Futuro incerto per gli ospedali Sanità

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶13 ottobre 2014¶N. 42
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Società e Territorio
Futuro incerto per gli ospedali
Sanità La pianificazione ospedaliera ticinese è un parto difficile e rischia di non veder la luce
nel 2015 come previsto. La parola al Parlamento
Fabio Dozio
Gli ospedali in Svizzera sono troppi. È
una conseguenza del federalismo e della libertà dei cantoni. I costi della sanità esplodono, perciò Berna ha deciso di
intervenire imponendo ai cantoni di
pianificare la loro offerta di strutture
sanitarie. La pianificazione ospedaliera,
che il Governo ticinese ha annunciato
alla fine del maggio scorso, è imposta
dalla Legge federale sull’assicurazione
malattia (LAMal) e prevede di togliere
250 letti agli ospedali per trasformarli
in letti di istituti di cura, per la convalescenza.
Il nostro cantone parte con un paio
di peculiarità che non facilitano il compito. Le cliniche private rappresentano
il 41 per cento dell’offerta di letti, rispetto a una media svizzera del 19. Il numero degli anziani, che più facilmente
ricorrono alle cure, è maggiore rispetto
al resto del paese. E, infine, la pianificazione deve essere votata dal Parlamento, ciò che a pochi mesi dalle elezioni
politiche complica le cose, mentre in
altri cantoni è decisione governativa o
dipartimentale. Per contrastare l’aumento dei costi sarebbe necessaria una
rivoluzione centralista, con una pianificazione nazionale di tutte le strutture
ospedaliere. Ma si tratta di pura utopia,
il federalismo svizzero è sacro, anche
se non sempre utile al cittadino, e ogni
cantone ha interessi specifici da difendere.
In Ticino le cliniche
private rappresentano il
41 per cento dell’offerta
di letti, rispetto a una
media svizzera del 19
L’obiettivo della pianificazione è razionalizzare e contenere l’esplosione dei
costi, ma il messaggio del Governo ticinese sottolinea che «le scelte sono fondate sui bisogni dei pazienti e sulle qualità
delle cure. L’obiettivo principale rimane
quello di garantire una distribuzione
equa delle cure di base e, nel contempo,
una maggior concentrazione delle specialità». Contenere le spese garantendo
la migliore qualità delle cure rimane
un’impresa ardua, considerando che la
popolazione invecchia e che le tecnologie si rinnovano in continuazione,
fattori che aumentano i costi. Che cosa
propone la pianificazione annunciata
dal Governo? Gli ospedali più importanti sono due, l’Ospedale regionale di
Lugano e il San Giovanni di Bellinzona,
che «vengono valorizzati nei loro contenuti e risultano ben complementari».
Gli attuali ospedali di Faido, di Acqua-
L’Ospedale di
Acquarossa: in
sua difesa sono
state raccolte
5948 firme. (CdT Fiorenzo Maffi)
rossa, di Castelrotto, così come le cliniche Varini di Orselina e San Rocco di
Lugano vengono declassati, o, come dice
il messaggio, «riorientano il loro reparto
di medicina di base verso la presa in carico di pazienti subacuti», pazienti che in
sostanza hanno necessità di trascorrere
una convalescenza.
L’altra novità fondamentale è che
viene confermato il finanziamento delle cliniche private che sono riconosciute nella pianificazione allo stesso titolo
degli istituti pubblici. Inoltre si prevede
che tra pubblico e privato si realizzino
progetti di collaborazione, per esempio
nell’ambito della maternità con la clinica
Santa Chiara di Locarno e Sant’Anna di
Sorengo. «La collaborazione tra pubblico e privato già esiste e sarà sempre più
estesa – afferma Mimi Lepori Bonetti,
presidente dell’Associazione cliniche
private – per quanto concerne Sant’Anna, storicamente è la clinica dove nascono più bambini in Ticino. Ritengo quindi giusto che in questa Clinica si crei il
vero polo del progetto donna bambino».
«L’apertura ai privati va bene – ci
dice Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino – a
patto che siano date le garanzie di qualità delle cure, come nel pubblico. Ma se
paragoniamo, per esempio, Sant’Anna al
San Giovanni, la clinica di Sorengo non
può sostenere il confronto». Per gli altri
ospedali dell’ente, Beata Vergine di Men-
drisio e La Carità di Locarno, così come
per la Clinica luganese non cambia niente, «restano poli di riferimento regionali
– dice il Governo – con tutte le specialità
necessarie per garantire una medicina di
prossimità di buon livello». Le altre cliniche private del luganese, Ars Medica di
Gravesano e Cardiocentro di Lugano si
rafforzano nelle loro specialità, ortopedia, cardiologia e cardiochirurgia.
Altra novità è la fissazione di un
massimo di prestazioni fornito da ogni
ospedale. D’accordo contenere i costi,
ma non è facile capire che cosa possa accadere fissando dei numeri massimi di
pazienti da curare. «La pianificazione
per volumi è inaccettabile – ci dice Bruno Cereghetti, membro della Commissione che sta discutendo la pianificazione – siamo l’unico cantone a proporla. È
una camicia di forza che può pregiudicare la qualità delle cure». Il presidente
della commissione parlamentare per la
pianificazione Bixio Caprara smussa e
sottolinea che «il tetto massimo va considerato come un fattore economico,
uno strumento di controllo della spesa, non porterà a una limitazione delle
cure». Intanto, negli ospedali serpeggia
l’incertezza e nel paese cresce il malcontento. Ad Acquarossa sono state raccolte
5948 firme per difendere l’Ospedale. A
consegnare la petizione al presidente del
Gran Consiglio Gianrico Corti c’erano i
sindaci dei tre comuni bleniesi assieme
ai due deputati della valle al Parlamento
cantonale, Gianni Guidicelli e Walter
Gianora.
A Faido altra raccolta di firme.
Alla Cancelleria cantonale sono state
consegnate duemila sottoscrizioni per
chiedere di non smantellare il reparto di
medicina interna che porterebbe a un ridimensionamento del nosocomio leventinese. A Bellinzona ci si preoccupa per il
futuro del San Giovanni. La pianificazione prevede una riduzione degli interventi ortopedici e questa proposta ha indotto
alle dimissioni il primario di ortopedia
e altri tre medici. «L’impressione – ha
dichiarato il sindaco Mario Branda – è
che si stiano precorrendo i tempi politici
per attuare la pianificazione ospedaliera.
Noi sosteniamo un ospedale cantonale
multi-sito, ma bisogna tener conto della
nostra regione».
Che fine farà la proposta di pianificazione? Caprara si augura di poter presentare un rapporto al Parlamento in
novembre: «Si tratta di trovare una soluzione che possa essere accolta dal Parlamento, cerchiamo la quadratura del cerchio!». Denti bacchetta: «È un messaggio
pasticciato che forse merita di essere
rimandato al mittente». Cereghetti è più
possibilista: «Si tratta di una pianificazione spezzettata, non si può pianificare
a tavolino senza tener conto di ciò che già
funziona, come l’ortopedia a Bellinzona, ma penso che si potrebbe andare in
lettori. Ed ecco a fine settembre la prima
edizione resa possibile grazie alla Fondazione Corriere della Sera, Io Donna,
ValoreD e Women for Expo 2015.
L’idea alla base l’ha ben spiegata la vicedirettrice del quotidiano italiano Barbara Stefanelli: «Quello fin qui ideato, prodotto e messo in scena è un percorso che
ha cercato di raccontare come stanno le
donne nel nostro tempo. E, soprattutto, come vorrebbero stare». Per leggere
qualche resoconto dell’evento, per capire di che cosa stiamo parlando basta
andare sul blog del «Corriere della Sera»
«La 27Ora» (http://27esimaora.corriere.
it). Soprattutto si sono messe a tema questioni concrete come il reinserimento
sul lavoro di una mamma al ritorno dal
periodo di maternità.
Gli ambienti di lavoro, specialmente
quando le donne occupano posizioni
importanti, sono un buon termometro
per capire quanto gli stereotipi di genere continuino ad essere profondamente radicati. Nel post si legge di «Laura,
un’amica pubblicitaria» che racconta
«di una riunione in cui, tra le altre cose,
si doveva organizzare il lavoro in vista
del prossimo rientro di una collega dalla
maternità. Bisognava decidere in quale
progetto inserirla e la questione è stata
posta dal capo più o meno con queste
parole: “E adesso chi se la piglia che avrà
la testa solo su biberon e pannolini”»
(andate qui per leggere tutta la storia
http://27esimaora.corriere.it/articolo/
sono-matti-metteranno-in-consiglioparecchie-donnegli-stereotipi-da-combattere-ancora/#more-28648).
È evidente come dice la Stefanelli «che
qualcosa stia cambiando e che questo
cambiamento possa essere accelerato,
Gran Consiglio con un progetto corretto
e condiviso: una soluzione concordata
transitoria che poi potrà essere migliorata». Mimi Lepori Bonetti ci dice che «nel
messaggio i criteri di economicità e di
qualità dovevano giocare un ruolo maggiore. Alcuni capisaldi della pianificazione, come la trasformazione da ospedali
in istituti di cura, sono già stati criticati e
il Dipartimento della sanità e della socialità dovrà trovare nuove soluzioni».
«La verità è che questo cantone ha
dormito e dorme – sostiene Bixio Caprara – È dal 2010 che il Ticino deve preparare la pianificazione. Zurigo nel 2012
ha votato. Qui si sono persi quattro anni
e ora la nostra commissione lotta contro
il tempo». Insomma, il dibattito è più
aperto e vivo che mai, la pianificazione
ospedaliera sembra un parto difficile,
ma siamo solo all’inizio. Nei prossimi
mesi il Ticino sarà confrontato con altre
decisioni importanti. La significativa
proposta di creare una facoltà di medicina, la decisione sul futuro ospedale cantonale («una o due strutture per le cure
specialistiche» afferma senza sbilanciarsi
l’Eoc) e, infine, la competizione a livello
svizzero per aggiudicarsi alcuni centri di
medicina altamente specializzata. Tanti temi caldi che si sovrappongono e che
meriterebbero di essere discussi, valutati e ponderati simultaneamente, e non a
spizzichi, nell’interesse dei cittadini e dei
pazienti di questo Cantone.
La società connessa di Natascha Fioretti
Il tempo delle donne
È arrivato il tempo delle donne. È arrivato il tempo dell’attenzione, di mettere
al centro le questioni femminili, di puntare il faro su ciò che ancora le ostacola
nel poter realizzare tutto ciò che vogliono. «Tutto ciò che vogliono»... non sarà
un po’ troppo ambizioso penserà qualcuno? No, non lo è. Le donne, proprio
come gli uomini, devono poter avere la
medesima possibilità di scelta, le medesime opportunità di lavoro. Se non
vogliono fare carriera, bene. Ma se vogliono arrivare in alto e avere una famiglia devono poterlo fare. Devono vivere
in una società, in un contesto politico e
professionale che non vedono la maternità come una spina nel fianco, ma come
una risorsa, un valore aggiunto, attivandosi per creare un sistema ed un’infrastruttura virtuosi che sostengono ed
incentivano la donna nel suo percorso.
Una realtà ancora lontana ma, la direzione intrapresa al momento, sembra
essere quella giusta.
Qualche settimana fa a Berlino si è tenuta la più prestigiosa conferenza internazionale sulle donne, la WIN (Women
International Network) Conference. Novecento presenze femminili provenienti
da ogni parte del mondo con un 5 per
cento maschile. A Milano invece, a fine
settembre, «Il tempo delle donne. Storie, idee azioni per partecipare al cambiamento», tre giorni di eventi con oltre
cento appuntamenti in programma.
Un progetto del «Corriere della Sera»
nato un anno fa con l’obiettivo di creare
sulle donne e con le donne una grande
inchiesta, accogliendo e raccogliendo le
voci di personalità pubbliche, giornaliste, artiste, esperte, ma anche di lettrici e
curato, diffuso da quanti hanno una
possibilità di aiutare la riflessione tra le
persone e poi di sostenere azioni, piccole
e grandi, per costruire un vivere migliore più autentico, aggiornato alle nostre
capacità e inclinazioni».
Tra chi può contribuire ci sono in prima
istanza i media, sono loro che possono
e devono assumersi la responsabilità e
l’impegno di mettere sul tavolo i problemi e di provare a trovare delle soluzioni,
sono loro che possono creare il giusto dibattito, il confronto, il terreno fertile per
il cambiamento.
In Inghilterra da tempo lo fa il «Guardian» con tutta una sezione dedicata
alle donne e pure un blog (http://www.
theguardian.com/lifeandstyle/womens-blog), in Italia il «Corriere della
Sera». Esempi ai quali guardare da oltre confine.