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Max Solano
09/03/2017
Due sconfitte pesanti e inaspettate, sia nelle dimensioni che nella modalità in cui sono avvenute.
Due sconfitte diverse che lanciano forti ombre sullo stato attuale e su quello che potrà essere il
futuro .
Siamo arrivati alla metà dei 18 giorni che porteranno a giocarsi gran parte di questa stagione, ma
non solo di questa.
Le due sconfitte non pregiudicano nulla in senso assoluto ma rischiano di compromettere gran parte
del lavoro fatto quest’anno. Per la Coppa Italia c’è ancora il ritorno del 5 aprile in cui ai giallorossi
verrà chiesta un’impresa per ribaltare il risultato dell’andata e in campionato resta ancora in
seconda posizione ma col vantaggio assottigliato a due soli punti. La corsa al primo posto era
oggettivamente già compromessa a meno di clamorosi crolli dei bianconeri e di un percorso netto
difficilmente ipotizzabile da parte dei capitolini. Ma il secondo posto è il risultato minimo da
raggiungere vista anche la situazione economica della società, confermata anche dall’ultima
trimestrale.
Oggi e giovedì prossimo ci sarà il primo vero responso di questa stagione, nella sfida che lla mente
riporta a quella splendida prestazione che 10 anni fa portò la Roma a superare un grandissimo Lione
in casa loro, negli ottavi di Champions League.
Che non sarebbe potuta essere sempre la stessa Roma vista a Milano, specialmente quella del primo
tempo, era prevedibile. Che l’inesperto Inzaghi desse una lezione di tattica al suo avversario
Spalletti, e che lo stesso tecnico facesse scelte incomprensibili anche con il Napoli, un po’ meno.
La semifinale di andata avrebbe dovuto e potuto darci la conferma di quella crescita finora intravista
e che potrà dirci molto di ciò che sarà la squadra capitolina sia in questa stagione che nel futuro.
La Roma si era schierata col suo “solito” modulo utilizzato in quest’ultimo periodo, il 3421, col solo
Paredes in sostituzione di De Rossi, con il ritorno di Emerson Palmieri da titolare al posto di Juan
Jesus e con Alisson in porta come in ogni partita di coppa fin qui disputata.
Ed è qui che il tecnico toscano ha iniziato a fare qualche scelta discutibile.
Se, visto il numero di giocatori realmente a disposizione, sarebbe stato difficile fare un turnover
molto ampio, qualche altro cambio sarebbe stato lecito considerando sia i numerosi impegni sia
l’avversario che lo aspettava. Uno Juan Jesus molto positivo a Milano avrebbe forse meritato la
conferma, almeno in campo al posto di uno dei due centrali di fianco a Fazio. Ed ancora di più
Perotti sarebbe stato molto più utile per cucire il gioco sulla ¾ della Lazio al posto di un Salah non
particolarmente in forma nelle ultime uscite dopo l’ottimo rientro dopo la Coppa d’Africa. E sarebbe
servito ancora di più considerando che la Lazio prevedibilmente non avrebbe lasciato molti spazi alle
spalle dei propri difensori ed avrebbe intasato il centrocampo rendendo poco efficace la punta
egiziana.
Centrocampo folto che serviva anche a non lasciare molti spazi soprattutto a Nainggolan, autore di
una prestazione eccellente la domenica precedente ed ingabbiato con marcature molto più curate
appena tre giorni dopo.
All’inizio è stata la Roma ad entrare bene in campo facendo ipotizzare il bis della partita di San Siro.
Ipotesi dovuta anche alla qualità complessiva superiore rispetto ai biancocelesti e al blocco
psicologico che questi avevano vista l’incapacità della Lazio di vincere un derby da quel famoso, e
ormai lontano, 26 maggio del 2013.
Ma è stata una Roma che con il passare del tempo ha iniziato a perdere le distanze e a venire
imbrigliata dalle contromisure adottate dal tecnico biancoceleste. Un possesso palla fine a se stesso,
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senza molto ritmo, con poca velocità nella circolazione della palla e con pochi spazi dove potersi
inserire.
Dal canto suo la Lazio riusciva ad occupare tutti gli spazi nella propria metà campo e a lasciare
Immobile e Felipe Anderson affrontare i centrali giallorossi con più spazi possibile davanti e con
Milinkovic Savic, lui autentico dominatore mercoledì scorso, di cercare il pallone sui rilanci di
portiere e compagni e di inserirsi nella difesa avversaria.
Ed è stata proprio da un’azione simile che è nato il vantaggio laziale proprio ad opera del serbo. Da
un rilancio da fondo campo di Strakosha, Milinkovic-Savic è andato a colpire il pallone contrastato
sulla ¾ da Fazio, il pallone dopo un paio di contrasti gli ritorna e la passa a Felipe Anderson che
entra in area superando Fazio e la rimette indietro proprio per l’accorrente serbo che la mette
dentro in anticipo su Strootman e Manolas che erano andati a chiudere.
Questa immagine rappresenta la posizione media dei giocatori alla fine del primo tempo e ci dà delle
indicazioni immediate su quale fossero le scelte di Simone Inzaghi nel preparare la partita.
Una linea difensiva bassa, un centrocampo folto per costruire la gabbia attorno a Nainggolan, un
Lukaku estremamente propositivo sulla sx e le due punte lasciate con più campo possibile davanti
per affrontare i centrali romanisti.
Il belga non è stato preso da un singolo avversario. Biglia e Parolo lo prendevano in cura con
Milinkovic Savic che era il centrocampista che andava maggiormente a supporto delle punte ed allo
scontro aereo con i centrali romanisti.
Ma da notare particolarmente era il lavoro di Basta, che oltre a controllare il suo avversario diretto
Emerson Palmieri (uno dei più positivi dei suoi), si preoccupava di accentrarsi e prendere il belga
quando Parolo era in proiezione offensiva e Biglia doveva occuparsi di altro.
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BASTA NAINGGOLAN: CAP. 1
Qui si vede come con Parolo di ritorno da una sua proiezione offensiva e con Biglia ad occupare lo
spazio e le possibili linee di passaggio, sia Basta ad andare a chiudere sull’ex Cagliari.
In questa si vede come Basta scali fra i centrali per andare a sostituirsi a Bastos che in
quell’occasione era uscito per andare sul belga.
Ed infine di come sia lui ad andare a chiudere in una ripartenza dei giallorossi simile a quella che ha
portato al secondo gol in casa dell’Inter.
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Il secondo tempo ricominciava così come si era chiuso il primo. Ed è qui che ricadono le maggiori
colpe del tecnico toscano.
Se le scelte iniziali erano in parte giustificabili, meno lo è stata la sua immobilità di fronte ad una
situazione che vedeva la sua squadra soccombere sia nel risultato che nel gioco.
Ed ha avuto ancora meno giustificazione l’atteggiamento della sua squadra nel secondo tempo. Una
squadra che ha alzato ancora di più la linea difensiva alla ricerca del pareggio ma senza mantenere
le giuste distanze e rischiando ripetutamente di subire il raddoppio biancoceleste. Atteggiamento
insensato visto che quella di mercoledì scorso era solo la partita di andata di una sfida che si gioca
sui 180 minuti.
Il secondo gol realizzato da Immobile su azione di Keita dopo un rilancio nello spazio da parte di De
Vrij dal limite dell’area biancoceleste è stato solo la logica conseguenza di quello che si era visto in
precedenza.
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Queste sono le posizioni medie a fine partita. Si vede chiaramente come la linea difensiva della Roma
sia ancora più alta e come la scelta di alzare costantemente Lukaku a sx sia voluta così come quella
di tenere Basta più in posizione difensiva a controllare i movimenti di Nainggolan.
Le scelte di Spalletti che hanno condizionato in negativo il derby di andata nella semifinale di Coppa
Italia contro la Lazio hanno condizionato in negativo anche la partita di sabato contro il Napoli. E la
scarsa reattività del tecnico, forse affaticato quanto alcuni giocatori, ha impedito alla squadra di
cambiare con tempestività il corso delle partite o almeno di giocarsela al meglio.
Il 4231 con quegli uomini in campo con cui ha schierato la sua squadra aveva più incongruenze. Una
difesa a 4 con 4 difensori centrali e poca qualità nell’impostazione, tutta concentrata in un Fazio che
sta pagando la stanchezza per non aver potuto mai tirare il fiato. Nessuno sbocco sugli esterni in
fase di costruzione con 2 (non) terzini dal piede non proprio vellutato, con un El Sharaawy mai
incisivo e il solo Perotti autore di un’ottima partita ma asciato spesso troppo solo. Con questi
giocatori ci sarebbe stato il bisogno di alzare molto il baricentro ed avere una squadra compatta.
Invece le distanze erano lunghe e la manovra faticava molto a partire anche per la giornata negativa
di De Rossi.
L’assenza di Salah da un punto di vista era comprensibile visto il suo stato di forma non
particolarmente brillante, ma da un punto di vista tattico era ingiustificabile perchè, a differenza di
quello che ha fatto Simone Inzaghi, la squadra di Sarri si sapeva che avrebbe cercato comunque di
pressare molto alto e giocare con la difesa quasi a centrocampo. E la velocità dell’egiziano avrebbe
potuto creare problemi anche senza una manovra fluida.
Spalletti ha negato problemi di stanchezza fisica citando anche gli ultimi minuti della partita in cui la
sua squadra è arrivata più volte a sfiorare il pareggio, ma il forcing finale è sembrato più il frutto di
una reazione nervosa, altrimenti aumenterebbero gli errori del tecnico nella preparazione e nella
gestione delle partite.
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Un turnover più ragionato avrebbe fatto tirare il fiato a più giocatori e proposto uomini e moduli più
consoni alle squadre da affrontare, anche perchè stasera si andrà a Lione ed un’altra partita
sbagliata aprirebbe una crisi che solo una settimana fa sembrava impossibile.
Il Napoli era in ottima forma e giocava ad un ritmo insostenibile per una Roma con questi uomini in
campo e queste distanze. Ma i partenopei hanno anche problemi difensivi notevoli, soprattutto
quando la stanchezza la fa allungare e quando viene schiacciata come nel finale quando ha rischiato
più volte di subire il gol del pareggio.
Il primo gol parte da degli scambi brevi a centrocampo, con il pallone che arriva ad Hamsik sulla ¾
giallorossa e serve Mertens in mezzo tra Fazio, che sale per metterlo in fuorigioco nonostante la
palla scoperta, e Manolas che lo mantiene in gioco. Il belga arriva davanti a Szczesny e anticipa
l’intervento di Juan Jesus con un pallonetto morbido sul portiere.
La seconda rete nasce da un passaggio di Fazio in fase di impostazione intercettato da Callejon. Il
pallone arriva ad Hamsik che lo apre verso Insigne. Il giocatore napoletano entra dentro l’area e
serve il pallone sul secondo palo dove arriva Mertens a concludere in rete alle spalle di Fazio che
poco dopo verrà sostituito.
In queste due reti ci sono tutti i problemi evidenziati dalla Roma durante la partita.
Distanze sbagliate dei giallorossi e ritmo insostenibile dei partenopei. Il passo imprendibile di
Mertens da parte di Fazio e degli spazi in cui il centravanti belga poteva inserirsi tra i centrali
giallorossi.
Ma anche la difficoltà nel far ripartire l’azione e gli spazi lasciati liberi in cui i giocatori del Napoli si
inserivano con facilità.
Ma anche uno Spalletti che non legge subito la partita ritardando troppo i cambi permettendo alla
squadra di Sarri di portarsi sul 2-0, risultato che non è stato più possibile recuperare.
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Cosa resta di queste partite
Spalletti ha detto che non è stata una questione di stanchezza, ma sembra più una incitazione a non
mollare ai suoi uomini che una realtà di fondo. La partita di questa sera ci darà altri spunti in merito.
Ma in ogni caso non può essere solo una questione fisica.
Il derby probabilmente è stato più figlio dell’ultimo periodo molto positivo con la punta massima
raggiunta al Meazza 3 giorni prima. Un eccesso di convinzione, una stanchezza anche mentale e non
solo fisica, il tecnico avversario che ha saputo imparare dagli errori compiuti dal tecnico interista e
una giornata no di molti giocatori in campo, soprattutto di quella spina dorsale (Fazio, Nainggolan,
Dzeko) che non ha vere alternative in rosa e che è quella che soffrirà di più in questo finale di
stagione.
La partita contro il Napoli era uno spareggio che non metteva in palio solo dei punti, ma anche la
convinzione con cui potranno affrontare entrambe le squadre il resto della stagione.
In caso di vittoria della Roma contro i partenopei i giochi per la lotta al secondo posto si sarebbero
chiusi con due mesi di anticipo, permettendo così alla squadra di Spalletti di preparare in tutta la
serenità le sfide di coppa e consentendogli di poter ruotare tutti gli uomini in rosa in campionato.
Ma la sconfitta contro il Napoli ha riaperto degli scenari che solo una settimana fa sembravano
ormai ben indirizzati, e rischiano di far scoppiare ora o in futuro quelle tensioni che fino a mercoledì
mattina erano ben nascoste dai risultati ottenuti.
Quella di stasera è una prova importante in casa di una delle squadre più forti che si potessero
pescare. In campionato non sta facendo risultati esaltanti, è quarta con una partita da recuperare,
ma ha avuto i problemi maggiori con le squadre di medio e basso livello ottenendo i risultati più
importanti proprio con negli scontri diretti.
La squadra di Spalletti non dovrà sbagliare più nulla per non rovinare il buon lavoro complessivo
fatto fino ad ora, per ripartire con altre convinzioni in vista di questo finale di stagione. Il futuro di
cui tanto si parla in termini di rinnovi inizia già oggi.
I RIMPIANTI DELL’INTER
Queste due partite fanno aumentare i rimpianti per la partita di una settimana fa, quando alcune
scelte di Pioli sono risultate opinabili.
Lontani sono i tempi in cui l’impostazione tattica era chiara perché si cercava di fare la partita
sfruttando le proprie doti migliori pur con tutti i difetti di una rosa incompleta per un (doppio)
allenatore preso in corsa e senza il tempo necessario per poter lavorare su ogni singolo dettaglio. Si
è preferito cambiare modulo e giocatori per affrontare la Roma ma senza cercare di disinnescare i
loro punti di forza o andare a colpire in modo efficace i punti deboli. Giocare con 3 difensori e 4
centrocampisti centrali senza occupare bene gli spazi davanti la propria area e senza avere una
capacità di pressing alto per cercare di recuperare il pallone impedendo alla Roma di far ripartire
bene l’azione.
E non avere la capacità di creare problemi alla difesa della capitolina, in assenza di giocatori in
grado di superare in velocità nell’1vs1 i centrali giallorossi, con Candreva e Perisic costretti a
giocare molto bassi, al punto da non essere nemmeno in grado di far allargare i 3 centrali giallorossi
(a cui si era aggiunto Juan Jesus) per creare degli spazi dove, forse, nelle idee di Pioli, Joao Mario e
Brozovic si sarebbero dovuti inserire.
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Tanti sono stati gli errori di Pioli, evidenziati ancora di più dalle partite successive dei capitolini,
lasciando il rimpianto di non essersi giocati al meglio le proprie possibilità.
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