La relazione di assistenza con il malato, con la famiglia e con il

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Seminario di aggiornamento
“Prendersi cura del paziente non autosufficiente grave”
“La relazione di assistenza con il malato, con la
famiglia e con il caregiver”
Dott.ssa Lorena Cionfrini
21 Ottobre 2014
Sala convegni Comunità di Capodarco
Capodarco di Fermo
Qualità della vita
“La Qualità della vita è definita come la percezione che gli individui hanno
della propria vita nel contesto della cultura e dei sistemi di valori nei quali
vivono e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, aspirazioni, standard e
interessi.
È un concetto ampio che incorpora in modo complesso la salute fisica della
persona, le credenze personali e le relazioni con le figure salienti
dell’ambiente in cui la persona vive”
(OMS, WHO 1993)
Hughes (1995) riporta l’esistenza di circa 44 definizioni, che prendono in
considerazione numerose dimensioni, sia oggettive che soggettive, e 1243
differenti sistemi in grado di misurarla (ex. QoL-AD...)
Ma premettendo che …
Le Malattie croniche possono
essere considerate
malattie sistemiche, in cui
le difficoltà invadono tutte
le dimensioni della vita
della persona (cognitiva,
emotiva, sociale…) ed
hanno un forte impatto
sociale, coinvolgono tutta
la famiglia e/o chi si
occupa della gestione del
malato
Percui i caregivers non sono solo alleati nelle strategie di
presa in carico...
... ma sono loro stessi bisognosi di essere sostenuti,
preparati e curati!
Chi sono?
Familiari di sesso femminile (76,6%)
Età compresa fra i 46 e i 60 anni (51,6%)
16,5% carico non condiviso
40,9% aiuto della badante: generalmente di genere femminile (95,1%) e
senza titolo professionale (89%)
Carico assistenziale giornaliero:
6 ore assistenza e 7 ore di sorveglianza
Dati indagine AIMA Censis 2007
“La mia giornata non comincia la mattina
perché non finisce la sera”
Testimonianza di una caregiver
Quali i fattori di rischio burnout?
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Isolamento sociale
Scarsa conoscenza e consapevolezza della malattia
Ridotte disponibilità nelle relazioni sociali
Scarsa capacità di fronteggiare e risolvere le situazioni
difficili
Alta emotività (espressa e non)
Presenza di sensi di colpa
Tensione/rabbia e fatica nella relazione con il familiare
malato
Persone che hanno subito lo
shock di una diagnosi…
La comunicazione della diagnosi segue la fine di
processo diagnostico e rappresenta l’inizio della
storia di malattia
Non segue una procedura standard, ma rappresenta
un processo in divenire che deve portare, nei
tempi e con le modalità che più si adattano al
livello di conoscenza e di consapevolezza del
paziente e dei suoi cari , alla completa conoscenza
della malattia e della sua prognosi
Il modo di reagire dipenderà…
Abituale stile di vita nell’affrontare i problemi
Caratteristiche di personalità e atteggiamento
verso il mondo (pessimista, ottimista, realista)
Elaborazione e valutazione delle informazioni
ricevute sulla malattia
Modalità con cui vengono comunicate al paziente
Fasi di Kübler Ross, 1992
NEGAZIONE
RABBIA
PATTEGGIAMENTO
DEPRESSIONE
ACCETTAZIONE
NEGAZIONE
La prima reazione di chi viene a sapere che ha una malattia
che lo porterà alla morte è il rifiuto. Il paziente vive uno
stadio di temporaneo shock e incredulità.
“Non è possibile, non sono io, deve esserci uno sbaglio”.
Per chi assiste il paziente è importante rispettare queste
apparenti contraddizioni e lasciargli la possibilità di
proteggersi dall’angoscia.
“mi rifiuto di capire di cosa sta parlando”
RABBIA
Prendere atto della realtà suscita sentimenti di rabbia data la
frustrazione di non aver nessuna possibilità di guarigione. “Perché
proprio a me?”. Che cosa ho mai fatto di male per meritarmi questo?
È la fase della collera proiettata su chi capita. È importante in questi
casi rinunciare ad irrigidirsi in atteggiamenti difensivi e tener conto
che non si tratta di attacchi personali.
Il paz. cerca di mettere alla prova le persone a lui più vicine per
rassicurarsi che non verrà lasciato solo, abbandonato alla propria
triste sorte.
“cosa ho fatto di male per essere colpita da una malattia incurabile? Perché
sono punita?”
PATTEGGIAMENTO
Quando supera la collera contro il mondo e contro Dio e
accetta che nessuno può rispondere alla domanda
“perché proprio a me”, il paziente si chiede “Perche
proprio adesso?”.
La strategia è quella di comportarsi bene, facendo delle
buone azioni affinché gli venga concesso in cambio il
prolungamento della vita o momenti con meno disagi
fisici o, addirittura, un miracolo.
Nella maggior parte dei casi si cerca di venire a patti con
Dio. Il patteggiamento richiede la richiesta di un premio
in cambio di qualcosa.
DEPRESSIONE
Con la progressione della malattia si entra in questa fase, che ha a che
fare con il dolore di prepararsi all’ultima separazione da questo
mondo.
È possibile che in questa fase in cui l’attaccamento alla vita deve venir
meno, la persona diventi chiusa e taciturna.
È il momento del silenzio anche per chi si prende cura del paziente e
può essere importante sapere che non si tratta di un rifiuto, ma di
un processo necessario che aiuta ad accettare la morte.
“… quando spengo la luce, le lacrime silenziose iniziano…”
ACCETTAZIONE
Superare il rifiuto per la propria sorte, la rabbia contro i curanti e i
familiari la persona può giungere ad una fase di accettazione.
In questa fase è opportuno assecondare e rispettare l’atteggiamento
del paziente nei confronti della morte, così faticosamente raggiunto,
senza sentirsi in dovere di modificarla secondo quelle che sono le
nostre esigenze o la nostra ansia (ad es. dando false speranze).
“… decido di osservare, adattarmi. Passo per passo… Mi dico che devo vivere
un giorno alla volta”
“Certo, i momenti di angoscia e di sconforto non mancano ma preferisco
guardare i fiori del mio giardino piuttosto che le foglie che cadono!”
Stili di reazione alla malattia Burgess (1988)
1. Negazione /Evitamento:
Negazione della gravità
Tendenza a minimizzare
Assenza di ansia e depressione
2.Preoccupazione ansiosa,
disperazione:
Sensazione di impotenza e sconfitta
Ricerca eccessiva di informazioni con
scarsa possibilità di essere
rassicurati;
Livelli elevati di ansia e depressione;
Scarsa collaborazione;
Non accettazione della malattia e
timore continuo della sua veloce
evoluzione.
3. Accettazione Stoica:
4.Accettazione realistica, impegno
attivo:
Malattia accolta con indifferenza;
Accettazione passiva;
Controllo esterno della malattia,
attitudine fatalistica (destino)
Bassi livelli di ansia e depressione
Atteggiamento di fiducia e tendenza
all’apertura
Confronto con il problema; malattia
come evento imprevedibile della
vita
Ansia e depressione entro limiti
contenuti;
Far leva sulle proprie risorse
Che cosa possiamo fare?





Corsi di formazione
(malattia, la
comunicazione, ascolto,
ecc...)
Attivazione di sportelli
di ascolto
Gruppi auto-mutuo aiuto
Informare sui servizi
Linea telefonica
La comunicazione
Dal termine latino “comunico” (cum =
con, e munire = legare, costruire)
significa condivisione
“... atto di mettere qualcosa in comune fra
due o più esseri viventi” (Loriedo e
Picardi, 2007)
I LIVELLI DELLA COMUNICAZIONE
VERBALE
NON VERBALE
PARA VERBALE
i contenuti
del nostro
discorso
i gesti, le
espressioni del
volto, l'aspetto
fisico, le posture,
l'orientamento e le
distanze nello
spazio, gli
atteggiamenti, i
segni tracciati sul
corpo, il tatto,
l'odore,
l'abbigliamento,
etc
qualità della voce:
tono, ritmo, velocità di
eloquio.
vocalizzazioni:
emissione di suoni e
sospensioni.
pronuncia:
inflessioni dialettali.
Sguardo
Ruolo importante all’interno della
comunicazione non verbale
Può essere considerato anche in
base alla durata, alla frequenza e
alla durata media delle occhiate
Sguardo reciproco sul viso
Contatto oculare: indica intimità
o sfida
Evitamento costante dello
sguardo
Va contestualizzato all’interno
dell’intera espressione del volto
La Resilienza
Può essere definita come la capacità di
riprendersi e di uscire più forti e
pieni di nuove risorse dalle
avversità
E’ un processo attivo di resistenza,
autoriparazione e crescita in
risposta alle crisi e alla difficoltà
della vita
E’ più di sopravvivere alla sofferenza
La resilienza fa si che le persone
risanino le loro ferite dolorose,
assumano il controllo della propria
esistenza e riprendano a vivere e ad
amare pienamente
Inoltre...
Significare le avversità:
normalizzare e contestualizzare
le avversità e il disagio
Incoraggiare una prospettiva
positiva, puntando sulle
potenzialità e sulle opportunità
da cogliere
Avere consapevolezza di ciò
che si può fare ed accettare ciò
che non si può cambiare
Avversità come fonte di
crescita
Promuovere la flessibilità:
riadattarsi a nuove situazioni
Cercare stabilità nel caos
Sostegno, collaborazione ed
impegno reciproci
Rispetto dei bisogni individuali,
delle differenze e dei confini
Attivazione rete sociale
Utilizzare una comunicazione
chiara e più possibile coerente
Condividere le emozioni
Empatia reciproca, tolleranza
delle differenze
Favorire interazioni piacevoli
attraverso humour e ironia
Strategie collaborative nella
risoluzione dei problemi:
processi decisionali partecipati,
obiettivi concreti
E per i caregivers formali…
Adeguata conoscenza tecnica e teorica della
malattia
Solidarietà nella sofferenza
Riconoscere i propri limiti
Imparare a chiedere
Confrontarsi con l’equipe, i familiari e il
paziente
Disponibiltà emotiva e capacità di ascolto
delle esigenze dei familiari
Disponibilità a tollerare atteggiamenti
inadeguati da parte del paziente e
familiare
“Ci vuole un tocco gentile per sfiorare chi soffre.
Ed una forte presa per poterlo aiutare”
Grazie