APPRENDIMENTO COOPERATIVO E TUTORING Prof. Giuseppe De Simone IL COSTRUTTIVISMO Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo per soddisfare la necessità di andare oltre l’approccio cognitivista.

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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

Università degli Studi di Salerno

JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
Università degli Studi di Salerno

WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

Università degli Studi di Salerno

LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
Università degli Studi di Salerno

WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 8

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
Università degli Studi di Salerno

WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 15

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 22

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 24

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 25

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 26

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 29

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 31

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 32

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 33

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 35

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 36

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 38

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 43

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 45

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 47

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
Università degli Studi di Salerno

All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

Università degli Studi di Salerno

“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
Università degli Studi di Salerno

In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

Università degli Studi di Salerno

L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
Università degli Studi di Salerno

L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 50

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

Università degli Studi di Salerno

La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

Università degli Studi di Salerno

Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
Università degli Studi di Salerno

Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

Università degli Studi di Salerno

Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
Università degli Studi di Salerno

COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 52

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

Università degli Studi di Salerno

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
Università degli Studi di Salerno

L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
Università degli Studi di Salerno

PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 53

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
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L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

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Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
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Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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Slide 54

APPRENDIMENTO COOPERATIVO
E TUTORING

Prof. Giuseppe De Simone

IL COSTRUTTIVISMO

Intorno agli anni ‘70 nasce il costruttivismo
per soddisfare la necessità di andare oltre
l’approccio cognitivista che paragonava la
mente dell’uomo ad un computer.
COGNITIVISMO

COSTRUTTIVISMO

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Il costruttivismo pone al centro del suo
interesse l’ uomo, considerato come un attivo
costruttore delle proprie conoscenze. Egli
conosce e organizza il mondo mediante
concetti e categorie che egli stesso costruisce e
che in parte accomoda ai concetti e alle
categorie degli altri , sfruttando gli strumenti
culturali che ha a disposizione.

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La conoscenza dunque, è un prodotto
storicamente, culturalmente e socialmente
costruito. Quindi, non si basa solo su
acquisizioni ed esperienze passate ma essa
viene
costruita, condivisa e negoziata
all’interno del contesto in cui il soggetto opera.

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Con il termine costruttivismo si vuole
intendere un nuovo modo di interpretare la
realtà che viene percepita e vissuta dal
soggetto mediante un’ esperienza diretta e
attiva che gli permette di manipolarla,
costruirla e dotarla di senso.
La realtà diventa un’interpretazione del
mondo compiuta dal soggetto all’interno del
contesto in cui egli vive. In questo modo
interazioni e linguaggi, svolgono un ruolo
fondamentale nel processo di apprendimento.
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Secondo il costruttivismo, l’ apprendimento è
un processo di costruzioni di significati
negoziati insieme agli altri e non una semplice
acquisizione di conoscenze astratte e
indipendenti dal soggetto.

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JEROME BRUNER

L’apprendimento scaturisce dal confronto,
dalla discussione dal dibattito tra studenti, pari,
docenti, esperti. La conoscenza è dunque
fortemente collegata alla situazione concreta
nella quale si agisce e si apprende.

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LEV VYGOTSKIJ

L’ individuo nel rapportarsi con l’ambiente
circostante ha un ruolo attivo ed il linguaggio
ha una funzione fondamentale nel rapporto
uomo-ambiente in quanto oggetto di
mediazione tra il soggetto ed il mondo
esterno. Vygotskij ha voluto sottolineare la
natura
sociale
ed
interpersonale
dell’apprendimento: la
conoscenza
si
costruisce
attraverso
un’interazione continua con l’ambiente in cui
si vive.
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WITTEGENSTEIN

La conoscenza è in criss- crossed landscape cioè
può essere assimilata solo se vissuta da diverse
prospettive. Questa metafora contrappone a
un modello cognitivista che considera la
conoscenza in modo lineare, un modello
costruttivista che esalta invece la flessibilità
cognitiva del soggetto che apprende e i bisogni
del momento.

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Il costruttivismo si è ramificato in diverse
branche: costruttivismo radicale, sociale,
culturale, socio-interazionista.

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COSTRUTTIVISMO RADICALE

La definizione di costruttivismo radicale fu
coniata da Ernst von Glasersfeld nel 1974 per
enfatizzare
che la
realtà
non
esiste
indipendentemente dall’osservatore.
Il costruttivismo radicale nega qualsiasi tipo di
esistenza che vada oltre a quella prodotta dai
pensieri. La conoscenza non riguarda più una
realtà “oggettiva” ontologica e uguale per tutti,
ma riguarda esclusivamente l’ordine e
l’organizzazione di esperienze del nostro esperire.
La realtà esiste nella misura in cui il soggetto la
esperisce e la organizza nella propria mente.
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COSTRUTTIVISMO SOCIALE

Il costruttivismo sociale non è un metodo, è una
teoria epistemologica che afferma che la
costruzione della conoscenza avviene all’interno
del contesto socio-culturale in cui agisce
l’individuo.
Il
costruttivismo
sociale
considera
l’apprendimento come un processo di
costruzione di
significati negoziati assieme agli altri e non come
l’acquisizione di conoscenze che esistono da
qualche parte esternamente al soggetto.
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COSTRUTTIVISMO CULTURALE

Il costruttivismo culturale deriva dalla psicologia
culturale ed individua la sede della
conoscenza non soltanto nella mente dei singoli,
ma anche nelle informazioni presenti negli oggetti
di uso comune: dai monumenti, ai libri, alle
tecnologie.
L’apprendimento è ancora centrato sul soggetto,
ma il processo di costruzione della
conoscenza avviene attraverso una interazione
fitta e continua con l’ambiente culturale, sociale,
fisico in cui l’individuo vive ed opera.
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COSTRUTTIVISMO SOCIO-INTERAZIONISTA

Il costruttivismo socio-interazionista detto
anche costruzionismo, termine coniato da
Seymour Papert, sostiene lo sviluppo di abilità
cognitive e metacognitive del sapere;
l’“inversione epistemologica” dall’ “imparare
per usare” all’ “usare per imparare”; l’apologia
dell’errore ovvero anche dagli errori si
apprende.

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MODELLI DIDATTICI COSTRUTTIVISTI

Jonassen, uno dei maggiori fautori dei nostri
tempi del costruttivismo, afferma che creare
un ambiente di apprendimento seguendo tale
concezione pedagogica è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici
tradizionalmente intesi.

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Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni
fondamentali che un ambiente d'apprendimento di questo tipo
dovrebbe sempre promuovere:
• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua
riproduzione;
• evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle
situazioni reali;
• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
• offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su
casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate;
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• favorire la riflessione e il ragionamento;
• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal
contenuto;
• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la
collaborazione con altri.

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COMMUNITY OF LEARNERS
L’espressione community of learners si riferisce ad un
progetto attivo da diversi anni sotto la direzione di Ann
Brown e Joseph Campione (1994) presso l’Università di
Berkeley (California).
Una comunità di apprendimento è un particolare ambiente di
ricerca cooperativa che, prendendo a modello le comunità
scientifiche, fa della riflessione problematica sulla conoscenza
e della condivisione delle risorse intellettuali il principio
ispiratore di ogni attività. L’ambiente è visto come una virtuale
intersecazione di zone di sviluppo prossimali in cui si vengono
a disporre una varietà di impalcature (scaffolding) che
assistono, stimolano, orientano in vario modo, lasciando
tuttavia forte spazio alla responsabilizzazione del soggetto che
viene costantemente orientato verso l’autonomia. I
partecipanti si muovono attraverso differenti strade e a
differenti velocità secondo il CrissCrossedLandscape di
Wittgenstein, in un clima di condivisione e scambio reciproco.
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JIGSAW

Il metodo Jigsaw (puzzle) è stato introdotto in
ambiente scolastico per la prima volta da
Aronson e consente di coinvolgere gli studenti
attivamente nell’organizzazione e progettazione
dei processi di insegnamento-apprendimento in
classe.
Questo metodo è costituito da una serie di fasi
successive e consequenziali che nel loro insieme
formano un ciclo di ricerca.
Il ciclo di ricerca dura approssimativamente 10
settimane.
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L’argomento scelto viene scomposto in cinque
sotto-argomenti. Gli allievi si dividono in
gruppi ciascuno dei quali sceglie di occuparsi di
un sotto-argomento. Ogni allievo diventa quindi
esperto di un sotto-argomento e si formano dei
nuovi gruppi. Nel nuovo gruppo ciascun allievo
ha il compito di spiegare ai compagni la parte di
materiale di cui è esperto e verificarne
l’apprendimento da parte dei compagni. Al
termine ciascun allievo viene valutato sulla
conoscenza e sulla comprensione di tutto il
materiale.
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PRIMA FASE

Durante la prima fase gli studenti scelgono
l’argomento su cui lavorare.
L’argomento deve essere definito ad un livello
abbastanza generale, come per esempio la
“catena alimentare”.

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SECONDA FASE

Nella seconda fase, si individuano cinque sottoargomenti, per esempio l’argomento più
generale della catena alimentare è scomposto in:
• l’ecosistema
• i produttori
• i consumatori
• i decompositori
• la rete alimentare e ciascuno di questi sottoargomenti rappresenta un’area di successiva
specializzazione.
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TERZA FASE

Con la terza fase si formano tanti gruppi di
ricerca quanti sono i sotto-argomenti
individuati e ogni gruppo sceglie di lavorare su
uno dei sotto-argomenti disponibili.
I gruppi di ricerca utilizzano materiale sia
scolastico che extra-scolastico e possono
avvalersi degli esperti esterni alla comunità.

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QUARTA FASE

Durante la quarta fase i gruppi si scompongono e si
formano per esempio cinque nuovi gruppi per i cinque
sotto-argomenti definiti, in modo tale che in ciascun
gruppo ci sia un esperto di un certo sotto-argomento.
Pertanto ogni studente possiede un quinto delle
informazioni disponibili sull’argomento generale e
ciascun quinto di informazione deve essere
ricombinato per formare l’unità.
Nei nuovi gruppi ciascun discente, essendo esperto per
una certa parte del materiale, insegna e spiega agli altri
studenti le conoscenze che ha acquisito durante la fase
precedente e prepara delle domande per verificarne
l’apprendimento.
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RECIPROCAL TEACHING
Il reciprocal teaching nasce come una procedura inizialmente utilizzata
per potenziare le abilità di lettura e comprensione del testo in studenti
con problemi, in seguito è stata estesa anche ad altre attività curricolari.
In una tipica sessione di R.T. si formano gruppi di lettura di più o
meno sei soggetti. A turno il discente svolge la funzione di leader che
consiste nel leggere, stimolare e sostenere la discussione con domande
sul contenuto della lettura e poi si conclude chiedendo di riassumere
quanto si è letto.
Il ruolo del leader in realtà è molto simile a quello dell’insegnante,
dovendo monitorare la propria ma anche la conoscenza degli altri
soggetti.
Il R.T. dà la possibilità all’allievo di:
• svolgere il ruolo dell’esperto e dell’insegnante,
• farsi costruttore attivo della propria conoscenza,
• produrre conoscenza ed esporla,
• migliorare la propria abilità di studio e di riflessione sul lavoro svolto.

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Le strategie del R.T. sono:
• Riassumere
• Fare e rispondere a domande
• Chiarire
• Predire

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RIASSUMERE

Il leader chiede di identificare e, se è il caso, di
integrare le informazioni più importanti
contenute nel testo appena letto, che può essere
una frase, un paragrafo, una pagina o l’intero
brano.
Con gruppi alla prima esperienza di R.T. è più
proficuo focalizzare il riassunto su un breve
passaggio, gruppi di studenti familiarizzati con il
R.T. sono capaci di riassumere efficacemente a
livello di paragrafo o addirittura dell’intero brano.
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FARE E RISPONDERE A DOMANDE

Questa strategia rafforza la comprensione del
testo. Gli studenti sono stimolati a porre "buone"
domande e per ottenere ciò devono
emulare l’insegnante, cercando di focalizzare
aspetti importanti e interessanti del testo.
Il tipo di domanda posta può evidenziare processi
cognitivi diversi, per esempio processi di
inferenze al di là di ciò che si è letto o problemi di
definizione di termini, comunque sono in genere
esemplificative del livello di competenza
raggiunta dal gruppo.
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SPIEGARE-CHIARIRE
si tratta di una strategia estremamente importante in quanto
riesce a dare agli studenti la sensazione che lo scopo della
lettura è quello di estrapolare dal testo un’idea significativa.
Chiarire quanto si va leggendo significa anche essere in
grado di giudicare un testo sulla base di certi parametri
guida:
• la chiarezza dei riferimenti offerti dall’autore,
• la comprensibilità dei concetti e dei termini presentati,
• l’organizzazione del testo, la completezza delle
informazioni,
• l’efficacia delle metafore e delle espressioni idiomatiche.
Chiarire a volte implica rileggere il testo e spesso la rilettura
fa sorgere nuove domande a cui non si era pensato durante
la prima lettura.
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PREDIRE

Si chiede agli studenti di ipotizzare il seguito
del brano. Per ottenere delle buone predizioni
occorre che gli studenti attivino quante più
conoscenze possibili sull’argomento di lettura,
poi per verificare le proprie previsioni bisogna
continuare a leggere. La previsione, quindi,
permette di evidenziare i collegamenti tra le
conoscenze già possedute al momento della
lettura del testo e quelle nuove, emerse
durante la lettura, e al tempo stesso rafforza la
motivazione a leggere.
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GLI AMBIENTI DI APPRENDIMENTO

Il prof. Calvani, docente di Tecnologie dell’istruzione e
dell'apprendimento e di Didattica presso l'Università
degli Studi di Firenze e Direttore del Laboratorio di
Tecnologie dell’Educazione, definisce gli ambienti di
apprendimento «come un luogo in cui coloro che
apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente,
avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi, di attività di apprendimento guidato o di
problem solving.
Gli ambienti possono:
• offrire rappresentazioni multiple della realtà;
• evidenziare le relazioni e fornire così rappresentazioni
che si modellano sulla complessità del reale;
• focalizzare sulla produzione e non sulla riproduzione».
Università degli Studi di Salerno

L’ambiente è inteso come qualcosa che avvolge,
qualcosa in cui si entra, all’interno del quale ci si
può muovere, in cui varie componenti si trovano
in rapporto dinamico tra di loro.
Per cui, un progettista di tali ambienti non può
certo limitarsi ad offrire una serie di “effetti
speciali” e/o delle videate più o meno variopinte
ai propri utenti, ma la possibilità di entrare in un
ambiente che dia modo di “guardarsi intorno”,
«di percepire che ai lati, sopra, sotto, al di là
dell’orizzonte visivo e sonoro dell’utente ci sono
altri spazi, altri luoghi, perfino altri mondi in cui è
possibile rapidamente trasferirsi».
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Uno degli aspetti che più caratterizzano gli ambienti di
apprendimento riguarda senz’altro due particolari
processi: la multimedialità e l’interattività. La prima ha,
infatti, completamente trasformato i rapporti che gli
utenti hanno con lo spazio, con il tempo, con gli
oggetti, con le conoscenze e, quindi, con le
informazioni: il sapere può percorrere reti illimitate e
raggiungere i discenti ovunque essi si trovino e in
qualunque momento; l’insegnante non è più deputato a
trasmettere conoscenza ma assume il ruolo di
coordinatore degli studenti stessi all’interno del
processo di apprendimento; inoltre, le informazioni
vengono erogate, attraverso la digitalizzazione, in
forme differenti alla semplice rappresentazione testuale.
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Conseguentemente, cambiano anche i rapporti
con gli attori di tale erogazione di conoscenze
e trasferimento di saperi: si passa, così da
interazioni basate sui media tradizionali a
interazioni che comprendono l’uso di socio
media, venendo così ad assumere un ruolo
fondamentale le relazioni sociali determinate
dai sistemi multimediali.

Università degli Studi di Salerno

Quindi, da un ambiente educativo centrato
sulla figura del docente, che attua un
insegnamento
in
presenza,
basato
sull’individualità e sull’uso di uno o pochi
media, si passa ad un ambiente formativo
tecnologico centrato, invece, sull’autonomia
del discente, la cooperazione tra gli utenti che
ne usufruiscono e l’uso di socomedia.

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COMUNITÀ DI PRATICA E COMUNITÀ DI
APPRENDIMENTO

Sono definibili come comunità di pratica e di
apprendimento quei gruppi sociali che hanno
come obiettivo finale quello di generare
conoscenza organizzata e di qualità, conoscenza a
cui ogni individuo può avere libero accesso. In
queste comunità gli individui mirano a un
apprendimento continuo e hanno consapevolezza
delle proprie conoscenze. Al loro interno non
esistono differenze di tipo gerarchico: tutti i
membri hanno uguale importanza e uguali
obblighi, perché il lavoro di ciascuno è di
beneficio all’intera comunità. La finalità di questi
gruppi è il miglioramento collettivo.
Università degli Studi di Salerno

Wenger descrive, nel suo libro dedicato alle comunità
di pratica, le diverse caratteristiche dell’apprendimento
che si verifica al loro interno e, più in generale, nel
mondo, tra cui:
• apprendimento come creazione di significati, in un
processo continuo, in cui si dà significato alla propria
esperienza di vita e del mondo;
• apprendimento come sviluppo di identità, inteso
come “diventare qualcuno” e non “sapere qualcosa”,
cambiando le abilità di partecipare nel mondo;
• apprendimento come appartenenza ad una comunità,
come processo attraverso cui siamo messi in grado di
appartenere a una comunità.
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Non basta costituirsi come gruppo per essere definiti
comunità di pratica, tale gruppo diventa tale quando tra
gli individui che la compongono si stabilisce un mutuo
impegno, verso un’impresa comune. Un mutuo impegno
che presenti, secondo Wenger, determinati elementi
distintivi, tra cui:
• lavoro cooperativo, ovvero lo svolgimento di un’attività
rivolta alla realizzazione di un certo prodotto o di un
servizio, o alla esecuzione di uno specifico compito;
• diversità e parzialità, ovvero una suddivisione di ruoli e
funzioni, inerenti la realizzazione dell’obiettivo prefissato;
• mutue relazioni, ovvero relazioni funzionali e non solo
tra i vari membri della comunità.

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Aspetto essenziale, che non va sottovalutato, è
che una comunità di pratica è anche una
comunità di apprendimento, in cui hanno luogo
determinati
processi
di
insegnamento/
apprendimento, come succede, ad esempio in una
bottega o in uno studio professionale.
Dunque, in una comunità di apprendimento i
modelli e i processi di apprendimento sono simili
a quelli che vigono all’interno di una comunità di
pratica: mutuo impegno, lavoro cooperativo,
diversità e parzialità.
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Una comunità di apprendimento ha una durata
limitata nel tempo: nasce quando si costituisce un
gruppo di partecipanti ad un percorso didattico e
termina alla sua conclusione.
Durante tutta la durata del percorso, i partecipanti
sono impegnati nella realizzazione di un
determinato compito comune, in modalità
collaborativa, in cui si ha una chiara e necessaria
suddivisione dei ruoli e delle funzioni. Questo
vale sia per coloro che usufruiscono del corso che
dello staff che lo gestisce: ognuno opera
realizzando solo una parte del lavoro.
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le comunità di pratica e quelle di apprendimento
presentano delle differenze rilevanti.
Le comunità di pratica danno primaria
importanza a problematiche autentiche, radicate
nel mondo reale; mentre le comunità di
apprendimento sono rivolte a problematiche
ipotizzate, simulazioni di situazioni, giochi di
ruolo «partendo dall’assunto secondo cui
l’apprendimento richiede la comprensione non
solo dei concetti in quanto tali, ma soprattutto dei
modi in cui questi possono essere usati nel
mondo in quanto strumenti.
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All’interno delle comunità di pratica il
concetto di identità assume una certa
rilevanza, in quanto relativo allo sviluppo del
sé attraverso la partecipazione alla comunità
stessa. La costruzione di significati è
intrecciata alla costruzione dell’identità.
La responsabilità dell’apprendimento è
distribuita tra tutti i membri del gruppo, nel
cui interno ciascuno contribuisce apportando
le proprie conoscenze e competenze.
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APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Diverse sono le definizioni che sono state date, da vari esponenti
del settore, dell’apprendimento collaborativo:
“Un processo in cui viene posta enfasi, all’interno del gruppo,
all’impegno collettivo di studenti e docenti, finalizzato al
raggiungimento di nuove abilità e competenze attraverso la
condivisione di informazioni e conoscenze”.
“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle
comunità è il desiderio di costruire assieme nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con gli altri. La comunità
collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi”.

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“I computer possono fornire un Ambiente conversazionale in
cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi apprende
può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri,
sviluppare abilità matacognitive come il riflettere sulle proprie
azioni. Crediamo che Una costruzione collaborativa della
conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici.
Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza
fanno sì che tutti i membri di una classe o di un gruppo di
apprendimento possono confrontare le loro interpretazioni.
Queste interpretazioni possono essere dissonanti o
consonanti, ma esse riflettono la complessità naturale che
definisce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti
collaborativi mettono in grado coloro che apprendono di
identificare e riconciliare questi diversi punti di vista al fine di
risolvere problemi”.
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In realtà, non è semplice dare una chiara e
definitiva
definizione
di
apprendimento
collaborativo, piuttosto si può facilmente
individuare cosa non ricade sotto questo
concetto:
• Un modello educativo di tipo tradizionale,
basato sulla trasmissione del sapere;
• Il trattamento delle informazioni, in cui l’attività
di apprendimento è principalmente di tipo
individuale;
• Le lezioni ex cattedra.
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APPRENDISTATO COGNITIVO

La domanda da cui partire è "Come fare a
sapere". Si tratta di un metodo di apprendimento
simile a quello delle botteghe artigiane: obiettivo è
rendere i partecipanti sempre più autonomi ed
indipendenti.
Il modello dell’apprendistato cognitivo (1995)
sviluppato da Allan Collins, da John Seely Brown
e da Susan Newman nasce dalla constatazione del
fallimento della scuola tradizionale si tratta allora
di realizzare un’integrazione tra i caratteri della
scuola formale e dell’apprendistato dominante in
tutte le società prima dell’avvento della
scolarizzazione.
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Le 4 fasi dell’apprendistato cognitivo:
1. modelling: osserva e imita il maestro
2. coaching: il maestro osserva tutta l’azione
educativa e rafforza eventuali debolezze
3. scaffolding: l’esperto offre solo il supporto
emotivo
e
pratico:
incoraggiamento,
spiegazione, chiarimento
4. fading: lenta rimozione del supporto

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L’apprendistato tradizionale impiega quattro importanti
strategie per promuovere la competenza esperta:
• modelling (l’apprendista osserva ed imita il maestro
che dimostra come fare);
• coaching (il maestro assiste continuamente secondo le
necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback,
agevola il lavoro);
• scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il
maestro fornisce un appoggio all’apprendista, uno
stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.);
• fading (il maestro elimina gradualmente il supporto,
in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità).
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L’apprendistato cognitivo si differenzia però
dall’apprendistato tradizionale per la maggiore
attenzione alla dimensione metacognitiva, agli
aspetti del controllo.
Si introducono allora altre strategie, quali:
• articolazione (si incoraggiano gli studenti a
verbalizzare la loro esperienza);
• riflessione (si spinge a confrontare i propri
problemi con quelli di un esperto);
• esplorazione(si spinge a porre e risolvere
problemi in forma nuova).
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TUTORING

La collaborazione tra alunni, sia attraverso forme
di Tutoring che attraverso l’apprendimento
cooperativo, crea opportunità straordinarie per
l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli
classificati “a rischio” o con handicap.
Questi metodi permettono un’educazione
individualizzata
e
perseguono
contemporaneamente degli obiettivi sociali di
integrazione.
Il termine Tutoring, e il suo utilizzo nella scuola è
recente, ma le idee di base hanno radici storiche e
teoriche antiche, che è giusto esplicitare.
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L’incremento di proposte di pratica pedagogica è nato
dell’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le
difficoltà di apprendimento e alla diversità per una
integrazione degli allievi con handicap, esigenza molto
presente oggi, ma anche dalle esigenze dei normodotati che
sono diverse da quelle espresse una volta, come è cambiata
la società così bisogna che si modifichi la scuola.
Le diverse proposte condividono un elemento centrale che
è appunto, il considerare gli allievi come portatori di
esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al
percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di
ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.

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Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un
progetto di aiuto reciproco:
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento
in classe con un gruppo o con l’intera scolaresca
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività
5.
Un alunno con un certo tipo di difficoltà che
aiuta un compagno con deficit.

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TUTORAGGIO TRA PARI

Il tutoraggio tra pari è un metodo
educativo e didattico che si basa sulla
collaborazione tra persone di età ed
esperienza simili che possono scambiarsi
reciprocamente informazioni.

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I protagonisti del tutoraggio tra pari:
Il tutor: chi insegna attivamente, chi fornisce
l’aiuto;
Il tutorato: chi riceve l’insegnamento, chi viene
aiutato.

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I vantaggi del tutoraggio tra pari:
Per il tutor:
- Acquisire maggior senso di responsabilità
- Acquisire maggior fiducia in se stessi
- Consolidare conoscenze già acquisite
- Colmare eventuali lacune
- Riformulare le proprie conoscenze in nuovi
contesti
Per i tutorati:
- Ottimizzazione del tempo dedicato allo studio
- Insegnamento individualizzato
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