Burundi, come i finanziamenti UE arrivano al regime

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venerdì 20 maggio 2016, 18:30
Rapporti
Burundi, come i finanziamenti UE arrivano al regime
L’incomprensibile politica estera europea. Non ultima la decisione di convalidare un finanziamento da 55mln
di Fulvio Beltrami
Kampala - La posizione tenuta dalla Unione Europea nei confronti della crisi burundese risulta contraddittoria.
Nel 2009 – 2010 dinnanzi alle prime manifestazioni della brutalità del regime CNDD-FDD (massacri contro l’opposizione
hutu del Fronte Nazionale di Liberazione) la Commissione Europea diminuì drasticamente i fondi destinati agli aiuti
umanitari per poi stanziare 8 milioni di euro per formare la PNB (Polizia Nazionale del Burundi),
prevalentemente formata dagli ex miliziani genocidari di Nkurunziza che attualmente è la principale arma utilizzata dal
regime per sterminare la popolazione. Nel 2010 la UE accettò la legittimità del secondo mandato di Nkurunziza
nonostante le elezioni si siano svolte sotto un clima di terrore che trasformarono Nkurunziza come candidato
unico a seguito del ritiro deciso dall’opposizione dal processo elettorale farsa. Dinanzi alla palese illegittimità del
terzo mandato presidenziale e dell’attuale governo, l’Europa condanna le violazioni dei diritti umani ma gli Ambasciatori dei
suoi Stati membri sottomettono le loro credenziali a Nkurunziza riconoscendolo come presidente, tra gli ultimi
l’Ambasciatore italiano a Kampala. Agli inizi del 2016 la politica schizofrenica dell’Europa verso il Burundi sembra
essere sostituita da un maggior senso di responsabilità che privilegia diritti umani e democrazia rispetto ad
interessi economici e geo-strategici. Nel marzo 2016 il Parlamento Europeo decide di sospendere gli aiuti umanitari
e bilaterali verso il Burundi, 432 milioni di Euro, in considerazione delle gravi violazioni dei diritti umani e la mancata
volontà da parte del regime di partecipare seriamente ai colloqui di pace per trovare una soluzione politica alla guerra civile
in corso dal maggio 2015, dichiarando la violazione dell’articolo 96 sui diritti umani inserito nell’accordo commerciale di
Cotonou firmato tra Unione Europea e i Paesi dell’area ACP (Africa Caraibi e Pacifico). Per rincarare la dose lo scorso
aprile l’Alto Rappresentante della Unione Europea, Federica Mogherini, decreta la sospensione degli stipendi
elargiti ai soldati burundesi impegnati nella lotta contro i terroristi Al-Shabaab in Somalia sotto bandiera della
Unione Africana, la Missione AMISOM. In accordo con gli Stati Uniti l’Unione Europea ha iniziato una guerra finanziaria
contro il Burundi per distruggere l’economia e creare una iper svalutazione della moneta nazionale, il Franco Bu, con
l’intento di far crollare finanziariamente il regime. Questi provvedimenti sono stati salutati positivamente dalla opposizione e
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società civile burundese che ha incoraggiato l’Unione Europea a difendere lo Stato di Diritto e la democrazia nel piccolo
Paese africano. Nonostante queste azioni l’Unione Europea purtroppo continua a dimostrare una politica contraddittoria nei
migliori dei casi. Il Parlamento Europeo non ha mai preso in considerazione due richieste della opposizione: la
dichiarazione di illegittimità del presidente Nkurunziza e del suo governo e l’embargo sulle armi in Burundi.
Queste reticenze sono legate al divieto di dichiarare il genocidio in atto nel Paese. Un passo strategico di alta valenza
politica in quanto permetterebbe a Nazioni Unite o Unione Africana di intervenire militarmente senza consenso del regime
per risolvere la crisi. Il mancato riconoscimento del genocidio viene difeso anche quando Radio France International
diviene il primo media occidentale ad ammettere senza parafrasare l’olocausto in Burundi attraverso una intervista ai
giornalisti Jean Francois Paque e Cedikaba corrispondente a Parigi della African Press e redattore del sito di informazione
MondeAfrique.com Il mancato riconoscimento del genocidio è affiancato alla reticenza di riconoscere la
illegittimità del regime che sta sterminando la propria popolazione per mantenersi al potere. Il mancato
embargo sulle armi permette alla Francia di finanziare ingenti arsenali militari al regime e ai suoi alleati: i terroristi ruandesi
delle FDLR, mentre Belgio e forse la Norvegia finanziano l’armamento della ribellione. Anche con le azioni più decise e chiare
attuate contro il regime, le sanzioni economiche si rivelano discutibili e si scopre al loro interno raggiri fatti sottobanco. Il
congelamento delle paghe destinate ai soldati burundesi impegnati nella guerra contro i terroristi Al-Shabaab in Somalia
non è mai avvenuto, anzi non è mai esistito. Al suo posto è stato applicato un taglio generale dei finanziamenti europei alla
forza militare africana in Somalia (AMISOM) pari al 20% sui 200 milioni di dollari annualmente stanziati. Questo
provvedimento colpisce tutti i contingenti militari dei Paesi Africani impegnati nella lotta contro il terrorismo. L’AMISOM
è stata costretta a ridurre le paghe ai soldati impegnati sul fronte. Il risultato è una generale demoralizzazione del
contingente militare africano proprio nel momento in cui il DAESH si sta rafforzando nel Corno d’Africa creando le basi per un
pericolo terroristico in tutta l’Africa Sub Sahariana. Anche il congelamento dei aiuti bilaterali deciso lo scorso marzo
è compromesso da raggiri artificiali che mirano a diminuire ma non a interrompere il flusso finanziario destinato al regime.
La scorsa settimana la Commissione Europea ha approvato il finanziamento di due programmi a favore della
popolazione burundese per un totale di 55 milioni di euro. I due programmi sono indirizzati verso la sanità (40 milioni
di euro) e lo sviluppo rurale (15 milioni di euro). La Commissione Europea, conscia della contraddizione tra questo
finanziamento e la moratoria degli aiuti bilaterali, informa che il programma di aiuti umanitari non sarà gestito
in coordinazione con le autorità burundesi ma affidato a ONG locali e internazionali. Per gli esperti del settore
umanitario questa spiegazione non regge. I 55 milioni di euro (stanziati in tre anni) dovranno transitare presso istituti
bancari burundesi dopo aver decurtato le spese amministrative, logistiche, personale espatriato sia della Unione Europea
che delle ONG che riceveranno il compito di attuare i progetti. Un decurtamento pari normalmente al 42% del finanziamento.
I 31,9 milioni di euro che giungeranno in Burundi saranno depositati in conti presso banche burundesi e messi
a disposizione delle ONG. Nel pubblicare la notizia la Commissione Europea si guarda bene dall’informare sulle recenti
disposizione finanziarie varate dal regime per il settore bancario e la realtà delle ONG locali. Lo scorso febbraio il regime,
a corto di valuta estera, ha emesso un decreto presidenziale che autorizza la Banca Centrale a convogliare
tutti i conti in Euro e Dollari Americani depositati presso gli istituti bancari privati convertendoli in moneta
locale (Franco BU) ad un tasso deciso dal governo nettamente inferiore ai tassi di cambio internazionali. Il
provvedimento colpisce anche le ONG (locali e straniere) e gli imprenditori privati. L’obiettivo è quello di appropriarsi di
valuta pregiata offrendo ai detentori dei conti correnti Euro e Dollari una valuta nazionale che è praticamente senza valore e
non convertibile. Tradizionalmente le ONG burundesi sono controllate dalla Società Civile, dichiarata fuorilegge dal maggio
2015. Tutte le ONG da essa controllate sono state chiuse per decreto, derubando i loro beni e conti bancari. Al
momento attuale non esistono ONG burundesi indipendenti ma solo ONG controllate direttamente dal regime.
Per quanto riguarda le ONG straniere ancora attive nel Paese, varie hanno nel passato dimostrato una situazione di
complicità con il regime CNDD-FDD. Anche la scelta di sviluppare le zone rurali sembra favorire il regime. «Il programma di
supporto della UE a favore della nutrizione e dello sviluppo rurale ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita
della popolazione rurale attraverso l’accesso alle sementi, creazione di granai pubblici, formazione, attrezzature agricole
moderne e creazioni di nuovi mercati per vendere i prodotti agricoli», informa la Commissione Europea. Apparentemente
giusto come linea di intervento il progetto nasconde rischi di supporto indiretto al regime. Da un anno il CNDD-FDD e i
terroristi ruandesi FDLR stanno invano cercando l’appoggio delle masse rurali hutu per attuare un genocidio di
massa. L’appoggio è negato in quanto i contadini hutu accusano il governo di non aver migliorato le loro condizioni di vita in
dieci anni di potere nonostante tutta la retorica del HutuPower diffusa dal 2005 ad oggi. Per assicurarsi l’appoggio dei
contadini hutu il regime deve offrire tangibili segni di miglioramento delle loro condizioni di vita. Un dovere
impossibilitato dalla mancanza di fondi necessari. Le risorse finanziarie ancora disponibile sono tutte dirottate verso lo
sforzo bellico contro la propria popolazione. Il programma Europeo giunge a risolvere parzialmente questo problema e
rischia di aumentare il supporto delle masse rurali hutu al regime. La maggioranza di questi contadini sono analfabeti. Sarà
un gioco da ragazzi per il regime convincerli che questi fondi sono stati stanziati dal governo occultando il vero finanziatore
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straniero. I 55 milioni di Euro in aiuti umanitari stanziati dalla Unione Europea, in realtà 31,9 milioni dopo i
“decurtamenti” assai discutibili, sono in realtà un appoggio finanziario indiretto al regime. Grazie al decreto
presidenziale sui conti in valuta estera il regime avrà a disposizione valuta pregiata convertendo immediatamente le tre
tranche annuali in Franchi Bu (carta straccia) impossessandosi così dei milioni di Euro vitali per comprare armi e pagare la
manodopera impegnata nella repressione e nel genocidio. I progetti (sanitari e agricoli) attuati da ONG locali controllate dal
regime o ONG straniere compiacenti saranno ottima materia di propaganda del CNDD-FDD per rafforzare il supporto
popolare hutu e fonte di arricchimento per i politici e le autorità amministrative. Non è la prima volta che l’Unione
Europea collega gli aiuti umanitari a fini politici. Basta pensare ai milioni di Euro stanziati per i campi profughi
siriani in Turchia che sono in realtà della basi sicure per la resistenza siriana composta per la maggioranza da
gruppi terroristici di matrice sunnita. L’afflusso di clandestini siriani in Europa dimostra che gli aiuti ai campi profughi
non hanno migliorato le loro condizioni di vita e i dubbi che gran parte di essi siano finiti alle organizzazioni terroristiche
sono legittimi. Tra il 1994 e il 1996 i profughi ruandesi nell’allora Zaire (Repubblica Democratica del Congo) ricevettero 232
milioni di dollari di aiuti umanitari occidentali nonostante che i campi profughi erano direttamente gestiti dalle forze
genocidarie ruandesi sconfitte dall’esercito di liberazione: Fronte Patriottico Ruandese. Il nuovo Rwanda distrutto dalla
guerra civile e dal genocidio ricevette i primi consistenti aiuti bilaterali solo nel 1998. La maggior parte dei finanziamenti
occidentali servi’ per finanziare tre tentativi militari per riconquistare il Rwanda e rese possibile la riorganizzazione delle
varie forze genocidarie in un unico movimento terroristico: Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda – FDLR. Lo
stesso gruppo terroristico che oggi controlla il Burundi. Dal 2008 ad oggi sono stati spesi dalla Unione Europea 182
milioni di euro a favore della democratizzazione delle istituzioni del Congo Kinshasa della magistratura e delle
forze di polizia. La maggioranza di questi fondi è stata rubata dal regime di Kinshasa: le istituzioni sono
inesistenti, la magistratura corrotta e le forze di polizia commettono inaudite violenze quotidiane sulla popolazione. La
valanga di miliardi di dollari sotto forma di aiuti finanziari allo Sri Lanka dopo lo Tsunami del dicembre 2004 (a cui la UE era
tra i più importanti finanziatori) permisero al governo di Colombo di comprare le armi necessarie per debellare due anni più
tardi la guerriglia Tamil al nord (Tamil Tiger). Il discutibile finanziamento umanitario stanziato per il Burundi
è probabilmente frutto delle pressioni e manovre sotterranee della Francia che persiste nel sostenere Nkurunziza,
CNDD-FDD e i terroristi ruandesi FDLR considerati i migliori alleati regionali per abbattere il regime democratico di Kigali e
riprendere il controllo strategico del Rwanda. Se l’appoggio francese al regime sconfina nella complicità di genocidio (come
fu nel 1994) la decisione di assecondare le strategie di Parigi presa dalla Commissione Europea risulta incomprensibile. Il
finanziamento è stato concesso due giorni dopo le dichiarazioni pubbliche del Ministro della Sicurezza, il Generale Allain
Guillaume Bunyoni contro l’Unione Europea. «Il Burundi non ha conosciuto nessun progresso grazie agli aiuti stranieri. Da
quando sono nato non ho visto alcun sviluppo grazie agli aiuti della Unione Europea e degli Stati Uniti. Il Burundi esisteva
prima della cosiddetta Comunità Internazionale e continuerà ad esistere con senza di lei» ha dichiarato il Generale Bunyoni
durante una distribuzione di riso e di lamiere a 337 famiglie colpite dalle recenti alluvioni a Makamba. Il regime ha
annunciato il lancio del progetto di finanziamento autoctono per sostituire il 60% degli aiuti internazionali per
il budget annuale con finanziamenti autoctoni entro i prossimi 5 anni. Un progetto irrealizzabile sotto questo
regime che annualmente esporta in conti privati esteri 82 milioni di euro. Per raggiungere l'autosufficienza
finanziaria nei prossimi 5 anni il Burundi dovrebbe avere una crescita economica annuale del 20% in piena guerra civile e
sanzioni internazionali. Il Generale Bunyoni è uno dei principali responsabili burundesi del genocidio contro i tutsi e colpito
dalle sanzioni ad personam degli Stati Uniti. Nonostante la retorica di regime il finanziamento europeo è stato
immediatamente accettato e oggetto d'intensa propaganda del regime tesa a trasformare questi aiuti come un
riconoscimento occidentale della legittimità dell'ex presidente Nkurunziza. Al contrario il regime intende rettificare
gli accordi sugli aiuti umanitari stanziati dalla Associazione Internazionale per lo Sviluppo (IDA) e la Banca Mondiale
(enti controllati dagli Stati Uniti). La rettifica è collegata al netto rifiuto da parte del governo sulla metodologia dei
finanziamenti che prevede l’attuazione diretta dei progetti e il totale controllo dei finanziamenti depositati in conti protetti
presso gli istituti bancari e soggetti al divieto di inglobarli presso la Banca Centrale del Burundi. In poche parole aiuti
umanitari che non possono finire nelle mani del regime. Il 'governo' burundese ha informato IDA e Banca Mondiale della sua
intenzione a rifiutare gli aiuti se i relativi accordi non verranno rettificati (a suo favore). Il problema di fondo sul
comportamento discutibile e contraddittorio della Unione Europea verso la crisi burundese risiede nella
mancanza di una politica estera comune in Europa. Questa schizofrenia è provocata dal incompleto progetto della
Unione Europea che ha favorito i potentati industriali e finanziari a scapito della democrazia e delle popolazioni europee
creando macroscopiche contraddizioni. Contraddizioni analizzate nel giugno 2010 dal sito di analisi politica
EurActiv. Contraddizioni che si possono riassumere nel conflitto tra le politiche conservatrici cristiane e le ideologie secolari
progressiste, la supremazia degli interessi occulti e speculativi di oligarchie finanziarie a scapito del progresso della
popolazione, il divario tra l'esigenza economiche estere di queste oligarchie e la promozione dei valori democratici
socialmente orientati, l’incapacità di superare gli interessi nazionali a favore di una politica interna ed estera comune, il
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divario politico ed economico tra il nucleo privilegiato di Stati (Francia, Germania, Gran Bretagna), i Paesi mediterranei di
serie B e i Paesi serie C del ex Patto di Varsavia, che stanno divenendo dei protettorati tedeschi. L'inconsistenza della
politica estera europea posizione il Vecchio Continente in una situazione fragilissima e di secondo piano
rispetto alle potenze tradizionali, Russia e Stati Uniti, e quelle emergenti Cina e Brasile. L’Unione Europea è
secondaria rispetto agli Stati Uniti e viene utilizzata per contrastare l’espansione economica e politica di Russia e Cina
creando continue provocazioni. Un conflitto che vedrà come principale teatro bellico proprio l’Europa se la minaccia non
verrà allontanata da un radicale cambiamento delle relazioni internazionali dettato da un ruolo responsabile e non
subalterno della Unione Europea a livello mondiale. Come potrà affrontare l’Unione Europea tale minaccia senza nemmeno
un esercito unificato ma una serie di eserciti privati sotto comando NATO rimane una incognita.
di Fulvio Beltrami
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