Rassegna stampa 22 dicembre 2015

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Il Piccolo 22 dicembre 2015 Attualità Andolina sospeso per sei mesi Disposto dal Riesame di Brescia il divieto di esercitare la professione BRESCIA. Il tribunale del Riesame di Brescia ha sospeso per sei mesi Marino Andolina, medico triestino già coinvolto nel caso Stamina e poi l'estate scorsa finito ai domiciliari nell'ambito di un'inchiesta della procura di Brescia che aveva fatto emergere una presunta truffa a danni di pazienti con malattie degenerative, ai quali Andolina e altri avrebbero proposto cure con cellule staminali, ritenute dannose e pericolose dagli inquirenti. Con Andolina erano stati coinvolti i bresciani Caterina Voldan, Monica Salvi e Erri Cippini, e il milanese Stefano Bianchi. Il Riesame si era pronunciato annullando l'ordinanza di custodia cautelare, ma dopo il ricorso della Procura bresciana accolto dalla Cassazione ha emesso una nuova sentenza. Riconosciuti per tutti i gravi indizi di colpevolezza e l'accusa di associazione a delinquere finalizzata a truffa. Per Andolina è scattato il divieto di esercitare per i prossimi 6 mesi la professione. «A me non cambia nulla, non ho interesse a lavorare in Italia, sono disgustato» ha commentato il medico. «Nell'inchiesta in cui mi hanno coinvolto -­‐ ha aggiunto -­‐ sono state male interpretate alcune telefonate. Io volevo solo portare all'esterno il metodo Stamina e curare gratuitamente i miei pazienti. Al telefono usavo un linguaggio in codice e parlando di “vino bianco” mi riferivo alla possibilità di portare la cura in Georgia, mentre quando dicevo vino rosso, mi riferivo al trasferimento di Stamina in Moldavia». Eutanasia in Svizzera Autodenuncia dei radicali Cappato: «Abbiamo aiutato Dominique Velati a morire e ne aiuteremo altri» La replica del ministro Lorenzin: bisognerebbe aiutare queste persone a vivere ROMA. Dominique Velati, militante radicale e malata terminale, ha ottenuto il suicidio assistito in Svizzera, a Berna, ed è morta il 15 dicembre. Ne dà notizia in una conferenza stampa il radicale Marco Cappato che, oltre ad autodenunciarsi ammettendo di avere aiutato la donna, annuncia anche l’iniziativa dei Radicali di sostenere economicamente, con il pagamento del biglietto di viaggio, altri malati terminali che vogliano ottenere il suicidio assistito in Svizzera. «Andremo avanti finché non avremo una legge», promette ai cronisti Cappato, che rischia una condanna per disobbedienza civile: la sua azione infatti contravviene agli articoli del Codice penale italiano che prevedono la reclusione fino a 12 anni per chi agevola l’esecuzione di un suicidio in «qualsiasi modo». La conferenza stampa è stata organizzata ieri mattina a Roma, nella sede del Partito radicale, da Marco Cappato, Mina Welby e dal segretario dell’associazione “Luca Coscioni”, Filomena Gallo. Dominique Velati, spiega Cappato, è stata la prima persona aiutata economicamente ed accompagnata, in territorio italiano, nell’iter per l’ottenimento dell’eutanasia in Svizzera. Velati, 59 anni, infermiera, origini francesi, residente a Borgomanero, era impegnata nelle battaglie civili del partito radicale da 30 anni. Il tumore le era stato diagnosticato a settembre. Era incurabile. Da qui la sua scelta dell’eutanasia. Il giorno prima di partire per la Svizzera, Dominique aveva raccontato la sua decisione ai microfoni di “Servizio Pubblico” per sensibilizzare i cittadini sulla mancanza in Italia di una legge sulla eutanasia: «Parliamone! Parliamone! Parliamone! La vostra vita vi appartiene, e quindi anche la morte. Perché averne paura?». Dice Cappato: «Diamo notizia del suicidio assistito di Velati seguendo le volontà da lei indicate in merito ai tempi per rendere pubblico l’evento». Poi Cappato annuncia la nascita dell’associazione “Sos eutanasia” finalizzata alla raccolta fondi per i viaggi. «Sono circa 90 le richieste ricevute nelle ultime settimane -­‐ sottolinea -­‐ da parte di cittadini malati terminali che chiedono un aiuto per 1 ottenere l’eutanasia in Svizzera». I Radicali -­‐ informa Cappato -­‐ hanno comunicato le loro azioni alla Questura di Roma, alla Procura generale della Repubblica ed al ministro della Giustizia, autodenunciandosi. Alle 3 del pomeriggio, Cappato deposita di persona, alla Legione Carabinieri Lazio a Roma, le dichiarazioni spontanee su come ha agevolato Dominique Velati. La foto di lui, di spalle, che entra in caserma, viene postata sulla pagina Facebook dell’ “Associazione Luca Coscioni”. Sotto c’è un’immagine che ritrae Dominique e Cappato insieme, accompagnata dalla petizione “eutanasia legale”. Poi, nel tardo pomeriggio, arriva il commento del ministro della Salute Beatrice Lorenzin: «Penso che bisognerebbe aiutare queste persone a vivere e aiutare a trovare nella vita, anche nella malattia, la propria dignità, la speranza». (t.b.) Le cifre La “dolce morte” per 200 italiani l’anno Non solo Dominique Velati (nella foto). Sono oltre 200, secondo ultime stime, gli italiani che ogni anno vanno in Svizzera per ottenere la “dolce morte”, ovvero il suicidio assistito, anche se sul fenomeno non esistono statistiche ufficiali. Il trend però, come rilevano i Radicali, è in crescita. Un diritto negato, afferma l’esponente Radicale Marco Cappato, che vede «il silenzio colpevole delle Istituzioni: giace infatti in Parlamento dal settembre 2013 la proposta di legge di iniziativa popolare da noi depositata e che chiede la legalizzazione dell’eutanasia per i malati terminali che vogliano farvi ricorso». Una proposta di legge, ha sottolineato, «corredata da 67.000 firme, ma le adesioni sono arrivate oggi ad oltre 105.000 e sono 220 i parlamentari favorevoli». Dal 2013, però, nulla è accaduto: «La nostra proposta di legge -­‐ chiarisce Cappato -­‐ chiede l’eutanasia legale per casi precisi, ovvero in caso di malattia incurabile con una aspettativa di vita minore di 18 mesi. Il Parlamento deve almeno discuterne». E che la questione del fine-­‐vita sia molto sentita in Italia, rilevano i Radicali, è dimostrato anche dal fatto che sarebbero almeno 20mila i casi di eutanasia cosiddetta “clandestina” negli ospedali, mentre circa mille sarebbero i suicidi in Italia ogni anno tra i malati terminali. La richiesta di eutanasia deve però rispondere a precisi requisiti e c’è una selezione molto attenta, nel rispetto della legge Svizzera, dei malati. Peraltro, sempre secondo stime delle associazioni pro eutanasia, circa il 40% di coloro che arrivano ai colloqui con gli specialisti poi ci ripensa e solo un terzo di chi ha avuto l’ok arriva fino in fondo. Una scelta difficile ma, sottolineano i Radicali, è giusto avere la possibilità di scegliere. Regione Accordo tra la Regione e i medici di famiglia Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale firmano l’integrativo. L’assessore Telesca «molto soddisfatta» UDINE Firmato a Udine l’accordo integrativo regionale tra la Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata dall'assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, e le organizzazioni sindacali di medicina generale Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale, a loro volta rappresentati da Romano Paduano, Giuseppe Vetri, Marina Mazzero, Pierluigi Navarra. Obiettivo è dare corso all'organizzazione dell'assistenza medica primaria così come rivista dalla legge di Riforma del sistema sanitario (legge regionale n.17/2014). «Sono particolarmente soddisfatta di questo accordo per cui mi sono personalmente impegnata», ha dichiarato Telesca, precisando che in questo modo «l'assistenza primaria in Friuli Venezia Giulia viene maggiormente orientata ai dettati della riforma, ora in fase di prima applicazione». Lo sviluppo dell'assistenza primaria e la sua vicinanza ai cittadini, come ha illustrato Telesca, costituisce infatti il fulcro della riforma delineata dalla legge regionale 17/2014. L'accordo, che integra il contratto collettivo nazionale dei medici di famiglia, prevede il progressivo sviluppo (da completare entro il 2018) di un nuovo modello organizzativo nell'attività di questi professionisti, il cui ruolo è 2 centrale nel rafforzamento della medicina sul territorio. Tra gli obiettivi figurano un'accelerazione della cosiddetta "medicina d'iniziativa" che, a differenza della medicina di attesa, si impegna ad intercettare in anticipo l'insorgere e soprattutto l'aggravarsi delle malattie; un maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia sia nei percorsi di cura di numerose patologie che nella gestione delle liste d'attesa della medicina specialistica ambulatoriale, oltre che un maggiore impegno nella rete della terapia del dolore e delle cure palliative. Per raggiungere questi obiettivi, la nuova organizzazione prevede in primo luogo che gli ambulatori rimangano aperti più a lungo nell'arco della giornata e più giorni alla settimana. Cardine dell'accordo la "Medicina di gruppo integrata" (Mgi), unica sede dove lavoreranno fianco a fianco almeno sei medici con un'apertura di non meno di 8 ore giornaliere. Come si legge nel testo dell'intesa, la nuova medicina di gruppo integrata ha la finalità di armonizzare l'orario di accesso all'attività ambulatoriale, di assicurare una miglior continuità assistenziale, di attuare iniziative di promozione della salute e di prevenzione, di perseguire l'integrazione assistenziale con l'ospedale e gli altri servizi coinvolti nei processi di cura e di attuare interventi di razionalizzazione della spesa. Deve integrarsi con la continuità assistenziale per la copertura assistenziale di sette giorni su sette al fine di garantire l'effettuazione di visite ambulatoriali, di visite domiciliari, la gestione del fascicolo sanitario elettronico, l'adozione di percorsi assistenziali condivisi. Trieste «Topi e scarafaggi al “118”. Colpa delle finestre aperte» Azienda sanitaria al contrattacco dopo le denunce su via Farneto e via D’Alviano «Presenza di ratti non imputabile a scarsa pulizia. Le altre criticità già superate» di Gianpaolo Sarti. Se ci sono topi e scarafaggi è perché le finestre restano aperte. La direzione dell’Azienda sanitaria di Trieste, alle prese con un’insolita battaglia contro le incursioni di ratti e insetti nella palazzina di via Farneto che ospita anche la Centrale Operativa del 118, ritiene di non avere responsabilità nella vicenda. Questo dice la nota preparata dal responsabile della Struttura Complessa Immobili e Impianti Alberto Russignan e sottoscritta dal commissario straordinario dell’Aas1 Nicola Delli Quadri. Topi e scarafaggi «La presenza dei topi -­‐ afferma la nota -­‐ non può essere imputata a una carente pulizia o manutenzione. Gli uffici infatti sono situati al 1° piano ma sul lato giardino: le finestre si trovano a 1-­‐2 metri dal terreno e vengono lasciate aperte dal personale. Di notte può accadere che questi (i ratti, ndr) entrino dal giardino. Alcune finestre della Centrale Operativa, proprio al fine di poterle tenere sempre aperte, sono state dotate di reti idonee di protezione. L’odore e la presenza del cibo attira il ratto e gli scarafaggi. La pulizia, anche se accurata, non può essere perfetta essendo il pavimento rialzato su plotte. Sotto gli scarafaggi trovano rifugio». L’ingresso incustodito Delli Quadri e il dirigente, nella stessa nota, si soffermano anche sul problema degli spazi incustoditi, che rende accessibile la struttura a chiunque; «La sede di via Farneto è dotata di un sistema di telecamere di ultima generazione, di un portone scorrevole automatico per l’ingresso degli automezzi, di 90 telecomandi per tutti i dipendenti del 118, di video citofono e chiusura di tutte le porte d’accesso». Tuttavia, «per motivazioni riguardanti il servizio di continuità assistenziale ospitato al 2° piano (la guardia medica che sarà spostata all’Itis, ndr) il sistema non viene utilizzato». C’è ma non si usa. L’umidità e i funghi A detta del management sanitario non si registrano disagi neppure nella sede delle ambulanze di via D’Alviano. «Pur essendo la sistemazione provvisoria – rileva la direzione – abbiamo voluto posizionare all’interno delle autorimesse 4 prefabbricati di grandi dimensioni attrezzati a spogliatoi con docce e servizi idonei e mantenuti in perfetta efficienza e condizione di manutenzione. Tutti i vani sono dotati di un impianto di riscaldamento e rinfrescamento dell’aria oltre ad altro specifico impianto dedicato al solo ricambio dell’aria». Eppure, come è stato documentato, negli spogliatoi crescono i funghi e l’odore di fogna è nauseabondo. «Una qualunque visita – 3 obbiettano però Delli Quadri e Russignan – permette di evidenziare la totale assenza di odori, caratteristici invece di ogni altro spogliatoio». Gli allagamenti Neppure gli allagamenti del garage in cui sono parcheggiate le ambulanze, assicura l’Azienda sanitaria, rappresentano più un disagio: «Accadeva nel passato». Le stesse foto scattate dai dipendenti, così come i video, risalgono secondo la nota a tempo addietro. È così? Durante il sopralluogo del consigliere regionale M5S Andrea Ussai di sabato scorso, gli operatori hanno confermato la persistenza dei problemi a ogni acquazzone. Gli attacchi Il Movimento, che ha ricevuto le lamentele interne dei dipendenti, ha deciso quindi di ribattere a Delli Quadri. «È incredibile che il direttore generale dell’Azienda sanitaria n°1 Triestina – osserva il consigliere Ussai – invece di presentare delle soluzioni alle problematiche segnalate, attacchi chi ha promosso delle denunce sacrosante. Chi governa, se ne è capace, deve dimostrare di saper risolvere i problemi. Altrimenti è meglio che lasci il posto ad altri. Se è vero che le cause del degrado delle sedi del 118 di Trieste sono precedenti alla nomina di Delli Quadri, le immagini e i video pubblicati dal Piccolo risalgono a qualche settimana fa. Ci auguriamo che l’Azienda intervenga per rendere gli ambienti dignitosi». La richiesta di dimissioni Sul caso si fa sentire pure Pierpaolo Roberti, segretario provinciale della Lega Nord e candidato sindaco a Trieste, che chiede le dimissioni “immediate” di Delli Quadri. «L’increscioso stato di salute delle strutture di via D’Alviano e Farneto – accusa – è sintomatico dell'inadeguatezza della gestione della sanità triestina e, più in generale, regionale. Un quadro imbarazzante, che deve peraltro fare i conti con i tagli imposti dalla recente riforma sanitaria del Pd e di Debora Serracchiani. Ritengo inoltre vergognoso che, pur essendo stati a più riprese segnalati i disagi, i vertici dell’Azienda Sanitaria non abbiano mosso un dito per tamponare la falla e anzi è stata necessaria l’indagine del quotidiano per portare alla luce la polvere frettolosamente spazzata sotto il tappeto». All’ex Irfop la nuova sede dell’emergenza La Regione ha ceduto gratis il complesso di Valmaura che accoglierà Centrale operativa e ambulanze La Centrale operativa del 118 di via Farneto e le ambulanze di via D’Alviano, assieme al Distretto 3, sono in attesa di una nuova casa. E ce l’avranno nel complesso dell’ex Irfop di Valmaura che attualmente ospita la Facoltà di Medicina, troveranno spazio. La Regione, proprietaria dell’edificio, ha infatti approvato da poco una delibera che autorizza il piano di cessione immobiliare all’Azienda sanitaria. Un’operazione che, stando ai programmi, sarà conclusa sotto il profilo burocratico già entro quest’anno. Attualmente il palazzo è occupato solo parzialmente: finora era stato concesso in comodato d’uso alla Provincia che, a sua volta, l’aveva prestato in subcomodato all’Università. La Regione ora si riprende il fabbricato, consentendo all’ateneo di rimanere fintanto che non sarà completato il trasferimento della facoltà all’ospedale di Cattinara. I mezzi del 118, che al momento condividono gli spazi con il Comando dei Vigili del Fuoco di via D’Alviano, potranno dunque traslocare: lo faranno, precisamente, nei capannoni che si trovano nella zona retrostante dell’ex Irfop. Il resto della palazzina servirà invece al Distretto 3, in cui confluirà non solo l’attuale sede di via Valmaura, ma pure quella di via Puccini. L’edificio necessiterà di un intervento di riqualificazione. «È un percorso iniziato diversi mesi fa su mia richiesta», commenta il Commissario straordinario Nicola Delli Quadri. «La Regione ci passa la struttura e noi ne acquisiamo la proprietà. Il progetto è metterci il Distretto 3, che merita un luogo più acconcio e idoneo alla sua funzione. Anche via Puccini – conferma il manager – si sposta. Servono progettualità e risorse, ma questo è già un primo passo essenziale». Una primissima stima sui lavori parla di circa 12 milioni di euro. Ancora più difficile, invece, quantificare la durata dei cantieri, oltre al passaggio effettivo di 118 e Azienda sanitaria. «Non sono in grado di prevedere una tempistica – rileva Delli Quadri – intanto è stato varato il trasferimento formale. 4 Personalmente sono soddisfatto e ringrazio la Regione per questa attenzione che sta dedicando alla sanità cittadina. La sede sanitaria, analogamente al 118, potranno disporre di ambienti più spaziosi e adatti». I locali in cui ora si trova il Distretto di Valmaura, così come quelli di via Puccini, saranno invece dismessi. «È una pratica ormai instradata da tempo», osserva l’assessore alle Finanze Francesco Peroni, responsabile delle operazioni che riguardano il patrimonio immobiliare della Regione. «Una decisione che rientra nelle strategie di collegamento tra strutture sanitarie e uffici amministrativi. Una scelta che risponde a una logica di razionalizzazione, ottimizzazione degli spazi e dei servizi a favore dei cittadini». La cessione, come viene precisato nella delibera di giunta, è a titolo gratuito. Il solo immobile ha un valore di circa 7 milioni di euro. (g.s.) Monfalcone Nuove attrezzature al San Polo Dopo la Tem per la diagnosi dei tumori, Settembre inVita ha donato altri arredi per l’Hospice della Rsa Laura Blasich. In una fase di riorganizzazione che richiede nuovi sacrifici alla sanità monfalconese, il supporto, concreto, della comunità rappresenta un dato importante. Non solo perché garantisce il mantenimento o l’ampliamento delle prestazioni e della qualità dei servizi, ma anche per il segnale di attenzione e vicinanza che lancia. I dirigenti medici dell’ospedale di Monfalcone lo hanno sottolineato ieri alla consegna ufficiale di un’ulteriore tranche di arredi per l’Hospice della Rsa del nosocomio da parte dell’associazione Settembre inVita, che a fine estate aveva già donato all’Aas Bassa friulana Isontina una Tem (Microchirurgia endoscopica transanale) per diagnosi e cura delle neoplasie al retto e complementi per cinque stanze riservate ai pazienti terminali. Il reparto può contare ora anche su tre nuove sedie a rotelle e una sedia a rotelle pesapersone, che portano il valore della donazione per il 2015 a un totale di 30mila euro. L’associazione, grazie all’impegno profuso e alla rete di solidarietà costruita nel territorio, ha raccolto un totale di 50mila euro e sta già lavorando assieme all’Aas a un progetto per il 2016. Lo ha spiegato ieri il brigadiere dell’Arma, Stefano Ambrosini, a nome dell’associazione, nata per iniziativa di alcuni carabinieri del Comando provinciale, presenti anche altri componenti del direttivo. «Raggiungere questi obiettivi non è stato facile -­‐ ha detto Ambrosini -­‐ e devo ringraziare l’Arma per il supporto e per aver creduto in questa iniziativa. I carabinieri sono presenti sul territorio con altri compiti, ma ci sono anche per aiutare chi è in difficoltà, chi è meno fortunato». Di certo la Tem e gli arredi per l’Hospice lo stanno già facendo. «La settimana scorsa ho verificato cosa consente di fare la Tem nel trattamento mini-­‐
invasivo delle neoplasie -­‐ ha detto ieri il dirigente medico del San Polo, Michele Luise -­‐, migliorando la qualità della vita delle persone. Speriamo che questa collaborazione si prolunghi nel tempo: è una formula vincente che va perseguita». Il responsabile del Distretto sanitario, Fulvio Calucci, ha rilevato come l’azione di Settembre inVita rappresenti un esempio importante di solidarietà concreta. «In un momento di difficoltà per la sanità -­‐ ha detto -­‐, in cui le risorse a disposizione sono sempre più risicate, l’iniziativa dell’associazione permette all’ospedale di non essere privo di dotazioni utili per i pazienti». Ma alle quali (vedi l’arricchimento degli arredi) l’Aas deve rinunciare pressata da spese più urgenti e indispensabili. «Che poi sia l’Arma a garantire il corretto uso delle risorse -­‐ ha aggiunto Calucci -­‐ ha fatto e fa la differenza». Il progetto di Settembre inVita ha raccolto in questi mesi il sostegno di molte altre associazioni ed enti locali nel mandamento e oltre. Secondo il comandante della Compagnia Carabinieri di Monfalcone, Daniele Panighello, l’attività dell’associazione incarna lo spirito dell’Arma, l’attenzione agli altri, con concretezza. Alla consegna ieri erano presenti anche il responsabile della Rsa, dottor Gualtiero Scaramella, e quello del Pronto soccorso dottor Alfredo Barillari, oltre a personale infermieristico della Rsa. 5 Messaggero Veneto 22 dicembre 2015 Regione Ecco gli ambulatori dei medici di base Telesca e i sindacati firmano l’accordo integrativo per la riforma. Centri aperti almeno 8 ore al giorno UDINE. Ambulatori con almeno sei medici di famiglia, aperti non meno di otto ore al giorno. E un’accelerazione sulla “medicina d’iniziativa” che, a differenza della medicina di attesa, punta a intercettare in anticipo l’insorgere e l’aggravarsi delle malattie; sul coinvolgimento dei medici di famiglia nei percorsi di cura di numerose patologie, nella gestione delle liste d’attesa della medicina specialistica ambulatoriale, nella rete della terapia del dolore e delle cure palliative. È la sintesi dell’accordo integrativo regionale firmato ieri tra l’amministrazione del Fvg, rappresentata dall’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, e le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale (presenti Romano Paduano, Giuseppe Vetri, Marina Mazzero, Pierluigi Navarra). L’intesa dà corso all’organizzazione dell’assistenza medica primaria così come rivista dalla riforma varata dal centrosinistra. «Sono particolarmente soddisfatta di questo accordo per cui mi sono personalmente impegnata», ha commentato Telesca. «Così l’assistenza primaria in Fvg viene maggiormente orientata ai dettati della riforma, ora in fase di prima applicazione», ha aggiunto Telesca, rimarcando come lo sviluppo dell’assistenza primaria e la sua vicinanza ai cittadini sia il fulcro della riforma. L’accordo integra il contratto collettivo nazionale dei medici di famiglia e prevede il progressivo sviluppo (da completare entro il 2018) di un nuovo modello organizzativo nell’attività dei professionisti. Cardine dell’accordo sono proprio gli ambulatori dei medici di base, che, come scritto nell’accordo, dovranno «armonizzare l’orario di accesso all’attività ambulatoriale, assicurare una miglior continuità assistenziale, attuare iniziative di promozione della salute e di prevenzione, perseguire l’integrazione assistenziale con l’ospedale e gli altri servizi coinvolti nei processi di cura e razionalizzare le spese». Gli ambulatori dovranno essere integrati con la continuità assistenziale per la copertura sette giorni su sette, così da garantire visite ambulatoriali, visite domiciliari, la gestione del fascicolo sanitario elettronico. L’accordo prevede anche la creazione di centri di assistenza primaria (Cap), aperti 12 ore al giorno (dalle 8 alle 20) nei giorni lavorativi e due il sabato e nei prefestivi (dalle 8 alle 10). Gemona Ospedale, San Daniele si schiera con Gemona Menis: «Solidali con le preoccupazioni del sindaco Urbani». Dopo una lunga maratona passa il Pal, ma con i voti della Carnia di Piero Cargnelutti. GEMONA. Il programma attuativo locale 2016 dell’Azienda sanitaria Alto Friuli -­‐ Collinare -­‐ Medio Friuli è stato approvato con i voti della Carnia. È questo l’esito dell’assemblea dei sindaci riunitasi ieri all’ospedale San Michele, una lunga maratona durata tre ore che al termine ha prodotto il seguente risultato: 22 voti favorevoli, 6 astenuti e 9 contrari. Erano già le 18.30 quando si è giunti al verdetto finale, frutto di una lunga discussione successiva alla presentazione del documento fatta dal direttore dell’Aas3 Pierpaolo Benetollo. Lungo quelle tre ore il numero dei rappresentanti dei vari territori è andato via via diminuendo, tanto che alla fine erano meno di una quarantina i sindaci rimasti, molti dei quali non si sono dunque espressi. Insieme agli amministratori rimasti in aula, i 6 referenti dei comitati che, dopo essersi presentati con i loro striscioni, hanno seguito fino alla fine l’assemblea. Da parte sua, nella sua lunga relazione il presidente dell’assemblea Gianni Borghi, pur segnalando anche alcune criticità, ha invitato a votare favorevolmente: «È un documento -­‐ ha detto -­‐ che accoglie molte delle proposte che avevamo fatto l’anno scorso». Alla conta dei voti finali, quelli favorevoli erano in buona parte dalla Carnia, ma se dall’area pedemontana i primi cittadini di Gemona Paolo Urbani, Montenars Claudio Sandruvi e Bordano Gianluigi Colomba hanno palesato una contrarietà che era già nota, a dare un’aurea di incertezza al voto sono state soprattutto l’area Collinare e del Medio Friuli: «Siamo figli -­‐ ha detto il sindaco di Lestizza, Geremia Gomboso -­‐ di un matrimonio voluto da altri e l’anno scorso abbiamo espresso le nostre criticità. Ora, pur osservando che in parte si è venuti incontro alle nostre richieste per il Codroipese, scegliamo di astenerci». Se questo è il messaggio arrivato dalla zona di Codroipo, da Forgaria il sindaco Pierluigi Molinaro ha espresso la propria contrarietà esprimendo le sue preoccupazioni sul futuro dei medici condotti, ma certamente ciò che ha spiazzato l’assemblea è stata la posizione del sindaco di San Daniele, Paolo Menis, che ha pure scelto l’astensione: «Credo -­‐ ha detto -­‐ che sia giusto, in qualità di amministratori, esprimere la propria solidarietà a chi come il sindaco di Gemona avanza le sue preoccupazioni e la richiesta di non andare a rovinare quanto è stato fatto finora, prima di avviare le nuove direttive. Emerge una centralizzazione delle decisioni. Per quanto riguarda San Daniele, credo che il terzo ospedale in regione per nascite debba avere un suo dirigente medico. Inoltre, non vorrei che la gestione orizzontale dei dipartimenti tra San Daniele e Tolmezzo non produca un ridimensionamento per entrami gli ospedali». Latisana Punto nascita, il comitato racconta la sua verità Oggi assemblea pubblica in cui saranno svelati alcuni retroscena della chiusura Si parlerà anche del futuro dell’ospedale e saranno restituite le tessere elettorali di Paola Mauro. LATISANA. E adesso? È attorno a questo interrogativo che si articolerà l’assemblea pubblica convocata per oggi alle 21 al centro polifunzionale dal comitato “Nascere a Latisana”. Un’occasione per un’analisi su quelle che saranno le ricadute della scelta della Regione di interrompere l’attività del punto nascita, ma non della pediatria, nel dipartimento materno infantile dell’ospedale di Latisana. Ma anche per raccontare cosa si sono dette, lunedì scorso, le rappresentanti del comitato, la presidente della Regione Debora Serracchiani e l’assessore alla salute Maria Sandra Telesca: «Per rispetto delle istituzioni, perché i sindaci sono stati ricevuti solo venerdì, non abbiamo detto nulla di quanto emerso durante il confronto» ha detto la presidente del comitato, Renata Zago. Oggi saranno presenti anche i due consiglieri regionali Andrea Ussai (M5s) e Stefano Pustetto (Sel), relatori della petizione presentata in Regione dal comitato, che attende di essere discussa in consiglio. Però dal comitato arriva un chiaro messaggio ai politici, anche comunali. «Non siamo interessati a trasformare la serata in una “passerella” – avvisa Renata Zago – : non prestiamo il fianco a tirate elettorali, di nessun colore». L’incontro – lo dice il titolo stesso – è stato convocato per analizzare i tre anni di attività del comitato, a sostegno del punto nascita e della pediatria dell’ospedale di Latisana e capire cosa accadrà d’ora in avanti: «Da parte della Regione e dell’Aas non c’è stato un ragionamento partendo dall’ascolto della popolazione, ma esclusivamente tenendo in considerazione la loro figura, dimenticando che il ruolo di un dirigente deve essere pronto alle responsabilità e alle conseguenze». Da questa sera inizierà anche la restituzione delle oltre 500 tessere elettorali, ritirate dal comitato, come forma di protesta: «Nutriamo un profondo rispetto per il diritto/dovere del voto, strumento fondamentale per evitare che si ripetano, a tutti i livelli istituzionali, i teatrini imbarazzanti, visti in questi giorni – ci tiene a sottolineare la presidente – però allo stesso tempo volevamo un gesto forte che desse l’idea del grido d’aiuto lanciato dalla Bassa». La chiusura del punto 7 nascita rimane – per Nicolò Fantin, coordinatore di Fi giovani – «un’inaccettabile ingiustizia, dopo mesi di falsi temporeggiamenti, di decisioni ideologiche già prese sottobanco, in un atteggiamento assolutamente goffo e maldestro da parte della giunta regionale. La Regione – secondo Fantin – dice di voler potenziare le emergenze-­‐urgenze della pediatria nello stesso ospedale in cui lei stessa ha privato i cittadini di un servizio così essenziale come quello del punto nascita e dunque anche della pediatria». L’accordo Al Pronto soccorso tre infermieri entro metà gennaio LATISANA. Otto nuovi infermieri, entro il 15 gennaio: 3 per il Pronto soccorso dell’ospedale di Latisana, 3 per quello di Palmanova e 2 che presteranno servizio nel carcere di Gorizia. Il tutto in attesa della definizione delle sorti del punto nascita, che permetterà di migliorare ulteriormente l’organizzazione. L’intenzione dell'Azienda per l’assistenza sanitaria 2 Bassa Friulana-­‐Isontina è comunque quella di rafforzare ancora gli organici, stabilendo definitivamente la figura dell’infermiere di triage, previsto dalla normativa in quei Pronto soccorso dove si superano i 25.000 accessi. Figura che all’ospedale di Latisana tuttora manca. Sono questi gli esiti dell’incontro fra il NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, e l’Aas 2, per un tentativo di conciliazione, dopo l’avvio dello stato di agitazione, segnalato con un esposto anche alla Prefettura di Udine, revocato visto quanto emerso dall’incontro. E proprio negli uffici del prefetto -­‐ come spiega, Stefano Giglio, dirigente del NurSind -­‐ qualche giorno fa era avvenuto l’incontro fra i rappresentanti del sindacato e quelli dell’Ass. (pa.ma.) Palmanova E la città stellata difende il suo centro d’eccellenza di Monica Del Mondo. PALMANOVA. Consiglio comunale aperto ieri sera a Palmanova. All’ordine del giorno la situazione del punto nascita della città stellata. Dopo l’incontro svoltosi venerdì a Trieste con la presidente Serracchiani e l’assessore alla sanità Telesca, la chiusura del punto nascita di Palmanova sembra ormai scongiurata davanti al quadro, prospettato dalla Regione, che vede, nell’ex Ass 5, a Palmanova il punto nascita e lo svolgimento delle attività chirurgiche programmate e a Latisana un potenziamento dei servizi di emergenza-­‐urgenza, anche pediatrica. A entrare nei dettagli di questo nuovo assetto, sarà uno studio che verrà predisposto entro fine gennaio. In attesa di questo approfondimento, si è riunito ieri il consiglio. Presenti, anche molti sindaci dell’ampio territorio che fa riferimento all’ospedale di Palmanova. Tanti gli interventi a sostegno del punto nascita, per rimarcarne i numeri (negli ultimi 10 anni un trend in crescita con una media di 850 parti all’anno) e le eccellenze (il reparto, secondo i dati del Ministero della salute, è su tutti i parametri valutati in posizione migliore rispetto alla media nazionale). Non sono mancate le puntualizzazioni. I due gruppi di minoranza, in particolare, hanno lamentato i tempi assolutamente troppo lunghi da parte della Regione per arrivare a una decisione con conseguenti tensioni sul territorio, disagio per gli operatori, disorientamento dei cittadini. Nel mirino soprattutto gli ultimi avvenimenti con il decreto di sospensione dell’attività del punto nascita di Latisana, prima emesso e poi revocato. Dopo un articolato dibattito, i gruppi di maggioranza (con il gruppo misto) e di opposizione, giunti alla giornata di ieri con due distinti ordini del giorno, hanno deciso di ritirare i due documenti e di convergere su un unico testo nel quale, oltre a ribadire i dati e a far notare il peso della prossima riapertura e potenziamento in Veneto del punto nascita di Portogruaro, si evidenzia la lontananza del Consiglio comunale di Palmanova da logiche decisionali che non siano quelle dei dati oggettivi. Il documento dà mandato al sindaco di continuare ad adoperarsi in ogni sede istituzionale per garantire gli attuali livelli di sicurezza ed efficienza dell’ospedale di Palmanova e a far valere gli elementi oggettivi di eccellenza del nosocomio e del punto nascita in particolare. Dopo gli interventi dei consiglieri comunali è stata data la parola al pubblico. 8 RONCHIS La protesta dei bimbi «Sono nato a Latisana» Sono nato a Latisana. I bambini della scuola primaria “Pietro Zorutti” di Corso Italia lo hanno scritto su alcune stelline di cartone, appese all’albero di Natale allestito nel giardino della scuola. È con questa iniziativa che il Comune di Ronchis, la Pro Loco, le associazioni e la comunità tutta, hanno inteso manifestare – nonostante le ultime notizie negative – il loro sostegno al Punto nascita di Latisana, destinato alla chiusura. Sulle stelline di carta, rosa e azzurre i bimbi hanno scritto il loro nome e le parole «Sono nato a Latisana». Fra qualche settimana nessuno potrà più dire di essere nato nella cittadina della Bassa occidentale. E il vice sindaco Manfredi Michelutto ha confermato di voler ancora dare battaglia. (pa.ma.) Sacile «Il futuro dell’ospedale? Cronaca di una morte annunciata» Il consigliere regionale Stefano Pustetto: «L’hanno trasformato in una casa di riposo e distrutto un modello» SACILE.«Il futuro dell’ospedale a Sacile? È’ cronaca di una morte annunciata». Va già duro il consigliere regionale di Sel Stefano Pustetto sulla riforma sanitaria in città: ieri, nell’assemblea nel centro Zanca con i comitati di difesa della sanità pubblica e Gigi Zoccolan dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, ha tracciato un bilancio in rosso. Quello spalmato su 12 mesi di cambiamento che, a Sacile, è salutato con cauta fiducia dal sindaco Roberto Ceraolo e dal primario Giorgio Siro Carniello. Ma i Comitati dei cittadini (pensionati, Sacile partecipata sostenibile, M5S, Uil, Cimo e altri) sono sulle barricate anti-­‐riforma dal 2014. «Gli investimenti in strutture e impianti di riscaldamento – ha continuato Pustetto – non assicurano il futuro dei servizi ospedalieri a Sacile». In sala il sindaco di Fontanafredda Claudio Peruch ha rilevato le lamentele dei cittadini. «Segnalano in Comune le ore di attesa nel pronto soccorso intasato – ha detto Peruch – a Pordenone». Il cambiamento. Cambiano i nomi dei servizi sanitari: da ospedale a presidio sanitario e il pronto soccorso sarà punto di primo intervento. La riconversione della medicina interna e post acuzie in struttura intermedia polifunzionale manterrà 28 posti letto. Il Modello Sacile 2.0 va avanti con la specialità di procreazione assistita. «Non basta – ha valutato Pustetto –. Il reparto di medicina si trasforma in casa di riposto. Il tentativo è quello di privatizzare la sanità pubblica». Ma il Modello Sacile 2.0 è un’eccellenza friulana. «Perchè – chiede Pustetto – hanno voluto scardinarlo?». Le critiche. «Gli elementi di debolezza – ha indicato Pustetto, che è medico – sono il ruolo improvvisato per le emergenze dei medici di medicina generale, che hanno un’età media di 56 anni. E le convenzioni non firmate con l’università e il comparto dei medici». La riforma mette in campo risorse e nuovi servizi. «Aumenta il peso per il pronto soccorso all’ospedale di Pordenone – ha detto Pustetto – e non offre risposte alle emergenze». Il caso? «La madre di 88 anni di una sacilese costretta alle lunghe ore di attesa nel pronto soccorso a Pordenone – ha concluso Pustetto –. Per curarsi è poi dovuta rivolgere agli oculisti privati».(c.b.) San Vito Pronto soccorso potenziato con una nuova ambulanza Le urgenze chirurgiche saranno ripartite soltanto tra San Vito e Pordenone Il mezzo di stanza ad Azzano Decimo nel 2016 raddoppierà le ore di disponibilità di Andrea Sartori. SAN VITO. L’Azienda per l’assistenza sanitaria 5 continua a investire sull’ospedale di San Vito: è infatti arrivata una nuova ambulanza, presentata ieri, per il pronto soccorso. Un’altra novità riguarda le urgenze chirurgiche: saranno ripartite soltanto tra i nosocomi di San Vito e Pordenone. E l’ambulanza di Azzano Decimo, dal prossimo anno, raddoppierà le ore di disponibilità. Il nuovo automezzo è costato all’Aas 5 circa 81 mila euro. 9 Va a sostituirne uno del 1998, un modello a benzina con alle spalle circa 200 mila chilometri. Le uscite delle quattro ambulanze, suddivise tra i turni diurno e notturno, quest’anno sono state circa 3 mila, come ha fatto presente il caposala Alfredo Sut. «Il nuovo mezzo ha standard tecnologici più elevati – ha osservato –: consente di allacciare più apparecchiature rispetto a prima e consente di mantenere caldo l’ambiente all’interno anche a motore spento». Le ambulanze del pronto soccorso di San Vito, più quella di Azzano Decimo (disponibile per 12 ore), come ha ricordato il direttore Fulvio Buzzi, effettuano interventi in tutta la Bassa pordenonese, nonché a Fiume Veneto, Zoppola e nel Codroipese. «Il pronto soccorso – ha aggiunto – conta una ventina di infermieri professionali, sei operatori sociosanitari, sei autisti e dieci medici. L’organico medico è a regime: riusciremo a coprire anche il terzo turno. Stiamo lavorando per la sistemazione dell’area emergenze, in particolare aggiungendo posti letto per la medicina d’urgenza». Il direttore sanitario, Giorgio Simon, ha riferito alcune novità: «Il nuovo piano dell’emergenza prevede che dal 2016 l’ambulanza di Azzano Decimo, che fa riferimento agli ospedali di San Vito e Pordenone, sia disponibile sulle 24 ore anziché sulle 12 attuali. Inoltre, i trasporti per le urgenze chirurgiche saranno ripartiti tra San Vito e Pordenone, mentre ora si fa riferimento anche a Spilimbergo». Le novità non sono finite: i lavori da circa 600 mila euro per costruire il nuovo centro prelievi e il nuovo ingresso al piano terra si inizieranno il 7 gennaio. Comporteranno anche minimi disagi per il parcheggio visitatori, riorganizzato nei mesi scorsi all’avvio del cantiere di riqualificazione del corpo A dell’ospedale. Disagi che dovrebbero limitarsi alla temporanea perdita di due stalli. Il cantiere dovrebbe durare un anno. Sarà ricavato il nuovo atrio dell’ospedale, che per un primo periodo consentirà l’accesso al solo nuovo centro prelievi: quest’ultimo sostituirà l’attuale (al piano rialzato), avrà più ampi locali e sala d’attesa (da 90 posti). 10