LA NUOVA INFORMAZIONE - Nuova Informazione Cardiologica

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Transcript LA NUOVA INFORMAZIONE - Nuova Informazione Cardiologica

LA NUOVA INFORMAZIONE
CARDIOLOGICA
Periodico di informazione cardiologica – Anno 35° – Marzo 2015
SOMMARIO
Imaging in cardiologia
2
Impiego clinico di Regadenoson
(dott.ssa Erinda Puta)
Editoriale
6
Energy Harvesting: soluzioni energetiche
innovative in campo cardiovascolare
(dott.ssa Michela Aquilano)
Leading article
9
Il ruolo della MIBG nella stratificazione prognostica
del paziente con insufficienza cardiaca e nella
selezione dei candidati all’ICD e al CRT. Riflessioni
sul trial “ADMIRE-HF” (dott.ssa Lucia Leva)
Focus on… 16
Energia, radiazioni e dispositivi impiantabili
(dott. Gabriele Dell'Era)
Medicina e morale
19
Il cuore sinonimo della vita. Parte IV
(prof. Paolo Rossi)
Foglio elettronico 3 a generazione – n°59
Editor: prof. Paolo Rossi
Direttore Responsabile: dott. Eraldo Occhetta ([email protected])
Direttore Scientifico: dott. Gabriele Dell’Era ([email protected])
Progetto grafico e realizzazione: Studio27 Progetto Editoriale, Novara – www.studio27snc.it
[email protected]
www.nuovainformazionecardiologica.it
IMAGING in cardiologia
Impiego clinico di Regadenoson
Dott.ssa Erinda Puta
SOC Medicina Nucleare – AOU Maggiore della Carità, Novara
[email protected]
L’imaging della perfusione miocardica (MPI) in
Medicina Nucleare viene effettuato principalmente con la tecnica non invasiva di tomografia ad emissione di singolo fotone (SPECT) utilizzando prevalentemente traccianti tecneziati
99mTc in condizioni di stress (fisico o farmacologico) e in condizioni di riposo.
La scintigrafia miocardica è indicata nei pazienti
con sospetta o nota coronaropatia sintomatologicamente stabili per documentare l’eventuale
ischemia (sede, estensione e severità), stratificare il rischio, monitorare gli effetti della terapia
e nella valutazione della vitalità miocardica con
indicazione di classe I livello A nei pazienti con
probabilità pretest intermedia (1,2).
La tecnica SPECT, se sincronizzata sull’onda R
dell’ECG (Gated) oltre che sulla perfusione miocardica fornisce informazioni su volumi, FE, cinetica regionale e globale del ventricolo sinistro (3).
Gli studi MPI con test farmacologici (tab.1) sono
indicati nei pazienti che non sono in grado di
eseguire un esercizio fisico adeguato. I vasodilatatori utilizzati negli studi MPI agiscono direttamente o indirettamente sugli recettori di
adenosina che sono di 4 sottotipi (A1, A2A, A2B
e A3). L’effetto vasodilatatore viene mediato
tramite l’attivazione dei recettori (A2A) a livello
delle cellule muscolari lisce della parete vasale
delle coronarie. L’attivazione recettoriale stimola adenilato ciclasi causando un aumento di
adenosina monofosfato e ridotta captazione di
calcio da parte del sarcolemma e conseguente
rilassamento muscolare (Fig. 1) inducendo un
incremento di flusso miocardico 2-4 volte nelle
coronarie sane mentre si ha un incremento limitato o nullo nelle coronarie stenotiche. Siccome
i traccianti si distribuiscono nel miocardio proporzionalmente al flusso coronarico riflettendo
la perfusione regionale, la disparità di flusso tra
coronarie normali e stenotiche fa si che ci sia
una disomogeneità e riduzione della captazione del tracciante nei territori miocardici irrorati dalle coronarie compromesse rilevate con la
gamma camera.
Gli effetti collaterali dei comuni vasodilatatori
sono dovuti all’attivazione di diverso grado dei
recettori dell’adenosina (blocco atrioventricolare (A1), vasodilatazione coronarica (A2A), vasodilatazione periferica (A2B), broncocostrizione
(A2B e A3).
2
Adenosina
Dipiridamolo
Dobutamina
Regadenoson
Vasodilatatore
Vasodilatatore
Inotropo+;
Vasodilatatore
diretto
indiretto
cronotroppo+
diretto
Ischemia, IMA,
Ischemia, IMA,
Ischemia, IMA, aritmie,
broncospasmo
broncospasmo
crisi ipertensiva
No se asma/COPD,
No se asma/COPD,
BAV
BAV
Infusione
Infusione
Infusione a step
Sì
Sì
Sì
Al 3°min.
2-3 min.
del tracciante
di infusione
post infusione
Antidoto
Aminofillina
Aminofillina
Meccanismo
d’azione
Rischi
Gruppo pazienti
Somministrazione
Dose
peso-dipendente
Iniezione
Asma/COPD
Variabile
Metoprololo
Ischemia, IMA
Asma/COPD,
no se BAV
Iniezione ev
in 10 secondi
No
A 30 sec.
dopo Regadenoson
Aminofillina
Tabella 1. Stressor farmacologici. Abbreviazioni IMA=Infarto miocardico Acuto. BAV=blocco avrtioventricolare.
Figura 1. Meccanismo d’azione dei sottotipi dei reccetori dell’adenosina e gli effetti clinici. Springer and J Nucl Cardiol, 17, 2010, 494–497, The emerging role of the selective A2A agonist in pharmacologic stress testing, Gemignani AS,
Abbott BG, Figure 1.23. Abbreviazioni ATP, adenosine trifosfato; cAMP, adenosina monofosfato ciclico.
3
CASO CLINICO
Uomo di 61 anni con infarto miocardico (IMA)
non Q inferiore (2004), coronaropatia cronica
trivasale pluritrattata con angioplastiche percutanee (PTCA), plurime sindromi coronariche
acute, pacemaker DDD per blocco atrioventricolare II grado, diabete, ipertensione, dislipidemia, obesità, insufficienza renale cronica moderata con nefroangiosclerosi, BPCO con lieve
danno ostruttivo in O2 terapia.
Utlimo esame coronarografico 05/01/2012: restenosi intrastent del 70% ostio coronaria destra trattato con PTCA. Buon risultato di PTCA
su discendente anteriore e circonflessa. Residua
occlusione di D1 e ramo anterolaterale.
Per ripresa di sintomi (dolore toracico non sfor-
zo-correlato e sensibile a carvasin) a partire dal
marzo 2013 si decide di effettuare scintigrafia
miocardica da stress, prima di procedere all'ennesima coronarografia; questo anche per guidare l'eventuale procedura di rivascolarizzazione (scelta della lesione ischemizzante), stante la
complessità dell'anatomia coronarica.
Il 18/12/2013 si procede peranto a Scintigrafia miocardica con 99mTC-tetrofosmin (dopo
stress farmacologico ed a riposo – Fig. 2a-2b):
documentata una moderata ipoperfusione reversibile alla parete anteriore di possibile significato
ischemico. Non segni di ischemia nelle restanti
sezioni del miocardio con una funzionalità ventricolare sinistra ancora conservata (FE=68%).
Figura 2a. Studio perfusorio con 99mTc –Myoview dopo stress farmacologico si evidenzia moderato difetto perfusorio in
sede anteriore reversibile nelle immagini ottenute in condizioni di riposo confermato anche dall’analisi semiquantitativa.
Figura 2b. Dati cinetica, volumi, FE e spessore miocardica ottenuti mediante SPECT-GATED 99mTc Myoview dopo
stress con Regadenoson.
4
COMMENTO
Nel caso del nostro paziente è stato utilizzato come stressor il Regadenoson, un derivato
dell’adenosina con affinità selettiva per i recettori A2A dell’adenosina. È stato approvato per
gli studi MPI con radionuclidi nel 2008 in USA,
nel 2010 in Europa mentre in Italia nel 2013.
L’affinità del regadenoson per i recettori A1 è
circa 13 volte inferiore rispetto al recettore A2A
(4) e minima o nulla per i recettori adenosinici
A2B e A3, rendendolo più vantaggioso rispetto
agli altri vasodilatatori.
L’elevata selettività e la bassa affinità per i recettori A2A inducono un potente e rapido effetto vasodilatatore coronarico massimale che si
mantiene per un breve arco di tempo (5,6).
Le informazioni sulla perfusione miocardica
ottenute con Regadenoson sono simili all’adenosina (ADVANCE MPI 1e2) e anche al dipiridamolo (7). È stato inoltre dimostrato la sicurezza
dell’utilizzo di regadenoson anche nei pazienti
affetti di asma e COPD lieve-moderata (8,9) e
nei pazienti con insufficienza renale cronica anche in stadio terminale.
Tra le reazioni avverse più comunemente osservate sono dispnea ,dolore toracico, fastidio gastrointestinale, cefalea, capogiri, rossore, alterazioni del tratto ST (6,9) e l’antidoto da utilizzare
è lo stesso degli altri vasodilatatori, agonisti
dell’adenosina: l’aminofillina.
Il protocollo per lo studio scintigrafico utilizzando come stressor il Regadenoson è il seguente:
somministrazione di Regadenoson in dose singola fissa di 400 mcg endovenosa in 10s, seguito da un lavaggio di 5 mL cloruro di sodio 0.9%.
Il radiofarmaco viene somministrato 30s dopo
l’iniezione di regadenoson e successiva acquisizione delle immagini tomoscintigrafiche.
L’utilizzo è controindicato in caso di ipersensibilità al principio attivo/eccipienti, BAVII-III o
disfunzione del nodo del seno, angina instabile, ipotensione grave e insufficienza cardiaca
scompensata (6).
Nel nostro caso Regadenoson ha permesso lo
studio scintigrafico in condizioni di stress altrimenti non eseguibile né con dipiridamolo né
con adenosina poiché controindicati per i loro
effetti broncocostrittori, in quanto il paziente è
affetto da BPCO, e neanche con dobutamina poiché il paziente era in terapia con betabloccanti
(Carvedilolo 25mg 1cp*2 che si voleva mantenere per valutare la presenza di ischemia miocardica in corso di terapia farmacologica piena).
La somministrazione del regadenoson è stata
ben tollerata dal paziente il quale non ha presentato sintomi o alterazioni ECG rispetto a
quanto già presenti in basale.
L’utilizzo del Regadenoson negli studi MPI in
Medicina Nucleare è ben consolidato negli USA
e sempre di maggior utilizzo nella pratica clinica anche in Europa offrendo diversi vantaggi
rispetto agli altri stressor in quanto raggiunge
velocemente la massima iperemia (1 min), ha
breve durata d’azione, è di facile uso (dose fissa
ev in 10sec) e si ha miglior tollerabilità rispetto
all’adenosina ed a dipiridamolo anche nei pazienti con asma e BPCO. Inoltre permette studi
MPI con radiofarmaci a breve emivita (es 82Rb,
13N-NH3).
BIBLIOGRAFIA
1. Milan. E, Acampa W, Marcassa C, Gimelli A, Inglese E: Raccomandazioni procedurali in cardiologia. Lineeguida AIMN 2012.
2. 2014ESC/EACTS Guidelines on myocardial Revascularization: European Heart Journal doi:10.1093/eurheartj/ehu278.
3. Volterrani D, Erba P.a, Mariani G: Fondamenti di medicina nucleare.
Doi 10.1007/987-88-470-1685-9 cap 18.
4. Gao Z, Li Z, Baker SP, et al. Novel short-acting A2A adenosine receptor agonists for coronary vasodilation: inverse relationship between
affinity and duration of action of A2A agonists. J Pharmacol Exp
Ther. 2001;298(1):209–218.
5. Al Jaroudi W, Iskandrian AE. Regadenoson: a new myocardial stress
agent. J Am Coll Cardiol. 2009;54(13):1123–1130.
6. RAPISCAN®(regadenoson) 2014. Product information: www.ema.
europa.eu.
7. Bravo PE, Pozios I, Pinheiro A et al: Comparison and Effectiveness
of Regadenoson Versus Dipyridamole on Stress Electrocardiographic Changes During Positron Emission Tomography Evaluation
of Patients With Hypertrophic Cardiomyopathy http://dx.doi.org/10.1016/j.amjcard.2012.05.038.
8. Golzar Y, Doukky. R: Regadenoson use in patients with chronic obstructive pulmonary disease: the state of current knowledge. International Journal of COPD 2014:9 129–137.
9. Brinkert M, Reyes E, Walker S , Latus K et al: Regadenoson in
Europe: first-year experience of regadenoson stress combined with
submaximal exercise in patients undergoing myocardial perfusion
scintigraphy. Eur J Nucl Med Mol Imaging (2014) 41:511–521.
5
EDITORIALE
Energy Harvesting:
soluzioni energetiche innovative
in campo cardiovascolare
Dott.ssa Michela Aquilano
Istituto di BioRobotica – Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa
[email protected]
Negli ultimi decenni sono stati fatti enormi passi
avanti nello sviluppo di dispositivi medici in campo cardiologico, quali i pacemaker e i defibrillatori impiantabili che oggi permettono a pazienti
affetti da gravi patologie cardiache di condurre
una vita normale e di migliorare le loro aspettative di vita.
Le attuali tecnologie hanno permesso di miniaturizzare questi dispositivi e di utilizzare materiali
sempre più biocompatibili. Tuttavia un problema
tecnico ancora aperto riguarda la durata: infatti gli attuali pacemaker devono essere sostituiti
per scarica ogni 5-10 anni mentre i defibrillatori
impiantabili durano dai 5 ai 9 anni.
Negli ultimi anni la generazione e l’utilizzo dell’energia è diventato un problema tecnologico molto importante che ha preso sempre più rilevanza
in tutti gli ambiti applicativi e che comporta anche importanti innovazioni in campo medico e,
in particolare, cardiologico.
In questo campo si sono sviluppati due importanti filoni di ricerca: uno legato all’ottimizzazione energetica, ovvero le strategie più efficienti
di gestione e utilizzo dell’energia generata dalle
batterie (vedi per esempio il lavoro di Seoudi et
al. [1] per la gestione ottimale degli stimoli forniti da pacemaker multi-elettrodi); e l’altro noto a
livello internazionale con il termine “energy harvesting” (=“raccolta di energia”) che ambisce a
trasformare l’energia presente nel contesto ambientale e corporeo in energia elettrica utile per
l’alimentazione di dispositivi tecnologici (medicali e non). L’esempio più noto e comune di dispositivo basato su energy harvesting è l’orologio
automatico che converte l’energia generata dai
movimenti del braccio in energia utile per alimentare i meccanismi dell’orologio.
Il presente articolo presenta le potenzialità delle
tecnologie di energy harvesting ed una breve revisione dei principali risultati ottenuti in campo
medico ed in particolar modo cardiologico.
Tra le tante possibili fonti energetiche per l’energy harvesting, varie ricerche affermano che
il corpo umano è una delle migliori sorgenti in
quanto sia il calore corporeo [2] (che può produrre una densità di potenza superiore a quella dei
6
pannelli solari) che l’energia cinetica prodotta
da movimenti intenzionali e non [3], ma anche
i movimenti del cuore, la variazione di pressione arteriosa, il flusso sanguigno e la variazione
di diametro delle arterie sono forme di energia
che possono essere convertite in energia elettrica sfruttabile da dispositivi [4].
Per questo motivo molte ricerche sono attualmente in corso per studiare e sviluppare circuiti
e meccanismi da associare agli attuali dispositivi medici indossabili o impiantabili e in grado di
convertire l’energia prodotta in maniera naturale
dal corpo umano in energia utile per l’alimentazione del dispositivo.
Alcune ricerche hanno puntato allo sviluppo di
sistemi e circuiti in grado di convertire l’energia
cinetica del corpo umano per alimentare sistemi
indossabili o impiantabili per il monitoraggio di
parametri fisiologici (per esempio il flusso sanguigno e la pressione sanguigna) [3], [5], [6].
Inoltre sono stati condotti vari studi con applicazioni più esplicitamente legate al campo
cardiologico. Per esempio, Zurbuchen et al [7],
partendo dai meccanismi di energy harvesting di
un orologio automatico commerciale, hanno sviluppato un dispositivo un grado di convertire il
movimento della parete ventricolare in energia
elettrica utile per l’alimentazione di dispositivi
quali pacemaker e defibrillatori impiantabili. Gli
esperimenti condotti sia in-vitro che in-vivo (su
un cuore di pecora) dal gruppo di Zurbuchen
hanno dimostrato che il loro prototipo è in grado
di generare energia sufficiente per alimentare i
moderni pacemaker. Un altro studio interessante
è quello svolto da Pfenniger et al. [8] che hanno
investigato lo sviluppo di un sistema di energy
harvesting basato sull’espansione e contrazione
delle arterie.
Diversamente Karami e Inman [9] hanno progettato un sistema piezoelettrico per la conversione
delle vibrazioni generate dal battito cardiaco in
potenza per l’alimentazione di un pacemaker.
Grazie alla struttura a zig-zag e alla configurazione magnetica non lineare, tale circuito riesce a
fornire l’energia necessaria al pacemaker nonostante le sue dimensioni ridotte (inferiori a 4cm3).
Inoltre negli ultimi anni sono stati fatti passi da
gigante nella miniaturizzazione dei dispositivi
cardiologici attivi impiantabili, come dimostrano i pacemaker di nuova generazione a forma
di capsula Micra di Medtronic e Nanostim di St.
Jude, che hanno dimensioni fortemente ridotte
e si inseriscono all’interno del ventricolo destro
tramite un catetere introdotto nella vena femorale, riducendo così altamente l’invasività dell’intervento.
In linea con questi prototipi sono state condotte
diverse ricerche per sviluppare circuiti di energy
harvesting di dimensioni compatibili con quelle
dei nuovi pacemaker. Ad esempio Rufer et al. [10]
hanno studiato un nuovo sistema in grado di alimentare i nuovi pacemaker sfruttando le vibrazioni cardiache.
Un altro importante esempio nel campo cardiologico è rappresentato dalle ricerche di Deterre
et al. [11] alcuni anni stanno lavorando in questo settore e sono riusciti a sviluppare un dispositivo miniaturizzato che può essere accoppiato
a dispositivi intracardiaci attivi e che è in grado
di convertire l’energia generata dalle variazioni
della pressione arteriosa nella cavità ventricolare e di trasferirla al dispositivo a cui è connesso.
I pregi di questo sistema sono legati all’elevata
efficienza nella trasduzione dell’energia in modalità quasi-statica, alle sue ridotte dimensioni (volume 21mm3) e alla facilità di impianto (avendo
diametro intorno ai 6mm è facilmente introducibile nella cavità cardiaca per via transvenosa).
Un altro approccio innovativo è quello studiato da Haeberlin et al. [12] che hanno investigato un sistema di energy harvesting per pacemaker basato su pannelli solari biocompatibili e
impiantabili a livello transcutaneo. Secondo le
loro ricerche e i test in-vivo condotti su un maiale, uno speciale modulo di pannello solare di
area pari a circa 3.24 cm2 impiantato a livello
sottocutaneo a una profondità di 3 mm è in
grado di alimentare efficacemente un normale
pacemaker.
Tutte le ricerche qui presentate sono solo degli
esempi di quanto si stia lavorando nel settore dell’energy harvesting e degli effetti positivi
che possono avere queste tecnologie per il miglioramento di dispositivi cardiaci impiantabili. Va tuttavia chiarito che tali innovazioni sono
ancora in fase di sperimentazione clinica e che
quindi bisognerà aspettare ancora qualche
anno per poter vedere questi sistemi innovativi di acquisizione e gestione dell’energia applicati a dispositivi in commercio.
7
Figura 1. Il principio dell'energy harvesting: il calore corporeo, la contrazione
cardiaca, l'onda pressoria, il movimento
arterioso, i movimenti del corpo possono
essere convertiti in energia elettrica per
alimentare dispositivi impiantabili.
Figura 2. a) il pacemaker miniaturizzato
endocavitario Micra Medtronic; b) il pacemaker miniaturizzato endocavitario Nanostim St Jude; c) il rotore ed il sistema
di carica di un orologio meccanico automatico impiantato in sede (ventricolo di
pecora) da Zurbrucken et al, ed in grado
di alimentare un pacemaker; d-e) ipotesi
di accoppiamento di un sistema di energy harvesting basato sulla contrazione
cardiaca ai pacemaker miniaturizzati endocavitari (eliminando uno dei potenziali
limiti di questi sistemi avanzati, ovvero
la difficoltà di sostituzione a distanza di
tempo).
BIBLIOGRAFIA
1. Seoudi I, Debroux J-F, Laflutte M, et al, Default Connection in Multi-Electrode leads for Cardiac Pacemakers. Proc. IEEE New Circuits
and Systems Conference (NEWCAS). 2012:157-60.
2. Johny B, Anpalagan A. Body area sensor networks: Requirements,
operations, and challenges. IEEE Potentials.2014;33(2):21-25.
3. Yarkony N. Sayrafian-Pour K, Possolo A. Statistical modeling of harvestable kinetic energy for wearable medical sensors. Proc. IEEE World
of Wireless Mobile and Multimedia Networks (WoWMoM). 2010:1-5.
4. Pfenniger A, Jonsson M, Zurbuchen A, et al, Energy Harvesting from
the Cardiovascular System, or How to Get a Little Help from Yourself.
Annals of Biomedical Engineering.2013;41(11):2248-63
5. Ussmueller T, Brenk D, Essel J, et al, Remote Powered Medical Implants. Proc. IEEE MTT-S International Microwave Workshop Series
on RF and Wireless Technologies for Biomedical and Healthcare Applications (IMWS-BIO). 2013:1-3.
6. Xiao-Fei Teng, Yuan-Ting Zhang, Poon CCY, et al, Wearable Medical Systems for p-Health. IEEE Reviews in Biomedical Engineering.
2008;1:62-74.
7. Zurbuchen A, Pfenniger A, Stahel A, et al, Energy Harvesting from the
Beating Heart by a Mass Imbalance Oscillation Generator. Annals of
Biomedical Engineering. 2013;41(1):131–41.
8. Pfenniger A, Wickramarathna LN, Vogel R, et al, Design and realization of an energy harvester using pulsating arterial pressure.
Medical Engineering & Physics. 2013;35:1256–65.
9. Amin Karami M, Inman DJ. Powering pacemakers from heartbeat vibrations using linear and nonlinear energy harvesters. Applied Physics Letters. 2012;100:042901-4.
10. Rufer L, Colin M, Basrour S. Application driven design, fabrication
and characterization of piezoelectric energy scavenger for cardiac
pacemakers. Proc. IEEE International Symposium on the Applications of Ferroelectric and Workshop on the Piezoresponse Force Microscopy (ISAF/PFM). 2013:340-3.
11. Deterre M, Lefeuvre E, Zhu Y, et al, Micro Blood Pressure Energy
Harvester for Intracardiac Pacemaker. Journal of Microelectromechanical Systems. 2014;23(3):651-60.
12. Haeberlin A, Zurbuchen A, Schaerer J, et al, Successful pacing using a batteryless sunlight-powered pacemaker. Europace.
2014;16(10):1534-9.
8
LEADING ARTICLE
Il ruolo della MIBG nella stratificazione prognostica
del paziente con insufficienza cardiaca
e nella selezione dei candidati all’ICD e al CRT
Riflessioni sul trial “ADMIRE-HF”
Dott.ssa Lucia Leva
SOC Medicina Nucleare – AOU “Maggiore della Carità”, Novara
[email protected]
INTRODUZIONE
L’insufficienza cardiaca (IC) è una sindrome ad andamento progressivo e peggiorativo che rappresenta il punto di arrivo di numerose malattie cardiovascolari strutturali e/o funzionali. Nonostante
i sostanziali progressi terapeutici e gestionali conseguiti in questo particolare setting patologico
la mortalità resta inaccettabilmente elevata e tra
tutte le possibili cause la morte aritmica improvvisa (MCI) è la più frequente .
Sicuramente la terapia farmacologica rappresenta, nello specifico con i B-boccanti e gli ACE- Inibitori, un’arma efficace per controllare la sintomatologia, la progressione della disfunzione cardiaca e
per ridurre le reospedalizzazioni. (1)
Ma la necessità di migliorare la sopravvivenza e la
qualità di vita di questi pazienti ha posto l’attenzione da parte dei sistemi sanitari mondiali su altri
approcci terapeutici.
Questo approccio è stato individuato nella terapia
elettrica con defibrillatore impiantabile (ICD) e la
resincronizzazione cardiaca (CRT-P) . (2)
Utilizzate singolarmente o in associazione (CRT-D)
queste terapie hanno consentito di migliorare
significativamente la sopravvivenza dei pazienti
con IC riducendo in particolare la complicanza più
fatale ovvero la morte aritmica.
Non a caso sono state inserite nelle linee guida
americane (3) ed europee (4) che identificando
due classi di pazienti con IC candidati all’impianto
di ICD, quelli che hanno già avuto eventi (prevenzione secondaria per episodio di morte aritmica/
arresto cardiaco abortiti) ove non vi sono dubbi
sulla necessità di impiantare il defibrillatore, e
quelli che non hanno avuto eventi ma presentano elevata probabilità di svilupparli (prevenzione
primaria).
Tutte le linee guida concordano sulle ben note
indicazioni all’impianto in pazienti con IC (FE
<=35%, classe NYHA II-III e IV ambulatoriale in terapia medica ottimizzata).
I criteri di selezione inclusi nelle linee guida peraltro non sono stati fino ad oggi in grado di dirimere con sufficiente precisione i pazienti che
possono beneficiare della terapia elettrica o che
abbisognano di CRT-P piuttosto che dell’ICD o
della CRT-D.
9
I dati di letteratura infatti calcolano che il 20 -40 %
dei pazienti non tragga alcun beneficio dalla terapia elettrica.
Effettivamente diversi studi, tra cui quello del
gruppo italiano di Macchia et al, hanno documentato l’esistenza di una relazione lineare tra progressivo peggioramento della FE e l’aumento del
rischio di morte (5).
Tuttavia la FE , pur rimanendo il più importante
parametro nell’indicazione all’impianto di ICD,
presenta numerosi limiti sia di calcolo sia di sensibilità e specificità nel predire il rischio di MCI.
In considerazione di questi aspetti molti autori
hanno individuato nuovi parametri di rischio
per MCI:
•l’eterogenicità della ripolarizzazione ventricolare
•L’Heart rate variability, che valuta lo squilibrio
del tono autonomico
• l’estensione del danno miocardico, con particolare interesse a quella cicatriziale
• l’ectopia ventricolare
Numerosi studi conseguiti non hanno peraltro
portato ancora risultati conclusivi sulla reale utilità di questi parametri (5).
utilizzabili ai fini prognostici ma, soprattutto,
sembrerebbe in grado di individuare tra i pazienti con ridotta FE quelli realmente ad alto
rischio di morte aritmica improvvisa e quindi
con indicazione all’impianto di ICD.
Scintigrafia con MIBG il razionale
Fisiologicamente la NE determina un incremento
della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa
e dell’inotropismo cardiaco.
È stato dimostrato che nei pazienti con IC si ha un
aumento del rilascio di questo neurotrasmettitore, dovuto alla deplezione dei depositi e alla mancata ricaptazione, con riduzione della sua concentrazione nello spazio presinaptico.
Le immagini scintigrafiche ottenute con MIBG
(analogo inattivo della NE) evidenziano lo stato
di deposito delle catecolamine a livello presinaptico nelle fibre simpatiche miocardiche, identificando quindi la ridotta ricaptazione della NE
(Fig.1).
La MIBG permette quindi un valutazione semi-quantitativa dello stato di attivazione del sistema nervoso simpatico cardicaco.
Nell’analisi del paziente con IC la tecnica scintigrafica consiste nelle somministrazione lenta (circa 2
minuti) di MIBG con acquisizioni planari e tomografiche di 15 minuti (precoci) e 4 ore (tardive)
dall’iniezione del tracciante e il calcolo successivo
del rapporto Heart/Mediastinum (H/M) e del Wash-out del radio farmaco.
Nei pazienti con IC si osserverà una ridotta captazione di MIBG con accelerato Wash-out, conseguenza della ridotta captazione di NE nei neuroni
presinaptici (Fig. 1).
Ma...
Di recente e particolare interesse è stata introdotta una tecnica scintigrafica basata sulla somministrazione di un tracciante , analogo inattivo della
norepinefrina (NE) denominato iobenguano/ iodio- 123-metaiodobenzilguanidina (MIBG).
Questa metodica, innovativa in campo cardiologico, valuta l’innervazione cardiaca simpatica nei pz con IC, fornendo informazioni
Vediamo qui schematizzato quanto avviene
a livello delle sinapsi miocardiche; a sx in un
soggetto normale, a dx in un soggetto dove il
meccanismo di uptake è alterato, con “ristagno” di noradrenalina tra il terminale nervoso
ed il miocita e conseguente possibile insorgenza di aritmie.
Figura 1
10
Più precisamente i pazienti con IC con Cut-off H/M
< 1.6 sono quelli prognosticamente ad alto rischio
di eventi cardiaci avversi (ACE).
Con l’analisi semiquantitativa (H/M) altamente riproducibile è quindi possibile monitorare la pro-
gressione dello SC a livello molecolare (Fig. 2).
La misura della distribuzione 3D della MIBG nel
ventricolo sinistro permette invece di stabilire con
esattezza la sede, la estensione e la severità del
danno sinaptico.
Figura 2
Se poi si introduce un test di perfusione miocardica a riposo è possibile avere una stima della estensione dell’area denervata rispetto alla
estensione dell’area ipoperfusa (mismatch in-
nervazione /perfusione) oltre alla possibilità di
misurare il livello di dissincronia di contrazione,
i volumi ventricolari e la frazione di eiezione con
elevata riproducibilità.
LE EVIDENZE SCIENTIFICHE... E CLINICHE
Il primo e più importante lavoro condotto sul
ruolo prognostico del parametro H/M è quello
pubblicato con l’acronimo ADMIRE-HF (Adreviw
Myocardial Imaging for Risk Evaluation in Heart
Failure) di Jacobson et al (6).
È uno studio prospettico che ha coinvolto 96 centri americani ed europei arruolando
961 pazienti con insufficienza cardiaca in classe
NYHA II-III e disfunzione ventricolare sinistra
(LVEF<- 35 %) in corso di terapia ottimale con be-
ta-bloccanti, inibitori dell’enzima di conversione
dell’angiotensina e/o sartanici.(Fig. 3)
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a scintigrafia
miocardica con MIBG (Adreview) con il calcolo del
rapporto H/M e seguiti con un follow-up variabile
tra 2 giorni e 30 mesi.
L’obiettivo primario dello studio è stato quello di
identificare i pazienti a più alto rischio di eventi
avversi quali la progressione della IC, eventi aritmici e la morte cardiaca.
11
Figura 3. Caratteristiche basali dei pazienti arruolati.
RISULTATI:
Il principale risultato di questo studio è stato di
identificare nel rapporto H/M in fase tardiva un
fattore prognostico indipendente nello stratificare pazienti ad alto rischio di ACE.
In sintesi , i pazienti con captazione miocardica
relativamente conservata espressa in termini
quantitativi da un valore di H/M in fase tardiva
>= 1.6 presentavano un basso rischi di ACE rispetto ai pazienti con captazione miocardica ridotta espressa di un valore di H/M <= 1.6. (Fig.4)
L’importanza prognostica del rapporto H/M in
fase tardiva è stata messa in evidenza dalla combinazione di questo dato con i valori di FE (Fig
.5) ed i valori serici di peptide natriuretico atriale
(BNP) (Fig 6).
Per quanto riguarda L’FE i risultati confermano
che la probabilità di ACE e di morte sono più alti
nei pazienti con valori di FE < al 30 %.
Tuttavia il rapporto H/M tardivo permette di strati-
ficare ulteriormente questa popolazione in 4 classi di rischio:
• rischio molto alto di ACE pz con H/M < 1.6 e con
FE< 30 %
Figura 4.
12
• rischio alto (inferiore al precedente) pazienti con
H/M < 1.6 e FE>= 30 %
• rischio moderato pz con H/M >1.6 = ma FE <30%
• rischio basso pz con H/M>= 1.6 e FE >=30%
Questo risultato evidenzia la potenzialità della
scintigrafia con MIBG di individuare sia tra i pa-
zienti con FE < 30%, sia tra quelli con FE > 30%,
i soggetti realmente ad alto rischio di eventi
maggiori.
Analogalmente lo studio evidenzia come la probabilità di ACE e l’incidenza di morte cardiaca siano più elevati in pazienti con BPN elevato (BPN>
Figura 5. Stima degli ACE nei 4 gruppi di pazienti: basso rischio per
pazienti con FE > o = 30% e H/M >1,60, elevato rischio per pazienti con
FE <30% e H/M <1,60).
140 ng/l) rispetto ai pazienti con bassi valori di
BNP (BNP < 140 ng/l).
Questo ha permesso di stratificare i pazienti ulteriormente in 4 classi di rischio:
• rischio molto alto di ACE pz con H/M < 1.6 e con
BNP> 140 ng/l
• rischio alto (inferiore al precedente) pz con H/M
<= 1.6 e NBP<= 140 ng/l
• rischio moderato pz con H/M >= 1.6 ma BNP>
140 ng/l
•rischio basso pz con H/M>= 1.6 e NBP<= 140
ng/l
Questi dati dimostrano il valore aggiunto della
scintigrafia con MIBG nel prevedere i pazienti più
a rischio di progressione della IC, di morte cardiaca e, soprattutto, di morte improvvisa su base arit-
Figura 6. Stratificazione del rischio in base a valori di BNP e H/M (differenze tra i gruppi statisticamente significative).
13
mica e di scariche appropriate dell’ICD.
La metodica scintigrafica traccia le alterazioni
molecolari della funzione simpatica cardiaca
durante IC e risulta pertanto superiore per accuratezza prognostica rispetto agli altri parametri
attualmente utilizzati, che valutano le conseguenze di tali alterazioni sulla funzionalità cardiaca e sulla clinica .
Lo studio ha infatti evidenziato come classi NYHA
II/III con valori simili di FE e BNP possano presentare diversa captazione di MIBG e quindi differenti
classi di rischio.
Pertanto la combinazione del livello di captazione
espresso come H/M tardivo e i valori di FE e BNP
permette di stratificare il rischio di ACE in pazienti
con IC in classe NYHA II/IIII in 4 gruppi e di riservare la scelta della terapia elettrica con ICD e CRT nei
pazienti a rischio più elevato.
crotica costituisce un potenziale substrato per
la presenza di aritmie ventricolari rientranti e di
morte aritmica gli autori hanno evidenziato che
tanto maggiore è l’estensione del mismatch tanto più alta è la probabilità di andare incontro ad
aritmie ventricolari e morte improvvisa aritmica
e quanto sia quindi più appropriata in questi casi
la terapia con ICD.
COMMENTO
Il ruolo della cardiologia nucleare nella selezione
dei candidati alla CRT e nelle valutazione alla risposta terapeutica è attualmente strategico.
Per quanto concerne l’indicazione della terapia
con CRT e la medicina nucleare è stato ormai assodato con diversi studi in letteratura (9) che la
dissincronia ventricolare rilevata con lo studio di
perfusione con al Gated-Spect abbia un valore
prognostico favorevole circa la risposta alla terapia con CRT.
La perfusione e la Gated SPECT rappresentano
la metodica più accurata per la valutazione di
alcuni dati di funzionalità ventricolare infatti oltre alla possibilità di rilevare la dissincronia si aggiunge anche la possibilità di rilevare nello stesso studio di altri parametri predittivi per al CRT
come la vitalità del miocardio la presenza di scar
e quindi la possibilità di posizionamento efficace
degli elettrodi.
ULTERIORI RIFLESSIONI
Altro parametro oltre al H/M tardivo che può avere un importante valore prognostico è l’estensione del deficit di innervazione nei pazienti con IC.
Sulla base di risultati di studi precedenti che indicano una correlazione tra suscettibilità aritmica
ed estensione della denervazione simpatica valutata con MIBG, Boorges et (7) al hanno indagato il
ruolo della MIBG –SPECT per predire la presenza
di aritmie ventricolari per le quali è appropriato
l’impianto di ICD.
Sono stati arruolati 116 pz con SC in fase avanzata
e impiantati con ICD e seguiti nel follow-up (23 +/15 mesi).
I risultati hanno evidenziato che maggiore è l’estensione del difetto di innervazione (Summed
score > 26) maggiore è il rischio di aritmie ventricolari e più appropriata è la terapia con ICD.
Pertanto gli autori concludono che il parametro
relativo all’estensione della denervazione simpatica cardiaca rilevata mediante MIBG-SPECT poteva
avere un ruolo nella stratificazione del rischio di
morte aritmica in pazienti eleggibili ad ICD.
La metodica della MIBG sola e associata a SPECT
miocardica di perfusione è in grado di identificare
i pazienti con IC caratterizzati da elevato rischio di
ACE (eventi cardiaci avversi).
L’imaging con MIBG, tracciando le alterazioni molecolari della funzione simpatica cardiaca durante SC, ha tutte le credenziali per aiutare il clinico
nell’approccio terapeutico corretto e sembrerebbe infatti in grado di selezionare i pazienti che
effettivamente potrebbero trarre beneficio dalla
CRT o dall’impianto di ICD.
Esso infatti sembrerebbe in grado di superare la
relativa indeterminatezza della FE e di meglio specificare la probabilità di morte improvvisa/aritmie
ventricolari.
Sono assolutamente necessari ulteriori studi prospettici multicentrici per validarne l’introduzione
nella routine clinica , ma è già possibile affermare
che questo test non invasivo e relativamente ac-
Gerson et al (8) invece in una recente revisione
hanno evidenziato l’importanza del valore prognostico del parametro relativo al mismatch tra
perfusione e innervazione.
Partendo dal presupposto che una zona denervata che si estende oltre la zona ischemica/ne-
14
cessibile possa essere impiegato dal cardiologo
nei casi in cui la valutazione della stratificazione
prognostica e quindi la scelta terapeutica non sia
sufficientemente adeguata e appropriata con le
attuali tecniche convenzionali disponibili e riconosciute dalle linee guida.
È necessario pertanto che il cardiologo conosca
come per tutte le altre tecniche di imaging l’appropriatezza della metodica per poter individuare e selezionare i pazienti che effettivamen-
te potrebbero avere beneficio dalla metodica
con MIBG.
Da Jacobson AF, Senior R, Cerqueira MD et al;
ADMIRE-HF investigators. Myocardial iodine -123
meta-iodobenzylguanidine imaging and cardiac
events in heart failure . Results of the prospective
ADMIRE-HF (Adreview Myocardial Imaging
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J Am Coll Cardiol 2010;55:2212-21.
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9. Knuuti J, Poldermans D, Udelson, JE et al. Imaging highlights from
the European Society of Cardiology, American Society of Nuclear
Cardiology, and Heart Failure Society of America. J Am Coll Cardiol
Img2008;1:119-128.
15
FOCUS ON...
Energia, radiazioni
e dispositivi impiantabili
A cura di Gabriele Dell'Era
SSC Universitaria di Cardiologia, AOU Maggiore della Carità, Novara
[email protected]
LA TOMOGRAFIA CARDIACA AD EMISSIONE DI POSITRONI MIGLIORA LA
VALUTAZIONE PROGNOSTICA DI PAZIENTI CON SOSPETTA SARCOIDOSI CARDIACA
Obiettivi: questo studio ha cercato di correlare i
reperti alla tomografia ad emissione di positroni
(PET) agli eventi avversi cardiaci in pazienti inviati a
valutazione per sarcoidosi cardiaca nota o sospetta.
Risultati: tra i 118 pazienti (età 52±11 anni; 57%
maschi; frazione di eiezione media 47±16%), 47
(40%) avevano reperti PET normali e 71 (60%) patologici. Durante un follow-up medio di 1,5 anni,
si sono verificati 31 (26%) eventi avversi (27 VT
e 8 morti). I reperti PET risultavano predittivi di
AE e la presenza di positività sia per PD che per
FDG (29% dei pazienti) era associata ad un tasso
di rischio di 3,9 (p<0,01), che rimaneva significativo anche dopo aggiustamento per frazione di
eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e parametri
clinici. La captazione di FDG extracardiaca (26%
dei pazienti) non era associata a AE.
Contesto: sebbene la PET sia utilizzata comunemente per valutare pazienti con sarcoidosi cardiaca, la relazione tra i reperti PET e gli eventi clinici
non è stata riportata.
Metodi: abbiamo studiato 118 pazienti consecutivi senza storia di malattia coronarica, inviati a PET,
utilizzando [(18)F]fluorodeossiglucosio (FDG) per
valutare l'infiammazione e rubidio-82 per valutare deficit di perfusione (PD), dopo una dieta ricca
in grassi e povera in carboidrati per sopprimere
la normale captazione miocardica di glucosio. La
lettura cieca dei dati PET ha categorizzato i reperti
cardiaci in normali, positività per PD o FDG, positività per PD e FDG. Le immagini sono anche state
usate per identificare se fossero presenti reperti di
sarcoidosi extracardiaca. Gli eventi avversi (AE) –
morte o tachicardia ventricolare sostenuta (VT) –
sono stati valutati mediante archivi elettronici di
referti, interrogazione di defibrillatore, questionari paziente e interviste telefoniche.
Conclusioni: la presenza di PD focali e captazione di FDG alla PET cardiaca identifica pazienti a
rischio più elevato di morte o VT. Questi risultati
aggiungono ulteriore valore prognostico rispetto
ai criteri clinici Japanese Ministry of Health and
Welfare, alla presenza di sarcoidosi extracardiaca
ed alla LVEF.
Blankstein R, Osborne M, Naya M, et al, Cardiac positron emission tomography enhances prognostic assessments of patients with suspected
cardiac sarcoidosis, J Am Coll Cardiol. 2014 Feb 4;63(4):329-36
16
LA COMPROMISSIONE DELLA PERFUSIONE MIOCARDICA IPEREMICA È
ASSOCIATA ALL'INDUCIBILITÀ DI ARITMIE VENTRICOLARI
NELLA CARDIOMIOPATIA ISCHEMICA
Contesto: la stratificazione del rischio per aritmie ventricolari (Vas) è importante per rifinire i
criteri di selezione per la terapia di prevenzione
primaria con defibrillatore-cardiovertitore impiantabile. La compromissione della perfusione
miocardica (MBF) iperemica è associata a una
mortalità aumentata nella cardiomioatia ischemica e non ischemica, che potrebbe essere attribuita all'instabilità elettrica determinante Vas. Lo
scopo di questo studio pilota è stato valutare se
la compromissione di MBF iperemica possa essere correlata all'inducibilità di VA in pazienti con
cardiomiopatia ischemica.
MBF iperemica (1,25±0,30 versus 1,66±0,38 mL
min(-1)*g(-1); p<0,01) ed una riserva di flusso
coronarico (1,59±0,49 versus 2,12±0,48; p<0,01)
ridotte a confronto dei pazienti con studio elettrofisiologico negativo (n=18). Nei pazienti con
studio elettrofisiologico positivo, il numero di
segmenti con più del 75% di transmuralità era
maggiore (p<0,05), sebbene la dimensione della
cicatrice e della zona di confine non differissero.
La curva ROC (receiver-operating characteristic)
indicava che una MBF iperemica (area sotto la
curva, 0,84; CI 95% [0,69-0,99]) ed una riserva
di flusso coronarico (area sotto la curva 0,77; CI
95% [0,57-0,96]) compromesse erano associate
ad inducibilità di VA.
Metodi e risultati: 30 pazienti con cardiomiopatia ischemica candidati a prevenzione primaria con defibrillatore-cardiovertitore impiantabile sono stati prospetticamente inclusi (26
uomini; 65±8 anni di età; FE 29±6%). È stata
eseguita una tomografia [15O]H2O ad emissione di positroni per quantificare la MBF a riposo,
la MBF iperemica e la riserva di flusso coronarico. Sono state valutate con risonanza magnetica cardiaca le dimensioni ventricolari sinistre,
la funzione ed il carico cicatriziale. È stato eseguito uno studio elettrofisiologico per valutare
l'inducibilità di VA. I pazienti con studio elettrofisiologico positivo (n=12) mostravano una
Conclusioni: in questo studio pilota, la MBF iperemica compromessa e la riserva di flusso coronarico erano associate all'inducibilità di VA in
pazienti con cardiomiopatia ischemica. Questi
risultati stimolano un ruolo potenziale delle immagini di perfusione ottenute con tomografia ad
emissione di positroni quantitativa nella stratificazione del rischio per Vas.
Rijnierse MT1, de Haan S, Harms HJ, et al, Impaired hyperemic myocardial blood flow is associated with inducibility of ventricular arrhythmia in
ischemic cardiomyopathy, Circ Cardiovasc Imaging. 2014 Jan;7(1):20-30.
RIUTILIZZO DI DISPOSITIVI ELETTRONICI IMPIANTABIL CARDIACII:
CARICA RESIDUA DI DISPOSITIVI ESPIANTATI IN UN CENTRO TERZIARIO
Introduzione: studi precedenti hanno suggerito che il riutilizzo di pacemaker potrebbe essere un'alternativa ragionevole nei Paesi a reddito
basso e intermedio. Abbiamo valutato l'indicazione all'espianto e la carica residua dei dispositivi elettronici impiantabili cardiaci (CIED) in un
centro medico terziario.
la carica residua era ≥48 mesi o >75% della carica della batteria, se non c'era evidenza di malfunzione elettrica e se i CIED non erano oggetto
di avvertenza o richiamo. Erano stati espiantati
801 CIED: 454 Medtronic (MDT, Medtronic Inc,
Minneapolis, MN, USA), 255 Boston Scientific
(BS, Boston Scientific Corp, Natick, MA, USA)/Guidant (GDT, Guidant Corp, St Paul, MN, USA), 73
St Jude Medical (SJM, St Paul, MN, USA) e 15 Biotronik (BTK, Biotronik GmBH, Berlin, Germany).
Dopo aver eliminato i dispositivi espiantati per
ERI (elective replacement indicator, indicatore
Metodi e risultati: abbiamo condotto una revisione retrospettiva di tutti i CIED espiantati
all'Università del Michigan tra il 2007 ed il 2011.
I dispositivi sono stati considerati riutilizzabili se
17
di sostituzione elettiva), il 51,9% dei pacemaker
(41/79), il 54,2% dei defibrillatori impiantabili
(ICD, 64/118) ed il 47,6% dei defibrillatori biventricolari (CRT-D, 30/63) presentavano una durata
residua di batteria ed una assenza di malfunzioni
elettriche tali da essere considerati per il riutilizzo. Un'analisi di regressione logistica ha rilevato
che l'indicazione per l'espianto del dispositivo
prediceva indipendentemente la possibilità di
riutilizzo: upgrade a ICD (OR 162,8, p<0,001) o
CRT-D (OR 63,8, p<0,001), infezione (OR 110,7,
p<0,001), trapianto di cuore o posizionamento
di dispositivo di assistenza ventricolare (OR 56,6,
p<0,001) e rimozione del dispositivo su richiesta
del paziente (OR 115,4, p<0,001).
Conclusioni: la maggior parte dei CIED espiantati per ragioni diverse dall'ERI presenta una durata
residua adeguata e, in caso di provata sicurezza,
potrebbe essere riutilizzata per la stimolazione
cardiaca di base in nazioni ove l'accesso a queste
terapie salvavita è limitato.
Gakenheimer L1, Romero J, Baman TS, et al, Cardiac implantable
electronic device reutilization: battery life of explanted devices at a
tertiary care center, Pacing Clin Electrophysiol. 2014 May;37(5):569-75.
RISCHIO DI MALFUNZIONAMENTO DEL DISPOSITIVO IN PAZIENTI NEOPLASTICI
CON DISPOSITIVO CARDIACO IMPIANTABILE SOTTOPOSTI A RADIOTERAPIA:
UNO STUDIO DI COORTE BASATO SU POPOLAZIONE
Contesto: i pacemaker (PM) e i defibrillatori impiantabili (ICD) possono sviluppare malfunzione durante radioterapia con fasci esterni (RT).
Abbiamo cercato di descrivere la pratica corrente in pazienti con PM/ICD sottoposti a RTP e di
valutare i tassi ed i predittori di malfunzionamento del dispositivo.
(n=453) sono stati rilevati malfunzionamenti in 10
(2,5%) PM e 4 (6,8%) ICD. Reset elettrici costituivano 11 (78,6%) dei malfunzionamenti; nessun malfunzionamento è risultato pericoloso per la vita
o ha determinato rimozione del PM/ICD. I fattori
associati a malfunzionamento del dispositivo alla
regressione logistica erano una energia del fascio
≥ 15 MV (OR 5,73; CI 95% 1,58-20,76) e la localizzazione sottodiaframmatica del tumore (OR 4,31;
CI 95% 1,42-13,12). Tuttavia, l'effetto della sede
del tumore declinava (OR 2,27; CI 95% 0,65-7,95)
dopo aggiustamento per l'energia del fascio.
Metodi: abbiamo revisionato i referti di tutti i
pazienti con PM/ICD sottoposti a radioterapia in
quattro centri della Danimarca occidentale dal
2003 al 2012. È stata applicata una regressione
logistica per identificare i predittori di malfunzionamento di PM/ICD.
Conclusioni: sebbene il tasso di RT in pazienti
con PM/ICD sia in crescita, l'effetto dannoso della RT sui dispositivi sembra essere generalmente
transitorio. I nostri dati suggeriscono che un'elevata energia del fascio giochi il ruolo chiave nel
danno di questi dispositivi.
Risultati: sono stati inclusi 560 pazienti. Il tasso
annuale di cicli di RT nei pazienti con PM/ICD è aumentato del 199% da 1,45 trattamenti per 100000
persone/anno nel 2003 a 4,33 nel 2012. Le misure di sicurezza comprendevano controlli supplementari del PM/ICD (38,3%), riprogrammazione
(1,5%), riposizionamento del dispositivo (3,5%)
ed applicazione del magnete all'ICD durante RT
(10,8%). Alla valutazione del dispositivo dopo RT
Zaremba T1, Jakobsen AR, Søgaard M, et al, Risk of device malfunction
in cancer patients with implantable cardiac device undergoing radiotherapy: a population-based cohort study, Pacing Clin Electrophysiol. 2015
Mar;38(3):343-56
18
MEDICINA e MORALE
Il cuore sinonimo della vita
IV parte
Prof. Paolo Rossi
L'unicità del termine cuore per designare l'intero complesso della vita interiore rappresenta,
insomma, uno dei migliori attestati linguistici
per ribadire che nella Bibbia non si trova nessun
rigido dualismo tra intelletto e volontà, tra sentimento e ragione, tra scienza e virtù, tra anima
e corpo. Pertanto, quando l'uomo pio viene invitato ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta
l'anima, con tutta la mente e con tutta la forza,
la sequenza cuore-anima-mente-forza non va
intesa come una successione di facoltà distinte, autonome, eterogenee e quindi irriducibili
tra loro, ma va interpretata piuttosto come una
“esplicitazione” dei diversi aspetti di un'unica e
oggettiva individualità profonda, detta cuore, la
quale, in definitiva, designa, come ha rilevato W.
Eichrodt1, «complessivamente la personalità tutta
intera, la sua vita interiore il suo carattere [.] l'attività spirituale cosciente e volitiva dell'io umano
nella sua totalità». Nell'idea biblica di «amare con
tutto il cuore» non c'è dunque nessuna emotività
irrazionale; non c'è nessuna esclusiva insistenza
sul puro sentimentalismo, ma c'è piuttosto tanto
un amor Dei intellectualis quanto l'emozionante
gratitudine per le meraviglie che Dio fa ascoltare
e fa conoscere al cuore e alla mente di tutti gli uomini: c'è, insomma la logica di un cuore-ragione
coinvolto da Dio in un dialogo d'amore infinito.
La vicinanza, riscontrata nei testi biblici, tra concetti come leb (cuore) e nefesh (anima), evidenziata talvolta anche dalla loro interscambiabilità,
accentua ancor più la valenza spirituale del concetto biblico di cuore. D'altra parte, negli scritti
veterotestamentari risulta ben evidenziata la differenza tra il soffio vitale (ruah) che Dio infonde
in tutti i viventi e il soffio vitale (nishmat) donato
all'uomo. Nella creatura umana Dio immette una
«nishmat di vita»: «allora il Signore Dio plasmò
l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici
un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente»
(Gen 2,7). Nell'Antico Testamento questo termine
è usato solo per Dio e per l'uomo. L'esegesi cristiana successiva, sotto l'influenza di un'antropologia di stampo greco, gli ha attribuito il significato di anima razionale e spirituale. La «nishmat
di vita» è invece definita nel libro dei Proverbi in
questo modo: «Lo spirito (nishmat) dell'uomo è
una fiaccola del Signore che scruta tutti i segreti
recessi del cuore» (20,27). Questa definizione, tra
le altre cose, sembra alludere alla presenza nel
cuore di qualcosa che è molto simile all'autocoscienza, al potere di introspezione e alla capacità
di conoscersi e di giudicarsi.
Nel Nuovo Testamento il termine greco kardía
compare in ben 148 passi, conservando sempre
l'accezione veterotestamentaria di centro dell'at-
1. Eichrodt, Walther,1890 Gernsbach (Baden, D), 1978 Münchenstein, cittadino teddesco. Fu professore straordinario (1922-34) e ordinario di Vecchio Testamento e
storia delle religioni all'Università di Basilea (1934-60 Vecchio Testamento.
19
tività spirituale cosciente e volitiva dell'intera
persona, ma accentuando quella di centro focale della vita religiosa. Cuore e mente non solo
restano termini semanticamente vicini: «Ma le
loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in
Cristo che esso è abolito. Ma fino a oggi, quando
si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore;
però quando si saranno convertiti al Signore, il velo
sarà rimosso. Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c'è
lo Spirito del Signore, lì c'è libertà. E noi tutti, a viso
scoperto, contemplando come in uno specchio la
gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione
del Signore, che è lo Spirito» (2Cor 3,14-18), ma talvolta ricorrono anche come sinonimi 6 Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le
vostre richieste siano rese note a Dio mediante
preghiera e supplica, con ringraziamento.
«E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo
Gesù.» (Fil 4,7).
Ma il cuore, oltre che sede dell'incredulità, di cattivi pensieri e di concupiscenze «Poiché di dentro,
cioè, dal cuore degli uomini, procedono pensieri malvagi, adulterii, fornicazioni, omicidii, furti,
cupidigie, malizie, frodi, lascivie, occhio maligno,
bestemmia, alterezza, stoltizia. Tutte queste cose
malvagie escon di dentro l’uomo, e lo contaminano.» (Mc 7,21-23),
è anche il luogo della fede e della conversione, che
consente allo Spirito Santo di effondere in esso la
sua carità e di inabitarvi: «1 Giustificati dunque per
la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; 2 per suo mezzo abbiamo
anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella
speranza della gloria di Dio. 3 E non soltanto questo:
noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza
una virtù provata 4 e la virtù provata la speranza. 5
La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è
stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. 6 Infatti, mentre noi
eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi
nel tempo stabilito. 7 Ora, a stento si trova chi sia
disposto a morire per un giusto; forse ci può essere
chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. 8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi
perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi. 9 A maggior ragione ora, giustificati
per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo
di lui. 10 Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo
stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del
Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11 Non solo, ma
ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la
riconciliazione.» (Rm 5,1-11).
Anche i due vocaboli composti tipici del Nuovo
Testamento traducono fedelmente espressioni
ricorrenti negli scritti veterotestamentari:
• il termine kardioghnôstes riafferma l'idea veterotestamentaria secondo cui Dio è colui che
conosce ed esamina le profondità del cuore;
«Poi in preghiera dissero: “Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai
scelto”» (At 1,24)
• il vocabolo sklerokardía , a sua volta, traduce
l'equivalente ebraico orlat lebab e sta ad indicare la durezza di cuore di colui che, chiudendosi egoisticamente in se stesso, rifiuta di
amare Dio e il suo prossimo.
Nella spiritualità cristiana assumono particolare
rilevanza i passi neotestamentari che si riferiscono al cuore di Gesù. Gesù si propone come Salvatore e Maestro in questi termini: «imparate da me
che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro
per le vostre anime». (Mt 11,29) In questo invito,
ricalcato su quelli della Sapienza stessa di Dio,
Gesù si propone come la Sapienza personificata e come modello per tutti i «poveri di spirito»,
cioè per tutte quelle menti semplici, bisognose
di conoscenza e verità ed esenti da orgoglio, che
saranno ristorate dall'ascolto del Salvatore. Il costato trafitto di Gesù, da cui sgorga subito «ma
uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e
subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34) risulta
l'autentica fonte dell'«acqua della vita». «Gesù
le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
che ti dice: 'Dammi da bere', tu stessa gliene avresti
chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva”. La
donna gli disse: “Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; da dove avresti dunque
quest'acqua viva?”» (Gv 4,10-11) che instaura la
nuova alleanza dell'uomo con Dio.
Teologi e mistici, fin dal Medioevo, attribuiranno
al cuore di Gesù tutto ciò che il Vangelo di Giovanni afferma del costato trafitto del Redentore.
In questo modo il cuore-costato trafitto del Crocifisso assume il significato di centro focale del
mistero di un amore totale, che si dona attraverso la morte di croce, affinché tutti possano bere
l'acqua della vita e ricevere lo Spirito che Dio riversa nei loro cuori.
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IV. IL CUORE DA IPPOCRATE AD HARVEY
La nascita della mentalità scientifica in Grecia determina una delle più grandi rivoluzioni di pensiero della storia umana. La prospettiva scientifica porta ad impostare in termini naturalistici lo
studio della fisiologia umana, avanzando schemi
esplicativi tutt'altro che neutrali rispetto alle problematiche antropologiche e psicologiche.
Alcmeone di Crotone (VI sec. a.C.), il padre dell'anatomia, sulla base della scoperta di connessioni
tra occhio e cervello, propone un modello fisiologico encefalocentrico che poneva nel cervello, e non più nel cuore, la sede delle sensazioni,
dell'intelligenza e dell'anima. Questo paradigma
fisiologico monocentrico induceva alcuni medici
ippocratici a fare del cervello il punto di origine
del sistema vascolare.
Anche se il filosofo Empedocle (V sec. a.C.) aveva avanzato una concezione emocentrica, che
sosteneva che il «sangue che circonda il cuore è
il pensiero», l'encefalocentrismo fu ampiamente
accettato nel V secolo a.C. ed esercitò una notevole influenza nella celebre scuola medica di
Ippocrate di Cos (ca. 460- 377 a .C.). In questa
scuola la ricerca biomedica compì il cruciale passaggio dalla fase mitico-prescientifica (in cui le
malattie, ritenute di origine divina, erano curate
con incantesimi e riti magici) alla fase scientifica
o naturalistico-razionale (in cui le malattie risultano fenomeni naturali prodotti da cause naturali e quindi curabili con tecniche di ripristino
dell'equilibrio naturale fra gli umori).
Al Corpus hippocraticum appartiene il Perì kardies,
l'opera che offre la prima descrizione scientifica
dell'anatomia del cuore. «Il cuore – scrive Ippocrate nel primo capitolo di questo celebre trattato – quanto alla forma è come una piramide, ha
un colore rosso cupo ed è rivestito da una tunica
liscia». Alla base della fisiologia del Perì kardies si
trova la fondamentale equazione fra cuore e calore, fra calore e vita. Il principio attivo che muove il cuore è il «fuoco innato». Le pulsazioni cardiache sono provocate dalla forza di espansione
di questo fuoco interno e il tessuto cardiaco offre
soltanto una resistenza passiva. Il polmone, con-
siderato l'organo freddo per natura, attraverso
la respirazione dà luogo ad un processo di refrigerazione cardiaca, determinando così un'alternanza ritmica di riscaldamenti e raffreddamenti
che regolano il meccanismo delle pulsazioni cardiache2. Comparando le orecchiette ai mantici
dei forni dei fabbro il Perì kardies delinea un paradigma cardiologico termo-dinamico a cui attingerà quasi tutta la cardiologia antica. In questo
quadro teorico il ventricolo sinistro appare come
l'ignea sede in cui arde una fiamma di natura celeste. Ovviamente, come qualsiasi altra fiamma,
anche il fuoco ardente nel cuore emette dei raggi, che hanno la funzione di raffinare il sangue
per farne un «residuo puro e trasparente» adatto ad alimentare il ventricolo sinistro, sede del
fuoco innato. Il sangue trasporta il caldo proveniente dal cuore e lo distribuisce, come i canali di
irrigazione degli orti distribuiscono l'acqua alle
zolle, a tutte le parti dell'organismo.
Platone (427- 347 a .C.) ridimensiona lo schema
cardiocentrico del Perì kardies, delineando un paradigma fisiologico tricotomico, modellato sulla
struttura triadica dell'anima: la base della piramide è accupata dal plesso visceri-fegato, sede
dell'anima vegetativa; al cuore, sede dell'anima
irascibile, è riservata la zona centrale; al cervello,
sede dell'anima razionale, spetta invece l'onore
di occupare il vertice della piramide, cioè la testa.
Nonostante le puntuali corrispondenza fra questo schema tripartito e la rigida divisione della
società in tre classi, la parte più interessante della cardiologia platonica è costituita dalla ripresa
della fitta rete di analogie fra la ciclicità dei processi biologici e la circolarità dei moti astrali.
«Ogni animale – afferma Platone nel Timeo –
ha caldissimo il suo interno presso il sangue e
le vene, come se avesse in sé una sorgente di
fuoco». Sfruttando il calore di questa sorgente
interiore, il sangue viene formato nello stomaco-intestino per decomposizione termica degli
alimenti. Il suo colore rosso è dovuto proprio al
riscaldamento subito ad opera del fuoco interno. Una volta prodotto, il sangue arriva al cuore,
2. Nell'isola giapponese di Okinawa, in cui vive la popolazione più longeva del mondo, gli abitanti si alzano tutte le mattine cantando "Il calore del cuore impedisce
al corpo di invecchiare". Non é un mantra miracoloso, ma una filosofia di vita che risponde alla domanda "Dobbiamo avere paura di diventare anziani?" con un
sonoro "No". Certo, il corpo é destinato a indebolirsi, ma l'età porterà anche conquiste importanti: tempo, maturità, ricchezza interiore. La solitudine non è affatto l'unico destino, anzi: più tempo a disposizione migliora la vita di relazione, le amicizie e perché no, anche il sesso. E la generazione delle attuali sessantenni,
cresciuta nel mondo dell'immagine, deve ribellarsi alla dittatura estetica del corpo "eternamente giovane", perché accettarsi è il primo passo per sconfiggere
le paure e mettersi in cerca di una soluzione capace di garantire dignità e autonomia a se stessi e alla propria famiglia.
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«nodo delle vene» e vigile sentinella che controlla attraverso l'apparato vascolare tutti gli organi.
«I raggi del fuoco interiore» sono, in ogni caso, i
veri fattori che, seguendo il ritmo della respirazione, innescano tutti gli altri processi fisiologici,
conferendo loro un andamento ciclico. Grazie a
questa configurazione ciclica di tutte le funzioni biologiche, l'intera fisiologia antica assume
la struttura di una “biologia della ciclicità”, in cui
ogni processo periodico è interpretato come
un'imitazione dei moti circolari degli astri.
Aristotele (384-322 a .C.), il più grande biologo
dell'antichità, esplicita chiaramente le ragioni dinamiche di questa imitazione del moto degli astri
da parte dei processi ciclici vitali, delineando uno
schema fisiologico monocentrico che riconduce
al cuore tutte le funzioni che l'encefalocentrismo
attribuiva al cervello.
Grazie a questa riduzione, il cardiocentrismo aristotelico risulta, soprattutto per gli aspetti psicologici e antropologici, la concezione cardiologica
greca più vicina a quella biblica. Tutto deriva dal
cuore. Da esso proviene anche lo sperma, che
non solo è «residuo di alimento sanguigno» e veicolo dell'anima, ma è anche composto di acqua
e di uno pneuma di natura «analoga all'elemento
di cui sono costituiti gli astri», cioè analoga all'etere, alla materia astrale che ha la proprietà di
correre sempre. Grazie a questo pneuma stellare
proveniente dal cuore e trasportato dallo sperma, nel processo embriogenetico l'organo che
si forma per primo è proprio il cuore, che risulta
pertanto quel primum movens dell'intero organismo destinato, come l'etere stellare da cui si
è formato, a muoversi sempre per tutta la durata della vita. Fin dal terzo giorno d'incubazione
dell'uovo è infatti visibile nell'embrione di pollo,
scrive Aristotele, «il cuore come macchia rossa
nel bianco dell'uovo. Questa macchia palpita e si
muove come se fosse dotata di vita».
L’antropologia emocardiocentrica pone alle
proprie antichissime origini l’ente umano: vitale
è il calore, il flusso caldo e vivo del sangue e il suo
focolare cardiaco. Il cuore, dunque, sede del sangue e produttore di calore, rappresenta il principio della vita animale: se esso smette di pulsare,
viene meno la produzione del calore e dunque
sopravvengono il freddo e la morte.
Con Empedocle si organizza una vera e propria
codificazione di questa teoria: il sangue, vaporoso, fluido, denso e caldo, risulta essere una miscela perfetta dei quattro elementi e costituisce il
facitore primo di vita in quanto principio di movimento, come lo Stagirita stesso richiama («coloro
che pongono il caldo e il freddo, o il fuoco e la terra
[...] fanno uso del fuoco come se avesse una natura
atta a muovere» [Metaph., I3, 984 b 7-8]), e nella
vita si attua un particolare tipo di movimento. È
tuttavia assente in Empedocle una teoria positiva del rapporto tra sangue, sistema vascolare e
cuore, mentre viene determinatamente puntualizzato, com’è ovvio, l’accostamento tra sangue
e cuore ed è già esplicita anche la formulazione
di quei caratteri che rappresenteranno la parte
basilare delle future posizioni riassumibili nell’emocentrismo: prima fra queste il co-estendersi
della sensazione e della conoscenza a tutta la natura (e non soltanto il loro erigersi a prerogative
di un organo specializzato, che i sostenitori della
teoria encefalocentrica localizzavano nel cervello). Sensazione e conoscenza, secondo la teoria
dell’agrigentino, sono ottimamente condensate
nel sangue, la parte del corpo in cui sono meglio
miscelate le quattro ρχαί, le quali costituiscono
gli autentici soggetti ultimi della conoscenza e
della sensazione3. Vengono così stabilite le identità fra vita e sensazione, fra sensazione e pensiero, fra natura e uomo, e dunque, in ultima analisi,
fra soggetto e oggetto. La vita è in funzione della conoscenza: ogni uomo possiede pertanto le
doti ricettive di percezione/conoscenza per l’indagine; si tratta soltanto di affinarle.
Nella teoria emocentrica tutte o quasi le attribuzioni del cervello vengono trasferite al sangue,
che è il fluido che riproduce nel corpo la perfezione del cosmo perché possiede in mescolanza
ottimale tutti e quattro gli elementi (acqua, aria
fuoco e terra). Dalla sua struttura dipendono pertanto il pensiero, il linguaggio, le capacità tecniche, la salute, la malattia, il temperamento degli
uomini. Ecco allora che la teoria emocentrica
semplifica e chiarisce, laddove quella encefalocentrica aveva lasciato margini oscuri, riuscendo
in particolare a proporre una mediazione assai
più convincente tra il centro da cui, nel corpo,
partono i comandi e la periferia. Il sangue fluido,
3. La polemica con i sostenitori dell’encefalocentrismo qui è evidente: con Alcmeone, laddove pone nel cervello il principio della percezione sostenendo che esso
costituisce il principio unitario dell’organismo e del processo gnoseologico in quanto si carica via via di valenze sempre più accentuate (DK A 5); con Anassagora
(DK A 108), nella cui embriologia il cervello ricopre il ruolo di primum vivens; con i medici ippocratici, per il ruolo di centro della vita intellettuale che essi
assegnano al cervello.
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caldo e mobile persua natura ha a disposizione
un intero sistema vascolare che gli permette di
diramarsi e insinuarsi in ogni parte del corpo e
rappresenta quindi in se stesso l’unità di centro e
periferia4. Anche per questo la teoria di Empedocle ebbe una grande fortuna, che toccherà l’apice quando Aristotele farà di essa parte integrante della sua teoria cardiocentrica, decretando al
contempo anche l’eclissi, dal panorama scientifico del IV sec., dell’encefalocentrismo.
La critica aristotelica della teoria encefalocentrica è testimonianza eclatante della grave sconfitta subita dalla speculazione che ne stava alla
base e di cui essa rappresentava uno dei prodotti
più emblematici per opera dell’altra teoria scientifica, la quale poneva il principio della vita nel
cuore. Del resto l’encefalocentrismo si era già indebolito in certi aspetti teorici che ne evidenziano il rapporto con parallele istanze, altrettanto
teoriche, intorno a cui si articolava la concezione
della società.
Il fatto si è che già prima della fine della guerra
del Peloponneso si era verificato un progressivo
estenuarsi delle strutture fino ad allora costitutive della πόλις, presso cui i medici ippocratici,
grandi sostenitori delle τέχναι, godevano di molto prestigio. Apparve allora ardua l’idea di far assurgere il concetto di τέχναι, così com’era stato
elaborato dagli ippocratici, a un livello tale da
poter incidere sulla πιστήμη.
La scienza ippocratica, che è scienza della φύσις5,
veniva allora a contrasto con altre forme di sapere che avevano anch’esse per oggetto la natura,
ma utilizzavano una metodologia che aspirava a
istituire una gerarchia del sapere e, soprattutto,
si contraddistingueva per il carattere più propriamente filosofico della ricerca proposta.
I medici-filosofi studiavano la natura nella totalità dei suoi aspetti, indagando il visibile e cer-
cando, parallelamente, di risolvere anche i quesiti inerenti all’invisibile, ossia al trascendente. Il
criterio ispiratore di questo tipo d’indagine è l’analogia, globalmente rivolta allo studio di tutta
la φύσις, dove la natura «assume l’aspetto di un
unico, grande e completo processo organico le cui
leggi sono sempre identiche, sia che si tratti del cosmo e dell’uomo, degli animali o dei vegetali, del
visibile dell’invisibile»6. L’analogia si pone come
vero e proprio strumento metodologico di questa scienza onnicomprensiva in quanto fornisce il
criterio principe, perché più idoneo, per passare
dal visibile (la medicina, il mondo naturale) all’invisibile (la mantica7, la ieroscopia, la predizione),
sul presupposto che entrambe le realtà si basano
sulla natura. Ecco pertanto che il metodo analogico è maggiormente adattabile al tipo di indagine physiologica. Empedocle è il personaggio
più emblematico della physiologia. È il sapiente legato all’arte della parola (giacché in questa
s’innesta il valore taumaturgico sia della medicina che della mantica) e rappresenta anche il saggio che conosce i misteri della natura. Oggetto
di tale rivelazione è l’unità della natura, concetto
che sta alla base della speculazione empedoclea
e che coinvolge fortemente i fenomeni biologici:
se l’uomo è un organismo naturale, l’indagine su
di lui sarà analoga a quella sulla natura perché
analoghe sono le leggi di odio e amore che li governano; e se lo studio dell’uomo va impostato
secondo un criterio omogeneo, anche il problema medico-biologico presenta analogie con un
problema umano come la conoscenza8.
La ricerca del principio vitale sarà, quindi, la ricerca del principio razionale, e dunque la possibilità
di traguardare continuamente dall’uomo alla natura, dalla medicina alla mantica e alla filosofia,
raggiungendo così la capacità di costruire una
fisiologia del corpo umano che sia al contempo
4. La teoria encefalocentrica, per quanto affascinante, incontrava un grosso ostacolo nel fatto che, non essendo ancora nota la nozione di sistema nervoso, risultava
meno convincente la spiegazione di come realmente il cervello potesse diramare i comandi al resto del corpo.
5. Ne L’antica medicina (cap. 20, in IPPOCRATE, Opere) si criticano aspramente i medici-filosofi che aderiscono all’emocentrismo: «essi» si dice «hanno scritto sulla
natura descrivendo dal principio ciò che è l’uomo e di come in origine è apparso e di quali elementi sia formato». Questi medici-filosofi, un po’ ironicamente,
sono raggruppati sotto il nome di Empedocle.
6. Paola Manuli - Mario Vegetti, Cuore, sangue e cervello. Biologia e antropologia nel pensiero antico, Editore: Petite Plaisance 2009, pag. 57.
7. La divinazione risponde a una delle esigenze umane primitive: dissipare l'incertezza del futuro e conoscere l'ignoto; la funzione sociale della divinazione (che
è o dovrebbe essere religiosa) si basa su due presupposti: che l'informazione cercata sia a disposizione di qualche entità o forza soprannaturale e che questa
informazione possa essere trasferita nel mondo naturale.
8. Il criterio analogico è uno strumento metodologico usato da Empedocle nell’indagine sulla natura: questa viene considerata come inserita in un grande processo
organico, sia che tratti dell’uomo, degli animali, delle piante o del cosmo. Attraverso di essa si può procedere da ciò che è noto all’indagine di quello che ci
è sconosciuto. Tale metodo, però, si regge su di un duplice presupposto: la rivelazione e, a monte di questa, il possedere già la scienza, che viene concessa al
saggio dopo un lungo processo iniziatico, frutto di contemplazione, cui arriva coadiuvato da un intermediario nella persona del sacerdote.
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teoria gnoseologica e teoria generale del processo vitale. Ora, il principio organico in grado di
poter soddisfare tutti questi requisiti è il sangue,
il quale opera attraverso il calore da esso stesso
prodotto.
In Empedocle l’atteggiamento analogico conduce verso una teoria in cui il sangue è l’unico operatore di tutte queste funzioni, poiché è
strutturalmente composto dalla perfetta κρ σις
dei quattro elementi, e quindi riproduttore della
omogeneità e della integrità sostanziale dell’uomo. Anche il tema gnoseologico in Empedocle
viene immediatamente ricondotto al sangue e
diventa subito un elemento pregnante nella teoria emocentrica: «noi conosciamo soprattutto in
virtù del sangue perché in esso sono mescolati al
massimo gli elementi delle parti»9. Il corpo ha una
struttura identica a quella del cosmo, ed è quindi
riconducibile alle quattro ρχαί – l’acqua, l’aria,
la terra e il fuoco– e alle leggi che le governano,
le quali, a loro volta, determinando il ciclo della
generazione e della corruzione, rappresentano
le forze estrinseche alla natura delle stesse ρχαί:
sono forze di repulsione e di attrazione (Amore
e Odio), repulsione del dissimile e attrazione del
simile. Queste leggi, che agiscono a ogni livello
e grado della realtà naturale, sono i criteri stessi
che delimitano il processo conoscitivo.
(continua)
9. Teofrasto, De sensibus, 10.
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