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N. 02368/2014REG.PROV.COLL.
N. 08577/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
artt.
60
e
74,
c.p.a.;
sul ricorso r.g.a.n. 8577/2013, proposto da Cerullo Pasquale, rappresentato e difeso dall'avv. Gian
Luca Lemmo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovan Battista Santangelo, in Roma,
via Pinciana, 25;
contro
Comune di Marano di Napoli, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv.
Riccardo Marone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Napolitano, in Roma, via
Sicilia, 50;
per la riforma
della sentenza breve del T.a.r. Campania, Napoli, sezione II, n. 4876/2013, resa tra le parti e
concernente un’ordinanza di demolizione di opere abusive nonché ripristino dello stato dei luoghi e
diniego di concessione di sanatoria edilizia (m.c.p.).
Visti il ricorso ed i relativi allegati, con tutti gli atti ed i documenti di causa.
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Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marano di Napoli.
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014, il Consigliere Vito Carella ed uditi,
per le parti, gli avvocati Gian Luca Lemmo e Riccardo Marone.
Sentite le stesse parti, ai sensi dell'art. 60, c.p.a..
1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74, c.p.a.,
dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e preavvertito le parti
costituite e presenti, essendo chiara la situazione di fatto, nei suoi punti di riferimento e nella
problematica dibattuta.
È controversa la costruzione abusiva eseguita dall’odierno appellante nel territorio del Comune di
Marano (foglio 8, particella 473 e parte della 23), ricadenti parte in zona omogenea B2 (mq.
1069,00) e parte in zona per attrezzature pubbliche (mq. 892), delle quali l’amministrazione
comunale ha acquisito al patrimonio comunale la sola particella 473, dell’estensione di mq. 1772.
L’appello non è fondato ma la sentenza merita di essere confermata con diversa motivazione e
statuizione.
2.- In particolare, la questione di fatto attiene allo sgombero dell’immobile abusivamente realizzato
in violazione delle distanze dal confine e non spontaneamente rimosso prima dell’eseguita
acquisizione gratuita di esso al patrimonio comunale, nonostante l’intervenuto consolidamento
dell’atto di demolizione e la maturata reiezione delle istanze di sanatoria presentate dal ricorrente.
La sentenza gravata ha, in sintesi, dichiarato il difetto di giurisdizione sulle domande proposte
avverso l’intimazione di sgombero del 2013; ha dichiarato l’inammissibilità (per tardività, difetto di
legittimazione, improcedibilità) delle domande intese nel 2008 ad una nuova sanatoria e contro la
presa di possesso dell’edificio; ha respinto tutte le altre censure, in particolare quanto al rigetto nel
2005 della prima istanza di sanatoria, per contrasto quanto alla distanza di 5 metri dal confine e
relativamente ai conseguenti atti di accertamento dell’inottemperanza a demolire e dell’immissione
in possesso.
L’appello ha riproposto le doglianze iniziali e mediante un unico motivo ha denunciato l’erroneità
della sentenza, nella sostanza criticando le censure trattate dai primi giudici circa la ripresa della
decorrenza del termine per la demolizione, la trascrizione avvenuta in data 26 ottobre 2005,
l’attendibilità della planimetria, la non sanabilità dell’opera, l’acquisizione avvenuta per tutta l’area
(laddove soltanto per un lato la costruzione non avrebbe rispettato il distacco), l’errato diniego
opposto alla nuova domanda di sanatoria e la non condivisibilità delle conclusioni in merito al
dedotto difetto di giurisdizione, trattandosi di un bene ancora abitato e coltivato da esso appellante,
nella sua titolarità del relativo diritto reale.
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Si è costituito in giudizio e resiste il comune intimato.
Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione immediata.
3.- In linea preliminare va esaminata la questione declinatoria della giurisdizione sull’intimazione di
sgombero, affermata dai primi giudici con un percorso argomentativo in verità per esclusione.
La sentenza gravata, infatti, pur correttamente muovendo dall’automatico effetto ablativo connesso
all’inosservanza dell’ordine di demolizione oltre il termine concesso allo scopo dell’adempimento
spontaneo, ha poi ravvisato natura di diritto soggettivo nella pretesa (solo enunciata) di perdurante
titolarità del bene reale (ma ormai in proprietà comunale).
Come statuito dalla Cassazione civile, “perchè le azioni possessorie siano esperibili nei confronti
della p.a., è necessario che il comportamento di quest'ultima non si estrinsechi in atti o
provvedimenti emessi nell'ambito e nell'esercizio dei poteri ad essa spettanti e aventi contenuto, in
senso lato, ablativo, ossia idonei ad incidere nella sfera giuridica del privato, ma si concreti in una
mera attività materiale lesiva di beni dei quali questi assuma la proprietà o il possesso” (cfr. Sez.
un., sent. 21 giugno 2012 n. 10285 e precedenti ivi citati).
Ne consegue, quindi, versandosi in tema di violazioni urbanistico-edilizie, la riforma della sentenza
sotto tale aspetto, che tuttavia non dà luogo ad annullamento con rinvio, essendo state prese in
considerazione dai primi giudici le problematiche sostanziali sottese e le censure formulate in via
derivata.
4.- Nel merito, è prioritario osservare che, nella specie, si è consolidato e reso intangibile l’ordine di
demolizione, come da giudicato intervenuto tra le parti (sentenza del T.a.r. Campania, sez. II, 23
giugno 2006 n. 7166, confermata dalla decisione di questo Consiglio, sez. IV, 27 giugno 2007 n.
3757).
Situazione d’irreversibilità, quella innanzi descritta, che discende altresì dal giudicato penale del
Tribunale di Napoli di cui alla sent. n. 17020 dell’11 maggio 2009 (irrevocabile dal 3 gennaio
2012), con cui è stata disposta la demolizione, se non altrimenti eseguita, delle opere abusive in
questione.
Recita l’art. 31, comma terzo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che “Se il responsabile dell'abuso
non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni
dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti
prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di
diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere
superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Da ciò deriva, ove l'ordine di demolizione non eseguito sia divenuto inoppugnabile, che l'autore
dell'abuso non può far valere in sede d’impugnativa, relativamente all'atto dichiarativo dell'avvenuta
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acquisizione gratuita, eccezioni in merito alla natura dell'intervento ed al tipo di sanzione applicata
ma, unicamente, vizi formali e procedurali inerenti alla fase d’impossessamento del bene da parte
del comune.
5.- Relativamente a tale stadio dell’impugnazione, prevede poi il successivo comma quarto del
predetto articolo, che “L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine
di cui al precedente comma, previa notificazione all'interessato, costituisce titolo per l'immissione
nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”.
Vale a dire che il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita dell'opera
abusiva al patrimonio comunale ha, nella configurazione della suddetta disposizione, carattere
meramente dichiarativo, in quanto interviene automaticamente per effetto dell’inottemperanza
all'ordine di demolizione.
Né giova al ricorrente riportarsi a sospensioni cautelari intervenute nel corso delle acquisizioni
istruttorie, comunque superate dalla decisione finale di merito, che ha disatteso ogni censura
inerente alle sanatorie o alla sanabilità dell’intervento ed al titolo comunale d’immissione in
possesso conseguente alla riscontrata inottemperanza, alla luce dell’incontrovertibile giudicato sulla
demolizione del manufatto per violazione delle regole urbanistiche relative alle distanze.
6.- D’altro canto, poiché la notificazione del verbale di accertamento dell'inottemperanza
all'ordinanza di demolizione non ha alcun contenuto dispositivo, limitandosi a constatare in via
ricognitiva e vincolata l'inadempimento dell'ordine di demolizione, non è quindi necessario che lo
stesso venga notificato al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si
disponga l'acquisizione gratuita, rilevando l'adempimento della notificazione all'interessato
dell'accertamento formale dell'inottemperanza, pienamente idoneo a consentire all'ente l'immissione
in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, sent. 12 dicembre 2008 n. 6174; Cassazione penale , sez. III, sent. 28 novembre 2007 n.
4962).
Nella specie, la strumentale previa notificazione all'interessato della constatata inottemperanza è
avvenuta in data 19 ottobre 2005 (v. disposizione dirigenziale n. 47 del precedente giorno 18) e
contestualmente è stata disposta l’acquisizione con la trascrizione nei registri immobiliari, con la
conseguenza che le formalità relative all’acquisizione ed alla trascrizione non andavano affatto
ripetute dopo il rigetto della prima istanza di sanatoria per lo stesso motivo di cui alla demolizione
(violazione delle distanze) o dopo la ultronea seconda sanatoria negata nel 2008 (per difetto di
legittimazione).
7.- Ad ogni modo, nella situazione sin qui descritta, le censure formulate in via principale e derivata
con l’atto introduttivo e quello di appello, per essere incentrate sulla pretesa di conservare un
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manufatto dichiarato illegittimo, si pongono in violazione del principio del “ne bis in idem” e,
comunque, recedono perché prive di giuridico fondamento in tutti i loro profili.
Né, contrariamente a quanto dedotto, l’amministrazione avrebbe potuto procedere ad una sanatoria
parziale dell’edificio, per la sola parte rientrante nei cinque metri dal confine, essendo l’abuso non
scorporabile ed il manufatto unico, quindi, non suscettibile di demolizione frazionata.
Né corrisponde a realtà che sia stata acquisita al patrimonio comunale tutta l’area in proprietà, per le
ragioni all’inizio precisate e dal momento che il ricorrente neppure aveva indicato o provato la
consistenza dell’asserito esubero, andando considerate anche le pertinenze, compresi i parcheggi.
8.- Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto e la sentenza parzialmente confermata, come da
dispositivo.
Le spese di lite possono essere compensate anche in questo grado, per giusti motivi.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) respinge l’appello (r. g. n. 8577 del 2013)
e, a parziale conferma della sentenza impugnata, in parte dichiara inammissibile ed in parte respinge
il ricorso di primo grado, come da motivazione.
Spese del giudizio di secondo grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014, con l'intervento dei
giudici:
Aldo Scola, Presidente FF
Vito Carella, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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