Lucio Anneo Seneca - Patini Liberatore

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Transcript Lucio Anneo Seneca - Patini Liberatore

-Il percorso di un grande uomo-
Biografia
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Seneca nacque a Cordova da una famiglia del rango equestre.
Venne presto a Roma dove si dedicò agli studi filosofici . Nella carriera forense
rilevò straordinarie qualità oratorie e, ottenuta la questura, entrò nel senato dove
la sua eloquenza durante il regno di Caligola gli valse il senato e gli accrebbe onori,
reputazioni e pericoli.
Tuttavia, nel 41 la principessa Giulia Livella, sorella di Caligola, venne accusata e la
rovina della principessa travolse anche Seneca. Dopo 8 anni di esilio, per volere di
Agrippina, nuova imperatrice, poteva tornare a Roma come maestro del giovane
Nerone, divenuto, per l’ adozione di Claudio, il designato successore dell’ impero.
Claudio muore avvelenato e Nerone sale al trono e Seneca restò il più autorevole e
ascoltato consigliere e. Fu in realtà il vero regolatore della politica imperiale .
Nel 65 fu scoperta la congiura contro Nerone con la complicità di Seneca.
Nerone colse con gioia l’occasione di sbarazzarsi del suo vecchio e odioso
consigliere.
Seneca, ricevuto l’ordine di morire, dimostrò effettivamente nel suo ultimo giorno
di saper sfidare quella morte che egli aveva dichiarato di attendere con serenità in
tutti i giorni della sua vita.
Opere: temi e considerazioni
• Ben poche fra le opere rimaste sono databili con sicurezza,
sicché è difficile cercare di seguire un eventuale sviluppo
del suo pensiero.
Molte opere filosofiche di Seneca sono state raccolte, dopo
la sua morte,in 12 libri di”Dialogi” su questioni etiche e
filosofiche: insomma, scritti morali,confidenze e
dichiarazioni dello scrittore al personaggio a cui ogni
scritto è dedicato. Le singole opere costituiscono, cosi,
piuttosto che dialoghi in senso stretto, vere e proprie
trattazioni autonome di aspetti o problemi particolari di
etica, in un quadro generale ch’è quello essenzialmente di
un eclettismo di propensione stoica (scuola di mezzo).
De providentia
• “De providentia” (62d.c. circa).
Vi si espone la tesi (opposta a quella epicurea), che
tende a giustificare la constatazione di una sorte che
sembra spesso premiare i malvagi e punire gli onesti:
ma è solo la volontà divina che vuole mettere alla
prova i buoni ed attestarne la virtù.
Il sapiens stoico realizza la sua natura razionale nel
riconoscere il posto che il logos gli ha assegnato
nell’ordine cosmico, accettandolo serenamente.
De vita beata
• “De vita beata”.
Esamina il problema della ricchezza e dei piaceri
(nei quali non si trova l’essenza della felicità),
ma se è vero che il saggio sa vivere secondo
natura,saggezza e ricchezza non sono
necessariamente antitetiche (“nessuno ha
condannato la saggezza alla povertà”).
L’importante non è non possedere ricchezze, ma
non farsi possedere da esse.
Cosi, Seneca legittima l’uso della ricchezza se
questa si rivela funzionale alla ricerca della
virtù.
De tranquillitate animi
• “De tranquillitate animi “
In questa trilogia,dedicata all’amico Sereno, Seneca cerca
una mediazione tra l’otium contemplativo e l’impegno del
civis romano, suggerendo una posizione intermedia tra
Catullo e Cicerone.
Il comportamento dell’ intellettuale deve essere rapportato
alle condizioni politiche, ma la scelta di una vita totalmente
appartata può essere resa necessaria da un grave posizione
politica, che non lascia al saggio altro che rifugiarsi nella
solitudine contemplativa. In effetti, più specificamente,
questo è il tema del secondo dei dialoghi, mentre il primo
esalta l’imperturbabilità del saggio stoico di fronte alle
ingiurie e alle avversità e il terzo affronta il problema della
partecipazione del saggio alla vita politica. A tutti e tre
dialoghi, però, comune è l’obiettivo da seguire: quello, cioè,
della serenità d’animo capace di giovare agli altri, se non con
l’impegno pubblico, almeno con l’esempio e con la parola.
Naturales quaestiones
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Di carattere scientifico sono i 7 libri delle “Naturales quaestiones”, dedicati a Lucilio:
trattati scientifici nei quali Seneca analizza i fenomeni atmosferici e celesti,dai temporali ai
terremoti alle comete
Tuttavia, il rapporto con i modelli greci è abbastanza conflittuale: se da una parte Seneca
sente la necessità di una ferrea autonomia, dall’altra ha sempre in mente i modelli greci.
Il linguaggio poetico delle tragedie ha la sua base, poi, nella poesia augustea, dalla quale
l’autore mutua anche le raffinate forme metriche,come i metri lirici oraziani usati negli
intermezzi corali.
Se il fine della filosofia è giovare al perfezionamento interiore, il filosofo dovrà badare
all’utilità delle parole, e non alla loro elaboratezza. Seneca rifiuta la compatta architettura
classica del periodo ciceroniano, che nella sua disposizione organizzava anche la gerarchia
interna,e da vita a uno stile eminentemente paratattico, che frantuma l’impianto del
pensiero in un susseguirsi di frasi aguzze,il cui collegamento è affidato soprattutto
all’antitesi e alla ripetizione:continua è la ricerca dell’effetto, dell’espressione appunto
epigrammatica, quasi a voler riprodurre il “sermo familiaris”, e il tono oscilla ben
volentieri tra quello di una rigorosa analisi interiore e quello di una sapiente predica ad
intelligenti ascoltatori. Seneca, insomma, fa uso di questo stile come di una sonda per
esplorare i segreti dell’ animo umano e le contraddizioni che lo lacerano, ma anche per
parlare al cuore degli uomini ed esortare al bene.
Il “cogito”
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Il pensiero filosofico di Seneca è influenzato dallo stoicismo, dall’epicureismo
e dal platonismo. Dallo stoicismo si riprende l’idea che l’uomo sia in grado di
raggiungere la felicità e la libertà interiore se riesce a dominare le proprie
passioni e la propria ira (come dice nel “De ira”). La vera felicità non è data
dagli agi o dalla ricchezza, ma dalla virtù. L’uomo, quindi, per raggiungere
quanto prima la propria felicità, deve praticare in ogni modo la virtù (questi
concetti sono ben espressi nel “De vita beata”). Il vero saggio, dunque, è
colui che pratica l’autarkeia, cioè colui che è indipendente e autosufficiente,
poiché allontana da sé ciò che è inutile ed è volto solo alla ricerca del bene
che può essere meglio attuata durante i periodi di otium (questi concetti
sono ben indicati nelle Epistole a Lucilio). Tipico dell’influenza epicurea è,
invece, il pensiero secondo il quale non bisogna temere la morte e si deve
vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dal platonismo, invece, Seneca
riprende il concetto in base al quale l’uomo può raggiungere la conoscenza
tramite la filosofia. È proprio la conoscenza, infatti, che permette all’uomo
di distinguersi dagli altri animali. La filosofia, dunque, si avvicina al potere:
Seneca ritiene che solo un sovrano guidato dalla filosofia possa essere un
buon capo per lo stato (come viene affermato nel “De clementia”).
<< Mutano i cieli sotto i quali ti trovi, ma non
la tua situazione interiore, poichè sono con te le
cose da cui cerchi di fuggire.>>
Realizzato da: Angelo Orsini