1 Adam Smith 1723-1790 Adam Smith nacque a Kirkaldy e fu

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Adam Smith
1723-1790
Adam Smith nacque a Kirkaldy e fu battezzato il 5 giugno 1723.
Suo padre, avvocato e funzionario, morì prima della nascita del bambino.
Smith fu allevato dalla madre con la quale ebbe un rapporto di profondo affetto.
A quattordici anni lasciò Kirkaldy per andare all'Università di Glasgow. Studiò
al Glasgow College dal 1737 al 1740.
Ottenne una borsa di studio per completare gli studi a Oxford dove studiò e
lavorò per sei anni.
Nelle sue letture ebbero grande peso le materie umanistiche. Si appassionò allo
studio della natura umana e a tutte le discipline che ne trattavano, la storia politica in
primo luogo.
Tornò a Kirkaldy nel 1746.Trovò un protettore potente, Henry Home, più
tardi Lord Kames, appassionato di letteratura. Nell'inverno del 1748, sotto il
patrocinio del suo protettore, Smith, trasferitosi a Edimburgo, tenne un corso
pubblico di lezioni dedicato alla letteratura inglese.
Nelle lezioni pubbliche Smith enunciò per la prima volta le sue tesi sulla libertà
naturale. Per far emergere una nazione da uno stadio di sviluppo arretrato e portarla a
un alto grado di benessere si richiedono tre condizioni: la pace, un apparato giudiziario che funzioni in modo decente e un carico fiscale ragionevole e non troppo
gravoso. Le tre condizioni sono requisiti necessari: allora il benessere fiorirà per
naturale corso delle cose.
Durante il soggiorno a Edimburgo Adam Smith conobbe David Hume.
Grazie al successo delle lezioni d’Edimburgo, Smith fu nominato professore
di Logica a Glasgow nel 1751 e gli fu poi assegnata la cattedra di Filosofia morale.
Il corso di Filosofia morale includeva: la teologia (l'esistenza e gli attributi
di Dio, i principi della mente su cui è fondata la religione); l'etica ovvero la teoria del
sentimento morale; la teoria della giustizia e del diritto; i temi di scienza politica o
economia.
Pubblicò nel 1759 The Theory of Moral Sentiments che gli guadagnò il
successo letterario.
Nel 1764 gli fu offerto di accompagnare il giovane duca di Buccleuch in un viaggio di istruzione sul continente, con un ottimo stipendio nel periodo del viaggio e una
pensione a vita al termine del servizio.
Dopo una sosta a Parigi, si stabilì a Tolosa per un circa un anno e mezzo, un
soggiorno durante il quale stese l’abbozzo della sua opera maggiore.
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A Parigi Smith conobbe Turgot, Quesnay, Necker, d'Alembert, Helvétius e
l'ambiente dei salotti, dove si svolgeva la conversazione colta.
La conoscenza con Quesnay e Turgot ha dato motivo di controversia agli storici
del pensiero economico. Smith ebbe grande stima di entrambi. A Quesnay progettò di
dedicare la Ricchezza delle nazioni.
All’epoca del viaggio Smith aveva già maturato le sue idee fondamentali (fin
dagli anni di Edimburgo e di Glasgow).
Tornò in Gran Bretagna nel 1766. Non riprese l'insegnamento. Tornò a vivere
a Kirkaldy con la madre, interrompendo la vita di studio con soggiorni a Edimburgo o
a Londra.
Nel 1776 pubblicò An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of
Nations ebbe diffusione e fama in tutta Europa. Il libro fu completato a Londra in
quattro anni di lavoro, dal 1773 al 1776.
Il 1776 fu segnato dalla morte dell'amico David Hume, che morì senza
rinnegare il suo scetticismo religioso. Smith ne fu esecutore testamentario. Volle
testimoniare il coraggio dell'amico nella lunga malattia e la dolorosa lettera, in cui
racconta la pazienza e l'ironia, la nobiltà d'animo di Hume di fronte alla morte, gli
conquistò critiche ingiuriose ben più violente di quelle che si era attirato per la
difesa della libertà di commercio.
Fu nominato Commissioner of Customs, ossia supervisore delle dogane. A
partire dal 1766 collaborava occasionalmente come consulente del governo.
Trascorse l'ultimo periodo della vita a Edimburgo, in famiglia, godendo della
compagnia di una cerchia di amici cari cui apriva la sua casa con grande senso
dell'ospitalità.
Nel corso della malattia che lo portò alla morte ordinò di distruggere i suoi
manoscritti rimasti incompiuti.
Morì serenamente nel 1790. Salutò gli amici dicendo: "I believe we must
adjourn this meeting to some other place".
Le opere di Smith sono state pubblicate in edizione critica per celebrare il bicentenario
di The Wealth of Nation:
The Glasgow Edition of the Works and Correspondence of Adam Smith, a cura di
D.D Raphael. e A.S. Skinner, Clarendon Press, Oxford.
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La Teoria dei sentimenti morali
The Theory of Moral Sentiments (Smith 1790), pubblicato in prima edizione
nel 1759, nacque dalle lezioni di filosofia morale a Glasgow.
Smith ha un'intuizione profonda che rappresenta la sua prospettiva
d’indagine: la vita di relazione, organizzata nella società, è la natura stessa
dell'esistenza umana.
A differenza di altri autori del XVII o del XVIII secolo Smith non concepisce
l'uomo isolato neppure nella finzione teorica dello stato di natura. Gli esseri
umani vivono del rapporto con gli altri.
A fondamento del comportamento umano, in tutti i suoi aspetti, meditati o
impulsivi, egoistici o generosi, Smith pone il bisogno di riconoscimento: il bisogno
di essere notati, accettati, approvati, adulati, amati, il bisogno di essere “visti” da
altri esseri umani.
E’ il bisogno interiore primario dal quale sgorgano tutte le passioni e dal quale
si forma, per educazione e affinamento, la virtù. Smith riflette sulle passioni e la
socialità.
Il problema di Hobbes
Come si regge una società formata da individui ciascuno dei quali accetti e
segua l'impulso prepotente all'affermazione individuale?
Come si concilia il vincolo sociale con l'egoismo dei singoli, con la loro fame di
esperienza, di vita, di beni, di lusso, di potere, di ricchezza?
L'inquietante problema sollevato da Thomas Hobbes(1588-1679) domina la
riflessione sulla socialità nel pensiero europeo del XVIII secolo.
Bernard de Mandeville (1670-1733) nel testo The Fable of the Bees: or
Private Vices, Publick Benefits pubblicato nel 1714, sostenne che le passioni
egoistiche, come l'orgoglio, la vanità, la lussuria, la prodigalità, sono all'origine
di tutte le attività economiche, delle scienze e delle arti.
Nella Theory of Moral Sentiments, con metafora ripresa da Hobbes, la società
umana “appears like a great, an immense machine, whose regular and harmonious
movements produce a thousand agreable effects”(Smith 1790[1976]: 316).
A fondamento della socialità c’è la giustizia e il sentimento mortale che
permette all’uomo di sentire le ragioni dell’altro di fronte a sé.
Smith vede la macchina della società perfezionarsi progressivamente, per piccoli mutamenti. La virtù riduce gli attriti tra le varie parti della grande macchina, “the
fine polish to the wheels of society”; il comportamento vizioso è come sabbia gettata
tra gli ingranaggi, “the vile rust which makes them jar and grate upon one another” e
ne mette a rischio il moto regolare (Smith 1790[1976]: 316).
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La simpatia
Nella natura umana convivono due principi: la simpatia e l'amore di sé.
Smith sceglie il termine simpathy per indicare il sentimento di empatia in
generale, ne sia oggetto il dolore o la gioia o qualunque altro affetto. Simpatia è
il sentire in consonanza con gli affetti di un'altra persona.
Non può essere identificata con l'egoismo o ricondotta all'egoismo, perché
nella simpatia ci si identifica con le condizioni dell'altro, con la sua persona.
La simpatia è uno dei principi fondamentali della natura umana, al di là
della maggiore o minore bontà dei singoli. Persino il peggior delinquente ne è
dotato in qualche misura.
La simpatia è il sentimento su cui si fonda la possibilità del giudizio etico.
Smith critica i sistemi di filosofia morale che riducono il comportamento
umano al solo principio dell'egoismo e condivide per questo aspetto la polemica di
Hutcheson contro Hobbes.
All'amore di sé Smith riconosce una potenzialità positiva: non è solo
egoismo ma anche la fonte di sentimenti nobili, di magnanimità, di grandezza.
Nel bisogno che l'essere umano ha di essere notato e riconosciuto dagli altri
l'amore di sé muove alla ricerca del successo e dell'avanzamento sociale: è l’impulso
che produce il miglioramento di tutti come risultato dello sforzo per migliorare di
ciascuno.
Smith non identifica l'amore di sé con l'egoismo, benché distingua amore di sé e
benevolenza. Amore di sé e benevolenza sono principi entrambi essenziali per la socialità.
Non è alla sola benevolenza che Smith affida il rispetto degli altri e l'agire etico.
Nell'animo umano vi è una voce della ragione, che con il distacco di un
osservatore imparziale giudica i nostri atti in rapporto agli altri. L'osservatore
imparziale (“the impartial spectator”) è l'uomo interiore (“the judge within the breast”)
che parla in noi per giudicare il nostro comportamento.
Presenta la bilancia delle nostre ragioni e delle ragioni dell'altro di fronte a noi, valuta
le nostre reazioni e ci indica quando sono esagerate rispetto ai fatti o agli altrui diritti.
Nel giudizio morale l'animo umano si scinde in due diverse persone: l'io che sente e
agisce di fronte all'altro e l'occhio interiore, che osserva il carattere e la condotta e giudica
con imparzialità tra l'io e l'altro.
Il giudizio morale è fondato sulla simpatia, perché non sapremmo riconoscere le
ragioni dell'altro se non sapessimo operare quello scambio di persona che ci fa sentire gli
affetti dell'altro.
Le massime generali del giudizio morale debbono poi essere elaborate dalla ragione.
Su quali principi si fondano i giudizi che la voce interiore esprime?
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L'etica di Smith si muove tra due poli: i principi della morale e della
giustizia, universali, di ispirazione divina; la varietà dell'esperienza etica, per la
varietà delle forme di organizzazione delle relazioni umane nella storia, e persino per
gli obblighi diversi che impone a ciascuno il ruolo che ricopre nella società.
Chi è l'osservatore imparziale? È il giudizio collettivo, un'etica interiorizzata che
rappresenta, la voce esteriore dei costumi, delle convenzioni o dei pregiudizi morali che ci ha
trasmesso la società in cui viviamo?
Smith non ha illusioni sugli errori che possono prevalere nel giudizio collettivo.
Né crede alla casistica della scolastica.
L'osservatore imparziale è l'intima educazione della nostra sensibilità
morale alla luce di una tensione costante verso la giustizia e il rispetto della vita di relazione che ha un insopprimibile fondamento universale di natura religiosa.
La facoltà morale, innata, si sviluppa con l'esperienza, l'introspezione,
l'autocontrollo. Nasce dall'immediato sentire della simpatia, ma richiede la
disciplina della ragione.
Smith ha fede nel progetto divino della natura umana. Racconta il difficile
avvicinamento dell'umanità alla conquista, sempre precaria, sempre ardua, della
natura etica.
La socialità e la giustizia
L'etica di Smith è un'etica della responsabilità e non della rinuncia.
La ricerca della felicità e l'interesse personale sono principi vitali.
E’ obbligo di ciascuno provvedere alla propria salute, alla propria vita, al
proprio benessere e curare coloro che gli sono più vicini per parentela o affetti.
Da questi impulsi vitali e da questi obblighi rettamente intesi nascono la
laboriosità, la concentrazione mentale, l'economia, l'attenzione: abitudini costruttive
che portano al miglioramento e al progresso.
Persino il gusto dell'ornamento e del mettersi in mostra, che Mandeville aveva
bollato come vanità, è per Smith anche amore del bello e del piacevole, fonte di arte,
architettura, musica. La vita collettiva ne è arricchita.
La socialità richiede il riconoscimento reciproco dei diritti.
La giustizia è il fondamento ultimo della socialità e senza la giustizia la società
precipiterebbe nel caos e nel disordine.
L'ideale della giustizia naturale è difficile da raggiungere; i sistemi giuridici in
vigore possono essere viziati dalla prepotenza dell'autorità o di gruppi particolari, dalla
natura ancora primitiva della società civile, dai difetti di funzionamento del sistema
giudiziario. Ogni sistema di leggi in vigore è un tentativo imperfetto di accostarsi ai
principi della legge naturale.
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Il testo di Smith si chiude con un richiamo all'opera di Hugo Grotius:
“the first who attempted to give the world anything like a system of those
principles which ought to run through, and be the foundation of the laws of all nations
(…)”(Smith 1790[1976]: 341-342).
Smith, moralista con forti simpatie per l'etica stoica, è un illuminista che
confida nella possibilità del progresso. E’ osservatore acuto dei danni prodotti dai
comportamenti umani, che non siano retti dalla ragione illuminata o dal semplice
buon senso dell'autentica virtù.
Smith ha una visione disincantata del potere combinata a un realismo altrettanto
sobrio sulla presenza delle disuguaglianze sociali – (“the distinction of ranks”).
Accetta e difende la necessità della disuguaglianza di status, nelle società
progredite, mantenendo vigoroso il sentimento dell'uguaglianza originaria di tutti gli
uomini. Simpatizza con i poveri che lavorano e riconosce il valore dell'etica di
sacrificio, prudenza, onestà, laboriosità che la condizione sociale impone ai ceti meno
favoriti nella scala sociale.
Nella società di mercato (“the commercial society”) l'uomo prudente di Smith
cerca la propria speranza di avanzamento nel lavoro: nella grande trama della divisione
del lavoro dipende da migliaia di suoi pari senza essere cortigiano o servo di nessuno.
L'uomo prudente di Smith è una nuova persona della storia, che esce dalla
società servile e si affranca non dal bisogno, né dalla disuguaglianza, ma dalla dipendenza personale e dall'abbrutimento della condizione inferiore.
Due fortunati ritrovamenti ci consentono di conoscere gli appunti tratti
dalle lezioni di diritto ed economia che Smith tenne a Glasgow. Sono ora pubblicati con
il titolo Lectures on Giurisprudence (Lezioni di giurisprudenza).
Le lezioni di diritto e di economia permettono di ricostruire il piano di lavoro di
Smith.
Il diritto naturale (“natural jurisprudence”) è la scienza dei principi che debbono
ispirare le leggi, in nome del rispetto "sacro e religioso" che impone a ciascuno uomo
giusto di non turbare o violare la felicità altrui. È la dottrina dei diritti naturali
dell'individuo, che deve ispirare il legislatore, l'uomo saggio che opera per il bene del
proprio paese migliorandone gli ordinamenti, senza forzare con la violenza i costumi o
persino i pregiudizi della popolazione, senza imporre sanguinosi sconvolgimenti
dell'assetto sociale esistente.
I principi generali della legislazione si occupano non solo della giustizia, ma anche della regolamentazione dei mercati e dell'attività economica (“police”), delle entrate
pubbliche per finanziare la spesa dello Stato (“revenue”), della difesa (“arms”) e del
diritto internazionale.
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La Ricchezza delle Nazioni
L'economia politica come ramo della scienza dello statista e del legislatore
Nella storia d'Europa che Smith racconta il filo conduttore è
l'emancipazione dal mondo feudale: il progressivo superamento dell'antico regime
e le possibilità di progresso offerte da un nuovo assetto sociale e politico, il sistema
della libertà naturale.
Nella cultura del Settecento i confini tra economia, sociologia e teoria della
politica non erano netti. La politica rientrava nel campo della filosofia morale, che
includeva l'etica e i principi del diritto naturale.
L'oggetto che l'antica filosofia morale si proponeva di indagare era in che cosa
consistessero la felicità e la perfezione dell'uomo, considerato non solo come
individuo ma anche come membro della famiglia, dello Stato e della grande
società del genere umano. In quella filosofia i doveri della vita umana erano
trattati come mezzi per raggiungere la felicità e la perfezione della vita dell'uomo.
Ma quando la morale, come la filosofia naturale, giunse a essere insegnata solo
come sussidiaria alla teologia, i doveri della vita umana furono trattati
principalmente come mezzi per la felicità in una vita a venire. Nella filosofia
antica, la perfezione della virtù era considerata come produttiva, per chi la
possedesse, della più perfetta felicità in questa vita. (Smith 1776[1976],Book
V.i.f.: 771)
L'ideale della libertà naturale
Il sistema della libertà naturale è un ordinamento fragile. Va tutelato
dall'arroganza del potere e dalla prepotenza interessata dei privati.
By such maxims as these, however, nations have been taught that their interest
consisted in beggaring all their neighbours. Each nation has been made to look with
an invidious eye upon the prosperity of all the nations with which it trades, and to
consider their gain as its own loss. Commerce, which ought naturally to be, among
nations, as among individuals, a bond of union and friendship, has become the most
fertile source of discord and animosity. The capricious ambition of kings and ministers has
not, during the present and the preceding century, been more fatal to the repose of
Europe, than the impertinent jealousy of merchants and manufacturers. The violence
and injustice of the rulers of mankind is an ancient evil, for which, I am afraid, the
nature of human affairs can scarce admit of a remedy. But the mean rapacity, the
monopolizing spirit of merchants and manufacturers, who neither are, nor ought to
be the rulers of mankind, though it cannot perhaps be corrected, may very easily be
prevented from disturbing the tranquillity of any body but themselves. (Smith
1776[1976], IV.iii.c.:493).
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La Ricchezza delle nazioni: struttura dell’opera e divisione in libri.
All'economia politica "considerata come ramo della scienza dello statista e del legislatore" Smith assegna due obiettivi:
mettere in grado la popolazione di provvedere abbondanti mezzi di sussistenza per i
suoi bisogni
garantire allo Stato entrate sufficienti per i servizi pubblici (Smith 1776[1976], IV,
Introduction).
L'esposizione è divisa in cinque Libri, a loro volta suddivisi in capitoli.
Il I Libro, Of the Causes of Improvement in the Productive Powers of Labour,
and of the Order according to which its Produce is naturally distributed among the
different Ranks of the People, tratta i principi generali della formazione dei prezzi
e della distribuzione del reddito. Discute le cause dell'aumento della produttività del
lavoro e la distribuzione del prodotto del lavoro tra i diversi ceti che compongono la
popolazione.
Distingue tre redditi: i salari, i profitti, le rendite.
Intende spiegare quali circostanze regolino il livello medio del salario, del
saggio di profitto e della rendita.
Definisce i livelli normali dei tre redditi:
il saggio naturale del salario,
il saggio naturale del profitto,
il saggio naturale della rendita.
Il livello medio o naturale del salario è spiegato dal paniere di beni che forma la
sussistenza del lavoratore (secondo le consuetudini e le condizioni dell'epoca). In una
società in sviluppo i salari dei lavoratori possono per lunghi periodi mantenersi superiori al
livello minimo di sussistenza. Il livello del saggio di profitto è ricondotto all'abbondanza
o scarsità di capitali.
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Il Libro II, intitolato Of the Nature, Accumulation and Employment of Stock,
affronta il problema dello sviluppo economico: il progresso della ricchezza della nazione
grazie all'accumulazione dei capitali, la possibilità di accrescere nel tempo il reddito della
popolazione.
Il III Libro, Of the Different Progress of Opulence in Different Nations,
affronta le cause dei divari di sviluppo tra paesi che si osservano nella storia.
Il Libro è una documentata storia economica e sociale dell'Europa dopo la
caduta dell'Impero Romano. È soprattutto la storia del mutato equilibrio tra città e
campagna tra l'alto Medioevo e il Settecento. Secondo la ricostruzione di Smith,
questo rivolgimento storico fu il risultato non intenzionale dell'operare degli
interessi di due gruppi sociali: i grandi proprietari fondiari, che divennero
committenti della città, e i mercanti e gli artigiani delle città, che divennero i loro
fornitori. Il commercio e la manifattura delle città portano la crescita del benessere
nei paesi europei.
Il IV Libro Of Systems of Political Economy, è un trattato di storia del
pensiero economico e una critica serrata delle politiche economiche che le
diverse scuole di pensiero hanno prodotto. E’ l'argomentata difesa della libertà
di commercio in polemica con la pretesa di dirigere il corso dell'attività
economica. Due sono le grandi scuole che Smith considera: il sistema del
commercio o mercantile e il sistema dell'agricoltura.
Il V Libro Of the Revenue of the Sovereign or Commonwealth è un breve
trattato di economia pubblica, dove Smith discute quali debbano essere le spese a
carico del bilancio pubblico e come debbano essere finanziate.
Introduzione e piano dell'opera
Il lavoro svolto in un anno è il fondo da cui ogni nazione trae le cose necessarie e
comode della vita (come prodotto diretto del lavoro o grazie al commercio estero).
Il benessere della nazione dipende dal rapporto tra il prodotto annuo e la quantità di
persone che lo devono consumare (prodotto pro-capite nel linguaggio
contemporaneo).
Il rapporto tra il prodotto annuo e la quantità di persone che lo devono consumare
dipende da due circostanze:
1. l'arte, destrezza e intelligenza con cui si esercita il lavoro;
2. la quota degli individui occupati in un lavoro utile sulla popolazione totale.
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Smith enuncia quindi i temi dell'opera:
1. le cause del progresso delle capacità produttive del lavoro;
2. la distribuzione del prodotto tra gli uomini di diversi ceti e condizioni sociali;
3. la distinzione tra lavoro produttivo e improduttivo;
4. il fondo capitale impiegato per far lavorare i lavoratori utili e produttivi e come
questo fondo viene accumulato;
5. gli ordinamenti politici che hanno incoraggiato l'attività agricola o quella
manifatturiera e l'equilibrio città-campagna nel contesto europeo;
6. le teorie dell'economia politica e le indicazioni che forniscono ai governi
in vista del benessere della popolazione e la ricchezza della nazione;
7. il reddito del sovrano o della repubblica.
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LIBRO I
La divisione del lavoro è la causa principale del progresso nelle capacità produttive
del lavoro.
La specializzazione del lavoro favorisce la destrezza del lavoratore, il risparmio di
tempo nelle fasi del processo produttivo, l'invenzione di un gran numero di macchine
che risparmiano lavoro.
Smith sottolinea che la divisione del lavoro genera nuove invenzioni e progresso
tecnico per due canali principali:
1. l'innovazione grazie alla conoscenza diretta del processo produttivo, che
suggerisce al lavoratore specializzato continui miglioramenti;
2. il lavoro intellettuale che diventa esso stesso specializzato (un'insieme di
professioni specifiche) e produce invenzioni e nuove tecniche.
Il capitolo si chiude con il confronto tra la varietà dei beni di cui godono anche i poveri
che lavorano in un paese civilizzato e la miseria dei paesi che non hanno ancora
raggiunto un livello di vita civile: i vari re africani sono "padroni assoluti della vita e
della libertà di diecimila selvaggi nudi".
Il principio che da origine alla divisione del lavoro è l'inclinazione naturale allo
scambio e alla capacità contrattuale nell'uomo, che Smith lega al linguaggio.
I costi della divisione del lavoro sono l'abbrutimento e l'idiotismo, che l'eccessiva
specializzazione in attività elementari e ripetitive può determinare in individui alla
nascita tutti uguali e dotati delle stesse capacità naturali.
La divisione del lavoro è limitata dall'estensione del mercato. Nel terzo capitolo
Smith argomenta che per sfruttare i guadagni di produttività offerti dalle economie di
specializzazione è necessario che gli scambi escano dall'ambito locale ristretto (il
villaggio, la piccola città).
L'estensione del mercato favorisce la specializzazione produttiva (divisione del lavoro),
che a sua volta genera guadagni di produttività e quindi crescita del reddito.
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La divisione del lavoro non nasce per progetto consapevole
La divisione del lavoro si sviluppa da un'attitudine originaria degli esseri umani
allo scambio che Smith collega al linguaggio.
Il linguaggio e la facoltà della ragione favoriscono la capacità di stabilire contatti e
perciò anche lo scambio, che caratterizza la specie umana tra le altre specie viventi.
In The Wealth of Nations Smith esprime il sentimento vivo dell'emancipazione
dal mondo signorile e feudale grazie alla nuova libertà offerta dal mercato.
La divisione del lavoro e il contratto di scambio promettono l'emancipazione
dalla benevolenza personale.
Nessuno può dipendere interamente dalla benevolenza dei suoi simili. Persino il
mendicante compra parte di ciò che gli serve o se lo procura con il baratto.
L'uomo è un animale-originariamente sociale, a differenza degli altri animali
che, raggiunto il pieno sviluppo, sono individui indipendenti.
La divisione del lavoro stabilisce una dipendenza reciproca, perché tanti sono i
bisogni e migliaia le persone che debbono cooperare a soddisfarli.
In questi legami Smith riconosce una forza di incivilimento:
il più povero lavoratore, il contadino di pochissimi mezzi, l'uomo di modesta
condizione partecipano all'incivilimento dei costumi e alla conquista progressiva di nuove
comodità della vita.
La divisione del lavoro e lo scambio sono opportunità di liberazione dalla servitù
personale.
Il contratto di scambio si sostituisce alla benevolenza nei rapporti dove la
benevolenza è figlia del servilismo.
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Divisione del lavoro e crescita del mercato formano un circolo virtuoso dello
sviluppo: su mercati più ampi sono maggiori le possibilità di sfruttare le economie di
specializzazione, maggiori i guadagni di produttività, maggiore la crescita della
ricchezza e le possibilità di ulteriore ampliamento dello scambio.
E' un tema che sarà ripreso nell'economia dello sviluppo. Segnala la possibilità di
percorsi di sviluppo, con esternalità positive, che si rafforzano nel tempo; o viceversa di
situazioni di sviluppo mancato per i limiti posti dall'estensione del mercato.
Smith indica le condizioni geografiche africane come fattore d'isolamento e quindi di
limitata estensione del mercato. Il tema è stato ripreso nella letteratura recente sui
problemi della mancata crescita in Africa. Bloom e Sachs hanno parlato della
posizione geografica chiusa di molti paesi africani come una delle cause del mancato
sviluppo in Africa.
"There are in Africa none of those great inlets, such as the Baltic and Adriatic seas in
Europe, the Mediterranean and Euxine seas in both Europe and Asia, and the gulfs of
Arabia, Persia, India, Bengal and Siam, in Asia, to carry maritime commerce into the
interior parts of that great continent: and the great rivers of Africa are at too great a
distance from one another to give occasion to any considerable inland
navigation." (Smith 1776, I.iii. 8)
Valore d'uso e valore di scambio.
La ricchezza è abbondanza di beni reali: beni di prima necessità e tutto ciò che offre
possibilità di godimento e piacere.
La ricchezza reale si acquista con il lavoro e il prezzo reale di ogni bene è la fatica di
procurarselo.
“II lavoro è il primo prezzo, l'originaria moneta d'acquisto con cui si pagano
tutte le cose.” (Smith 1776[1976], Libro I.v.:47).
La ricchezza si acquista non solo direttamente con il proprio lavoro, ma anche
comandando il lavoro altrui.
Ogni uomo è ricco o povero nella misura in cui può comandare o acquistare lavoro
altrui.
Il possesso di quei beni che sono ricchezza è potere di acquisto: potere di acquistare il
lavoro altrui o il prodotto del lavoro altrui.
“Il valore di scambio di ogni cosa deve essere sempre esattamente uguale
all'estensione di questo potere che esso conferisce a chi lo possiede.” (Smith
1776[1976], Libro I.v.:48)
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The word VALUE, it is to be observed, has two different
meanings, and sometimes expresses the utility of some particular
object, and sometimes the power of purchasing qther goods which the
possession of that object conveys. The one may be called 'value in use;'
the other, 'value in exchange.' The things which have the greatest value in
use have frequently little or no value in exchange; and, on the contrary,
those which have the greatest value in exchange have frequently little or
no value in use. (Smith 1776[1976], Libro I.iv.:44-46)
Il lavoro contenuto e lo scambio
Nell'organizzazione della società, che precede l'accumulazione del capitale e la
proprietà privata dei terreni, il rapporto di scambio si può regolare sulla base del lavoro
contenuto.
In that early and rude state of society which precedes both the accumulation of stock and the appropriation of land, the proportion between the
quantities of labour necessary for acquiring different objects seems
to be the only circumstance which can afford any rule for exchanging
them for one another. If among a nation of hunters, for example, it usually
costs twice the labour to kill a beaver which it does to kill a deer,
one beaver should naturally exchange for or be worth two deer. It is
natural that what is usually the produce of two days or two hours
labour, should be worth double of what is usually the produce of
one day's or one hour's labour. (Smith 1776[1976], Libro I.vi.:65)
La regola non vale nelle società civilizzate, dove il prodotto del lavoro si
distribuisce tra salari, profitti e rendite.
Per esprimere i rapporti di scambio tra i beni nelle società civilizzate Smith
utilizza il lavoro comandato: un numerario che ritiene più utile e stabile, più universale
della moneta.
I profitti sono in rapporto all'ammontare del capitale anticipato e il livello del
saggio di profitto (il rapporto tra profitti e capitale anticipato) è regolato dall'abbondanza o scarsità relativa del capitale.
II prezzo di ogni merce si risolve in tre componenti: i salari, i profitti e le
rendite, a ogni stadio del processo produttivo.
Prezzo naturale e prezzo di mercato.
Il prezzo naturale è, nella definizione di Smith, un prezzo di costo normale,
che include sia la retribuzione normale del lavoratore (il salario naturale), sia il profitto
sul capitale impiegato calcolato al tasso normale, sia il saggio ordinario o medio della
rendita.
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Il prezzo di mercato è il prezzo al quale la merce si vende effettivamente sul
mercato.
Il prezzo naturale è un costo normale minimo: se il mercato è in condizioni di
libera concorrenza, è il prezzo più basso che possa essere pagato per acquistare il
bene su lunghi periodi di tempo, perché se il prezzo di mercato scende al di sotto di
questo costo di produzione minimo l'attività produttiva sarà ridotta.
Libera concorrenza significa per Smith piena libertà di decidere in quale
occupazione lavorare per i lavoratori e piena libertà di decidere in quale attività produttiva investire i propri capitali per gli imprenditori: in sintesi, condizioni di mobilità del
lavoro e dei capitali, senza vincoli di legge.
Lavoratori e imprese non debbono godere di protezioni di legge, che escludano o
rendano difficile esercitare una certa attività produttiva. I produttori non debbono
trovarsi nella possibilità, tenendo nascosti gli alti profitti di cui godono, di
scoraggiare altre imprese dall'avviare la loro stessa attività produttiva.
Come si determinano i saggi naturali del salario, del profitto e della rendita?
Il prezzo di mercato è determinato dal rapporto tra la domanda effettuale e
l'offerta che arriva sul mercato.
Se l'offerta è inferiore alla domanda effettuale, il prezzo di mercato sale al di
sopra del prezzo naturale per la concorrenza tra i compratori.
Se l'offerta è superiore alla domanda effettuale, il prezzo di mercato scende
al di sotto del prezzo naturale per la concorrenza tra i venditori.
La domanda effettuale è la domanda dei compratori disposti a pagare
l'ammontare del costo medio normale
La domanda effettuale regola l'ampiezza normale del mercato e quindi della
capacità produttiva.
Il quarto capitolo del Libro I è dedicato alla moneta. Smith chiude il capitolo
enunciando la distinzione tra valore d'uso e valore di scambio e spiega brevemente
il tema dei tre capitoli successivi: i principi che regolano il valore di scambio delle
merci.
Il capitolo settimo del Libro I si chiude con l'argomentata difesa della libertà di
movimento dei lavoratori e dei capitali, contro i regolamenti amministrativi, le
corporazioni di mestiere, gli statuti di apprendistato, i privilegi esclusivi di
commercio ancora dominanti nell'Europa del Settecento.
15
LIBRO Il
L'accumulazione del capitale.
Il fondo della società si divide in tre parti:
1. scorte di beni di consumo e beni di consumo durevoli destinati al consumo
che non danno profitto;
2. capitale fisso che si investe per un profitto;
3. capitale circolante che si fa circolare per un profitto.
I capitali fissi e quelli circolanti servono in ultima analisi ad aumentare il fondo che
può essere destinato al consumo immediato e che non dà profitto.
In ogni paese dove vi è sufficiente sicurezza i fondi sono impiegati o per il godimento
presente (consumo) o per il profitto futuro. L'uomo che non facesse così sarebbe
completamente pazzo. Nei paesi dove la popolazione teme la violenza e l'arbitrio di
chi comanda, i capitali sono sotterrati o nascosti (fenomeno di tesoreggiamento).
In sintesi, la sicurezza della proprietà e dei frutti della proprietà sono condizioni
necessarie per sostenere l'accumulazione di capitale dalla quale dipende l'estensione
del lavoro produttivo.
La popolazione comprende tre gruppi: lavoratori produttivi e improduttivi, chi non
lavora affatto (II: 326).
Il Libro Il espone due diverse definizioni di ciò che è lavoro produttivo:
1. il lavoro che genera valore aggiunto (aggiunge valore e produce valore)
2. il lavoro che crea un prodotto tangibile (si fissa e si realizza in un oggetto
durevole) in opposizione al lavoro che si risolve interamente in servizio
(recitazione e canto, servizi personali, ecc.).
Il Libro Il contiene una polemica politica contro un regime basato su rapporti di
tipo feudale, dove domestici e clienti del signore sono mantenuti a spese del lavoro
produttivo. Il lavoro improduttivo è mantenuto dal reddito, ma non produce reddito.
Smith ha in mente, in primo luogo, il lavoro dei domestici.
L'abbondanza o scarsità relativa del capitale impiegato, e il rapporto capitale-reddito
segnalano la ricchezza e il grado di civilizzazione di un paese (II: 328-330)
Il rapporto tra capitale e reddito determina il rapporto tra operosità e ozio.
I capitali vengono aumentati con la parsimonia e diminuiti con la prodigalità e la
cattiva gestione.
Il capitale è aumentato dal risparmio e consente di impiegare lavoratori produttivi
addizionali o può essere prestato a chi lo farà (II:332). Ogni prodigo è un nemico
pubblico. La parsimonia, aumentando il fondo che è destinato al mantenimento
dei lavoratori produttivi, tende ad aumentare il numero dei lavoratori che producono
valore aggiunto.
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Secondo Smith il circolo virtuoso dello sviluppo si alimenta dal risparmio, che
permette di aumentare l'accumulazione di capitale e quindi il lavoro produttivo e la
produzione di valore aggiunto.
L'espansione del reddito e dei mercati favorisce la specializzazione produttiva
(divisione del lavoro) e quindi i guadagni di produttività e l'innovazione di prodotto
dovuti alla divisione del lavoro. E' un vero e proprio circolo virtuoso quello che
Smith descrive.
La cattiva gestione della cosa pubblica può bloccare lo sviluppo? Il tema è affrontato,
ma Smith è fiducioso che il principio dell'interesse privato tuteli nel complesso la
società dai guasti prodotti dal cattivo governo, e tuttavia, entro dei limiti (II: 336).
Ogni progetto sconsiderato diminuisce i fondi destinati ai lavoratori produttivi, ma la
prodigalità e l'imprudenza di alcuni sono compensate dalla parsimonia e
dall'avvedutezza di altri.
Le grandi nazioni sono talvolta impoverite dalla prodigalità e dalla cattiva gestione
dello Stato. Nella maggior parte dei casi la frugalità e la buona gestione di molti
privati cittadini compensano non solo la prodigalità e la cattiva gestione dei singoli,
ma anche le spese stravaganti del governo.
"Lo sforzo uniforme, costante e ininterrotto che ogni uomo compie per migliorare la
propria condizione, cioè il principio dal quale deriva originariamente la prosperità
pubblica della nazione, come pure la prosperità privata, è spesso potente quanto basta
per mantenere il corso naturale delle cose nel senso del progresso, malgrado le spese
dissipate del governo ed i grandissimi errori dell'amministrazione".
Il "principio della mano invisibile" ricorre in tutto il testo di Smith. L'agire guidato
all'interesse privato genera conseguenze favorevoli per il benessere generale (non
previste e considerate dal privato cittadino quando agisce solo in funzione del proprio
interesse).
Nell'argomentazione di Smith le conseguenze positive della libertà di dedicarsi
all'attività economica e godere i frutti della proprietà (il corso naturale) si hanno
solo entro un quadro di tutela della giustizia e ordinamenti giuridici favorevoli
all'investimento, all'iniziativa, alla libertà di commercio e alla concorrenza.
(Rosenberg 1960, Hollander 1977).
Per Smith, gli effetti benefici della concorrenza e del mercato dipendono (come anche
la buona amministrazione), da un sistema di istituzioni che “engage the motive and
interests of those concerned” (Rosenberg 1960: 114).
17
Il brano sulla “mano invisibile”.
Smith argomenta che ogni individuo si sforza di impiegare il suo capitale il più vicino
possibile e perciò di preferenza sul mercato interno piuttosto che nel commercio
estero.
Chi impiega il proprio capitale nell'attività produttiva interna si sforza di dirigere
i suoi affari per ottenere il massimo reddito.
Di fatto il singolo, quando investe il suo capitale mirando al massimo profitto,
opera per rendere massimo il reddito della collettività nazionale, pur non
perseguendo esplicitamente e consapevolmente questo obiettivo.
In effetti, egli non intende in genere perseguire l'interesse pubblico, né è consapevole della
misura in cui lo sta perseguendo. Quando preferisce il sostegno dell'attività produttiva del
suo paese invece di quella straniera, egli mira solo alla propria sicurezza e quando dirige tale
attività in modo tale che il suo prodotto sia il massimo possibile, egli mira solo al suo
guadagno ed è condotto da una mano invisibile, in questo come in molti altri casi, a
perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni. Né il fatto che tale fine non rientri
nelle sue intenzioni è sempre un danno per la società. Perseguendo il suo interesse, egli
spesso persegue l'interesse della società in modo molto più efficace di quando intende effettivamente perseguirlo. (Smith (1776[1976]), Book IV.ii.: 456hj)
“As every individual, therefore, endeavours as much as he can to employ his capital in
the support of the domestic industry, and so to direct that industry that its produce may
be of the greatest value; every individual necessarily labours to render the annual
revenue of the society as great as he can. He generally, indeed, neither intends to
promote the public interest, nor knows how much he is promoting it. By preferring the
support of domestic to that of foreign industry he intends only his own security; and by
directing that industry in such a manner as its produce may be of the greatest value, he
intends only his own gain, and he is in this, as in many other cases, led by an invisible
hand to promote an end which was no part of his intention. Nor it is always the worse
for the society that it was no part of it. By pursuing his own interest he frequently
promotes that of the society more effectually than when he really intends to promote it.”
(Smith (1776[1976]), Book IV.ii.: 456)
18
LIBRO III
Nel Libro III Smith evoca i momenti storici in cui l'anarchia politica e la violenza
hanno messo così a rischio la tutela della proprietà da ostacolare l'operare del
principio della mano invisibile.
Gli ordinamenti politici, come la legislazione e gli ordinamenti prevalenti in materia
di contratti agrari, possono soffocare gli incentivi al miglioramento cioè soffocare
l'operare benefico del principio dell'interesse privato.
In Europa gli antichi ordinamenti erano sfavorevoli al miglioramento della
coltivazione della terra per la condizione servile o subordinata dei coltivatori, per la
mancanza di tutela legale e libertà, per l'oppressione dei proprietari e della fiscalità.
In Inghilterra la tutela e la libertà dei piccoli proprietari, il loro status sociale rispettato
hanno contribuito alla prosperità del paese. (III: 385-386).
Quando gli agricoltori hanno un contratto d'affitto a lungo termine e tutela legale
(certezza di non esser espulsi dalla terra per la violenza o l'arbitrio del proprietario)
possono avere interesse a investire nel miglioramento della fattoria.
Anche la fiscalità arbitraria che grava sull'agricoltura (sentita come vero e proprio
taglieggiamento) può essere un disincentivo al miglioramento agrario.
Nel quadro degradato del Medioevo europeo, che Smith traccia, il progresso nasce
dall'operare degli interessi in parziale conflitto delle città e dei proprietari
fondiari.
E' la libertà che le città conquistano a favorire lo sviluppo della manifattura e del
commercio. Le città si affrancano prima della campagna. Il reciproco interesse
favorisce l'alleanza tra cittadini e sovrano contro i grandi signori feudali.
L'ordine e il buon governo si consolidano nelle città mentre i coltivatori della
campagna restano esposti a ogni specie di violenza. (III: 395)
Gli uomini che sono in una situazione senza difesa si accontentano naturalmente del
necessario alla sussistenza. Avere di più significherebbe solo attrarre l'ingiustizia dei
propri oppressori. Invece quando gli uomini sono sicuri di godere i frutti delle loro
attività, essi cercano naturalmente di migliorare la loro condizione. (III: 395).
Nel quadro degradato del Medioevo europeo che Smith traccia il progresso nasce
dall'operare degli interessi in parziale conflitto delle città e dei proprietari
fondiari. Perché? Smith riprende la spiegazione di Hume nei Political Discourses.
I grandi signori feudali sono incentivati a spostare la spesa dal mantenimento diretto
di eserciti, servitori e clientes all'acquisto dei prodotti raffinati della manifattura. Una
relazione di dipendenza diretta viene sostituita da una relazione contrattuale di
scambio.
19
La libertà che le città conquistano favorisce lo sviluppo della manifattura e del
commercio. Lo sviluppo delle città contribuisce per tre vie al progresso della
campagna.
1. Offre un mercato ai prodotti agricoli (principio dell'estensione del mercato)
e quindi incoraggia la coltivazione e i suoi miglioramenti.
2. Accumula ricchezza (dal commercio e dalla manifattura), che è reinvestita
in acquisti e coltivazione di terre, con mentalità imprenditoriale. Favorisce quindi
la nascita di un nuovo ceto d'imprenditori agrari.
3. Favorisce l'espandersi dell'ordine e del buon governo anche nelle
campagne.
Sul mercato il singolo artigiano o commerciante trae il suo mantenimento non da un
solo proprietario, ma da cento o mille clienti. (III: 407) Il mercato quindi affranca
dalla dipendenza personale della società feudale. Ognuno è obbligato verso tutti, ma
verso nessuno in particolare.
Non è dalla benevolenza del birraio, del macellaio o del fornaio che ci aspettiamo il
nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse. (I:18)
Nella società commerciale ogni uomo vive di scambi e diventa in una certa misura
mercante. (I: 26)
Nella società commerciale ognuno ha bisogno degli altri in una rete di dipendenza
reciproca (la divisione del lavoro), ma questa è anche una società di reciproca
indipendenza.
E' il contratto tra interessi che connette chi partecipa alla divisione sociale del
lavoro.
Il principio della benevolenza non si può applicare a una rete così vasta di relazioni; è
essenziale però l’operare della giustizia ,che regola l'interazione degli interessi.
20
Politica economica e intervento pubblico
Nella sintesi di Smith il sistema mercantile è un insieme di teorie e politiche
che ruota attorno a due principi:
1. la ricchezza della nazione è costituita dai metalli preziosi;
2. i metalli preziosi si accumulano nel paese grazie al saldo attivo del
commercio con l'estero.
Da questi principi discendono politiche di restrizione all'esportazione dei
metalli preziosi e politiche di restrizione alle importazioni e incentivi alle esportazioni.
[...] una volta stabiliti i due principi, cioè che la ricchezza della nazione
consiste nell'oro e nell'argento, e che questi metalli possono essere introdotti
in un paese privo di miniere soltanto mediante la bilancia commerciale, cioè
esportando per un valore maggiore di quello importato, il grande scopo
dell'economia politica diventò di necessità quello di diminuire il più possibile
l'importazione delle merci straniere per il consumo interno, e di aumentare il
più possibile l'esportazione del prodotto dell'attività nazionale. I due grandi
strumenti dell'economia politica per arricchire il paese erano dunque le
restrizioni all'importazione e gli incentivi all'esportazione. (Smith
(1776[1976]), Book II.i.: 450)
Dopo la critica distruttiva dell'idea che la ricchezza della nazione consista
nell'abbondanza dei metalli preziosi, Smith esamina gli effetti delle politiche di
restrizione commerciale sul valore del prodotto annuo del lavoro della nazione, il
reddito annuo della nazione.
La risposta in favore della libertà di commercio è enunciata nel celebre passo sulla
mano invisibile: un esempio delle conseguenze non intenzionali del
comportamento, che possono produrre effetti benefici per la collettività al di là
dei moventi consci di ciascuno.
Ogni individuo si sforza di impiegare il suo capitale di preferenza sul mercato
interno piuttosto che nel commercio estero. Chi impiega il capitale nell'attività
produttiva interna si sforza di dirigere i suoi affari in modo da ottenere il massimo
reddito. Il singolo, quando investe il capitale mirando al massimo profitto, opera
per rendere massimo il reddito della collettività nazionale, pur non perseguendo
consapevolmente questo obiettivo.
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Le critiche alle politiche di restrizione del commercio
Smith ritiene le restrizioni frutto della protezione di interessi particolari, di
singole categorie di commercianti o imprenditori a danno dell'interesse generale.
Al principio della libertà di commercio Smith riconosce due eccezioni
circoscritte. Le restrizioni sono ammissibili per proteggere un'industria nascente
ovvero per compensare con un dazio l'imposta che gravi sul bene prodotto sul
mercato interno.
Nell'ambito del IV Libro una digressione è dedicata alla colonizzazione (Of
colonies). Smith giudica la scoperta dell'America e il passaggio del Capo di Buona
Speranza i due più importanti avvenimenti nella storia dell'umanità.
Ricorda le terribili sventure che le scoperte hanno portato agli indigeni delle
Indie Orientali e Occidentali a causa della superiorità di forze degli europei, che
consentì loro “to comit with impunity every sort of injustice in those remore
countries.” (Smith (1776[1976]), Book IV.vii.c: 626).
Smith prospetta un futuro di maggior equilibrio di forze sulla scena
internazionale e vede nelle potenzialità di incontro e incivilimento offerte ai popoli
dal commercio internazionale la via per favorire il riequilibrio delle forze tra i paesi
del mondo.
In futuro [...] gli abitanti di tutte le parti del mondo potranno forse pervenire
a quell'uguaglianza di coraggio e di forze che, ispirando loro un timore
reciproco, può sola trattenere l'ingiustizia delle nazioni indipendenti
inducendole a rispettare in qualche misura i loro diritti reciproci. Ma niente
sembra più adatto a stabilire questa uguaglianza di forze di quel reciproco
scambio di conoscenze e di progressi di ogni specie che un vasto commercio da
tutti i paesi verso tutti gli altri porta con sé naturalmente, o piuttosto
necessariamente. (Smith (1776[1976]), Book IV.vii.c: 626-627)
Il Libro V. La spesa pubblica
Nel V Libro Smith divide la spesa pubblica in:
1.spese per la giustizia,
2.spese per la difesa,
3.spese per le opere pubbliche e le pubbliche istituzioni.
Le tre categorie fanno parte dei doveri del sovrano o della repubblica.
L'ultimo gruppo include le opere pubbliche che agevolano il commercio e lo
sostengono (canali, strade, porti e così via) e le spese per l'istruzione (Smith
(1776[1976]), Book V:). Queste spese rientrano nei doveri dell'autorità pubblica.
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The third and last duty of the sovereign or commonwealth is that of erecting
and maintaining those public institutions and those public works, which,
though they may be inn the highest degree advantageous to a great society,
are, however, of such a nature that the profit could never repay the expense to
any individual or small number of individuals, and which it therefore cannot
be expected that any individual or small number of individuals should erect
or maintain. (Smith (1776[1976]), Book V. i.c.: 723)
Le spese per l'istruzione di giovani e adulti vanno finanziate sia con la fiscalità generale, sia con la contribuzione diretta di chi ne usufruisce. Il Libro
contiene una caustica descrizione dei difetti del sistema dell'istruzione
universitaria.
The improvements which, in modern times, have been made in several different
branches of philosophy, have not, the greater part of them, been made in universities;
though some no doubt have. The greater part of universities have not even been very
forward to adopt those improvements, after they were made; and several of those learned
societies have chosen to remain, for a long time, the sanctuaries in which exploded
systems and obsolete prejudices found shelter and protection, after they had been hunted
out of every other corner of the world. (Smith 1776[1976]), Book V.i.: 772)
Il Libro V. Le imposte
Sulle imposte le indicazioni di Smith sono quattro:
1. la contribuzione di ogni cittadino deve essere proporzionata al suo
reddito;
2. l'imposta deve essere certa nel modo, nel tempo e nella somma da pagare;
3. l'imposta deve essere riscossa nella maniera più agevole per il
contribuente;
4. il costo dell'amministrazione tributaria deve essere il minimo possibile.
Sono principi di civiltà fiscale contro l'arbitrio, gli abusi, l'onerosità della
percezione delle imposte, regola più che eccezione nell'amministrazione finanziaria
delle grandi monarchie europee.
Enunciati alla fine del Settecento, a tutela dei diritti del cittadino contro le
pretese di sovrani assoluti e parlamenti elitari, questi semplici principi di civiltà
fiscale restano di piena attualità.
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