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XXVI Domenica Tempo Ordinario - Anno C
L’opposto dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza”
Anche in questa domenica, ultima del mese di settembre e prima d’autunno,
l’evangelista Luca ci mette dinnanzi l’ennesimo insegnamento di Gesù in
parabole. Come sempre bisogna stare attenti a non rimanere “spettatori”
della Parola di Gesù, o comodamente liquidare questa parabola del “ricco
epulone” attraverso un atteggiamento di detesto nei confronti dei
comportamenti di questo ricco senza nome. Potremmo addirittura sentirci
“buoni” tanto da dispensarci dal trarre conseguenze riguardo alla nostra vita.
E se fossimo anche noi un po' parenti di questo ricco? Non siamo anche noi,
più spesso di quanto riconosciamo, un po' alla rincorsa eccessiva delle
comodità e degli agi? Non esiste anche nella nostra vita un certo stile che
consiste nel farci un nido, con un tram tram talmente auto centrato per cui,
esattamente come il ricco epulone, perdiamo di vista gli altri?
Tutto il capitolo 16 potrebbe essere letto in questa chiave: "insegnamenti
sulla ricchezza". Intanto, se abbiamo un po' presente lo svolgersi e la
successione dei capitoli del Vangelo di Luca, non ci sarà difficile constatare
che povertà e ricchezza sono temi che ritornano con un tale frequenza da
diventare un ritornello.
È possibile usare i beni secondo la logica del regno di Dio, che è la
condivisione, ma è impossibile conciliare la fede in Dio con la ricerca
spasmodica della "ricchezza superflua". Una cosa è servirsi del denaro per
vivere e far fronte alle necessità quotidiane, altro è "servire al denaro", cioè
farne lo scopo, il centro, il "dio" della propria vita: o Dio o mammona.
Non sono qui prese di mira le ansie dei poveri e dei precari che cercano
disperatamente il necessario, ma le avidità dei ricchi e dei garantiti.
Gesù apre davanti a noi una possibilità che oggi è quasi un "miracolo":
possiamo non attaccare il cuore al superfluo e possiamo percorrere il
sentiero della condivisione. Come sempre, il nazareno addita un percorso
costruttivo e ci invita ad entrare in questa strada; e il cammino di una
comunità cristiana deve continuamente rilanciare questa possibilità e
questa esigenza.
Andiamo al bellissimo testo di Luca. Un ricco senza nome e un povero di
nome Lazzaro. Il ricco ha una sua identità: il denaro! E’ la sua seconda
pelle. Come spesso accade oggi… Un padre del deserto diceva: “O Signore,
dammi di amarti almeno quanto amo il peccato”; potremmo parafrasare:
“O Signore, fa che possiamo amarti almeno quanto amiamo il denaro”.
Oltre alla preghiera abbiamo bisogno di una buona dose di convinzione e
tanto coraggio nello scommettere sulla condivisione.
Il ricco non pecca solo di avidità ma soprattutto di indifferenza e il contrario
dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza appunto, per cui l’altro non esiste: un
ricco la cui vita è priva di tre verbi necessari alla salvezza: vedere, fermarsi e
toccare. Sono i tre verbi del Samaritano Buono.
Il povero Lazzaro: una felice anomalia che lascia percepire i battiti del
cuore di Gesù (E. Ronchi). Il povero è portato in alto; il ricco in basso: ai
due estremi della società in questa vita, ai due estremi dopo.
E dopo, l’ennesima sorpresa: “Ti prego, manda Lazzaro con una goccia
d'acqua sul dito... mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli... No, neanche se
vedono un morto tornare si convertiranno”!
Non è la morte che converte, ma la vita. Chi non si è posto il problema di Dio
e dei fratelli, la domanda del senso, davanti al mistero magnifico e dolente
che è la vita, tra lacrime e sorrisi, non se lo porrà nemmeno davanti al mistero
più piccolo e oscuro che è la morte. (E. Ronchi).
Buona e santa domenica a tutti.