oggi, egli continua a mostrare la storia dal punto di vista di Dio dipingendo
quelli che cercavano di farsi gli affari propri senza darsi pensiero della rovina del paese,
senza rendersi conto che presto la situazione sarebbe cambiata e il benessere sarebbe
crollato; senza vedere prospettarsi all'orizzonte l'esilio; senza badare alla situazione dei
poveri, quasi senza accorgersi della loro esistenza. Gli spensierati di Sion da lui descritti
assomigliano molto a quell' "uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino
finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti." (Lc. 16,19) che descrive Luca nel
brano evangelico di questa domenica.
La parabola di Lazzaro e del ricco che banchettava vuol mostrare che la ricchezza crea
differenza, non solo in questa vita, ma anche nella vita futura.
Dice Abramo al ricco che nella vita eterna si è trovato in una situazione capovolta:
“Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora
in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e
voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non
possono, né di lì possono giungere fino a noi”. (Lc. 16,25-26)
Soprattutto, la parabola ci dice che la ricchezza può rendere ciechi: Un povero, di nome
Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe,[...] ma erano i cani che venivano a
leccare le sue piaghe. (Lc. 16,20-21) Il ricco vestito di lino e di bisso non vedeva il
povero vestito di sofferenza. La ricchezza rende cieco il cuore, o meglio, lo rende sazio,
quindi incapace di vedere e di ascoltare. Gli sembra di non aver bisogno di nulla. Men
che meno della Parola di Dio, come spiega Abramo al ricco che gli diceva: “ti prego di
mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca
severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo
rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma
se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non
ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
(Lc. 16,28-31)
Dunque le ricchezze possono recare tanti danni, bisogna investirle bene prima che esse ci
anestetizzino e ci svuotino la vita.
Allora - sembra continuare Luca con il messaggio delle sue parabole - se siamo scaltri,
come l'amministratore della parabola di domenica scorsa, i beni che possediamo, li
dobbiamo usare per beneficare i poveri, perché soltanto a loro appartiene il Regno dei
cieli. E se a noi è dato di entrarvi, sarà solo perché essi ci accolgono: quella è la loro casa.
Lo dice anche S. Gregorio di Nissa: "I poveri sono i dispensatori dei beni che anche noi
attendiamo. Sono i portinai del regno dei cieli, che aprono le porte ai benevoli e ai buoni
e le chiudono ai malvagi e ai crudeli. Sono anche violenti accusatori ed eccellenti
avvocati. Accusano infatti e difendono, non con i discorsi, ma con il loro stesso aspetto,
quando sono esaminati dall'occhio del Giudice".
Lazzaro che è povero va diritto nel seno di Abramo, mentre il ricco che in vita non si è
preoccupato del povero che sedeva alla sua porta, in paradiso non può proprio entrare.
Dunque l'unico modo per entrare nell'aldilà è quello di amministrare saggiamente i beni:
dandone ai poveri e guadagnandoli in tal modo come amici. Solo così si dimostrerà che
siamo amministratori accorti, che sanno amministrare bene la ricchezza altrui e perciò ci
potrà essere data la nostra: vale a dire la vita eterna che ci è stata preparata.
Non bisogna pensare però che beneficare i poveri sia solo questione di tornaconto, perché
la vita eterna è sempre innanzitutto dono. Non si può comprare, nemmeno con la
beneficenza. E' che Gesù stesso si identifica con chi ha bisogno, ritiene fatto a sé ogni
gesto d'amore nei loro confronti. Lui che "da ricco che era, si è fatto povero per
voi,perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà". (2 Cor. 8,9).
Soprattutto: solo l'amore è capace di farci uscire da noi stessi, solo gli occhi che sanno
vedere il fratello nel suo bisogno, possono aprirsi per vedere Dio.