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Camera Penale di Firenze

Il Presidente

Comunicato stampa

La Camera Penale di Firenze prende posizione, con un documento del Direttivo, sulla vicenda della pretesa ‘scarcerazione’ del cittadino indiano arrestato nei giorni scorsi per l’aggressione notturna ai danni di una giovane donna. “

Il merito della vicenda sarà deciso dai Giudici, il PM, insoddisfatto, proporrà impugnazione contro la decisione assunta dal Gip. Questa è la fisiologia del sistema. Patologico è tutto quanto si è scatenato attorno. Patologico che non si sia neppure tentato di spiegare quali sono le regole che in qualsiasi paese civile disciplinano l’arresto degli indiziati di reato, e perché sia previsto (dalla Costituzione!) l’immediato intervento di un Giudice. Patologico che si ritenga inaccettabile che chi va in carcere – perché arrestato – poi in carcere non resti: il Giudice che ‘scarcera’, sbaglia per definizione. Si abbia il coraggio di dire: dei Giudici, degli avvocati, degli interpreti, delle regole, non c’è bisogno, inutili orpelli, si perde tempo. Spiegare e misurarsi con le regole dello Stato esige impegno, richiede lo sforzo di ricordare che uno Stato di diritto è una comunità che ha stretto un patto di civiltà, non una tribù che si regge sulle lapidazioni pubbliche. Le norme processuali guardano con sospetto le spontanee dichiarazioni dell’arrestato rese in assenza del difensore, vietandone l’utilizzazione nella gran parte dei casi, e c’è un motivo assai preciso. L’arresto non significa misura cautelare, e tra le due cose corre una grande differenza: è semplicemente una sciocchezza invocare la ‘certezza delle misure cautelari’. Le garanzie non significano affatto assoluzioni indebite e lassismi incontrollati. Al contrario, è il rispetto rigoroso delle regole che rende giuste le sanzioni, specie le più severe: una pena (o una misura cautelare) applicata con la violazione delle regole è sempre ingiusta. In altri lidi, ci si sarebbe occupati assai più delle ragioni del dubbio del Giudice che non della pretesa ‘scarcerazione’. V IA L ORENZO IL M AGNIFICO 78 – 50129 F IRENZE – T EL .

055.5001250

F AX 055.5001723 [email protected] www.camerapenalefirenze.it

Camera Penale di Firenze

Il Presidente Un Giudice che applica con scrupolo le regole – specie quando si tratta, come in questo caso, di un magistrato la cui onestà intellettuale e severità sono ben note – esige rispetto: se il suo giudizio è errato, lo valuteranno altri Giudici. Lo Stato non è assente quando un Giudice decide della libertà delle persone con piena autonomia: è, anzi, massimamente presente. Non sono le regole che “non funzionano” quando il Giudice accoglie le osservazioni di un difensore che eccepisce la violazione delle regole di garanzia che rendono giusta la privazione della libertà, e in presenza di un dubbio rilevante agisce con la prudenza che la Costituzione gli impone di esercitare: al contrario, è in questi casi che le regole dimostrano appieno la propria funzione. Indecente la vulgata dell’avvocato “donna che tradisce le donne” se fa il suo mestiere con scrupolo: porre all’indice l’avvocato, come complice del reo, è l’anticamera culturale dell’autoritarismo, in cui delle regole non c’è bisogno – tempo perso – e tanto meno c’è bisogno di qualcuno che ne invochi l’inutile rispetto. Alla Collega che ha svolto la sua funzione di difensore d’ufficio con il massimo scrupolo, facendosi custode del giusto processo, va, forte e netta, la solidarietà della Camera Penale di Firenze. La pretesa del senso delle regole sarebbe più semplice se le istituzioni politiche per prime ne fossero robustamente dotate. Desolante è il quadro delle pubbliche dichiarazioni di questi giorni. La ‘legalità come valore inderogabile’: è stata forse negata dal Gip? La ‘certezza della pena’: forse si è scambiata la convalida dell’arresto con la celebrazione in pubblico dibattimento di un giudizio di primo grado? O forse il retropensiero è che per questi casi (quali?) un processo è tempo perso? La Direttiva europea 2016/343 del 9 marzo 2016 impone agli Stati membri di garantire che “

le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche non presentino la persona come colpevole

”. Eppure si sprecano, nelle dichiarazioni dei rappresentanti delle Istituzioni, i moti di indignazione per la violazione della ‘certezza della pena’, della ‘effettività della misura cautelare’, etc.. Taluno sospetta che si intenda deviare l’attenzione dalle responsabilità amministrative di chi dovrebbe prevenire la commissione dei reati, fornendo ai cittadini pre-condizioni di sicurezza quali un’adeguata illuminazione delle strade, un adeguato sistema di trasporto pubblico, un adeguato presidio del territorio da parte delle forze di polizia, etc.. Ci auguriamo solo – per i diretti interessati – che il vaglio di quel sospetto sia compiuto con lo stesso rigore che il Gip fiorentino ha applicato nella valutazione degli indizi a carico dell’arrestato indiano

”. Firenze, 3 marzo 2017

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