Rassegna stampa 27 gennaio 2016

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Il Piccolo 27 gennaio 2016 Regione La carica dei 5455 aspiranti infermieri PalaRubini sotto assedio per la prima prova del concorso che vale 173 assunzioni. Lunghe code, traffico in tilt, strada chiusa di Marco Ballico. TRIESTE. Una partita di cartello? No, la preselezione del concorso per infermieri. La porta è stretta (173 posti fissi, uno ogni 60 concorrenti) e l’esercito dei 5.455 aspiranti che ci provano (su 10.321 convocati, non pochi si sono scoraggiati prima di scendere in campo, visto che ad arrivare allo scritto saranno solo 800) paralizza l’area attorno al PalaRubini. Al punto che la polizia municipale, davanti all’assalto di ieri mattina, è costretta a chiudere via Miani. «Abbiamo dovuto aspettare quasi quattro ore prima di iniziare ma, vista l’affluenza di così tante persone in così poco tempo, l’organizzazione ha retto» dicono, a fine test, alcuni aspiranti. Da Abate Assunta a Izzo Vincenza: 5.177 in elenco alle 8.30. E poi da Janijc Elena a Zuppichin Giulia, altri 5.144 alle 14.30. Una divisione (quasi) a metà: al mattino si andava dalla A alla I, al pomeriggio dalla J alla Y. Il totale è appunto di 10.321, inferiore di 34 unità alle 10.355 domande recapitate all’Egas, l’ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi che ha curato le procedure del bando. Da un lato si sono registrate 10 esclusioni di persone che, alla scadenza, non erano in possesso dei titoli richiesti (laurea in infermieristica, diploma universitario di infermiere, iscrizione all’albo), dall’altro si è contata qualche assenza di invalidi all’80% e più, ammessi direttamente alla prova scritta. Dunque, a conti fatti, di quei 10mila se ne sono presentati poco più della metà. «Troppi iscritti per pochi posti a disposizione – osserva Mafalda Ferletti (Cgil) –. Le tre prove da superare hanno fatto il resto». Un appello comunque lunghissimo, ma inevitabile per scendere in una sola giornata a quota 800, il numero degli ammessi allo scritto. Qualche intoppo, soprattutto nelle prime ore, non è mancato. «All’inizio non si vedevano vigli», denuncia una concorrente. «Sono arrivati in ritardo», aggiunge un collega. Ma una volta dentro il palazzetto, «le cose sono andate migliorando». A blocchi di una cinquantina-­‐sessantina, i candidati sono riusciti a prendere posto nelle gradinate dopo una verifica dei documenti. I telefoni cellulari? Spenti e custoditi in borse e borselli. Finché, dieci minuti dopo mezzogiorno, il test con 40 domande a risposta multipla (quattro opzioni) è stato distribuito. I tempi per riempire gli spazi bianchi? 50 minuti. Sufficienti, secondo i più, per dare risposte a un insieme di quesiti che, tra norme e casi clinici, non ha riservato sorprese. Mentre l’organizzazione ha garantito la regolarità delle operazioni: «Una trentina i “controllori”, copiare era impossibile». Al termine della prova mattutina un altro po’ di “traffico” tra uscita del turno delle 8.30 ed entrata di quello delle 14.30, ma non risultano incidenti. Tanto meno malori. «Ci saremmo soccorsi tra di noi», scherzano i candidati. «Non era facile gestire ingresso, identificazione, controlli – dice l’assessore alla Sanità Maria Sandra Telesca –, ma la collaborazione di tutte le aziende del Ssr ha consentito di superare gli ostacoli». Ora non resta che correggere il test. L’esito verrà notificato il 2 febbraio. Gli 800 con il punteggio più alto si dovranno quindi presentare a Udine il 9 febbraio nella sede universitaria di via delle Scienze. L’obiettivo, dopo l’orale, è conquistare le 173 assunzioni. «Solo un primo passo – rileva Massimo Bevilacqua (Cisl) –, non basteranno a coprire il turnover. Per questo insisteremo sulla stabilizzazione dei 300 precari del Ssr. Lavorando nel contempo sulla formazione: dopo i corsi per preparare gli infermieri, organizziamo quelli per Oss». La Regione ha infatti bandito pure il concorso per operatori socio-­‐sanitari. Le assunzioni in palio sono inferiori (29, 14 agli Ospedali Riuniti di Trieste, 15 all’AaS 5 Friuli Occidentale), ma anche la platea di concorrenti (2.875 alla scadenza del bando) è più bassa rispetto agli aspiranti infermieri. La data della preselezione va ancora comunicata. 1 Trieste Scannapieco: «Sicurezza garantita al Burlo» Il direttore dell’Irccs riferisce in commissione comunale sul trasferimento del laboratorio d’analisi «Giù le mani dal Burlo lo diciamo tutti assieme, perché il nostro obiettivo è rilanciare il ruolo dell’ospedale nel materno infantile per tutta l’area giuliano isontina». Il direttore generale dell’Irccs, Gianluigi Scannapieco, è tornato a rassicurare sul futuro dell’ospedale pediatrico di via dell’Istria all’indomani delle polemiche scoppiate attorno al trasferimento del Laboratorio analisi a Cattinara. Lo ha fatto davanti ai consiglieri comunali riuniti in Commissione, alla presenza del sindaco Roberto Cosolini e del commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera e sanitaria Nicola Delli Quadri. Scannapieco ha ripetuto quanto affermato nei giorni scorsi: «Compito del Burlo è occuparsi di diagnostica di alto livello e proseguire nell’attività di ricerca, non fare un emocromo -­‐ ha evidenziato -­‐ comunque saremo in grado di garantire gli stessi livelli di sicurezza di prima. Il Burlo diventa luogo di competenza e servizio della rete regionale». È stato Maurizio Ruscio, direttore di Patologia clinica dell’Azienda ospedaliera, a entrare nei dettagli tecnici dell’operazione, evocando un modello “hub and spoke” che coinvolgerà trasporti e tecnologia «per migliorare la qualità». Posizioni che non sono servite a placare gli interrogativi. «Questa riorganizzazione porterà ritardi nelle risposte?», ha incalzato Paolo Rovis di Trieste Popolare. «È stato detto che le risposte non saranno possibili in tempo reale con pazienti in sala operatoria. Abbiamo bisogno di spiegazioni adeguate». Il collega della Federazione della Sinistra Marino Andolina teme gravi conseguenze. «Cattinara -­‐ ha osservato -­‐ prenderà in mano gli esami del Burlo solo dopo aver fatto i propri. Se non posso avere il numero di piastrine esatte in modo immediato -­‐ ha insistito l’ex medico dell’Irccs -­‐ i trapianti di midollo, ad esempio, non si possono più fare. I macchinari di reparto non bastano, qui è in gioco la vita delle persone. Useremo i droni per mandare a Cattinara le provette urgenti?». L’invio delle provette da un ospedale all’altro avverrà non oltre i 7 minuti, ha tranquillizzato il management. Scannapieco ha chiarito: «Innanzitutto i trapianti di midollo si fanno di giorno -­‐ ha sottolineato -­‐ e al Burlo resterà comunque un laboratorio che risponderà alle urgenze e parte della routine, gestito dall’Azienda. A Cattinara, invece, andranno il resto ed eventuali necessità notturne e festive che non possono essere seguite in via dell’Istria». Cosolini ha cercato di placare le polemiche, invitando alla calma. «Ogni cambiamento non è esente da punti di forza e di debolezza -­‐ ha rilevato -­‐ quanto è emerso sarà oggetto di valutazione. Invito a mettere sul banco tutte le criticità e a fornire le risposte tecniche necessarie. Dal punto di vista politico il tema va affrontato con un’analisi degli indicatori su prestazioni, attività e performance. Comunque in questi mesi l’interlocuzione con i vertici è continua. Di Burlo non dobbiamo appassionarci solo quando ne parla la stampa o quando conviene politicamente». (g.s.) LUNEDI' L’UDIENZA Aumentano le vittime dell’infermiere del Burlo Altre due presunte vittime di Mauro Cosolo, 59 anni, l’insospettabile infermiere del Burlo accusato di atti sessuali su minorenni: filmava le loro parti intime con una penna-­‐telecamera mentre si trovavano nella sala gessi dell’ospedale infantile. Nei giorni scorsi le bambine, accompagnate dai genitori, si sono presentate in Questura. Nelle prossime ore, da quanto si è appreso, formalizzeranno la propria posizione in vista dell’udienza che è stata fissata per lunedì 1° febbraio davanti al gip Luigi Dainotti. Al momento, dunque, le vittime ufficiali sono 17. Lunedì prossimo sarà sentito dal giudice Dainotti lo psichiatra Bruno Norcio, al quale il gip Luigi Dainotti ha affidato, accogliendo l’istanza dei difensori, gli avvocati Raffaele Leo e Marta Silano, una perizia tecnica riguardante le capacità di intendere e di volere di Cosolo. «Non ci si trova davanti a un imputato che ammette le proprie colpe o responsabilità e cerca di 2 giustificare i propri comportamenti illegali. Ci si trova invece di fronte a un imputato che nega in modo categorico di aver commesso gran parte dei reati», scrive il consulente del gip. Nella sua lunga e articolata relazione tecnica -­‐ depositata qualche giorno fa -­‐ il perito fa iniziare la vicenda psicologica di Cosolo nel 2000, con quella che definisce una sindrome post traumatica da stress, relativa alle conseguenze emotive dell’assassinio del fratello Bruno. La vicenda è esplosa nel settembre 2014, anche se esistono due differenti segnalazioni che risalgono al 2007, oggetto di un procedimento stralcio nel quale sono indagati, per omessa denuncia, gli ex direttori sanitari Mauro Delendi e Giampaolo Canciani e la dottoressa Daniela Dibello. Lettera “Burlo” più valorizzato senza il laboratorio d’analisi Penso e spero di essere riconosciuto come una persona seria ed equilibrata. Recentemente ho accettato di essere nominato nel Consiglio di indirizzo del “Burlo Garofolo” perché vedo in questo Istituto un’eccellenza triestina da difendere e promuovere. Mosso dal fermento che si è creato nella politica e sulla stampa, ho cercato di conoscere meglio gli aspetti relativi ai cambiamenti che riguarderanno il laboratorio. Le informazioni che ho ricevuto confermano la razionalità delle scelte di fondo, confermano altresì che il progetto è ancora in corso di definizione nei suoi dettagli operativi e che, pur essendo il criterio fondante la razionalizzazione degli esami di routine, viene comunque confermato il mantenimento in sede di tutte le analisi che garantiscono la qualità e la sicurezza degli interventi. Quello che, semmai, non è apparso (ed è un peccato) è che l’accentramento degli esami di routine al “Maggiore” consentirà di dare più ampio spazio all’attività del laboratorio rivolta alla diagnostica fine e alla ricerca. Quindi, valorizzazione della specialità del “Burlo”. Il vero scopo di questo mio intervento è di suggerire cautela nel dibattere di strutture tanto importanti quanto delicate e complesse, come l’Ospedale infantile. È giusto che la politica sia attenta a quello che è un importante patrimonio di Trieste, della Regione e del Paese. Ma proprio la volontà di agire per il bene del “Burlo” deve portare a un dibattito che sia dovutamente informato e soprattutto libero da qualsiasi tentazione di farne uso strumentale nella quotidiana battaglia politica. Purtroppo è sempre presente il pericolo che l’approssimarsi di scadenze elettorali o, rispettivamente, l'improvvido protagonismo e desiderio di rivalsa di singole persone spostino la discussione su piani diversi dall’unico che interessa, la valorizzazione di una realtà eccellente di Trieste, che tale deve rimanere. Federico Pacorini Gorizia L’Aas: «Timori infondati su Pneumologia» L’Azienda sanitaria smentisce quanto emerso in Consiglio comunale: «Tutto rimarrà come prima» La notizia era rimbalzata in Consiglio comunale. Tant’è che ieri, puntualmente, “il Piccolo” aveva dato conto del fatto che ci sarebbe stata la sospensione del servizio di Pneumologia dell'ospedale di Gorizia. Ma oggi interviene ufficialmente l’Azienda sanitaria Bassa Friulana-­‐
Isontina che smentisce recisamente questa ipotesi. «Sono notizie che non corrispondono al vero», taglia corto il dg Giovanni Pilati. Ecco il testo della nota dell’Aas. «Si precisa che il servizio di Pneumologia attualmente erogato presso l'ospedale di Gorizia viene mantenuto con le stesse identiche attività e funzioni garantite in precedenza. Viene invece attivata una nuova funzione di Endoscopia respiratoria presso la sede di Monfalcone al fine di estendere l'offerta anche ai cittadini residenti nel Distretto "Basso Isontino" senza modificare in alcun modo l'offerta del servizio a Gorizia». In Consiglio comunale, poi, erano stati espressi timori, «anche questi infondati, sulla riorganizzazione di servizi presenti nell’ospedale di Gorizia ipotizzando chiusure ed aggregazioni assolutamente fantasiose -­‐ si difende l’Azienda sanitaria 3 -­‐. In particolare, appena la Regione approverà l'Atto aziendale verranno bandite le procedure per l'assunzione dei primari mancanti a cominciare da quelli di Neurologia e di Pronto soccorso, quest'ultimo, con il dispiacere di tutti, scomparso appena qualche giorno fa». «Non è la prima volta che emergono ingiustificati allarmismi su chiusure di servizi presso la sede di Gorizia. Ricordo le ventilate chiusure della Cardiologia, del SerT, della funzione per l'Età Evolutiva e la Prevenzione dell'Handicap: funzioni tutte oggi operative e che rimarranno tali anche in futuro. Sulle paventate ipotesi di trasferimento degli uffici amministrativi dalla sede di Gorizia a quella di Palmanova, che non hanno riflessi sui servizi rivolti ai cittadini, si premette che al momento della fusione delle due Aziende, “Bassa Friulana” ed “Isontina”, tutte le funzioni (personale, ragioneria, affari generali, controllo di gestione, servizio tecnico) erano duplicate e replicate in entrambe le sedi. Ad oggi sono state concentrate tutte le funzioni relative al Legale e alla Ragioneria presso la sede di Gorizia e non certo viceversa». L’Aas conclude nella sua nota: «Si desidera inoltre sottolineare che queste continue notizie non veritiere sulla disattivazione di servizi assistenziali crea incertezza nel personale e timore tra i cittadini, che può riflettersi in una riduzione del ricorso dei nostri cittadini residenti ai servizi dell'Aas, in particolare, quelli offerti a Gorizia». IL CONSIGLIERE FORZISTA Ziberna: «Ma non ce l’avevo con la Croce Verde Goriziana» «Ho letto con interesse l’intervento della Croce Verde Goriziana, che condivido, in cui non leggo però alcuna vis polemica nei miei confronti. E’ noto, del resto, come sia stato innanzitutto il mio e nostro intervento, seguito successivamente da quello della maggioranza, a salvare solo pochi mesi fa enti come la Croce Verde Goriziana che si sarebbero viste impossibilitate a svolgere gli attuali servizi in convenzione se non fosse stata cambiata la proposta della giunta regionale», spiega il consigliere regionale forzista Rodolfo Ziberna. «In una mia interrogazione di alcuni giorni fa, invece, ho denunciato la scandalosa decisione dell’Azienda sanitaria di chiedere ai soggetti privati che forniscono il servizio in ambulanza con infermieri standard estremamente bassi, a nostro avviso rischiosi per il cittadino che viene soccorso. Non ho citato la Croce Verde Goriziana nell’intervento perché era noto che essa comunque fornisce il servizio con personale dotato di particolari competenze e d esperienza sul campo». Messaggero Veneto 27 gennaio 2016 Regione Scontro sul taglio dei Punti nascita Da Sel fuoco amico sulla giunta Pustetto attacca: " Conti poco chiari tra Palmanova e Latisan, se costretto mi rivolgerò alla Procura ". L'assessore Telesca annuncia un'indagine ispettiva " per confermare la correttezza di quanto fatto ". di Giovanni Stocco. TRIESTE. Rischia di finire in tribunale lo scontro sul punto nascita di Latisana tra Stefano Pustetto, consigliere regionale di Sel, e la giunta di Debora Serracchiani. Pustetto premette che adire le vie legali sarebbe «l’extrema ratio. Devo leggere le carte, e fare tutte le valutazioni del caso. Se costretto, mi rivolgerò alla Procura della Repubblica. Troppe zone d’ombra, omissioni e opacità hanno contraddistinto il percorso intrapreso dall’esecutivo». La posizione di Pustetto è nota: ritiene arbitraria la scelta della giunta di chiudere il punto nascita di Latisana e salvare quello di Palmanova. «Non accetto di essere preso in giro – spiega Pustetto, perché ogni decisione politica è rispettabile, ma esigo 4 correttezza». L’ennesima discussione ha avuto luogo ieri mattina nell’Aula del Consiglio regionale, quando l’assessore Maria Sandra Telesca ha replicato a un’interrogazione a risposta immediata del vendoliano, che fa parte della stessa maggioranza che governa la regione. Pustetto chiedeva chiarezza sui costi necessari per rendere operativi i reparti del punto nascita di Palmanova e Latisana, aggiungendo un ulteriore quesito: la messa a norma del nosocomio della città stellata può essere effettuata con le sale operatorie funzionanti? Telesca, ripercorrendo le tappe di una querelle che prosegue da diversi mesi, ha spiegato che «l’adeguamento di Latisana comporta un esborso di 300 mila euro, mentre la riqualificazione del reparto di Palmanova esige una spesa di 585 mila euro». Telesca ha poi aggiunto che «250 mila euro di quei 585 mila erano già previsti per l’adeguamento degli impianti di aerazione delle sale, comunque necessari indipendentemente dalla decisione del Punto nascita. I restanti 335 mila euro sono quelli in discussione e condizionati dalla decisione in questione». Dopo aver ingaggiato l’ennesimo duello verbale in Aula, minacciando lo strascico legale, Pustetto ha replicato nel pomeriggio: «L’assessore ha confermato che i costi stimati per gli arredi del Punto nascita di Latisana ammontano a 300 mila euro, e che il Punto nascita di Palmanova richiede 585 mila euro. Perché, per mesi, a questa somma sono stati sottratti i 250 mila euro previsti per l’impianto di aerazione? Non sono soldi anche quelli? Perché, per mesi, è passata la notizia secondo cui la messa a norma del punto nascita di Palmanova avrebbe implicato una spesa di “soli” 350mila euro?». Ancora Pustetto: «Nella risposta dell’assessore, non c’è alcuna censura nei confronti del direttore generale, il cui compito non è quello di decidere quali documenti possano essere consegnati ai consiglieri, e quali no: ci sono leggi e sentenze molto chiare in materia di accesso agli atti». Pustetto rincara la dose: «Perché il dg ha omesso di spiegare che il secondo lotto di lavori da eseguire a Palmanova ammonta a 870 mila euro? Perché i Consiglieri non vengono messi nelle condizioni di valutare in modo completo e obiettivo l’entità degli interventi da portare a termine?». Finale ancora in crescendo, con Pustetto che suggerisce l’ipotesi «che l’assessore tolga la fiducia al direttore generale. In ultimo, perché nessuna menzione al fatto che la spesa di 300 mila euro per arredare Latisana è sovrastimata, visto che ci sono arredi recuperabili?». In serata, la replica dell’assessore Telesca: «Sui costi dei lavori previsti per l’adeguamento dell’ospedale di Palmanova, di fronte alle critiche del consigliere Pustetto occorre fare chiarezza. Pertanto ho disposto una verifica ispettiva per evitare che informazioni generiche e confuse si prestino a utilizzi strumentali contro chicchessia. La stessa direzione dell’Azienda sanitaria, che ritiene di aver agito nella massima trasparenza, ha sollecitato la Regione a esaminare tutta la documentazione per confermare la correttezza di quanto fatto. Ho ritenuto – ha proseguito l’assessore Telesca – che le critiche mosse dal consigliere Pustetto vadano prese nella massima considerazione. Ha il pieno diritto di accesso a tutta la documentazione. Di conseguenza ho stabilito che tutti gli atti e i procedimenti oggetto dell’interrogazione siano verificati da terzi. E ciò anche nel primario interesse dei cittadini di conoscere l’efficacia dell’utilizzo delle risorse pubbliche». La sensazione è che, seppur in zona Cesarini, la maggioranza abbia evitato sgradevoli propaggini giudiziarie. Pustetto ha tuttavia chiarito che non si fermerà fino a quando non avrà raggiunto l’obiettivo di fare chiarezza su tutta la vicenda. La giunta, ieri sera, gli ha teso la mano. La palla torna a Pustetto. In calo il trend degli accessi ai Pronto soccorso «Questa giunta si è spesa fin da subito per dare soluzione alle problematiche relative ai Pronto soccorso». Così l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca ha replicato a un’interrogazione della consigliera regionale Mara Piccin (Misto). «Con l’attuazione del Piano dell’emergenza-­‐
urgenza verranno monitorate le attività, comprese quelle di Pronto soccorso, dal Comitato regionale emergenza urgenza e questo al fine di acquisire ogni elemento utile per apportare correttivi all’organizzazione – ha spiegato Telesca –, sulla base di puntuali valutazioni 5 tecniche effettuate sul medio-­‐lungo periodo. Si fa comunque presente che il trend degli accessi in Pronto soccorso è in calo». L’assessore ha poi ricordato che al Pronto soccorso di Pordenone è stato aperto il bando per l’assunzione di tre medici; a Udine, nell’ultimo trimestre 2015, si sono conclusi lavori di riqualificazione che hanno messo a disposizione ulteriori 160 metri quadrati, attrezzando 120 mq per osservazione a breve con otto posti, portando gli spazi complessivi a circa 1000 metri quadrati con 5 nuovi spazi ambulatoriali e un’ulteriore area per pazienti barellati in attesa. A Trieste, invece, è stato potenziato il Pronto soccorso con l’attivazione di un nuovo ambulatorio e l’aumento di personale, l’inserimento degli assistenti di sala all’ospedale di Cattinara e la riorganizzazione del dipartimento di Medicina. Udine «Rette per l’assistenza: io costretto a pagare l’extracomunitario no» Continua la lotta della moglie di Franco Nicolò Rossit «Per le persone gravi come mio marito la sanità non è all’altezza» di Renato D’Argenio. Dal Gervasutta in una casa di riposo; poi all’ospedale civile e altri dieci giorni in casa di riposo, prima di arrivare a casa. Continua l’odissea di Franco Nicolò Rossit, 60 anni, dipendente del tribunale di Udine, dall’agosto del 2014 vittima di un grave trauma cerebrale subito nell’incidente causato da un malore mentre era alla guida della sua auto. E continua la battaglia della moglie Roberta, insegnante. Dopo settimane di cure, pochi giorni fa Rossit è stato trasferito in una casa di riposo, la Sant’Anna. «L’ospedale non è un albergo, mi è stato detto e sono stata costretta a spostarlo in quella struttura – racconta la signora Roberta –. Ho dovuto sottoscrivere un contratto di un mese, ma in quel luogo non ci sono medici, ma personale infermieristico. La situazione sanitaria è affidata al controllo di medici di base. E quando il medico che mi è stato affidato ha visto mio marito mi sono sentita dire: “È grave e io non ho abbastanza tempo da dedicargli; si trovi un altro medico”. Ho telefonato all’ordine dei medici – continua la signora Rossit – e mi hanno suggerito di fare una denuncia scritta. Cosi ho fatto». Ma non finisce qui. «Ora la clinica Sant’Anna esige da me 2.100 euro, la retta per un mese, ma mio marito è rimasto deici giorni. Mi ricordano che ho firmato un contratto, ma non avevo alternativa e, comunque, non ho trovato il servizio che serviva a mio marito: assistenza per un caso così grave». «Non è etico – continua l’insegnante, riportando alla ribalta il caso Kennedy –. L’anno scorso al Gervasutta, Kennedy Afriyie, era vicino di camera di mio marito. È stato ospitato dalla Regione Fvg per tre anni per un attacco ischemico. Servito, riverito con tutto pagato. Mio marito è stato spedito da una parte all’altra, con costi spaventosi. Non è un Paese normale questo – continua disperata la signora Roberta –: gli ospedali ti costringono in strutture che pochi possono permettersi o che costringono i familiari a sacrifici enormi. A questo aggiungete la burocrazia massacrante: da 17 mesi lotto per ottenere dei fondi. Mio marito non aveva raggiunto l’età pensionabile per pochi mesi. Ha fatto malattia e adesso mi dicono che finchè la pratica non è chiusa non si può fare nulla. La pratica di mio marito non sarà mai chiusa. Ho chiesto un periodo di sollievo in una Rsa per sbrigare le pratiche: non ne ho diritto. Mi hanno suggerito di travestirlo da profugo». «Il progetto di cura post dimissioni di Franco Rossit è stato accettato dalla moglie – spiegano al distretto sanitario di Udine –. È stato deciso un inserimento temporaneo in una struttura protetta in attesa di trasferire gli ausili sanitari (letto articolato, seggiolone polifunzionale, materasso antidecubito, sollevatore mobile elettrico, cuscino antidecubito) da Faedis a Udine. Quindi è stata manifestata la volontà di riaccoglimento a domicilio del marito». Il distretto conferma poi che il quadro clinico è difficile: «non depone per una prosecuzione del trattamento riabilitativo, ma piuttosto per un progetto assistenziale in casa o in struttura protetta. Si consiglia inoltre alla signora di procedere alla predisposizione dell'Isee appena possibile, in modo da poter inoltrare quanto 6 prima l'istanza per ottenere i contributi regionali per l'assistenza a domicilio». «La moglie del signor Rossit– si spiega inoltre – ha accettato il trasferimento alla residenza protetta Sant'Anna, struttura tra quelle in cui era stata presentata domanda e in cui c’era disponibilità di posti letto alla dimissione e dove il marito è stato accolto dal 22 dicembre al 2 gennaio, data del reingresso in ospedale. Al distretto non risulta nulla da segnalare in merito alla professionalità del medico di medicina generale del Rossit nel periodo di degenza in questa struttura». Rossit è stato dimesso il 21 gennaio, con il consenso sottoscritto dalla moglie al piano assistenziale individuale, e accolto a domicilio con la presenza del medico del distretto sanitario, dell'infermiere del servizio infermieristico domiciliare e del medico di medicina generale dell’uomo. Da quel giorno è garantito l'accesso quotidiano dell'infermiere e lunedi la fisioterapista si reca al domicilio per l'addestramento alla mobilizzazione e al corretto utilizzo degli ausili in dotazione. L'assistente sociale ci ha comunicato che è stato attivato anche il servizio di assistenza domiciliare del comune». «La richiesta di trasferimento in Rsa in continuità con il ricovero non è stata accolta, perchè gli accoglimenti in "modalità respiro" sono riservati ai pazienti che provengono dal domicilio per garantire un periodo di sollievo ai congiunti che si occupano dell'assistenza a casa, non in seguito a lunghe permanenze in ospedale, Rsa o strutture protette. Qualora la condizione clinica del Rossit non consentisse la permanenza al domicilio, il medico di medicina generale, in collaborazione con il distretto, si attiverà per individuare il contesto clinico-­‐assistenziale più adatto ai bisogni della persona. Crediamo – concludono al distretto sanitario – sia stata fornita una adeguata e tempestiva presa in carico e che la risposta socio-­‐sanitaria, a seguito della valutazione del bisogno multiprofessionale e multidisciplinare, sia sempre stata garantita». Il caso del ghanese Tre anni al Gervasutta per un’ischemia Il caso di Kennedy Afriyie, almeno per quanto riguarda il sistema sanitario, si è chiuso a giugno dell’anno scorso. La permanenza del cinquantenne ghanese per circa tre anni all’ospedale Gervasutta ben oltre il periodo di riabilitazione ha avuto un «costo basso» per le casse pubbliche – aveva spiegato l’assessore regionale Maria Sandra Telesca –,anche se la sua «collocazione non era certo corretta». E, per evitare che situazioni del genere si ripetano, sono state diffuse “raccomandazioni” interne alle strutture sanitarie. Kennedy Afriyie, da oltre 25 anni in Friuli dove ha lavorato come metalmeccanico, è rimasto al Gervasutta dall’agosto del 2011 – quando fu colto da un attacco ischemico – fino ai primi giorni del 2015. Nell’autunno 2011 il suo percorso riabilitativo era completato: Kennedy era in grado di camminare, sano dal punto di vista delle capacità cognitive, anche se non del tutto autosufficiente. Non era stato dimesso per «motivazioni normative, oltre che umane e del codice deontologico» avevano spiegato al Gervasutta. «Fuori i farmaci dai supermercati: i cittadini non sono tutelati» Il presidente di Federfarma Fvg, Pascolini: non può passare la logica dei beni di consumo. Non c’è controllo «A pagare le conseguenze dei farmaci con ricetta medica acquistabili nei supermercati sono i cittadini. Non più tutelati, non più consigliati, non più seguiti nell’assunzione di medicinali per la cura di patologie importanti. Fuori dalla farmacia c’è solo l’anarchia. I farmaci non sono più farmaci. Diventano beni di consumo». Federfarma Fvg non intende continuare a stare zitta di fronte ad un assalto continuo contro i diritti della salute dei nostri cittadini-­‐pazienti. A suonare l’allarme per una deriva pericolosissima è il presidente Federfarma Fvg, Francesco Pascolini che svela «le bugie orchestrate dalle campagne marketing della grande distribuzione organizzata». Presidente Pascolini, la ricetta medica finisce nei supermercati e i farmaci di “fascia C”, non rimborsabili, entrano negli scaffali... Cosa sta succedendo? «Le logiche di 7 profitto intendono prendere il sopravvento. Il farmaco è diventato un bene di consumo. Lo si vende come un biscotto. Il dramma è proprio questo: il farmaco si vende. Dare ai supermercati la possibilità di vendere farmaci con ricetta medica significa trasformarli in prodotto di massa, con tutti i rischi per la salvaguardia, che viene meno, di chi li assume». A quali rischi si espone il cittadino acquistando nei supermercati? «Stiamo parlando di farmaci assai delicati, sottoposti all’obbligo di prescrizione medica proprio per il loro profilo di rischio, per la possibilità di utilizzo anomalo o di abuso, per gli effetti potenzialmente tossici (in questo novero troviamo farmaci stupefacenti, psicofarmaci, ipnotici, ormoni, anabolizzanti e dopanti, per fare alcuni esempi). Il farmacista, in farmacia, è come una sentinella che ha una visione globale sulle terapie assunte dal paziente e sulle interazioni fra farmaci da banco e con ricetta, rimborsabili e no. Per questo la farmacia è autorizzata, sotto la vigilanza dell’Autorità sanitaria, a gestire tutti i farmaci». Quindi il cittadino deve capire che rimane sprovvisto di garanzie, in balia di effetti collaterali? «Se acquista i farmaci in supermercato sì. La finalità della farmacia non è quella consumistica. La farmacia fa promozione della salute, non dello scontrino: dispensa correttamente i farmaci, fornisce i consigli per un uso appropriato. Se la mission dei supermercati è incassare il più possibile, anche attraverso i farmaci, la mission della farmacia e del farmacista è l’appropriatezza dell’uso dei farmaci, quindi fare in modo che diminuisca la domanda, non certo che aumenti come invece vogliono i registi dell’operazione di deregulation dei farmaci con ricetta. A noi non interessa la vendita di massa, non interessano le offerte civetta e il business; non gridiamo sconti e non accatastiamo scatolette sugli scaffali come fossero pacchi di biscotti». Tatoo: troppi abusivi e poca formazione La denuncia dell’associazione tatuatori. «In un settore tanto delicato servirebbero norme più chiare» di Alessandra Ceschia. Abusivismo e assenza di percorsi formativi. La moda dei tatuaggi dilaga, tanto che il 12,8 per cento della popolazione ne ha almeno uno. Eppure in un settore tanto delicato, in cui i rischi di contrarre infezioni non vanno trascurati, le criticità sono numerose. A puntare il dito contro l’abusivismo è l’associazione regionale tatuatori, impegnata a fianco dell’Azienda per l’assistenza sanitaria numero 4 Friuli centrale nella salvaguardia della salute di coloro che si sottopongono alla pratica del tatoo. «Mancano percorsi formativi igienico sanitari per coloro che già esercitano – segnala il segretario della delegazione regionale tatuatori, Sebastiano “Seba” Broili –, ma rileviamo anche l’assenza di percorsi formativi per coloro che vogliono intraprendere l’attività». Ed è preoccupante che chi avvia un centro tatuaggi possa operare in un settore tanto delicato senza la necessaria formazione. Un altro problema segnalato dall’associazione è «l’abusivismo dilagante», causa di danni alle persone, visto che possono essere utilizzati pigmenti dannosi. E in tema di pigmenti la delegazione segnala anche «l’inadeguatezza delle normative europee», evidenziando inoltre «l’assenza di una normativa nazionale che regolamenti sia l’attività sia l’indotto». L’associazione tatuatori ha partecipato alla formulazione della legge regionale 7 del 2002 e al relativo regolamento attuativo, anche se in questo caso, «non siamo stati ascoltati». «Abbiamo presentato al Ministero della Salute una nostra proposta di legge nazionale e partecipato alle edizioni 2012 e 2013 del convegno «Tatuaggi trucco permanente» oltre al convegno 2015 «La pratica del piercing», organizzati dall’Istituto superiore di Sanità con il quale collaboriamo costantemente». La volontà di garantire un’opportuna formazione ai tatuatori è confermata dalle numerose partecipazioni ai meeting di settore; ad esempio quelli di maggio e novembre dello scorso anno, organizzati dal Joint research centre -­‐ The European Commision’s e ai congressi europei «Tatoo and pigment research». 8 In arrivo due risonanze magnetiche L’Aas3 ha completato le procedure d’acquisto: saranno destinate a Tolmezzo e San Daniele TOLMEZZO. Si sono concluse in questi giorni le procedure di acquisto di due tomografi a risonanza magnetica da parte dell’Aas3: troveranno sede nei due ospedali di San Daniele e di Tolmezzo, nelle strutture di radiodiagnostica rispettivamente dirette dal dottor Francesco Pessina e dal dottor Massimo Valentino. È una notizia attesa da tempo, che ora dovrà trovare attuazione anche con i necessari lavori di adeguamento degli spazi che ospiteranno i macchinari. Si tratta – spiegano i clinici e i tecnici che hanno perfezionato l’acquisto – di due tomografi total body da 1,5 Tesla, in linea con i più moderni standard tecnologici nonché dotati di evoluti pacchetti software di elaborazione (come ad esempio il software cerebrale avanzato) e di accessori specifici per le indagini su distretti anatomici quali: spalla, testa, e colonna vertebrale con bobine integrate nel tavolo. Inoltre, di particolare rilevanza la caratteristica “big bore”, ovvero l’ apertura con diametro di 70 cm (rispetto ai 60 cm dei tomografi di precedente generazione) che da un lato consente la diagnostica in pazienti di corporatura robusta e con problematiche di mobilità particolari, dall’altro diminuisce la sensazione di claustrofobia della persona sottoposta a risonanza». L’ acquisizione è stata possibile in tempi più brevi del consueto, grazie alla tempestività dell’Aas3: spiegano infatti che la gara Consip (ente nazionale per gli acquisti della pubblica amministrazione) ha aggiudicato 13 tomografi per tutto il territorio nazionale, su circa una quarantina di potenziali richieste provenienti da tutta Italia, che sono state esaurite in circa un’ora e mezza, e dunque la tempestività nell’entrare nel Sistema acquisti ha consentito alla Aas3 di poter acquistare subito tutte e due le attrezzature che erano previste nel piano degli investimenti. «Il risparmio di tempo – precisa il direttore generale dell’ Azienda 3, dottor Pier Paolo Benetollo – si accompagna anche a un risparmio economico: stimiamo infatti di essere riusciti a realizzare circa 100.000 euro di risparmio per ognuna delle due attrezzature, rispetto al possibile esito finale della gara». Il costo complessivo, di poco superiore a un milione 800.000 euro (Iva inclusa) sarà interamente coperto da finanziamenti provenienti da utili degli esercizi di anni precedenti. Restano, conclude il direttore, da realizzare le opere edili impiantistiche propedeutiche all’installazione dei tomografi negli ospedali, per le quali i competenti uffici sono già all’opera. La Casa della salute divide il centrosinistra Pagnacco: l’opposizione presenterà stasera una mozione in aula, ma il consigliere Di Cecco si dissocia di Federica Del Zotto. PAGNACCO. La riforma sanitaria crea una frattura non solo tra le due maggiori coalizioni, ma anche all'interno del centrosinistra. A Pagnacco è Raffaele Di Cecco, consigliere comunale della minoranza di centrosinistra, medico di medicina generale e già vicepresidente dell'ordine dei medici, a prendere le distanze dalla nuova normativa. E lo fa decidendo di non aderire alla mozione per l'istituzione di una Casa della salute che il gruppo di opposizione presenterà stasera in consiglio. La mozione – se approvata – impegnerebbe il sindaco «a mettere in atto, già nella programmazione 2016, tutti i provvedimenti necessari e finalizzati al raggiungimento dell’integrazione dei servizi sociosanitari in una sede unica, che sarà denominata Casa della salute, facilmente raggiungibile e accessibile per tutti». Questa richiesta si inserisce appunto all’interno della riforma regionale che promuove la riorganizzazione del sistema sanitario con un aumento delle attività sociosanitarie sui territori rispetto a quelle ospedaliere. Ma Di Cecco, pur condividendo la stessa matrice politica del Pd, ritiene che la riforma sia stata fatta con una «grande dose di leggerezza e senza tener conto dei reali problemi. La riforma non ha validi motivi, ma è indubbio che è stata fatta perché ci sono tanti interessi in ballo». La presa di posizione di Di Cecco ha scosso gli animi all’interno dell’opposizione, che si ritroverà oggi in consiglio in netta minoranza sul punto. Di 9 Cecco ha detto infatti che non solo non appoggerà la mozione, ma farà un intervento argomentato, con tanto di dati, statistiche e diapositive per spiegare il motivo per cui questa riforma, per lui, non migliorerà la sanità sul territorio. Diverse le argomentazioni che il consigliere porterà in favore della sua tesi. La decentralizzazione del sistema sanitario porterà ad avere tanti piccoli distretti sanitari, come quello ipotizzato della Casa della salute, che però non avranno la strumentazione sufficiente a garantire l’ottimale cura del paziente. Il medico sarà dunque costretto ad avvalersi del pronto soccorso ospedaliero. Un altro punto a sfavore della mozione sembrerebbe l'elevato costo di questa struttura se comparato con il reale sfruttamento della stessa. Di Cecco, in qualità di medico, ritiene che la riforma sia dannosa non solo per il paziente, ma anche per i medici. «Questa riforma – ha dichiarato il consigliere Di Cecco –, ha spaccato sia il mondo politico, sia quello delle professioni». Gli altri consiglieri della minoranza per ora preferiscono non pronunciarsi sul tema e aspettano la seduta del consiglio comunale di oggi, quando la mozione andrà al voto. Gorizia «La Pneumologia resterà al San Giovanni» Il direttore Pilati smentisce il sindaco. Al San Polo una funzione di Endoscopia respiratoria di Vincenzo Compagnone. «La sospensione del servizio di Pneumologia dell’ospedale di Gorizia non corrisponde al vero». Il direttore generale dell’Azienda Bassa Friulana-­‐Isontina, Giovanni Pilati, smentisce seccamente quanto affermato l’altra sera dal sindaco Romoli in consiglio comunale. Il manager tiene a precisare che «il Servizio di Pneumologia attualmente erogato al San Giovanni di Dio, di cui è responsabile il dottor Vassallo, viene mantenuto con le stesse identiche attività e funzioni garantite in precedenza. Sarà attivata invece una nuova funzione di Endoscopia respiratoria a Monfalcone al fine di estendere l’offerta anche ai cittadini residenti nel Distretto “Basso Isontino». Ettore Romoli ha avuto un lungo colloquio chiarificatore ieri con Pilati. Solitamente molto cauto nelle sue dichiarazioni, probabilmente il sindaco ha preso per buona una non-­‐notizia filtrata dagli ambienti ospedalieri e rivelatasi poi infondata. Nella sua replica, il direttore generale ha voluto rassicurare i cittadini anche a proposito di altri timori riportati dal nostro giornale. «In particolare – rimarca – appena la Regione approverà l’Atto aziendale verranno bandite le procedure per l’assunzione dei primari mancanti, a cominciare da quelli di Neurologia e del Pronto Soccorso». Non scioglie, tuttavia, le perplessità sulle carenze d’organico particolarmente acute in Cardiologia e in Ortopedia. Pilati se la prende con «gli ingiustificati allarmismi su chiusure di servizi nella sede di Gorizia. Ricordo le ventilate chiusure della Cardiologia, del SerT, della funzione per l’Età Evolutiva e la Prevenzione dell’Handicap, funzioni tutte oggi operative e che rimarranno tali anche in futuro». Sulle paventate ipotesi di trasferimento degli uffici amministrativi dalla sede di Gorizia a quella di Palmanova, che non hanno riflessi sui servizi rivolti ai cittadini (ne aveva fatto cenno sempre il sindaco Romoli ma il Messaggero Veneto non le aveva riprese), il direttore generale premette che «al momento della fusione delle due Aziende, “Bassa Friulana” ed “Isontina”, tutte le funzioni (si tratta del personale, della ragioneria, degli affari generali, del controllo di gestione e del servizio tecnico) erano duplicate e replicate in entrambe le sedi. Ad oggi sono state concentrate tutte le funzioni relative al Legale e alla Ragioneria nella sede di Gorizia e non certo viceversa. Desidero inoltre sottolineare che queste continue notizie non veritiere sulla disattivazione di servizi assistenziali creano incertezza nel personale e timore tra i cittadini, che possono riflettersi in una riduzione del ricorso dei nostri cittadini residenti ai servizi dell’Ass, in particolare, quelli offerti a Gorizia». 10