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PRIMO PIANO
Giovedì 9 Marzo 2017
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Anche se i programmi dei vari movimenti/partiti si propongono di unirla, magari a parole
La sinistra più divisa che mai
Non riesce nemmeno a fare un’unica proposta elettorale
DI
CESARE MAFFI
«D
obbiamo prendere impegni
riconoscibili
per costruire
un’unica proposta elettorale autonoma dal Pd in
vista delle prossime elezioni». Così Pippo Civati ieri
al manifesto. In teoria, ha
perfettamente ragione; in
pratica, non c’è «un’unica
proposta elettorale» della
sinistra a sinistra del Pd,
ma lo sbriciolamento.
Lo stesso Civati dominava nei mezzi d’informazione
quando esprimeva la voglia
di sinistra nel Pd. Uscito dal
partito, ha
costituito un
movimento,
denominato Possibile
(sulle orme
del non più
trionfante partito
spagnolo
Po d e m o s ) ,
del quale si
h a n n o o rmai scars e n o t i z i e.
L’ambizione,
al momento
dell’abbandono del Pd,
era proprio
di costruire
una sola area
a sinistra.
Civati si
accontenta
di una pattuglia di deputati, cinque lui compreso, che
si sono dovuti aggiungere a
cinque ex grillini per mettere insieme una componen-
te nel gruppo misto della
Camera. Pure Si, Sinistra
italiana, sorta con l’identica volontà di coagulare la
sinistra, è oggi ridotta a 13
deputati: se rimane in piedi il gruppo, è solo perché
esso reca ancora la denominazione di Sel, con la quale
fu costituito all’inizio della
legislatura. La duplice sigla Si-Sel è propria altresì
degli otto senatori, che militano anche loro nel misto,
ove siedono altri di diversa
sinistra. C’è Dario Stefàno,
ex Sel, oggi etichettato come
Movimento la Puglia in più.
Ci sono Maurizio Romani, Francesco Molinari e
Vignetta di Claudio Cadei
Alessandra Bencini, ieri
pentastellati, oggi esponenti
dell’Idv, mentre un’altra ex
grillina, Cristina De Pietro, rappresenta adesso la
PUNTURE DI SPILLO
Anche Ingroia vive sulla sua pelle
l’infamia dei processi in piazza
DI
GIULIANO CAZZOLA
S
ono persuaso che Antonio Ingroia sarà in grado di dimostrare, a
chi lo indaga per peculato, che
le somme controverse gli erano
effettivamente dovute. Spero però che
questa circostanza gli sia di lezione sul
piano personale ed umano. Che si renda
conto delle sofferenze derivanti a una
persona perbene da un’accusa ritenuta
ingiusta. I suoi ex colleghi dicono sempre
che i processi si fanno per scoprire
la reale consistenza dei fatti. Ma
sono tanti a portare sulle spalle la
responsabilità di aver trasformato
un avviso di garanzia nell’anteprima della colpevolezza.
***
Pare esservi una corrente di
pensiero dell’universo femminile
orientata ad ignorare la ricorrenza dell’8 marzo, ritenendola una
sorta di ghetto in cui vengono rinFederazione dei
verdi.
Ovviamente
operano i nuovi
gruppi Articolo
1-Movimento democratico e progressista: 37 deputati e 14 senatori.
Può darsi che, ultimate le primarie
democratiche, si registrino
altri arrivi dal Pd: tuttavia
l’opera di unificazione sembra ben lontana dagli auspici di Civati.
chiusi – semel in anno – i problemi delle
donne. Non ritengo corretto né utile (per
qualunque causa) un atteggiamento siffatto. Le ricorrenze esistono apposta per
ricordare che il presente ha necessità di
avere una trama con il passato.
***
Uscendo di casa, abbiamo scoperto
che i movimenti femministi hanno proclamato uno sciopero globale, a cui hanno aderito alcuni sindacati. Lo sciopero
non si è svolto secondo le solite modalità
della lotta dei lavoratori, ma riguardava
anche l’astensione da altre prestazioni,
come suggerì alle altre donne l’ateniese Lisistrata nella celebre commedia
di Aristofane. Sappiamo che la prima
modalità di sciopero ha creato qualche
disagio, soprattutto nei servizi. Non conosciamo gli effetti della partecipazione
alla seconda.
***
Mimosa, mimosa, quanta malinconia
nel tuo sorriso!
Non è finita, perché fuori del palazzo è attivo Giuliano Pisapia, il quale intende costituire un richiamo
per la sinistra dialogante col
Pd. Non ha alcun parlamentare, oggi, ma non è sfuggito ad alcuno il passaggio di
Laura Boldrini da Si-Sel
al gruppo misto, senza accasarsi in alcun sottogruppo.
Potrebbe essere lei la prima
a dare un’adesione formale
al Campo progressista, se e
quando il movimento si costituisse.
Più si parla di unità a
sinistra, più ci si divide. E
ancor più l’incapacità di raggruppare si nota quando si
esca dalle Camere e si guardi
ai movimenti che ancora rivendicano la denominazione
comunista, ciascuno con la
propria ostinata individualità. Anche una coppia d’antico prestigio e di solida esperienza, come quella formata
da Bersani e D’Alema, non
sembra oggi capace di coalizzare tanti pulviscoli.
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A BERGAMO, IL SINDACO GORI E I PEZZI GROSSI DEL PD SONO TUTTI DALLA PARTE DELL’EX PREMIER
C’è solo Renzi: Emiliano e Orlando non esistono
Grazie al ministro Martina, figura centrale in vista delle primarie dei dem
DI
E
FILIPPO MERLI
siste solo Matteo Renzi.
Michele Emiliano e Andrea Orlando, a Bergamo,
non vengono neppure nominati. Il collante tra la città amministrata dal sindaco dem Giorgio
Gori e l’ex presidente del Consiglio
è il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, originario di Calcinate,
nel Bergamasco. Dopo che Renzi ha
annunciato che la figura di Martina
sarà centrale nella sua campagna
per il congresso del Pd, i dem bergamaschi hanno accantonato i vecchi
dissapori. E si sono stretti attorno
all’ex segretario. Uno per tutti, tutti
per Renzi.
«Faremo una campagna per le
primarie di squadra», ha detto l’ex
capo del governo a Otto e mezzo, su
La7. «Discuteremo come impostare
un’Italia più forte anche in Europa. La campagna sarà in ticket con
Maurizio Martina e la squadra sarà
composta da metà uomini e metà
donne. Parleremo solo di programma».
Martina ha scelto proprio la
sua Bergamo per presentare ufficialmente il ticket con Renzi. Insieme con lui, lo scorso lunedì, c’erano
tutti i pezzi grossi del Pd regionale e
locale: da Gori al segretario lombardo dei dem, Alessandro Alfieri, sino
al responsabile provinciale, Gabriele
Riva. «Ex Ds? Ex Margherita? Non
frega niente a nessuno delle vecchie
categorie», ha detto Martina al Corriere di Bergamo. «Serve una nuova
elaborazione: per far funzionare il Pd
e il Paese non basta fare un collage
di quel che siamo stati».
«È mancata la cura della nostra
comunità, ma era mancata anche
prima di questa segreteria», ha proseguito il ministro. «Ora il Pd va
riorganizzato, superando il problema della divisione tra partito degli
iscritti e partito degli elettori. Il Pd,
a Bergamo, ha sempre dimostrato di
essere più avanzato rispetto alle dinamiche romane. E quando abbiamo
chiesto una mano alla nostra gente,
l’aiuto è sempre arrivato».
«Sbagli ne abbiamo fatti, ma,
per esempio, sul lavoro difendo le
scelte di una sinistra che fa i conti col
suo tempo. Il vero dolore, profondo, è
che si cerchi di piegare la storia del
Pd a quella di una leadership: il nostro non è mai stato e non sarà mai
il partito di una sola persona».
Di Emiliano e Orlando, gli sfidanti di Renzi alle primarie del 30
aprile, a Bergamo non si parla neppure. L’unico nominato è l’ex presidente del Consiglio. «Non è certo il
momento più comodo per sostenerlo», ha detto la deputata bergamasca
Elena Carnevali. «Ma non si tratta di
un’operazione estetica, portare più
sinistra nel Pd. Si tratta anche di
non rinnegare tutto il lavoro positivo
fatto in questi anni. Ripartiamo dalla valorizzazione del territorio».
All’incontro con Martina hanno preso parte anche sindaci e
consiglieri comunali del Bergamasco che, in passato, hanno lamentato
una certa difficoltà nel rapportarsi
col governo Renzi. Lo stesso Gori,
spin doctor dell’ex presidente del
Consiglio ai tempi della prima Leopolda, non ha risparmiato critiche
nei suoi confronti. «Sostengo Renzi
da tempi non sospetti», ha sottolineato Gori, «ma non per questo devo
condividere tutto quel che dice e fa.
L’azione di governo, però, è stata coraggiosa. Il vero difetto è stato nella
gestione del partito, non coltivato a
sufficienza in questi anni. È stato un
limite del Renzi segretario». Eppure,
per Gori, così come per i vertici del
Pd bergamasco, esiste solo l’ex presidente del Consiglio. Uno per tutti,
tutti per Renzi.
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