N°41 del 24/11/2016

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Editore: Calore s. r. l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale:Viale della Repubblica, 177
Capaccio Paestum (Sa) - “Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1,
comma 1, Aut: 952/ATSUD/SA - Dir. Com. Business Salerno - Abb. annuale 25, 00€
CI-LENTAMENTE
Dalla Valle del Calore a quella del Mingardo
È
SEGUE A PAGINA 9
Il Centro Studi Tegea
compie 20 anni di attività
“È
SEGUE A PAGINA 8
Pietro Coiro
Si scava a Paestum
Il piacere della scoperta
CHIARA SABIA
L
o scorso 20 ottobre sono ricominciati gli scavi
nella Zona Archeologica di Paestum, i primi,
dopo diverso tempo all’interno della cinta muraria, infatti i lavori eseguiti negli ultimi anni, si limitavano alla zona circostante le mura, riguardavano la
necropoli ed erano stati effettuati per certificare i danni
fatti dai cosiddetti tombaroli.
SEGUE A PAGINA 11
GIUSEPPE LIUCCIO
H
quasi buio quando arriviamo a Castelcivita. Un
cielo plumbeo lacrima gocce di autunno sulla
strada che sembra volersi perdere nella valle del
Calore. Le speranze di arrivare a destinazione con un
po’ di luce si sgonfiano come la mia ruota posteriore
che si buca su un sasso tagliente. Gli ultimi chilometri
nel buio ci regalano il silenzio crepuscolare che solo il
Cilento può regalare: l’esperienza dell’oscurità ci priva
di grandi vedute, ma gli altri sensi percepiscono
l’anima cilentana che può sintetizzarsi nella sensazione
di viaggiare in un piccolo grande mondo accompagnati
nei segreti di madre natura e dallo sguardo di uomini
e donne che custodiscono una gentilezza antica.
Il viaggio inizia nella pianura delle bufale, a Capaccio
Scalo, dopo una serata immobile come i templi di Paestum. La pianura è l’illusione di pochi chilometri perché, quasi subito, inizia la cantilena scandita dai
tornanti che ingentiliscono la forza di gravità salendo
in direzione di Roccadaspide.
SEGUE A PAGINA 7
per noi un
particolare
piacere poterti invitare alla Cena di
Gala che si terrà la sera
del 26 novembre 2016,
La sacralità di
cedro e melograno
o int e n zione
di trattare a più
riprese “La sacralità degli alberi
e
dei
frutti”, focalizzando l’attenzione su alcuni
alberi,
che
fanno parte da
tempo del paesaggio rurale del Cilento.
Credo di rendere, così, un servizio di cultura al territorio che mi ha dato i natali,
ma anche di offrire uno strumento di conoscenza utile agli amministratori locali
a tutti i livelli, a cominciare dai sindaci e
dalla nuova “governance” del Parco. Almeno spero.
ENRICO CARACCIOLO
MASSIMILIANO DE PAOLA
Anno XVII
n° 41 del 24 novembre 2016
MANIFESTAZIONE PRO-OSPEDALE
Chi sfila e chi si sfila
Un Re veramente
speciale
ORESTE MOTTOLA
L.R.
I
I
l corteo dei braccialetti gialli e il selfie
di alcuni dei sindaci
in giacca e cravatta. E
nuovo strappo nella già
debilitata sinistra di Calore - Alburni.
eri lo abbiamo festeggiato contemplando Gesù sulla Croce, uno strumento di morte da Lui trasformato in
trono di regalità, mentre si è tentato un bilancio dell'anno santo della Misericordia
appena concluso.
SEGUE A PAGINA 2
Intervista a Giusy Sabatella
Portavoce del comitato
SEGUE A PAGINA 6
IL SONDAGGIO DI NOVEMBRE
MONICA ACITO
I
l Cilento è un lembo di terra incastonato nel profondo Sud dell'Italia,
così profondo che nemmeno Cristo ha osato calcare il passo su un territorio del genere: è remoto e accovacciato nel grembo dell'entroterra
più intimo ed è elogiato in ogni dove. Abbiamo delle coste strepitose,
ideali per comporre delle meravigliose cartoline, prodotti tipici e fatti a
mano e la nostra dieta mediterranea. Addirittura alle "Iene" hanno intervistato degli anziani cilentani per dimostrare all'Italia SEGUE A PAGINA 3
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n° 41 24/11/2016
VALLE DEL CALORE
I ragazzi con i braccialetti gialli e i sindaci che si fanno il selfie con De Luca
Ospedale Roccadaspide. Chi sfila e chi si sfila
SEGUE DALLA PRIMA
ORESTE MOTTOLA
N
ella stessa mattinata c'era chi
sfilava e chi era a Salerno nelle
stanze che contavano e ha tenuto a farlo sapere con un selfie. Ospedale di Roccadaspide, la confusione è
ancora maggiore, e a dispetto del noto
detto maoista, la situazione non è affatto eccellente. Non a causa del corteo.
La manifestazione è riuscita nella partecipazione. Tremila cinquecento secondo gli organizzatori, vicino ai
duemila e passa, secondo i carabinieri.
Molto più dell'analoga manifestazione
del 2004 che non vedeva defezioni di
vertice. La gente della Valle ci tiene al
suo ospedale, è visibilmente arrabbiata.
I "fotografati" con De Luca - umanissima debolezza la loro - hanno permesso al segretario provinciale del Pd
di denigrare in blocco oltre 3mila persone e 15 amministrazioni non presenti
all'incontro. Alcuni, semplicemente
perché non invitate e non informati, e
per l'impegno collettivamente preso di
essere qui a Roccadaspide e non altrove. Il risultato parla di "spiragli" e
"'impegno" . Ineffabile la "chiusa" finale ricorda: "Nel corso dell’incontro
con sindaci e amministratori il Presidente De Luca ha comunicato di aver
già chiesto al Direttore Generale dell’Asl di Salerno di individuare le possibili soluzioni tecniche, volte a garantire
[e ci mancherebbe altro, ndr] l’assistenza sanitaria a tutto il territorio di riferimento,
in
una
logica
di
miglioramento dei livelli essenziali di
assistenza". Il botto finale è tutto da
leggere: "I Sindaci di Roccadaspide, di
Sant'Angelo a Fasanella, di Trentinara,
di Felitto, di Piaggine, di Bellosguardo,
di Sacco, l'ex Sindaco di Castel San Lorenzo, Enzo Luciano e Luigi Salerno, di
Corleto incontravano il Presidente De
Luca, per risolvere concretamente, e
senza "fumo", i problemi. Gli Alburni e
il Calore si difendono con il lavoro, con
la concretezza, inserendosi in un sistema di relazioni normali". Facile
chiedersi ora quali saranno le reazioni
dei sindaci che hanno deliberato nei
loro consigli comunali contro la chiusura, si sono costituiti al Tar e partecipato al corteo di protesta senza la fascia
per rispetto nei confronti di Iuliano.
L'iniziativa, da parte di Landolfi e De
Luca giustificata dalle necessità di
"compulsare" verso un impegno al voto
per il sì al referendum, è stata giocata
in chiave "anti corteo" dagli altri. I locali. Un pateracchio, che non porterà
bene a nessuno, se non al fronte del no
che trova per strada un insperato argomento di facile presa. I politici protagonosti si sono dimostrati quantomeno
"leggeri" e disconnessi dalla realtà in
campo. E così aumentano i malumori e
s'indebolisce il fronte di lotta, popolare
o istituzionale che sia.
"Il magone al cuore" ha confessato di
averlo anche Antonio Giordano, direttore dell'Asl Salerno, mentre scriveva
l'atto aziendale che ha praticamente
cancellato l'ospedale di Roccadaspide
dalla rete ospedaliera regionale per
porlo in un limbo che ha oggi non si
quanto durerà e come si andrà a evolvere. "Il magone" l'avevano anche i ragazzi della maggioranza della
manifestazione del 19 novembre contro
il depotenziamento e la chiusura dell’ospedale che è punto di riferimento
per circa cinquantaquattromila cittadini
residenti nei 24 comuni della Valle del
Calore salernitano. Avevano il braccialetto giallo al polso, "simbolo di luce e
speranza" come racconto colei che lo ha
ideato, l'artista Nera D'Auto. "Il magone nel cuore" era degli anziani che,
pensierosi, si sono uniti ai loro più festanti nipoti. La tristezza era anche nel
cuore dei sindaci e rappresentanti dei
comuni venuti a manifestare senza fascia per rispettare l'orientamento diverso del primo cittadino ospitante
hanno poi appreso che lo stesso avallava una nota che li irrideva.
VERSO QUALE EPILOGO.
Il depotenziamento riguarderebbe la
soppressione dei reparti di cardiologia,
ortopedia e chirurgia e il taglio dei posti
letto da 70 a 20, come previsto dal
piano approvato dal commissario per la
sanità in Campania, Joseph Polimeni. I
tagli all’ospedale cilentano sono in
linea con le politiche di austerity e
spending review, nel rispetto del patto
di stabilità, portate avanti a livello regionale, nazionale ed europeo.
Sicuramente è eccessivamente catatastrofista chi vede nel depotenziamento
dell’ospedale la fine dell’unica speranza di sopravvivenza per la popolazione – perlopiù anziana – e, con essa,
la pietra tombale di tutta l’area, che, se
fino ad ora ha vissuto in un’emarginazione di tipo sociale e culturale, verrebbe privata, da questo momento,
anche del diritto alla salute. E' sicuramente innegabile la visione di chi nella
perdita di questo servizio ci vede il degrado anche delle ipotesi di sviluppo
economico, culturale, ambientale ed
anche immobiliare. Montagne e un
fiume delimiteranno una vera e propria
énclave tra Vallo della Lucania, il
Diano e la Piana del Sele che - stante
anche la situazione della viabilità esistente - potrà solo offrirsi al libero allevamento dei cinghiali e al popolamento
economicamente sovvenzionato dei migranti. I presidi di civiltà come scuole,
ospedale e uffici postali vanno difesi
con i denti. L'ascarismo politico, che
ben si comincia a intravvedere oltre il
fumo, non fa bene neanche ai già o ai
prossimi beneficiati. Qualche vecchio
protagonista di ingloriose stagioni passate ha già rialzato la testa. ROBERTO
MARCHESE, è laureato in conservazione dei beni culturali e musicista. Con
"Voce Alta" nel 2004 organizzò la
prima manifestazione popolare pro
Ospedale. Il suo pensiero è chiaro:
"Non mi rappresenta un uomo che sceglie il partito alla propria gente....non
mi rappresenta chi vuole strumentalizzare e politicizzare una popolazione che
difende i propri diritti. Fuori gli sciacalli e i Volponi...fuori". E' a disagio
FRANCO LATEMPA, maestro elementare di Sacco, ex presidente della comunità montana, uomo saldamente di
sinistra che è letteralmente indignato
con l'atteggiamento del Pd che senza diplomazia "scarica" la manifestazione
popolare. "La tradizione del PD, di una
parte almeno, riconosce da sempre ai
cittadini la libertà, direi la dignità di difendere i propri diritti. Il nostro partito,
poi, quello in cui ho militato per anni,
ha nel suo DNA il raccogliersi nelle
piazze, l'unirsi su problemi comuni, per
dare voce a tutti i cittadini, soprattutto
a quelli più deboli e indifesi. Non voglio poi colpevolizzare, chi ha scelto il
"percorso della concretezza". Bene
hanno fatto e, se hanno raggiunto dei risultati, se qualcuno ha preso degli impegni, se sono state trovate delle
soluzioni, rendetecene edotti. E' un vostro dovere informarci ed un nostro di-
ritto conoscere. Complimenti per il selfie anche se non riesce ad inquadrarvi
tutti e non tutti voi ci siete noti come
beneficiari di investitura popolare".
Rappresenta o no un risultato l'inizio
del lancio Ansa che racconta, ma senza
virgolette e quindi senza attribuirlo,
come: "Per l’ospedale di Roccadaspide,
che con il decreto 49 del 2010 era stato
definitivamente chiuso, il presidente
della Regione Campania, De Luca ha
ribadito la particolare attenzione dell’amministrazione regionale, proprio
per la specificità del territorio dove è
collocato. Ne dà notizia il sindaco di
Roccadaspide Gabriele Iuliano che questa mattina ha partecipato, insieme a
numerosi sindaci della Valle del Calore,
ad un incontro con il governatore". Le
virgolette di inizio e fine sono mie. E
poi: "Rassicurazioni in merito alla vicenda relativa all’ospedale di Roccadaspide, condannato ad un inesorabile
declassamento dall’atto aziendale
dell’Asl di Salerno, sono arrivate oggi
direttamente dal Governatore della
Campania, Vincenzo De Luca". La cronaca politica poi è rapidamente deviata
verso altri impegni presi dalla regione
magari di tipo enogastronomico (la frittura di pesce) e nautico (una gita in
yacht) e di una scontististica da accordare verso i sindaci delle zone interne
che, in mancanza dell'ambiente marino,
si sono impegnati a portare alle urne
solo il 25% degli aventi diritto. Questa
però è un'altra storia e ognuno se la
vedrà a modo suo. Intanto l’atto aziendale dell’Asl Salerno ora è definitivo.
La scorsa settimana il direttore generale
dell’azienda sanitaria Antonio Giordano ha provveduto a riapprovarlo, correggendo gli errori segnalati dalla
Regione Campania. Spetterà a quest’ultima ratificarlo e renderlo ufficiale pubblicandolo sul Burc. Le novità maggiori
riguarderanno Buccino, Sant’Arsenio,
Agropoli e Roccadaspide. Qui è infatti
previsto un ospedale di comunità, con a
disposizione un pronto soccorso e un
numero "tecnicamente congruo" di
posti letto. Rischiano i reparti di ortopedia, cardiologia e chirurgia. I sindacati hanno impugnato l’atto aziendale
ritenendolo nullo. Il resto lo dirà il Tar,
a partire dal 25 gennaio 2017. Non ci
resta che metterci i braccialetti gialli al
polso e sperare.
VALLE DEL CALORE
n° 41 24/11/2016
3
“A noi sarebbe piaciuto che gli amministratori fossero stati con il popolo”
Questione ospedale di Roccadaspide: la parola a Giusy Sabatella
SEGUE DALLA PRIMA
MONICA ACITO
intera che qui si vive di più e si vive meglio,
ci hanno studiati anche oltreoceano, siamo
arrivati sulle bocche degli Americani e dei
Coreani, quasi sezionati, per sviscerare la
tanto famosa proteina che ci renderebbe così
longevi.
Ma qualità della vita significa anche possibilità di curarsi in un centro vicino anche ai
borghi più reconditi, e in tempi di emergenza tali da poter salvare una vita: abbiamo
incontrato Giusy Sabatella, vicepresidente
del Comitato Civico "Salviamo l'Ospedale
di Roccadaspide, Valle del Calore e Alburni", che ha deciso di metterci la faccia,
"perché farlo ci fa sentire vivi".
Giusy, cosa ti ha spinto ad accostarti alla
causa contro il depotenziamento dell'Ospedale di Roccadaspide?
Innanzitutto perché questo depotenziamento
sta a significare l'ulteriore impoverimento
di un territorio già martoriato. Viviamo in
un territorio dove i diritti civili sembrano diventati una chimera: le strade sono dissestate, ci sono frane e massi ovunque, non c'è
una viabilità tale da consentire di raggiungere il punto di soccorso ed emergenza più
vicino. Non è un modo per cercare notorietà, che non serve a nessuno, ma ad un
certo punto la coscienza civica ti impone di
scendere tra i problemi di tutti. Io ho deciso
di metterci la faccia perché penso che nell'economia di una riorganizzazione sanitaria
condotta decentemente, il nostro ospedale
avrebbe potuto aspirare a costituire una risorsa o addirittura un polo d'eccellenza, (ad
esempio per quanto riguarda la riabilitazione), e conquistarsi così economicamente
anche il pronto soccorso, perché per noi è
vitale. Non possiamo permetterci di arrivare
a Roccadaspide, prendere un'ambulanza ed
arrivare un attimo a Battipaglia o a Salerno,
in virtù delle strade che abbiamo.
Sabato 19 novembre si è tenuto il Corteo
in Difesa dell'Ospedale di Roccadaspide.
Quali sono state le finalità della manifestazione?
Io, come vicepresidente, sono stata delegata
alla presentazione della manifestazione.
Questo comitato è nato dall'idea di pochi
noi, già dal maggio di quest'anno, quando
abbiamo iniziato a prendere atto dei primi
decreti commissariali che vedevano il ridimensionamento così drastico del nostro presidio ospedaliero, il quale, ripeto, non sarà
più un presidio ospedaliero, perché per renderlo tale c'è bisogno di un pronto soccorso
reale, di una chirurgia e di una medicina
d'urgenza. Diventerà invece un punto di
primo intervento, una specie di astanteria
dove le persone dovranno trovare subito
un'ambulanza per andare altrove, e verrà inglobato in un sistema di ospedali di comunità e perderà la maggior parte dei reparti.
E' dal maggio di quest'anno che cerchiamo
di interfacciarci con le nostre amministrazioni e rappresentanti con scarso successo,
e questo ha suscitato in me una sorta di curiosità, non riuscivo a capire tutto ciò.
Perché secondo te c'è stata questa indifferenza da parte delle istituzioni riguardo
la vostra causa? Hai mai provato a cercare una ragione empirica, o quantomeno una vaga motivazione?
Molti di loro adducevano scuse assurde,
come il fatto che il nostro Presidente è un
uomo un po' colorito nel suo parlare, ma lui
lo fa perché è una persona indignata. E
come tutte le persone che hanno un’anima
viva, non può che reagire così di fronte all'arroganza smisurata di persone che dovrebbero fare il bene di tutti e che invece
non ci mettono la faccia e cercano di tacitare
le persone di buona volontà in virtù del loro
mandato.
Sabato mattina, la maggior parte dei sindaci del circondario si trovavano da tutt'altra parte, mentre voi eravate
impegnati nella manifestazione.
Da premettere che noi, come Comitato, abbiamo evitato fin dal principio di politicizzare ogni cosa, perché il nostro obiettivo
fondamentale era ed è salvaguardare il nostro Ospedale. A noi non interessa di quale
colore vogliano vestirsi i nostri amministratori, ci sarebbe piaciuto solo che sabato 19
fossero stati a capo del loro popolo, e ciò è
stata un'ulteriore conferma del tradimento
del loro mandato. Il sindaco dovrebbe essere l'autorità preposta alla salvaguardia non
solo dell'ordine pubblico, ma anche della salute pubblica. Il popolo, che ha partecipato
in moltitudine, ha iniziato a capire che bisogna muoversi, anziché subire decisioni calate dall'alto.
I sindaci presenti erano quelli di Corleto,
Roscigno, Aquara, e i delegati di Altavilla
e Capaccio. Credi possa aver influito in
qualche modo il referendum?
La situazione dell'ospedale si è trovata purtroppo in un momento contingente, in un
momento in cui la spada del Referendum
pende come una spada di Damocle sulla
testa di molti, ma non è colpa nostra, purtroppo gli atti si sono succeduti in questo
modo, e se le loro trattative avessero trovato
davvero accoglimento, le cose sarebbero
andate diversamente. Ieri si è saputo di questa delibera, l'atto aziendale è stato recepito,
manca la firma commissariale e andrà sul
BURC, e dopo di ciò sarà Legge Regionale.
Io nel mio appello ho chiesto al Presidente
De Luca di riceverci, l'ho chiesto col cuore,
perché io sostengo e sono convinta che lui
disconosca il nostro territorio, (io sono una
sostenitrice della sua intelligenza, poiché lui
è riuscito a scavalcare tante difficoltà per
raggiungere i suoi obiettivi, ha fatto di Salerno una perla incredibile) e che sia stato
mal consigliato. Ecco perché sottovaluta la
criticità del territorio e conseguentemente
non ravvisa la necessità di salvare il nostro
presidio ospedaliero. E in tutto ciò credo che
i sindaci, colti in questo momento tra il referendum e questa faccenda, non siano stati
capaci di interfacciarsi con gli organi regionali. Lo stesso Coscioni, in un'intervista sul
Mattino, ha rivelato che queste trattative non
esistono. Se loro si fossero messi a capo del
nostro movimento, insieme avremmo potuto essere ancora più visibili. L'inghippo
del meccanismo è questo: loro non si interfacciano più per mezzo del sacro valore dell’onestà intellettuale, già quando si prova a
chiamare un sindaco o un'autorità locale,
loro si pongono già sulla difensiva. Perché
vi sentite minacciati? Siamo persone semplici che ci rendiamo conto che il nostro territorio è abbandonato, e vogliamo gridarlo.
Hai mai parlato in modo concreto con i
sindaci, in particolar modo col sindaco di
Felitto?
Certamente, abbiamo fatto anche un incontro pubblico in cui li abbiamo invitati a partecipare in maniera solidale, ma loro hanno
ritenuto deciso di andare a Salerno l'altra
mattina, con il risultato della delibera. Due
sono cose le cose: o ci hanno mentito
quando dicevano di avere le trattative, o
mentono adesso a dire che queste trattative
ci sono ancora, alla luce degli atti che sono
reali, con tanto di firme di autorità competenti.
Il Cilento viene celebrato dai media locali
e dai politici per la dieta mediterranea,
per il fatto che noi viviamo più a lungo e
siamo così longevi. Tutto ciò cozza con la
situazione reale dei fatti.
Le politiche attuali sono schizofreniche, da
un lato vogliono fare turismo e lotta allo
spopolamento, dall’altro tagliano i servizi e
abbandonano la viabilità.
Quali sono le prossime iniziative del Comitato?
Il Comitato ha ricevuto diverse sollecitazioni, faremo sicuramente delle azioni ecla-
Giusy Sabatella
tanti, perché ci sentiamo traditi. Devono avvertire la responsabilità di ciò che fanno e
devono darci delle risposte.
Quale è secondo te il cancro dei paesini e
del loro modo di rapportarsi alla politica? Ovviamente non solo del tuo paese,
Felitto, ma di tutti, perché sono riflesso
speculare l’uno dell’altro.
Il problema dei nostri paesi è quello di aver
delegato per troppi anni alle istituzioni e di
non aver esercitato una democrazia partecipata. Da quando ho iniziato questo percorso
mi sono resa conto che anche la mia coscienza civile era dormiente. Me ne sono accorta quando ho visto la frana tra Felitto e
Castel San Lorenzo, e ho avvertito un dolore sordo allo stomaco. Esercitare la propria coscienza civile comporta uno sforzo
di volontà e di nervi, significa aprire gli
occhi. Ho specificato che il Comitato si prefigge di diventare il Patrimonio Immateriale
della nostra Valle. Abbiamo intenzione di
creare una vasta rete di forum, perché noi
siamo persone, non delle schede elettorali
da utilizzare all'occorrenza.
Chiudiamo con un bilancio della tua
esperienza nel Comitato, soprattutto a livello umano.
Il Comitato mi ha permesso di conoscere
persone meravigliose con un cuore: finalmente riusciamo a vedere chiaramente che
questa classe politica non ci sta ben rappresentando. Io sono figlia di un sostenitore del
PC che a Felitto si è battuto negli anni caldi,
e mi ritrovo a leggere il Comunicato Stampa
del PD dove non c'è nemmeno un briciolo
di quell’onestà intellettuale con cui sono
cresciuta. Dobbiamo ricominciare a ristabilire una scala di valori, specie per un argomento come questo che è la salute pubblica.
4
n° 40 17/11/2016
TRASPARENZA
LA BANCA CHE VINCE LE CAUSE CON I CLIENTI
Il Giudice dà ragione alla Bcc Aquara rispetto ad un’istanza infondata
E’ innegabile che oggi i tempi non
siano particolarmente favorevoli al
mondo delle banche, ne è prova il
fatto che non è difficile imbattersi
in qualche “furbetto” che, immaginando di poter trarre un suo vantaggio economico, non esita a
chiamare in causa una banca per
vederla condannata a risarcirlo di
un presunto danno subito. Ma, grazie al fatto di trovarci ad operare in
uno Stato di diritto, possiamo legittimamente contare sulla pronuncia di sentenze giuste, che vedano
vincente la banca convenuta (chiamata in giudizio) nei confronti
della parte attrice (“furbetto”).
Ed è proprio questo il caso della
Sentenza n. 564/2016 emessa
dalla I Sezione Civile del Tribunale di Salerno, pubblicata il 9
febbraio 2016, grazie alla quale la
Banca di Credito Cooperativo di
Aquara è risultata vittoriosa e
soccombente, invece, il cliente
che l’aveva chiamata in causa.
In sintesi, una società cliente della
BCC , che aveva avuto un rapporto
bancario con un andamento irregolare e che presentava “indici di evidente difficoltà finanziaria”,
vistasi non concesso dalla Banca
un “extrafido” richiesto, anche di
importo considerevole, aveva deciso di rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiedere la condanna
della BCC di Aquara al risarcimento dei danni per responsabilità
precontrattuale, sia patrimoniali e
sia non patrimoniali per lesione
della reputazione commerciale.
Il Tribunale di Salerno, definitivamente decidendo in primo grado
sulla causa civile iscritta al R.G. n.
20007440/08, con la sentenza citata ha condannato la società attrice al rimborso delle spese a
favore della BCC di Aquara.
La conclusione che da ciò si può
trarre è che la giustizia è lenta, ma
giusta, e chi pensa di farla franca
alla fine ci rimette le penne!
L’INTERVENTO
AQUARA
L’AVVOCATO CESARO: “ LE BANCHE NON SEMPRE
SONO COME VENGONO RAPPRESENTATE”
Impegno per promuovere lo sport
“La giustizia fa il suo corso e c’è
nell’appurare la realtà dei fatti
come hanno stabilito, ancora una
volta, i giudici della I Sezione Civile del Tribunale di Salerno.
Tanto è vero che la Bcc di Aquara
con sentenza ultima del Tribunale
di Salerno richiede ed ottiene giustizia mediante contrasto alla infondatezza dell’istanza di un
cliente”. Questo il parere dell’av-
vocato Francesco Cesaro che aggiunge “Le banche, pertanto, non
sempre risultano per quello che
vengono ingiustamente rappresentate. Nessuna banca ha interesse a
porre in essere nei riguardi dei
clienti atti tali da potersi vedere
soccombere in giudizio. Tra queste la Banca di Aquara che della
serietà e della correttezza nei rapporti con i clienti ne fa tesoro e per
essa costituisce principio fondamentale”.
CASTELCIVITA
SPIRITO DI APPARTENENZA
Il senso di appartenenza alla Bcc Aquara ed il gradimento per i servizi bancari offerti hanno indotto
l’imprenditore Marcello Tancredi, dell’impresa
Agriedil con sede a Castelcivita, a promuovere
l’istituto di credito il cui logo appare su tutti i
mezzi aziendali. Un ulteriore senso di riconoscimento alla Bcc Aquara per l’attività svolta sul territorio nel segno della cooperazione.
Sport e promozione del territorio:
sono gli indirizzi che la Bcc
Aquara condivide da sempre, attribuendo un ruolo sociale e culturale all’attività sportiva. Per
questo, in linea con le numerose
attività di supporto a sodalizi e
atleti di varie discipline, ha voluto
sostenere l’Asd Aquara che partecipa al campionato di serie D di
calcio a 5. “Siamo grati alla Bcc
Aquara che con il proprio supporto ci permette di poter partecipare al campionato coprendo
buona parte delle spese che sosteniamo e permettendo a diversi persone di poter svolgere attività
sportiva”, ha sottolineato Matteo
Levi a nome della società Asd
Aquara.
VALLO DI DIANO
n° 41 24/11/2016
Un’altra iniziativa del comitato “Se non ora quando”
IN FARMACIA
A Polla apre lo sportello d’ascolto DIANA
ANTONELLA CITRO
A
Polla in via Loreti lunedì 21 novembre, alla presenza del vescovo Monsignor Antonio De
Luca, è stato finalmente aperto al pubblico
lo sportello d’ascolto DIANA – Donne In
Ascolto Nonché Aiuto voluto dal comitato
Se non ora quando Vallo di Diano. “Si
tratta di uno sportello d’assistenza gratuita
rivolta alle donne vittime di violenza di genere, un fenomeno preoccupante che riguarda anche il nostro comprensorio
territoriale”, riferisce il presidente del comitato Rosy Pepe. È una meta tanto agognata per il gruppo di donne che da tempo,
per la precisione dal 2010, hanno lavorato
per rendere un servizio validissimo al territorio. “Questioni burocratiche ci hanno
allontanato dal progetto più volte - continua Pepe – ma siamo cresciute e abbiamo
maturato l’esperienza di aprire questo
sportello. A dire il vero, ogni volta che
sono stata relatrice all’interno di numerosi
convegni sulla violenza di genere, io e
altre componenti del comitato siamo state
avvicinate da donne bisognose d’aiuto,
ecco perché nasce questo sportello. Si
tratta cioè di un primo approccio per tutte
queste donne che sono bisognose d’aiuto,
bisognose di consigli, anche di consigli legali. Chiaro è che valuteremo di volta in
volta le situazioni che ci verranno sottoposte per poterle veicolare in maniera opportuna alle istituzioni e agli enti
competenti. È insomma un primo approccio”. Lo staff dello sportello DIANA è
composto da una serie di figure professionali che sono specializzate in diversi settori, e ovviamente e doverosamente
sussiste anche l’ambito legale che può e
deve assistere le donne. “Tutto è basato sul
volontariato che noi svolgiamo da anni nel
settore inerente la violenza al femminile chiarisce il presidente Pepe - conosciamo
bene il territorio, conosciamo il substrato
quiescente che persiste in quest’area geografica. Questa è stata la forza che ci ha
portato a costituire DIANA. Vogliamo
cioè andare incontro alle donne e vogliamo far capire loro che non sono sole,
che hanno un sostegno psicologico, sociologico, un sostegno legale e proprio in
questo sportello potranno trovare tutto
l’aiuto di cui hanno necessità e bisogno”.
L’obiettivo di DIANA è anche quello di
interagire con il centro antiviolenza ARE-
TUSA voluto invece
dal Piano di
Zona perché
si possa instaurare una
Rosy Pepe
proficua collaborazione. “Non siamo in antitesi con
questa struttura - conclude Pepe - come
dice Renzo Arbore più siamo, meglio
stiamo. Più ce ne sono di queste iniziative
più è facile combattere questo fenomeno
che è purtroppo un fenomeno, monitoriamo il territorio da anni, che si va allargando sempre di più. Noi invece
dobbiamo tentare di arginare questo problema sempre più allarmante anche con
chi è predisposto a darci una mano, siamo
in armonia con gli altri enti e istituzioni del
luogo. Il nostro intento è proprio quello di
aiutare le donne e non vogliamo speculare
su nulla. Invece no, bisogna essere d’aiuto
e sostegno. Bisogna fare in modo che queste donne possano raggiungere un traguardo che è quello della serenità, di
allontanarsi dalle situazioni violente e possono farlo soltanto se sono aiutate. Da
sole, non sono in grado di farlo”.
A.S.D Roccadaspide – Lazio A/R
Incontro Gianmaria Guadagno
ADRIANA CORALLUZZO
P
er completare la formazione ci
serve un centrocampista. Ed eccolo
qua, vi presento Gianmaria Guadagno, giovane rocchese prelevato dalla
Lazio:
Come si chiama la società di Roccadaspide in cui sei cresciuto? Ed il coach
che ti ha seguito in questo percorso di
crescita?
La società in cui sono cresciuto è la Scuola
Calcio Roccadaspide, ed il Coach che mi
ha tirato su dall'età di quasi 5 anni è Mister
Vincenzo Brenca, che ringrazio di cuore.
Non posso però non menzionare gli altri
educatori a seguire nel mio percorso calcistico e che sono stati i pionieri della
Scuola Calcio Roccadspide: Mister Mario
Chiacchiaro, Mister Tonino Gorga, Mister
Aldo Rossomando e Mister Cosimo Vona.
A loro devo tutto il mio amore per il calcio.
Considerando il poco fair play del calcio italiano, le società giovanili hanno
una responsabilità in questo secondo
te?Alla crescita tecnica credi sia corrisposta una crescita morale di te come
uomo, prima che come giocatore?
Le Scuole Calcio hanno una responsabilità morale enorme ed importantissima per
un calciatore, in quanto oltre ad insegnare
educazione, rispetto e tolleranza nei confronti degli altri, devono fare in modo che
si conservi l'umiltà e lo scopo unico del
calcio, che rimane il divertimento puro.
Quali altri ragazzi cilentani possono essere futuribili secondo te?
I ragazzi che come me stanno facendo un
percorso calcistico importante fuori da
Rocca, sono già tanti: Gabriele Antico,
Emiddio Torre, Marco Zunno, Gaetano
Oristanio, Samuele D'agosto ed altri ragazzi seguiranno la scia. Ma ci sono anche
tanti ragazzi, tra cui i miei amici del cuore,
che sono altrettanto bravi, ma che per un
motivo o l'altro, sono rimasti nella mia
Scuola Calcio.
Qual è il
giocatore
che ti ha
messo più
in difficoltà nel
campionato locale?
Nelle giovanili della Lazio mi trovo bene,
ormai mi sono ambientato, anche se all'inizio ho avuto tante difficoltà. I miei
nuovi compagni di classe ormai sono
parte di me.
Come ti trovi nella tua nuova squadra,
città e scuola?
Non so come andrà la mia vita calcistica
futura, ma il sapore del ricordo della
Scuola Calcio Roccadaspide non lo dimenticherò mai, così come non potrò mai
dimenticare il mio paese, Roccadaspide.
Questa è l'unica mia spina nel cuore: non
riesco a stare lontano da Rocca per tanto
tempo.
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5
RICONOSCERE E
CURARE LE
VERRUCHE PIANE
ALBERTO DI MURIA
L
e verruche piane
sono delle lesioni
benigne della pelle
piuttosto frequenti. Queste
formazioni sono dovute all'infezione sostenuta dal papilloma virus
umano (HPV). Il contagio avviene per contatto
con persone infette ed è favorito dagli ambienti
caldi e umidi, come le piscinei. Le verruche
piane si manifestano come lesioni lenticolari
o papulari lisce di pochi millimetri di diametro,
di colore giallo-bruno, spesso numerose e
poste una accanto all'altra. Queste alterazioni
tendono, infatti, a svilupparsi per auto-inoculazione. Le verruche piane si localizzano prevalentemente al volto ed al dorso o sulle dita
delle mani.
Lo sviluppo delle verruche è in stretto rapporto
con lo stato immunitario e non tutti gli individui hanno lo stesso rischio di infettarsi. I soggetti che non sono compromessi dal punto di
vista immunitario sono meno vulnerabili e tendono a respingere l'attacco virale. Anche la
“qualità” della pelle e dalle sue barriere difensive influenza la vulnerabilità a contrarre l'infezione. In particolare, le abrasioni, i
traumatismi e la macerazione della pelle facilitano l'inoculazione epidermica iniziale.
Il trattamento mira ad attivare una risposta immunitaria nei confronti del HPV; questo obiettivo viene raggiunto tramite l'applicazione di
cheratinolitici o agenti irritanti, come preparati
a base di acido salicilico, 5-fluorouracile e tretinoina. Tali composti possono essere utilizzati
in combinazione tra loro o essere associati a
un metodo ablativo, ad esempio criochirurgia
con azoto liquido, curettage, diatermocoagulazione ed escissione laser, per aumentare la
probabilità di successo. In associazione con i
farmaci topici o con le metodiche demolitive,
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SOCIETÀ
n° 41 24/11/2016
La misericordia del Padre è più grande e potente del peccato
Un Re veramente speciale
SEGUE DALLA PRIMA
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er la verità con scadenza quotidiana gli avvenimenti che ci hanno
fatto compagnia in questi trecentosessantacinque giorni sono stati atti di
guerra, la paura di attentati, lo stillicidio
del martirio di tanti cristiani, muri innalzati e reiterato rifiuto per palesi egoismi
verso gli emigrati, mentre anche nell’opulento Occidente i poveri sono diventati sempre più poveri per consentire ai
ricchi di sentirsi più ricchi. Nonostante
queste incontrovertibili evidenze, noi asseriamo che re di questo tragico mondo è
Gesù per cui occorre rispondere alla domanda: come Cristo esercita la regalità.
Di conseguenza se ne deduce anche il nostro compito.
Gesù è Re perché redentore, perché manifesta il cuore misericordioso del Padre
che è più grande e potente del peccato;
perciò nel mondo il male non potrà vincere, nonostante le apparenze Dio, che è
paziente, attende anche dai cattivi un
gesto di resipiscenza.
Nostro compito, di conseguenza, è vincere la tentazione di starcene fermi in attesa degli eventi. Invece di un
pusillanime "chi me lo fa fare", siamo invitati ad annunciare il Vangelo per suscitare la nostalgia del Regno mentre lo
testimoniamo concretamente in famiglia,
sul posto di lavoro, nella società, consapevoli che l’impegno dei cristiani si riassume nella preghiera "Venga il tuo
regno". Così si rafforza la fede nel Re
morto amando in modo inverosimile
mentre provocatoriamente gli gridavano:
se sei il Cristo, salva te stesso! Erano sacerdoti del tempio scandalizzati perché
non potevano concepire che Dio lasciasse
morire il suo Messia. Erano soldati abituati al primato della forza sul quale fondavano il riconoscimento del proprio re.
Erano spettatori curiosi, convinti che
nulla potesse valere più della vita. Ma
Cristo Re dimostra che esiste qualcosa di
maggior valore: l'amore del re che muore
amando. Noi possiamo anche rifiutarlo,
ma Egli non ci rifiuterà mai perché ha sostanziato la sua scelta col sigillo della risurrezione.
Questa considerazione preliminare rende
comprensibile il passo del vangelo di
Luca letto ieri per la liturgia della festa e
che vede in azione un malfattore appeso
alla croce il quale chiede di non essere di-
menticato. Gesù risponde assicurando
che lo avrebbe preso con sé. Orbene in
questo bandito si riflette tutta l’umanità,
perché in questo malfattore si rinviene
la dignità di ogni persona. E’ un grande
messaggio: pur se decaduto, per Dio
l’uomo è sempre amabile, anche se
privo di meriti come quel ladro. Dio
non guarda al peccato o al merito, ma
valuta soltanto sofferenze e bisogni.
Ricordati di me: è la preghiera del malfattore e Gesù, in modo stupefacente,
non solo asserisce che si ricorderà, ma
s’impegna a fare qualcosa di ancora più
eclatante. Lo porta con sé, lo conduce a
casa perché la storia della salvezza da
lui realizzata non prevede esclusioni,
separazioni, respingimenti. Il Regno di
Dio è la terra nuova che avanza procedendo sempre per inclusioni.
Di questo passo del Vangelo dobbiamo
portare nel nostro quotidiano il seguente brevissimo dialogo: Ricordati di
me, prega il peccatore; sarai con me, risponde l'amore. È la sintesi di tutte le
preghiere. La paura esclama: ricordati
di me; l’amore risponde: sarai con me
per sempre. Questa dinamica di redenzione trova il suo fondamento nelle ultime parole pronunciate da Cristo sulla
croce: oggi, con me, paradiso.
L’oggi evoca l’adesso, l’istante che si
apre sull'eterno. Il con me assicura la
condivisione perché garantisce l’amorevole accoglimento. Il Paradiso fin dall’inizio era il destino dell’uomo; esso ora
si concretizza come il luogo i cui confini
sono segnati soltanto da una esperienza
di luce e di amore. La nostra speranza
viene rafforzata dal fatto che ad entrarvi
per primo è un uomo dalla vita sbagliata.
Se un malfattore sulla croce può aspirare
a tanto, allora nulla e nessuno sono definitivamente perduti perché le braccia del
re-crocifisso resteranno spalancate fino
alla fine dei tempi di fronte all'umanità in
attesa.
Non rimane che fissare lo sguardo su
Gesù con gli occhi del malfattore che ha
compreso chi realmente Egli è. Anche se
non vede un re glorioso, non esita ad implorare "ricordati di me” perché riconosce nell'impotenza, nella fragilità, nel
silenzio e nel perdono la sua regalità.
Questa è la Buona Notizia per la quale
continuiamo ad allietarci inneggiando a
Cristo Re.
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Direttore Responsabile Bartolo Scandizzo
In redazione Lucio Capo e Gina Chiacchiaro
Grafica ed Impaginazione Veronica Gatta
Testata realizzata da Pietro Lista
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di
Vallo della Lucania al n. 119 Responsabile Trattamento
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Il N° 41 di Unico è stato
chiuso in redazione il 22/11/2016
ed è stato avviato alla spedizione agli
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presso il CPO di Salerno
PARCO CILENTO DIANO ALBURNI
n° 41 24/11/2016
7
“Semplicità, genuinità e autenticità dei sapori, le tracce di un viaggio sensoriale”
CI-LENTAMENTE dalla Valle del Calore a quella del Mingardo
ENRICO CARACCIOLO
I
l cielo è solo sfiorato perché dopo
poco si scende con decisione verso il
fondovalle del Calore. Al ponte di
Castelcivita, si varca la porta del Cilento
silenzioso, schivo, protetto dalle pareti
lucenti e severe degli Alburni. Luigi
Scorzelli, giovane agricoltore, ci aspetta
a Controne per raccontarci tutti i segreti
che fanno del fagiolo di questo luogo,
un’eccellenza assoluta. Passione, competenza, schiettezza e senso sconfinato di
ospitalità raccontano il Genius loci di
questa terra. “Questo lembo di terra è un
piccolo paradiso che gode di un microclima particolare; non è semplice vivere
qui ma questa è la terra che custodisce le
radici del mio DNA”. La zuppa di fagioli
e scarole che interrompe la pedalata
verso Castelcivita rimane una pagina
sacra del viaggio cilentano: semplicità,
genuinità, autenticità dei sapori sono le
tracce di un viaggio sensoriale che non
conosce artefazione.
Il cielo scarica i primi acquazzoni autunnali e ci offre l’occasione di entrare nel
ventre del Cilento, nelle grotte di Castelcivita, dove il tempo si dilata al ritmo di
stalattiti e stalagmiti; laggiù un minuto è
uguale a un secolo e la roccia sembra urlare in silenzio la forza di Madre Natura.
La strada si inerpica sui contrafforti degli
Alburni. Castelcivita mette a dura prova
i muscoli dei ciclisti e sembra ricordare,
una volta per tutte, che l’entroterra regala
strade tanto nervose e imprevedibili
quanto spettacolari. La pianura la devono
ancora inventare da queste parti ma chi
pedala sulle strade del mondo sa bene che
ogni cambiamento di pendenza, come
ogni curva, riserva sempre sorprese. La
strada che raggiunge Sant’Angelo a Fasanella si affaccia sulla grandezza di un
paesaggio solenne dove la presenza
dell’uomo è antica e discreta. Proprio
come Michele Clavelli che ci apre le
porte della cantina dove si produce un
vino naturale di altissima qualità. Nelle
Tenute del Fasanella è stato compiuto un
gran lavoro di recupero dei vitigni autoctoni come Aglianicone, Santa Sofia e
Mangiaguerra, oltre ai ben noti Aglia-
nico, Primitivo e Fiano. Sant’Angelo a
Fasanella nasconde uno dei tesori più
preziosi del Cilento: la Grotta di San Michele Arcangelo, opera d’arte creata dalla
genialità di Madre Natura e dalla mano
dell’uomo. La chiesa rupestre è un
trionfo solenne di religiosità che toglie il
respiro e commuove. La dilatazione dello
spazio è superba. Sculture, ceramiche, altari e affreschi risalenti a un tempo compreso fra XIII e XVII secolo dipingono
un silenzio senza fine. Questo luogo sprigiona una potente energia nel segno di
un’elegante e antica essenzialità. Merita
un viaggio da qualsiasi dove e non mi
sorprenderebbe incontrarvi un ateo che
prega…
La pedalata verso Bellosguardo insegue
il tramonto. Anche stavolta il sole arriva
prima di noi alla meta e raggiungiamo il
punto tappa nella penombra. Così va la
vita in questo angolo di Campania che
profuma di Lucania; non ha senso rincorrere le lancette del tempo. I ritmi imposti
da queste strade che scrivono tratti di
estrema bellezza sono per forza di cose
lenti: ideali da vivere facendo girare
ruote e pedali.
Bellosguardo. Una parola racconta quello
che accade qui. Basta un colpo d’occhio
per abbracciare la grandezza di questa
terra, dalle creste di Alburni e Cervati, a
mare azzurro e lucente. Il risveglio ci regala grandi vedute e due scoperte che
mettono il sigillo su un viaggio “del
gusto”: l’Aglianico di Belrisguardo e la
sfogliatella di Bellosguardo. Stiamo parlando di nobili invenzioni. Romano
Brancato è un giovane viticoltore animato da una passione forte e fiera come
il terreno su cui coltiva uve di Aglianico;
produce un vino biologico recuperando
antichi valori della tradizione grazie a
metodi attuali di grande professionalità.
Francesco Longo e le sue donne sfornano
quotidianamente sfogliatelle imbottite di
ricotta. Niente a che vedere con quelle
classiche. Per conoscerle è indispensabile
raggiungere Bellosguardo, incredibile
terrazza sul Cilento.
La pioggia e le prime brume autunnali
sono uno scenario ideale per attraversare
Da destra: Enrico Caracciolo, Guglielmo Vairo (sindaco di Piaggine)
e il resto del gruppo
Roscigno Vecchia, borgo abbandonato a
inizio ‘900 in seguito a varie frane. Meta
di viaggiatori, turisti e curiosi, mette in
bella mostra l’architettura di case, palazzi
e portali raccontando silenziosamente
come amministrazioni di fine millennio
abbiano potuto violentare la bellezza di
borghi e paesaggi non abbandonati... Con
eccessiva enfasi viene chiamata la “Pompei del Cilento” e, dopo la morte di Dorina, il suo unico abitante è Giuseppe
Spagnuolo, barba, pipa e basco ma soprattutto “unico, libero, abusivo, speciale”, come ama definirsi.
La strada si tuffa in una sconfinata solitudine e, volando sulle sorgenti del Sammaro, risale verso Sacco per poi
precipitare in quel di Piaggine. Qui si
aprono le porte della casa di Giuseppina
che ospita a pranzo cinque ciclisti un po’
infreddoliti. Tavola imbandita, tanto sole
che sfonda le nuvole e riscalda una splendida tavolata familiare. Come sempre le
ombre della sera arrivano a destinazione
prima delle nostre biciclette. La piazza di
Vallo della Lucania è un luogo dove puoi
rimanere seduto un giorno intero: di sera
è un salotto, di giorno un palcoscenico
che ospita la quotidianità cilentana. Baristi, pensionati, neonati, rappresentanti,
vigili urbani, pensatori e vagabondi, stavolta anche cicloturisti pigri in partenza
verso la costa.
Essenze mediterranee accompagnano le
pedalate verso un occidente azzurro e
brillante. San Severino di Centola, piccolo mondo di pietra aggrappato al cielo,
selvaggio come un rapace guarda la Valle
del Mingardo che si apre un varco verso
il mare. Ma chi viaggia in bici non ama
le strade facili e veloci… Così ecco ruote
e pedali, polpacci e respiri che affrontano
i tornanti del “piccolo Stelvio” cilentano
verso Licusati tra ulivi monumentali e
rocce strapiombanti, prima della discesa
verso Marina di Camerota. L’autunno
sulla costa è bello come il paradiso.
Spiagge deserte ma soprattutto un viaggio con Marco e Luigi, lupi di mare che
ci hanno accompagnato verso le trasparenze di Punta Infreschi, non a caso considerato
dall’Unesco
Patrimonio
mondiale dell’Umanità. La pedalata prosegue Ci-lentamente lungo la costa, con
la vista e il cuore pieni di un grande orizzonte. Ma questa è una terra antica fatta
da uomini e donne di valore. Come Mattia Peluso, tanto giovane quanto saggio e
profeta del Maracuoccio, piccolo e prezioso legume che si trova nella terra di
Lentiscosa. Lo strano nome viene da
“Mar” termine semitico che indica qualcosa di amaro e “cuoccio” derivante dal
latino e che indica il baccello. Con il Maracuoccio si prepara una favolosa polenta. E poi ecco Luca Cella, sapiente
artigiano di mare e di terra che nel laboratorio di Aura a Palinuro, trasforma
tonno rosso, alletterato, alalunga, palamita, sgombro ed anche ventresca di alalunga, ma anche alici e sarde; e poi
sottolii di melanzane, pomodori verdi,
carciofini e asparagi selvatici e confetture
di corbezzole, gelsi e cipolle di Vatolla.
Una rarissima strada pianeggiante verso
Palinuro, poi le discese ardite e le risalite
tanto care a Lucio Battisti che veniva a
ubriacarsi di silenzio a Pisciotta. Donatella e Vittorio con le loro strepitose alici
di menaica, la frana e l'ultima pedalata
contro la forza di gravità verso Ascea. E
infine il volo verso Marina di Ascea dove
ci aspettavano Maurizio e Adriana: lui
"Magno Greco", medico sportivo, atleta,
poeta, cilentano, nuotatore d'inverno, filosofo dal fisico "bestiale"; lei semplicemente Adriana, la mia regista di quando
poco più che bambino recitavo le commedie di Eduardo Scarpetta, una ragazzina di 83 primavere fresca come una
rosa. Ci hanno accolto con un'indimenticabile spaghetto al dente. L'ultima tappa
verso Paestum è un'altra storia. Bici a riposo e treno. Il saluto verso questa terra
è la celebrazione di un’indiscutibile eccellenza di questo territorio: le bufale e
la mozzarella di Vannulo. Antonio Palmieri ha cercato, trovato, creato un valore
importante: la mozzarella più buona del
mondo, un prodotto che unisce abilità
umane e ricchezze naturali, che grazie a
questo signore non ha mai perso la propria identità, anche di fronte alle tentazioni di un mercato globale.
8
CAPACCIO PAESTUM
n° 41 24/11/2016
S.O.S. Goccia cinese nella piscina Poseidone
Condensa o infiltrazioni?
ADRIANA CORALLUZZO
R
ecentemente molti iscritti hanno
rilevato macchie di umido nella
controsoffittatura della nuova
struttura comunale. La bomba scoppia
dopo il sopralluogo dei cittadini 5 stelle,
realizzano un book fotografico e un
video che rendono l’idea del reale problema. Un esponente del gruppo penta
stellato rilascia tali dichiarazioni per
Unico: “Noi cittadini abbiamo speso 3
milioni di euro per avere una piscina comunale nuova, la risposta di iscrizioni c’è
stata e ci ritroviamo un prodotto non ancora finito e fatto con materiali inadatti.
I pannelli utilizzati per realizzare le controsoffittature sono fonoassorbenti invece
che idrorepellenti e c’è il rischio che, appesantendosi, possano crollare. Accompagnati da un tecnico abbiamo rilevato
anche lesioni alle vasche” (nelle foto le
condizioni rilevate dai cittadini 5 stelle).
Sono passati solo sei mesi dalla tanto attesa inaugurazione e già si presentano le
prime avversità. Chiedendo una dichiarazione all’Assessore allo sport Franco
Sica, mi informa delle sue imminenti dimissioni dall’incarico amministrativo. In
un comunicato del Comune di Capaccio
Paestum del 16 novembre si legge quanto
segue: “Per quanto riguarda le problematiche evidenziate e relative alle gestione
dell’impianto, si rileva l’emergere di un
rapporto più collaborativo tra il soggetto
gestore ATI Afrodite e l’ente comunale
finalizzato esclusivamente al miglioramento dei servizi indirizzati all’utenza”.
Inoltre il Comune dichiara: “Non vi è
nessuna infiltrazione d’acqua nel soffitto
della piscina, il problema che si sta verificando è esclusivamente dovuto ad una
non corretta gestione degli impianti, il
problema deriva dall’Unità per il Trattamento dell’Aria (UTA) e mancata copertura serale delle vasche con teli idonei”.
Il problema esiste, aldilà delle colpe, se
della struttura pubblica o della gestione
privata; la realtà è che tutti gli impianti
sportivi della zona hanno bisogno di manutenzione e che l’unico “nuovo” è già
vecchio. Domenica 13 novembre mi
sono recata allo stadio Mario Vecchio per
il tanto atteso derby Poseidon – Calpazio,
qualche giorno prima le cattive condizioni meteo hanno messo in evidenza la
pecca di un campo che ha bisogno di
erba. La fascia sinistra sembra più adatta
ad una lotta nel fango, costringendo i giocatori a sviluppare gioco solo sulla zona
vicina agli spalti, per la gioia degli spettatori che possono vedere da vicino i propri beniamini.
La palestra comunale Olimpia ha un
grande difetto: è una. Una sola palestra
coperta non può accogliere le numerose
richieste di società di pallavolo, pallacanestro e calcetto e in più fare anche da
cornice ad altre manifestazioni sportive.
C’è bisogno di un vero palazzetto per
completare il polo sportivo di una città in
crescita. Un parquet, spogliatoi a misura
di bambino, fruibili anche da parte dei
numerosi miniatleti che attualmente frequentano il pala Olimpia, e soprattutto
posti a sedere che potrebbero giovare al
Comune di Capaccio – Paestum, fittando
la struttura alle società sportive di serie
A (vedi Basket Agropoli che in attesa del
fortino disputa le gare nel pala Cilento di
Torchiara).
Il “non fare” è considerato alla stregua
del “fare male” e il famoso metodo di
tortura cinese, che prevede una goccia
fatta cadere sempre sullo stesso punto
della fronte, può scalfire la più radicata
convinzione.
Il Centro Studi Tegea compie
venti anni di attività
SEGUE DALLA PRIMA
MASSIMILIANO DE PAOLA
alle ore 20,30, nella Sala Giunone dell’Hotel Villa Venus di Atena Lucana Scalo,
per celebrare i venti anni di attività del
Centro Studi Tegea”. Inizia così l’invito,
corredato da un dettagliato programma di
due giorni, che il Direttore Generale del
Centro Studi Tegea Pietro Coiro ha inviato e riservato agli ospiti. Madrina della
due giorni sarà Maria Concetta Mattei del
TG2. Il Centro Studi Tegea compie venti
anni di attività e il Direttore Generale
Pietro Coiro fa un bilancio delle iniziative intraprese: “Il nostro bilancio è senza
dubbio positivo. Tutta una documentazione dimostra come abbiamo raggiunto
importanti risultati nel campo della promozione culturale e sociale. In ogni iniziativa abbiamo sempre portato grande
attenzione alle risorse del nostro territorio. Costante l’impegno perché le potenzialità esistenti fossero utilizzate per
creare un circuito virtuoso capace di suscitare sviluppo economico e sociale.”
Ma come nasce il nome TEGEA e come
è stato possibile associarlo al Centro
Studi? Nel 1672 lo storico agostiniano
Padre Luca Mandelli da Diano, nella sua
grande opera «La Lucania sconosciuta»,
attribuiva la fondazione della sua città natale a coloni greci provenienti da
TEGEA, antica città dell’Arcadia, già importante all’epoca di Omero per la sua
posizione strategica sulla strada tra
Sparta e Corinto. Tale ipotesi non è condivisa da studiosi di fine ‘800, quali il Racioppi,
che
sosteneva
l’origine
osco-sannita di Teggiano, o ancora storici
più recenti come il Devoto che ne attribuiscono la fondazione ai Lucani.
Su tutti ha fatto luce la ricerca di Arturo
Didier che avvalora la tesi della colonizzazione greca con le successive integrazioni italiche ed il processo conclusivo
della romanizzazione. Dunque, come attesta il Mandelli «… i coloni di Tegea
fondarono, sopra d’un silente colle quasi
nel mezzo della Valle e dirimpetto agli
accennati luoghi, una città la quale, in
memoria dell’antica patria, dissero TEGEANO…».
Tegea è dunque il nome prestigioso dell’antichissima città micenea, citata anche
da Erodoto, che, pur sottomessa dagli
Spartani nel 550 a.C., e conservatasi indipendente, fù determinante nella vittoria
di Platea del 479 contro i Persiani sotto il
comando di Pausania. Dopo alterne vicende, tra guerre del Peloponneso, minacce macedoni, alleanze e leghe etoliche
ed achee, i Tegeati entrarono in un periodo di decadenza politica ed economica. Famoso era il tempio di Atena
Alea, distrutto da un incendio nel 395,
poi ricostruito da Scopas dopo il 350, del
quale esistono ancora gli splendidi ruderi.
In seguito alle successive trasformazioni
del Castrum Tegianensis, e alla conseguente fondazione di Diano medioevale,
il Centro Studi ha voluto con il nome
TEGEA ricordare le radici culturali elleniche di una colonizzazione dell’intera
vallata, cerniera tra il golfo tarantino (Sibari e Metaponto) e la costa tirrenica
(Velia e Posidonia). Il Centro Studi Tegea
ha sede in Sant’Arsenio, borgo medioevale nato intorno al mille, che la tradizione vuole fondato da Teggianesi,
discendenti degli antichi Tegeati, sfuggiti
alle invasioni barbariche. Il Centro Studi
Tegea nasce nel Vallo di Diano nel 1996
per iniziativa di un gruppo di studiosi, ricercatori e professionisti socialmente impegnati nella difesa e valorizzazione delle
potenzialità che la vasta area del Cilento,
Vallo di Diano e Alburni presenta sul
piano della cultura, dell’economia e della
natura. Il Centro Studi, senza fini di
lucro, punta perciò a promuovere e divulgare i valori dell’ecologia e del rispetto
della natura, a migliorare la qualità della
vita, a tutelare l’ambiente e il patrimonio
storico, urbanistico e socio-culturale del
territorio. In tanti anni di attività, il Centro Studi ha legato il proprio nome a manifestazioni di grande rilievo e di
risonanza internazionale. In virtù di queste iniziative, la conoscenza della Campania e delle altre regioni meridionali, ha
ricevuto un particolare risalto inducendo
le Istituzioni, a vario livello, a intervenire
con politiche e progetti di notevole efficacia. Rilevante è stato l’interesse dimostrato, nel tempo, da qualificati ambienti
e Facoltà Universitarie.
[email protected]
n° 41 24/11/2016
9
CA
I VIAGGI DEL POETA
La sacralità degli alberi nel Cilento
Il cedro e il melograno, frutti dal sapore antico
SEGUE DALLA PRIMA
GIUSEPPE LIUCCIO
L
a “Festa del Succoth o delle Capanne”, che si celebra tra settembre
e ottobre, quando l’estate trasmigra
nell’autunno, è una della più sentite ed importanti del calendario ebraico. L’origine si
perde nella notte dei tempi e ricorda i 40
anni trascorsi nel deserto, dopo la fuga
dall’Egitto alla ricerca/conquista della Terra
Promessa. Ha, quindi, una grande valenza
identitaria, perché gli Ebrei ricordano ed
esaltano l’origine della propria storia. Ma ha
anche una valenza agricola, di cui diventa
protagonista la Calabria in quel lungo e bellissimo tratto di costa tirrenica, conosciuto
come “riviera dei cedri” e che si estende da
Tortora a Paola. Si spingono fin qui i rabbini
d’Italia e non solo alla ricerca del cedro perfetto, un rituale, questo, rispettato e sacralizzato, che, come prescrive il Pentateuco, sono
tenuti a portare in processione in sinagoga
quattro vegetali: mirto, salice, palma e
cedro. Ma il cedro deve essere un esemplare
scevro da impurità. Ed è una ricerca scrupolosa quella che fanno i rabbini per trovare il
cedro perfetto. I migliori si trovano in Calabria, dove l’albero fu importato dagli Ebrei,
nella quale essi vissero per secoli fino all’arrivo degli Spagnoli che dopo il 1492 provvidero a cacciare dal territorio, sul quale
governavano, tutti i discendenti di Mosè. Ma
l’albero continuò ad essere coltivato dai calabresi ed ingioiella ancora il panorama rurale della costa e dei paesi che trasmigrano
verso l’interno fino alle propaggini del Pollino. Ed è in questo territorio che si aggirano
di questo periodo i rabbini per adempiere
con scrupolo religioso alla scelta dei “cedri
più belli dell’albero più bello” con l’aiuto di
agricoltori esperti. Una volta raggiunto
l’obiettivo, simbolo di perfezione e di splendore, prende la strada/e delle diverse comunità ebraiche in Italia e in Europa per
animare da protagonista le ritualità delle
varie feste del Succoth. Ed è, il cedro, l’altro
agrume calabrese che prende le strade dell’estero, insieme al bergamotto coltivato,
quest’ultimo, sulla costa ionica di Reggio e
la cui essenza alita profumi nelle industrie
di bellezza di Parigi.
Questa lunga e straorinaria storia, che esalta
il passato nell’attualità del presente, del
cedro mi riporta alla mia terra di origine,
dove in un territorio vasto ma ben individuabile si respira aria di sacralità, con il protagonismo di un’altra pianta tipica della
mediterraneità. Il territorio è Capaccio e la
pianta è il melograno. A Capaccio Paestum,
là dove alle radici della collina del Calpazio
emerge dal ventre della terra una sorgente
carica di sali e zolfo con straordinarie qualità
terapeutiche, c’è Capodifiume, dove la sorgente si fa lago. Qui tronchi di alberi si solidificano per la salinità e lo zolfo, qualità
queste che vennero cantate dai letterati antichi che parlarono di acqua “che impetra”,
alludendo, soprattutto ad uno speciale tipo
di canna, “la trabe”, che ha dato il nome ad
un santuario dell’enogastronomia del territorio, “Le trabe”, appunto. Dalle acque del
“lago” della sorgente del fiume breve di percorse ma carico di storia e sacralità, emergono le colonne mozzate di un tempio, che
fu di Proserpina/Persefone, dea di luce ed
ombra, di notte e giorno, di inverno e primavera, di morte e resurrezione. Oggi vi scivolano indisturbate le anatre allo scialo di
sole nella bella stagione e inabissate a cercar
riparo nella brutta. Più su, lungo i tornanti
che scalano la collina, ad una svolta sulla destra, riaffiora da un giovane querceto un santuario a dominio di pianura e mare: “Il
Getsemani”, dove lascia senza fiato per
l’emozione un Cristo in preghiera di dolore
alla vigilia della crocifissione scolpito da in
loco da un macigno qui trasportato dai monti
di Trentinara. Ed aria di sacralità si respira
anche nell’anfiteatro all’aperto all’ombra dei
lecceti dove si irrobustiscono nella preghiera
e nelle dotte discussioni degli esercizi spirituali uomini e donne alla ricerca/conquista
di Dio nella propria anima. Poco più su di
un chilometro ancora, sulla sinistra una edicola indica un Santuario, che si conquista
con un breve tratto di strada dirupante, ma
comoda, sulle fiancate in cui trionfa l’arabesco di natura di ginestre, mortelle lentischi, agavi che sguainano spade e
finocchietto selvatico che elettrizza le narici,
a seconda della stagione, ma sempre e comunque ricchi e densi di aromi mediterranei. Il sagrato del Santuario è un terrazzo di
luce spalancato sulla pianura e sul mare dei
miti e della Grande Storia di
Poseidonia/Paestum. La basilica/santuario
in volo verso orizzonti lontani, di Agropoli
ed il Cilento, da un lato, ed il lunato Golfo
di Salerno con Costa di Amalfi e Capri sullo
sfondo, dall’altro, è dedicato alla Madonna
del Granato. E qui irrompe, da protagonista,
l’albero del melograno, che è sacro al territorio. È simbolo della fecondità che squilla
nel rosso sangue dei fiorii a giugno nella primavera avanzata e si spacca e sorride accattivante con i chicchi bianco/ rossiccio dei
frutti a ottobre. Il rosso è dominante e quasi
indica l’evoluzione dell’amore nel rosso
scintillante dell’innamoramento e della passione che esalta nei fiori e nel rosso bianchiccio dei frutti ad indicare la femminilità
della procreazione attraverso il colore del
mestruo della donna, che è già pronta all’avventura esaltante e sacra della trasmissione
della vita. E qui nel raggio di pochi chilometri si narra visivamente l’evoluzione della
fertilità della terra attraverso il culto di Hera
Argiva e di sua figlia Proserpina/Persefone/Pomona, che erano state già la Magna
Mater delle popolazioni italiche e degli Etruschi e l’Iside degli Egiziani e che sarà La
Madonna del Granato (in questo caso) nel
processo di cristianizzazione medioevale
della ritualità pagana. E (senza scomodare
le testimonianze letterarie sul tema – ricordate I romanzi del Melograno di D’Annunzio?) gli alberi e i frutti ne saranno
protagonisti: Ulivo ed olio che furono di Minerva, vite e vino che furono di Bacco/Dioniso, grano e cereali che furono di Demetra/
Cibele diventano ritualità per madonne e
santi. Lo è naturalmente il melograno/granato, che affida al culto della Madonna la ritualità/preghiera della fecondità/abbondanza
per la terra e per la donna. E il discorso potrebbe continuare per tantissimi altri alberi.
Sarebbe una bella ricerca che dovrebbero
fare le scuole su stimolo, progettazione e finanziamento del Parco, delle Fondazioni,
degli assessorati alla cultura, al turismo, e all’agricoltura dei comuni interessati, Capaccio Paestum soprattutto, ma non solo. Ma il
Parco si configura sempre più come un guscio vuoto, un’ombra alla merce di politici
in vetrina di vanità nell’apparenza o in rissa
per poltrone nella sostanza, ma territorio
esposto quotidianamente al pericolo di coltivazioni, animali ed uomini da parte dei cinghiali voraci. Le Fondazioni sono a caccia
di finanziamenti per progetti fumosi alla
mercé di governance autoreferenziali, gli assessorati, mare apparentemente piatto in cui
galleggiano, alla deriva, personaggi privi di
cultura e senza idee, salvo poche lodevoli
eccezioni. Tutti gli occhi sono puntati sulla
nuova Governance del Parco sempre che la
Politica che conta la smetta di considerare il
Cilento come terra di conquista da depredare
senza scrupoli e/o pudore nullificandone, di
fatto qualche timido tentativo, di ripresa e
sul nuovo giovane direttore dell’Area Archeologica di Paestum prima che venga
omologato all’andazzo che qui vige da secoli o, peggio ancora, si barrichi ancora di
più nella solitudine infeconda dell’autosufficienza. La speranza, comunque è l’ultima
è morire. E intanto, solo per sottolineare, una
apparente, ma solo apparente, banalità, nel
territorio assistiamo al trionfo spudorato
delle palme, estranee alla nostra cultura arborea ed alla quasi scomparsa del Melograno, che è simbolo della sacralità della
nostra terra. La collina del Calpazio, per non
parlare della zona di Capodifiume, dovrebbe, invece, esserne piena, quasi per
voto. Che tristezza di fronte alla incultura
che dilaga e si ostenta! Ma apre il cuore alla
speranza la lodevole iniziativa del dottor Gerardo Siano, che ha messo su una associazione dal promettente titolo “Il Melograno
di Paestum” per valorizzarne la qualità e diffonderne la coltivazione, alla luce anche del
successo del recente convegno “Il Melograno nel mito, nella storia, nella alimentazione” tenutosi a Paestum alla recente
“Borsa Archeologica del Turismo”. Per
quanto mi riguarda seguirò con attenzione
ed interesse l’evoluzione ed il lavoro dell’Associazione senza far mancare l’apporto
del mio contributo. E prometto pubblicamente che allargherò le mie riflessioni di ricerca sulla sacralità degli altri alberi del
territorio, preannunziando già da adesso che
nel mio prossimo articolo mi occuperò
dell’ULIVO. Sarà un modo concreto per
manifestare l’amore profondo per la mia
terra e per la sua grande e bella storia.
[email protected]
10 n° 41 24/11/2016
CULTURA
Natale a Eboli
nel segno dell’Arte Contemporanea
Valerio Falcone è il Direttore Artistico di “Borgo d’Arte”, per l’installazione di Natale nel Comune di Eboli
3 performance, 3 installazioni, 3 artisti.
N
Corso Italia, 39
Tel. e Fax 0828.723253
Capaccio Scalo (SA)
email: deslinelibero.it
el corso della conferenza stampa
che si terrà sabato 19 novembre
presso la Sala conferenze del
Museo Archeologico Nazionale di Eboli,
il Sindaco Massimo Cariello, il dott. Roberto Pansa e il dott. Valerio Falcone,
dopo il saluto di benvenuto della dott.ssa
Giovanna Scarano, illustreranno il calendario eventi "Eboli Natale '16" ed il progetto “Borgo d’Arte”, nuovo concept che
caratterizzerà le imminenti festività natalizie e promuoverà la destinazione
Eboli.
Dopo la felice esperienza dello scorso
anno si conferma, con maggiori contenuti, la manifestazione “Eboli Natale”,
con le luminarie, il grande albero, il villaggio dei bambini in Piazza della Repubblica, il coinvolgimento delle
associazioni locali, eventi e manifestazioni per grandi e piccoli dal 22 novembre 2016 all'8 gennaio 2017.
La vera grande novità di quest’anno sarà
la manifestazione “Borgo d’Arte”, l’idea
di caratterizzare il Natale “af_dandolo”,
grazie alla direzione artistica di Valerio
Falcone, ad artisti contemporanei di rilevanza nazionale, un nuovo patrimonio
per la nostra Città, un segno distintivo di
una Eboli che guarda lontano: le nostre
luci d’artista risplenderanno attraverso
l’opera di tre grandi maestri nella cornice
di Corso Garibaldi, del Chiostro di San
Francesco e del Museo Archeologico Nazionale di Eboli.
“Eboli – dice Roberto Pansa, presidente
di Insieme X Eboli – ha voglia di idee
che consentano al suo valoroso passato
di legarsi al presente per proiettare la
Città futura. Il progetto Borgo d’Arte
coinvolge luoghi simbolo quali Corso
Garibaldi, il Chiostro di San Francesco e
il Museo Archeologico che accoglieranno le azioni performative di tre illustri
maestri dell’arte contemporanea. Il Natale assume una sua precisa connotazione
capace attraverso la meraviglia dei luoghi, i colori e le luci de "Il Cielo Stellato”
di Alfonso Mangone; il ritorno al passato
di “Inabscondere” di Costabile Guariglia,
la ri_essione de "La Pace del Toro” di
Raffaele Falcone, di proporre la Città di
Eboli con una nuova realtà, i suoi citta-
dini lo meritano.
Ringrazio
vivamente l’immenso
amico Valerio Falcone per l’impareggiabile contributo
nel dare concretezza
e valore alla nostra
idea”.
“Nella vita professionale di ognuno dice Valerio Falcone, direttore artistico di “Borgo
d’Arte” – esistono esperienze simili ad
altre ed altre simili soltanto a se stesse.
Eboli fa parte del secondo gruppo: questa
esperienza coniuga sentimento e professione, la perfetta sintesi tra la capacità di
un gruppo di persone e l’incontenibile
passione legata alle radici che attraversano questa terra. Ringrazio il Sindaco
per aver consentito che la mia personale
amicizia con Roberto Pansa fosse messa
a disposizione di questa comunità. Sono
certo che anche i cittadini
tutti potranno apprezzare
l’impegno e la qualità del
progetto artistico.”
“La nostra amata Eboli –
conclude il Sindaco Massimo Cariello – quest’anno
centro di gravità artistico
culturale. Ci avvaleremo
della Direzione Artistica del
dott. Valerio Falcone per ricongiungere,
attraverso
varie iniziative, il cuore storico della Città alla parte
moderna. La rassegna
“Borgo d’Arte” sarà modello di riferimento sulla
scena artistica e internazionale. Eboli Città d’arte, storia e cultura.”
Per il progetto “Borgo
d’Arte 2016” hanno prestato la loro passione e
competenza professionale:
- Vito Leso, founder di WEBOLI, coordinamento generale;
- Armando Giuliano, re-
sponsabile progetto illuminotecnico
“Borgo d’Arte”;
- Paolo Loffredo, direttore creativo dell'Agenzia Nettare, responsabile comunicazione “Borgo d’Arte”;
- Francesco Cuomo, responsabile fotogra_a “Borgo d’Arte”;
- Domenico Gioia, direttore creativo dell'Agenzia Whitepapers, resp.le progetto
gra_co “EboliNatale '16”
A Tutti va il più vivo ringraziamento per
l’impegno profuso.
PAESTUM
n° 41 24/11/2016
11
Scavi archeologici a vista dei turisti “on site” e “on line”
La bellezza della scoperta a portata di turisti
SEGUE DALLA PRIMA
CHIARA SABIA
L
a campagna di scavo è stata sostenuta dai fondi del bilancio autonomo e dalla sponsorizzazione
del noto marchio “Pasta Antonio
Amato” che finanzierà due borse di ricerca per tre anni. I primi borsisti, selezionati con un bando nazionale, sono
Francesca Luongo e Francesco Uliano
Scelza, entrambi giovani e con esperienze di scavo in Italia e in Grecia. A
Paestum i segni più evidenti della civiltà
greca sono i tre templi, l’agorà con l’ekklesiasterion (struttura circolare per le
assemblee) e la tomba dell’eroe fondatore. Durante l’epoca romana si costruirono nuove strutture come il foro,
l’anfiteatro, il campus e il quartiere abitativo. È proprio quest’ultimo ad essere
sottoposto agli studi di stratigrafia. Ci si
aspetta di ritrovare, al di sotto della pavimentazione delle case romane, le fondamenta di quelle greche. Lo scopo è
quello di riuscire a ricostruire le abitudini sociali, economiche e culturali, di
quegli stessi uomini che costruirono i
templi 2500 anni
fa. La grande novità è l’entità
degli scavi, on
site e on line.
Ispirandosi al
modello dell’Archeologia Pubblica, il Direttore
del Parco Archeologico Nazionale
di
Paestum, Gabriel
Zuchtriegel, ha
voluto che gli
scavi
fossero
sotto gli occhi di
tutti, sia dal vivo
che sui social network.
Come molti, non ho mai
assistito a degli scavi archeologici, dunque non ho
perso tempo, ho approfittato di una gradevole giornata di sole e sono andata
in loco. Mi sono diretta nel
quartiere abitativo, le case
romane, alle spalle del
tempio di Nettuno. La
zona è opportunamente recintata, ben visibile il cartello che invita
ad
assistere agli scavi e a condividere foto e video sulle
piazze on-line, utilizzando
un hashtag molto in linea
con i lavori: #ilgustodellascoperta. Sono entrata ed effettivamente
ho avuto la possibilità di assistere agli
scavi, da vicino, senza avere l’impressione di recare disturbo alcuno agli scavisti. Di tanto in tanto è passato qualche
gruppo di visitatori, fermandosi per un
po’ ad osservare in silenzio gli archeologi a lavoro. Lo scavo si accorda perfettamente con l’ambiente circostante,
nonostante la polvere, i secchi, gli strumenti da lavoro. Ho colto con piacere
l’ordine, la linearità, la messa in sicurezza, finanche il cartello dei lavori mi
è sembrato corrispondere ai canoni estetici della civiltà greca. La ricerca è una
cosa bella e sì, c’è tanto gusto a scavare
nel passato, col compromesso di essere
moderni nel modo giusto, mostrando,
postando e taggando il “bello” che forse
un po’ troppe volte ci si dimentica di
contemplare.
I visitatori possono assistere agli scavi
dalle ore 8:30 alle ore 16 fino al 15 Dicembre, data prevista per la chiusura dei
lavori.
Un sogno diventato realtà. Tutti insieme a scuola dalla prima alla quinta
La Scuola Elementare “Guglielmo Marconi” ha una nuova sede
GINA CHIACCHIARO
D
opo 14 anni, gli alunni della
Scuola Elementare “G. Marconi” di Roccadaspide, hanno
una nuova casa nell’ex sede dell’Istituto
Tecnico Industriale.
E' un grosso obiettivo l’aver riunito tutti
gli alunni della scuola elementare sotto
lo stesso tetto dopo una separazione durata ben 14 anni. Un plauso al sindaco,
Gabriele Iuliano, al dirigente scolastico,
Rita Brenca e a tutti coloro che si sono
impegnati per il raggiungimento di questo obiettivo. Il fatto di riavere di nuovo
una Scuola Elementare unita nello
stesso edificio penso che sia gradita da
tutti: alunni, insegnanti, genitori e intera
comunità. Ripaga, in qualche modo, la
nostalgia per l’ex edificio “G. Marconi”
di via G. Giuliani che rimarrà un dolce
ricordo per quanti, come la sottoscritta,
che lo ha frequentato da bambina e vissuto da insegnante. Ma la vecchia scuola
comunque ha una seconda vita e il piano
terra, dell’ex edificio scolastico, viene
da qualche tempo utilizzato come centro
culturale e associativo ove funziona un
laboratorio didattico che in determinati
periodi dell’anno coinvolge i ragazzi di
tutte le età in maniera creativa. Gli
alunni della scuola elementare di Roccadaspide per tutti questi anni sono rimasti divisi tra loro: c’era la scuola dei
piccoli, in Piazzale della Civiltà e quella
dei grandi, in Largo Fratelli del Giudice.
Adesso di nuovo tutti insieme per condividere momenti didattici e di gioco.
Per il sindaco è un momento di orgoglio
a cui si può unire l’intera cittadinanza.
Per gli alunni è soprattutto entusiasmo
AGENZIA DI PAESTUM
VIALE DELLA REPPUBLICA,18
84047 - CAPACCIO (SA)
Tel: 0828 723268 - Fax: 0828 725886
e-mail:[email protected]
per la novità di una normalità ritrovata.
Per gli insegnanti è un ritornare uniti,
oltre che nei momenti di programmazione anche in momenti di confronto
quotidiano che trasforma un gruppo di
lavoro in una comunità che educa. Auguri!
COMMENTI
12 n° 41 24/11/2016
Capaccio Paestum ha bisogno di amministratori popolari o competenti?
Rosario Catarozzi presenta la sua “ricetta”
ROSARIO CATAROZZI
Riceviamo e pubblichiamo
avvicinarsi delle prossime elezioni amministrative del 2017
induce i politologi locali, le imprese, i professionisti, l’insieme della società civile a discussioni pubbliche,
private, da bar, nei circoli, nei vari (in verità rari) dibattiti politici.
Provo a fare un ragionamento generale distaccato dalle vicende locali relative alle
candidature a sindaco e consigliere comunale per le quali in verità ho le idee molto
chiare, che ho riferito a chi dovevo per
l’amicizia e la stima che mi legano .
È una tendenza culturale moderna, accentuata a Capaccio Paestum visto il declino
irreversibile dei partiti e delle loro strutture comunali che formavano e selezionavano la futura classe dirigente, quella di
dare giudizi e di fare valutazioni estetiche
e/o caratteriali piuttosto che valutare le
qualità di chi si propone a guida della nostra comunità o anche a consigliere comunale (aspirante tale o aspirante assessore).
Questo è una brava persona, quello è simpatico, l’altro ha un buon carattere, l’altro
ancora è antipatico, si ma è di sinistra, di
destra, moderato, riformista, accentratore,
delegante etc. etc.
Di quali Amministratori ha bisogno Capaccio Paestum? Di quelli popolari, simpatici o di persone competenti?
La parola competente infatti sembra quasi
abiurata dal nostro contesto, eppure Capaccio Paestum se vuole davvero sperare
nel suo futuro deve scegliere un sindaco
competente (ed onesto).
L’assenza di una valutazione di tal genere,
favorisce le oligarchie locali ed i blocchi
sociali negativi della nostra città.
Vi chiedo, ma voi affidereste la vostra
azienda, il progetto della vostra casa, le
vostre malattie alle cura di un professionista, popolare, simpatico, fattivo ma incompetente?
Che un medico sia simpatico o antipatico
riguarda lui, io voglio che curi bene le mie
malattie; così come voglio che l’ingegnere, l’architetto o il geometra siano
bravi nel fare il progetto della mia casa o
che l’avvocato o il commercialista abbiano competenze professionali e morali
per essere consulenti o manager della mia
azienda.
Non devo andarci a pranzo o in vacanza
o dividere i momenti della mia vita privata, voglio che facciano al meglio il loro
L’
mestiere e li ho scelti perché
sono bravi, cioè competenti.
A questa assenza di dibattito
generale sulla competenza bisogna quindi reagire perché
reagire diventa un dovere per
evitare che gli scarsi (ma popolari, buoni guaglioni, simpatici)
possano essere confermati o
scalzati da altri scarsi (sempre
popolari e simpatici) ed il declino della nostra comunità civile ed economica continui sino
al prosciugamento totale .
Rivendico quindi a voce alta il
diritto ed il dovere di votare per
un candidato Sindaco che non
è populistico (scusate popolare)
magari è anche antipatico (meglio sarebbe dire invidiato che
è un tipico sentimento di noi capacciopestani) ma che è competente, è leale, che
non tradisce, che mantiene le sue promesse, che persegue i suoi obiettivi con
tenacia.
Va anche bene (e ci mancherebbe) un sindaco che sa valorizzare le competenze e
mettere gli assessori, i consiglieri, i dirigenti delle partecipate nei posti giusti.
Con la condizione irrinunciabile però che
ami alla follia la giustizia sociale, la voglia di far crescere il paese, che sia capace
di non sottrarsi alle responsabilità, che sia
coraggioso, che voglia sfidare la noia e la
palude del nostro comune, le note clientele organizzate, la burocrazia comunale
ingessata e sorda.
Essere competente significa: che sa fare il
sindaco, che conosce il funzionamento
della macchina amministrativa e sa intervenire contro l’assillante e paralizzante
burocrazia, che sa fare di conto (bilancio
etc), che conosce le norme che regolano i
procedimenti, che sa difendere i buoni
consiglieri, assessori e le persone del suo
Staff serie e competenti, che nei posti di
responsabilità sceglie con evidenze pubbliche (secondo merito che viene valutato
da commissioni esperte), che valorizza le
donne competenti (non appartenenti) nei
ruoli chiave dell’amministrazione e delle
partecipate, che ha idee e progetti, che
vuole valorizzare i giovani, le donne e famiglie, le imprese ed i professionisti (al
palo da anni senza che nessuno sappia trovare una soluzione), che vuole tutelare i
deboli, che vuole investire nella spesa sociale.
Parlo cioè di competenze tecniche, morali, caratteriali, sociali.
Parlo della capacità di essere guida, leader, ispiratore della nostra comunità (tutta
intera), della capacità di dare l’agenda
all’amministrazione, di guidare una
Giunta ed un Consiglio, che abbia il coraggio di mettere nell’angolo i consiglieri
comunali fannulloni o incapaci e sia invece convinto di valorizzare i buoni, i capaci anche se fossero invidiati (scusate
antipatici), che sia umile nel delegare gli
affari specialistici a chi conosce la materia, che voglia immaginare una riorganizzazione della nostra burocrazia comunale
orientata al merito ed all’amore ed alla
passione verso il nostro paese ed i suoi
cittadini.
A scalare queste qualità si dovranno
anche trovare nei candidati consiglieri
anche qui non votate il parente, l’amico,
chi organizza la sagra, la festa, il carnevale; votate chi ritenete competente facendovi sempre la stessa domanda (gli
affiderei la mia azienda, il progetto della
mia casa, la cura delle mie malattie, una
mia causa civile o penale, la conduzione
del mio fondo agricolo o delle mie bufale?)
Sotto alle critiche (respingo sin da ora
quelle orientate da un pregiudizio ostentato ed ostinato) ma voglio esprimere liberamente il mio pensiero.
Io voterò per un candidato Sindaco capace e competente fosse anche antipatico
(scusate invidiato) e così farò anche per i
candidati al consiglio, valuterò cioè le
loro capacità ed il loro programma!
PERSONAGGI
n° 41 24/11/2016
13
“Fin da piccola capii che cantare era il sogno della mia vita”
Intervista a Rachele Capuano, giovane cantante emergente cilentana
VERONICA GATTA
I
l Cilento è natura, è tradizione, è
Dieta Mediterranea … Ma è anche
cultura.
È una terra ricca di talenti. Oggi intervistiamo una giovane cilentana, Rachele
Capuano. Ventunenne di Castel San Lorenzo, Rachele sogna di diventare una
grande cantante di calibro internazionale.
Com’è nata la tua passione per la musica?
La mia passione è nata con me, canto da
quando ero piccolina. Ricordo ancora che
canticchiavo inventando melodie e mio
padre essendo musicista (batterista) mi
faceva i complimenti già a quell’età. Poi
crescendo ho iniziato cantando al karaoke
a casa di amici dei miei genitori e tutti si
congratulavano con me. Fondai una band
all’età di soli 13 anni, gli “ERRAMA” di
cui ero la cantante e batterista. Con il passare degli anni capii che cantare era
l’unico sogno della mia vita. Ho fatto
parte di vari gruppi insieme a mio padre,
ma ad un certo punto la passione cresceva, ma crescevo anche io: ho iniziato
ad incidere le prime cover disponibili su
you tube e sulla mia pagina facebook,
fino a quando non ho iniziato un progetto
discografico, infatti il 13 luglio di questo
anno è uscito il mio primo singolo: Sunny
Day.
Qual è stato il tuo percorso di studi
musicali?
Ad un certo punto mi resi conto che cantare era l’unica cosa che davvero amavo
fare e tre anni fa decisi di iniziare a studiare con una grande cantante di Roccadaspide: Nancy Cennamo. Iniziai a fare
concorsi, festival locali, stage e masterclass di formazione tra cui quelli con Silvia Mezzanotte (cantante solista dei
Matia Bazar), Enzo Campagnoli (Direttore d’orchestra di Sanremo, vocal coach
del talent Amici), Robert Stainer (grande
artista di Musical).
Lo scorso anno hai partecipato a “A
voice for music”, un talent-show nato
da un’idea di Isabella Abiuso e prodotto da “Italia’s Next Talent”. È un
programma che vanta una giuria composta da nomi importanti per la musica
italiana contemporanea: Chicco Palmosi, produttore dei Modà, Valentina
Ducros, vocal coach di “Ti lascio una
canzone”, i discografici Luca Venturi e
Lorenzo Maffia …
Nel 2015 ti sei classificata in seconda
posizione nella categoria senior.
Quest’anno ti sei ripresentata, mirando al primo posto. Come sei arrivata a “A voice for music”? Raccontaci
brevemente la tua esperienza.
Sono arrivata ad “A voice for music” con
dei casting. L’anno scorso ho partecipato
ai casting di X factor, the Voice e “A
voice for music”. Fui scelta per quest’ultimo e arrivai in finale, classificandomi
appunto seconda! È stata un’esperienza
bellissima, ho conosciuto persone fantastiche che mi hanno lasciato qualcosa di
bello a livello personale e altre che mi
hanno formata per la crescita musicale!
Quest’anno ho ritentato, arrivando sempre in finale ma senza nessuna classificazione, purtroppo non si può vincere
sempre ... ma sono felice lo stesso di aver
partecipato perché ho avuto nuovamente
Il viaggio di Vienna Cammarota
da Paestum a Manfredonia
LUCIO CAPO
V
ienna Cammarota ha percorso
230 Km da Paestum a Manfredonia, una lunga passeggiata, durata
dieci giorni, dal Cilento al tavoliere delle
Puglie. Ha sfidato il freddo e attraversato
paesaggi incantati, ha risalito e costeggiato
montagne e colline, ha attraversato fiumi
e paesi, ha incontrato genti e culture. È
partita dall’Area Archeologica di Paestum
il 7 novembre ed è arrivata a Manfredonia
il 17 novembre. Un “Gran Tour” per sentieri, “separe” e “sdurrupi”, per dare voce
ai luoghi, per descrivere e raccontare ambienti e paesaggi, per ascoltare i “cunti”,
le leggende e le storie della gente, per conoscere tradizioni culturali e tipicità enogostronomiche. Nei 230 Km percorsi a
piedi, Vienna Cammarota, ha dormito
dove capitava, per terra, sotto qualche
fronda o ospite presso qualche amico. Ha
ripercorso gli antichi sentieri, in parte cancellati dalla furia distruttrice dell’uomo.
Un viaggio che l’ha portata a risalire il
fiume Sele fino alle sorgenti di Caposele,
da dove parte l’acquedotto pugliese. In
questo suo peregrinare, Vienna, è passata
per Olevano sul Tusciano, ha attraversato
Acerno, seguendo il fiume Ofanto è arrivata a Montella, Castelfranci, Paternopoli,
attraverso il passo di Mirabella è arrivata
a Montecalvario Irpino e poi Faeto. A
metà del suo viaggio si è spalancato ai
suoi occhi il Tavoliere delle Puglie, e,
sotto i suoi piedi la piatta propaggine
dell’Italia, la punta dello Stivale che si
tuffa verso oriente, verso la Grecia, verso
la Madre della nostra cultura e della nostra
storia. Vienna ha raggiunto Troia, per poi
avviarsi verso Foggia e infine è giunta a
Manfredonia. In questo suo viaggio,
Vienna Cammarota, non ha fatto solo
un’escursione in qualità di Guida Ambientale Escursionistica, ma è stata anche messaggera di pace e amore. Non ha percorso
solo sentieri, in parte obliterati dall’uomo,
ma è anche andata alla ricerca di se stessa
e dei luoghi che furono, incrociando i tratturi della Transumanza, il cammino Micaelico, la via Francigena, la via
Longobardorum, antiche strade di comunicazione oramai imbruttite dalle costru-
zioni, dall’asfalto e dal cemento. Il 17 novembre, Vienna Cammarota, finalmente è
arrivata all’Oasi del Lago di Salso, sede
del Parco Nazionale del Gargano, ed è
stata festeggiata per la sua impresa. 230
Km. Per onorare l’anno dei cammini ed il
Giubileo della Misericordia e per partecipare al XXIV Congresso nazionale delle
Guide Italiane, che si è tenuto, dal 16 al
20 novembre, nel Parco Nazionale del
Gargano. Un viaggio da Costa a Costa, dal
Tirreno all’Adriatico, dal Cilento al Gargano, per incontrare, amare, capire.
Esibizione di Rachele Capuano a
“A voice for music”
la possibilità di trascorrere intensi giorni
di studio, e quello non è mai troppo! Le
puntate dell’anno scorso sono disponibili
su You tube mentre quelle di quest’anno
usciranno a dicembre su Sky e sul digitale
terrestre, canale 61 (Nuovolari).
Nel mese di luglio è uscito il tuo primo
singolo dal titolo “Sunny day”. Com’è
nata questa canzone e come mai hai voluto che il testo fosse in lingua inglese?
Sì, il 13 luglio è uscito il mio primo singolo, “Sunny Day” con il video clip ufficiale disponibile sul mio canale You Tube
(Rachele Capuano Official). Questa canzone nasce come inizio di un progetto discografico che vede partecipi Maurizio
Capuano (inventore delle melodie), Roberta Senatore (autrice di Sunny Day ma
anche del secondo brano che uscirà tra
Gennaio e Febbraio 2017) e, infine, ma
non meno importante, Pasquale Curcio
(arrangiatore dei mie brani editi e inediti).
La scelta di scriverlo in lingua inglese è
stata dettata dal mio gusto personale e poi
mi piace molto la musica internazionale.
Anticipo che la prossima in produzione
sarà in Italiano.
Quali altri progetti hai per il futuro?
Come dicevo è in progetto un secondo
singolo inedito che uscirà tra Gennaio e
Febbraio 2017. Al momento lavoro all’inedito e studio musica per entrare al
conservatorio e continuare la mia formazione musicale. Tante altre cose che bollono in pentola ma che, per scaramanzia,
non anticipo ... ma presto verranno svelate tutte.
14 n° 41 24/11/2016
LA STAZIONE DEL MARINAIO
di Sergio Vecchio
GASTRONOMIA
a cura di Diodato Buonora http://diodatobuonora.blog.tiscali.it
n° 41 24/11/2016
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Al “Panettone Secondo Caracciolo”,
trionfa Pietro Macellaro di Piaggine
T
ra le ipotesi dell’origine del panettone, la più simpatica e curiosa è
quella dove si racconta che, a Milano, alla corte di Ludovico Maria
Sforza, durante i festeggiamenti della Vigilia di Natale, mentre tutti i cuochi erano
impegnati nella preparazione delle pietanze, il capo cuoco chiese a Toni, lo
sguattero di 12 anni, di sorvegliare la cottura delle ciambelle al forno. Sarà stata
la stanchezza, ma il povero Toni si addormentò e le ciambelle si bruciarono. Il
giovane sguattero, impaurito, non sapeva
come spiegarlo al capo cuoco. Finché
non si ricordò del dolce che aveva preparato e messo da parte per sé, utilizzando
gli avanzi delle ciambelle. A questo ag-
Pietro Macellaro
giunse uova, burro, canditi e uvetta, lo
mise al forno e lo propose al capo cuoco,
che rimase colpito dal profumo e dalla
particolare forma a cupola. Lo fece servire e fu un successo che venne chiamato
il “Pan di Toni”. Col tempo il nome si è
trasformato in panettone. Non so se questa storia sia vera, il fatto sta che il panettone è oramai uno dei simboli delle
eccellenze gastronomiche italiane, conosciute e apprezzate in tutto il mondo. Da
un po’ di tempo troviamo in commercio
i panettoni artigianali che arrivano a costare fino a 10 volte più di un prodotto
industriale. La produzione si è estesa in
tutta la penisola e il successo ha fatto in
modo che spesso si svolgono manifestazioni per stabilire quale è il panettone più
buono. Tra i tanti eventi, a Napoli presso
l’esclusivo Hotel Palazzo Caracciolo, si
è tenuto lo scorso 18 novembre, il “Panettone Secondo Caracciolo”. La scelta
di Napoli è dovuta sicuramente in quanto i maestri
pasticcieri campani, da
qualche anno, hanno fatto
incetta di premi in tutte le
ultime manifestazioni del
settore. La kermesse ha
visto sfidare 13 pasticceri,
provenienti da tutta Italia,
al cospetto di giudici e colleghi altrettanto celebri.
Sul tavolo della giuria è ar-
rivato (alla cieca) il panettone in tredici
diverse interpretazioni, ognuna sottoposta alla prova dell’abbinamento con un
vino del territorio e un’etichetta proposta
dagli stessi pasticceri. Il compito della
giuria è stato quello di stabilire chi sia
riuscito a creare il miglior connubio. I pasticceri in gara sono stati Marco Antoniazzi, Francesco Borioli, Davide
Comaschi, Salvatore De Riso, Giancarlo
De Rosa, Denis Dianin, Salvatore Gabbiano, Pietro Macellaro, Pasquale Marigliano, Alfonso Pepe, Marco Rinella,
Paolo Sacchetti e Vincenzo Tiri; mentre
la giuria era composta da: Iginio Massari
(il "Maestro dei Maestri"), Achille Zoia
(“padre” del panettone moderno), Gino
Fabbri (Presidente dell’Accademia dei
Maestri Pasticcieri Italiani), Francesco
Boccia (Campione del Mondo di Pasticceria in carica), Vittorio Santoro (Direttore della Cast Alimenti di Brescia),
Daniele Riccardi (Executive Chef dell’hotel Caracciolo Mgallery by Sofitel), Pinella Orgiana (Foodblogger) Leopolda
Annalisa Cavaleri (Giornalista e critica
enogastronomica) e Luciano Pignataro
(Giornalista, Scrittore e Gastronomo).
Sono stato presente all’evento su invito
di Pietro Macellaro (il noto pasticcere di
Piaggine), che mi ha chiesto un consiglio
sull’abbinamento del vino locale al suo
panettone. Non ho avuto nessuna esitazione a consigliare e a proporre il Nyx,
lo spumante moscato dolce dei Vini del
Cavaliere di Capaccio – Paestum, prodotto che si abbina a meraviglia con i
dolci lievitati come il panettone e similari. Così, ho partecipato all’evento insieme a Pietro Macellaro e a Giovanni
Cuomo, titolare della cantina “I Vini del
Cavaliere”. Alla serata, oltre a produttori
e accompagnatori, è stato consentito l’ingresso solo a 350 persone (a pagamento)
che hanno potuto assaggiare, nella bellissima coreografia del famoso albergo al
centro di Napoli, tutti i prodotti con i loro
abbinamenti. Personalmente conoscevo
poco Pietro Macellaro, o meglio conoscevo solo i suoi dolci. In questa occasione ho avuto modo di apprezzare anche
la sua personalità. È una bellissima persona, umile, professionista, preparato,
con tanta passione, molta voglia di crescere e con belle doti comunicative. Inizia la serata e comincio con l’assaggio di
uno dei suoi prodotti, un lievitato con origano di montagna e limoni di Sorrento,
che ho trovato molto interessante e piacevole. Curiosando e ascoltando, noto
che l’abbinamento ha conquistato gran
Giovanni Cuomo e Pietro Macellaro
parte del pubblico presente. Poi, passo al
suo panettone classico che mi ha conquistato per la leggerezza, la sofficità, la
bontà e il sapore. Ad entrambi, lo spumante Nyx si abbinava in modo perfetto.
Non sono un amante dei panettoni, ma la
curiosità è stata tanta e così decido di assaggiare tutti i prodotti presenti. Sono rimasto deluso. Avevo come riferimento
l’ottimo prodotto di Pietro e ho dovuto
constatare che solo quello del Maestro
Pasticcere Paolo Sacchetti di Prato mi ha
dato quasi le stesse piacevoli sensazioni
o se vogliamo emozioni. Alcuni panettoni, anche di notissimi maestri, li ho trovati asciutti, con poco sapore e
addirittura qualcuno pesante e poco appetitoso. Se a questo aggiungiamo gli abbinamenti che sono stati combinati con il
vino, è stata, a mio giudizio, una vera
“catastrofe”. Mi sono visto servire passiti, vin santo e spumanti secchi, che
francamente non li trovo per niente adatti
ai lievitati dolci. Bah. Poi, meditando alla
gara, anche se non mi considero un
esperto in paste lievitate, ho pensato che
il “nostro” Pietro Macellaro avrebbe potuto avere un ottimo piazzamento. I
nomi, la professionalità e la serietà dei
giurati, non avrebbero dovuto riservare
cattive sorprese. Non ho aspettato i risultati, ero già a caso quando mi è arrivato
un whatsapp di Pietro che diceva di aver
vinto il “Premio Iginio Massari”, il riconoscimento più prestigioso di questa
spettacolare kermesse. Mi ha fatto molto
piacere perché il premio è stato ampiamente meritato. Navigando in “rete” ho
visto che il nostro “chiainaro” (così si
chiamano gli abitanti di Piaggine) aveva
già avuto in passato interessanti successi.
Lo scorso marzo, in una degustazione
alla cieca del famoso sito “Dissapore”, la
sua colomba artigianale si è classificata
al 2° posto in Italia, mentre lo scorso novembre, sullo stesso sito avevo ottenuto
il 4° posto con il panettone classico.
Belle soddisfazioni per Lui e per il nostro
Cilento. Se volete contattarlo e saperne
di più: www.pietromacellaro.it
La ricetta
Linguine al pesto
di cime di rapa
e nocciole
di Giffoni
Ingredienti: 320 g di linguine, 300
g di cime di rapa, 80 g di caciocavallo stagionato grattugiato, 50 g di
nocciole di Giffoni, olio extravergine d’oliva del Cilento, sale.
Preparazione: per il pesto, cuocete
le cime di rapa (pulite e mondate)
al vapore. Poi, le mettete nel mixer
insieme alle nocciole, alla metà del
caciocavallo stagionato grattugiato, a un filo d’olio extravergine
d’oliva e a poco sale. Aggiungete il
pesto alle linguine che nel frattempo avrete cotto in abbondante
acqua salata e servite con una bella
spolverata di caciocavallo grattugiato.
Vino abbinato: Poseidon 2015, Primitivo Paestum Igp, I Vini del Cavaliere, Capaccio-Paestum.